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Černigoj e Čargo: due esempi di carriere agli antipodi

3.3 Il rapporto tra gli artisti sloveni in Italia e le esposizioni sul territorio sloveno

3.3.1 Černigoj e Čargo: due esempi di carriere agli antipodi

Dopo la Prima Esposizione Goriziana del 1924, due artisti sloveni ebbero varie occasioni espositive sia a Gorizia che a Lubiana nel biennio 1924-1925: August Černigoj e Ivan Čargo, coetanei, nati entrambi nel 1898.

August Černigoj nacque a Trieste e, dopo un periodo di formazione nella città natale, dal 1922 insegnò disegno e storia dell’arte; sentendo la necessità di nuovi stimoli artistici, nel 1924 si recò a Monaco per frequentare l’Accademia e poi la Scuola professionale d’arte e di artigianato.

Lì probabilmente venne a conoscenza del Bauhaus e della scuola di Weimar, che frequentò per un semestre e che gli fece conoscere i principi del costruttivismo e le composizioni astratte. Ma le difficoltà economiche e le vicissitudini personali lo costrinsero a lasciare la scuola e a trasferirsi a Lubiana, dove, secondo la sua opinione, avrebbe trovato un ambiente accogliente nei confronti delle avanguardie.

Questa speranza era nata dopo la conoscenza di Srečko Kosovel, poeta sloveno, che si era avvicinato alle avanguardie letterarie e aveva contribuito a diffonderle sul territorio sloveno. Così, dopo aver lasciato Weimar, Černigoj arrivò a Lubiana, dove ebbe modo di organizzare una mostra personale al fine di esporre al pubblico locale le evoluzioni dell’arte moderna che aveva conosciuto nei mesi precedenti. L’esposizione si tenne dal 15 al 25 agosto 1924, presso la palestra della Scuola Tecnica, e Černigoj vi espose opere ispirate al costruttivismo russo192.

L’esposizione, caratterizzata da contro rilievi, plastici, pezzi di macchinari, accompagnati da slogan rivoluzionari, implicava un’interpretazione radicalmente innovativa dell’arte e del mondo. L’arte costruttivista annunciava un nuovo ordine spirituale che veniva permeando di sé tutta l’Europa, non solo quella occidentale, e assumeva connotati molto simili a quelli che i critici e gli ideologi dell’epoca si erano auspicati193.

192 La ricostruzione degli oggetti esposti all’esposizione dell’agosto 1924 è stata fatta e pubblicata in (Bernik, Brejc e Komelj 1998), p. 51.

193 Krečič Peter, Avgust Černigoj e l’arte slovena. L’avanguardia ritrovata, in (Masau Dan e De Vecchi 1998), p. 17.

L’aspetto artistico del Costruttivismo non è l’unico principio della personale di Černigoj, ma altrettanto importante era l’aspetto del coinvolgimento sociale che emerge dalle opere di ispirazione bauhaussiana e dagli oggetti e dagli slogan presenti in mostra194.

Alla mostra dello scorso anno alla scuola media tecnica si è esibito con la propaganda del Costruttivismo: strutture e motori, progetti e macchine da scrivere, manifesti promozionali e biciclette, sopra e tra essi anche molti scritte verticali, diagonali e addirittura capovolte che annunciavano che l’istruzione del lavoratore e del contadino sono necessarie, che l’artista deve diventare ingegnere, ecc. [ant. 41]

Figura 12. Invito all’esposizione di Avgust Černigoj195 .

La mostra, da quanto sappiamo, non ottenne un grande successo né di critica né di pubblico, tanto che non abbiamo molte informazioni riguardanti la sua accoglienza a Lubiana.

Della successiva mostra, che si tenne al Padiglione Jakopič, invece, abbiamo qualche informazione in più: l’esposizione si tenne dal 5 al 19 luglio 1925 e Černigoj, conscio del fatto che il pubblico avrebbe potuto non comprendere un’arte molto lontana dai canoni ai quali era abituato, e idee con le

194 “[…] la mostra infatti può completarsi di oggetti-simbolo molto eloquenti nei loro riferimenti, come pezzi di macchinari e una motocicletta ( non sfugga la citazione futurista) ai quali si accompagnano però una tuta da operaio e scritte a grandi caratteri (alcune rovesciate) come “il capitale è un furto. L’istruzione del lavoratore e del contadino è necessaria. Il progresso meccanico significa spartizione della proprietà. L’artista deve diventare ingegnere, l’ingegnere diventi artista. Vi cogliamo l’ideologia dell’ala sinistra della “Novembregruppe” e del “Proletkult”[…]” Passamani Bruno, Dall’alcova al Tank ai Macchi 202, in (Masau Dan 1985), pp. 35-36.

quali non era mai venuto a contatto, decise di organizzare una mostra di tipo didattico. In questo modo sperava di ottenere il favore del pubblico, enfatizzando il processo artistico secondo il quale gli artisti erano giunti all’arte astratta o costruttivista, e che Černigoj avrebbe voluto prendesse piede anche a Lubiana.

La mostra durerà dal 5 al 19 luglio e comprenderà le opere impressioniste, espressioniste e cubiste di Černigoj, così il pubblico qui potrà per la prima volta vedere lo sviluppo di queste tre tendenze. Le opere verranno disposte in modo che i visitatori possano notare con precisione le differenze essenziali tra queste correnti. Lo scopo della mostra non è quello di celebrare il pittore sig. Černigoj, ma di far ragionare i visitatori sui problemi dell’arte contemporanea e creare un contatto organico tra l'artista e il pubblico, poiché l’arte non serve per il divertimento, ma per l’educazione del popolo e per comprendere la geometria spirituale del tempo. [ant. 24]

In particolare da questo articolo si evince che l’intento di Černigoj era quello di mostrare al pubblico quali potessero essere i passi successivi all’impressionismo, stile ancora molto apprezzato dagli sloveni. L’intento era proprio didattico dichiarato anche nello scopo finale, cioè l’educazione del popolo e la sua comprensione della “geometria spirituale del tempo”, parole sicuramente importate dall’ambiente del Bauhaus.

Egli non ha scopo esclusivo di esporre i suoi lavori in quanto tali, ma vuole dimostrare, sulla base delle opere esposte, il motto della mostra: »Il crollo dell’arte borghese«. Nella confusione e nel disorientamento avvertita oggigiorno dagli avventori delle mostre, quella di Černigoj vuole essere una sorta di revisione, una specie di interpretazione degli ultimi fenomeni artistici dell’arte figurativa occidentale fino al cubismo che raggiunge il punto finale perché rappresenta proprio il crollo del concetto di »arte«. Alle pareti sono appese delle spiegazioni concise che rappresentano l'essenza delle fasi di sviluppo dell’arte figurativa europea finché non si è verificata la rivoluzione e cioè l'anarchia assoluta. [ant. 26]

Il rifiuto del concetto di arte, legato al mondo borghese, ovvero istituzionale, in favore in un’arte nuova, in rottura con il passato, fu alla base della nuova idea espositiva di Černigoj,

che si avvalse di “didascalie” esplicative che accompagnarono le varie sezioni. “Tutte o quasi tutte le sue opere sono un mezzo per la comprensione e lo studio nel vero senso della parola“ [ant. 26]. Inoltre questo omaggio all’arte di derivazione russa, fu evidente anche agli occhi della critica, che commentò:

L'est suscita in lui questa speranza; d'altronde non ci sono alternative, se si considera l’influenza che l’arte figurativa russa ha oggi su quella occidentale, che oramai è tale da esser considerata tra quelle occidentali […] Egli stesso, naturalmente, è alla ricerca di una nuova base, di nuovi sistemi di costruzione e li trova nella barbarie dell’arte orientale ancora non studiata e ancora quasi sopita, che si sta ora risvegliando per calpestare definitivamente gli ultimi fenomeni del manierismo europeo. [ant. 26]

Dunque un vero e proprio successo comunicativo, se l’autore della critica conclude affermando:

Finora abbiamo solo capito che non trova conforto o soddisfazione nella decadente arte occidentale, che nella sua agonia si è estesa nella rivoluzione e nell'anarchia. […] Non ho altro da aggiungere se non che la mostra forse chiarirà certi concetti e indicherà la via ai molti disorientati. [ant. 26]

Il limite al quale Černigoj non volle arrivare in questa mostra però pare essere proprio il costruttivismo e tutto ciò che apprese l’anno precedente: pare si volle occupare esclusivamente di “Impressionismo, Espressionismo e Cubismo“ [ant. 30], tralasciando l’avanguardia:

Le opere dell’ultima fase di sviluppo di Černigoj, che comprende anche la sua prima mostra retrospettiva, costituiscono una sorta di preludio ad una futura mostra196 di opere costruttiviste, sulle quali non pretendo di dare giudizi. Queste opere rivelano una direzione tendente all’arte futurista, che cerca di convincere se stessa e il mondo che la natura non è un modello indispensabile o l’unico per l’arte figurativa. Questa è una corrente che vuole

196 “Dopo questa mostra avrebbe dovuto essercene un’altra, quella veramente costruttivista (ma nel frattempo Černigoj è emigrato dalla Jugoslavia!)” in ant. 31 e “Il progetto comprendeva ancora una terza mostra costruttivista –poi ha dovuto lasciare Lubiana e si è trasferito a Trieste” [ant. 41].

liberare l'arte dalla componente sensuale ed elevarla alle sfere più alte dello spirito puro, senza zavorre materiali. In nome di ciò questo gruppo artistico non vuole creare le proprie opere con gli elementi visibili nella natura, bensì si sono prefissi l’obiettivo di elaborare da soli queste componenti. [ant. 30]

Conclusa questa mostra Černigoj fece ritorno a Trieste, ma non abbandonò l’idea di diffondere le sue idee anche sul Litorale. A dicembre ebbe l’occasione di una personale a Gorizia, che venne recensita sulla stampa italiana dal futurista Giorgio Carmelich197e anche sulla stampa slovena. Il fine della mostra fu di nuovo didattico e avviene per mezzo dell’esposizione di lavori appartenenti a varie momenti dell’arte internazionale:

Questa bella mostra (temporanea!) offre una breve panoramica sull'Espressionismo, cubismo, futurismo fino al Costruttivismo (il Venezia Giulia è rappresentato dalla rivista "25"198) [ant. 28].

Tralasciando i dettagli dell’esposizione che sembra ricalcare quella lubianese, ci si può concentrare su alcuni dati che resero questa esposizione significativa: il fatto che Černigoj venne considerato colui che aveva introdotto le avanguardie nell’ambiente goriziano199, e che anche la critica italiana riconobbe la portata e la finalità dell’esposizione. Forse però alcuni lavori d’avanguardia furono esposti, perché l’unica voce fuori dal coro, qualche anno dopo la mostra, sostenne che la mostra di Černigoj a Gorizia avesse suscitato l’indignazione dei conservatori e, al contrario, colpito i giovani in cerca di novità200.

197 Carmelich in seguito partecipa con Černigoj alla sala costruttivista alla mostra triestina del 1927.

198 La rivista “25” era uscita nel gennaio 1925 con il primo numero, e un secondo era stato pubblicato durante la primavera dello stesso anno, il direttore era Giorgio Carmelich, colui che recensisce l’esposizione sulla stampa italiana.

199 “Sappiamo che queste mostre sono delle "novità", alle quali le grandi città (città dinamicocentriche) sono abituate, ma non rappresenta una novità perché è un movimento già noto nei suoi ultimi sviluppi. Ma se è ancora estraneo al grande pubblico, invece nell'arte si può già percepire. A. Č. con questa mostra ha dimostrato una brillante iniziativa, poichè ha portato anche in una città non grande questa "novità". Avanti, avanti e ancora avanti, avanguardisti! L'ambiente deve essere ripulito!” [ant. 28].

200 Solo quando Černigoj fece ritorno a Trieste, si iniziò a parlare nuovamente di una mostra. Uomo impulsivo com'è, non poteva tollerare il mortorio e nel 1925 ha alzato un polverone con la sua mostra costruttivista a Gorizia. I giovani ne sono stati entusiasti, i più anziani si sono indignati e Černigoj era felice« [ant. 47].

Come già anticipato, da parte italiana viene recensita da Carmelich, che segnalò l’esposizione con queste parole:

Il pubblico intelligente può vedere nell’opera di Augusto Cernigoi la completa revisione della pittura moderna da 15 anni a questa parte. […] Dunque, abbiamo noi oggi bisogno della pittura per la pittura? In realtà, si ha più bisogno dei muratori che di pittori. Cernigoi è di questi: costruire, egli vuole; sentire nella materia il suo scopo e nello scopo utilitario l’unica vera bellezza. […] Quali idee si potrebbero leggere in quegli occhi asfittici? Vendette di sapore bolscevico o terrore per qualche notturna apparizione di folletti nordici? Io non saprei dire, se penso che il nostro pittore è stato quel dannato errante che viaggiò da anni per l’Europa, da destra a sinistra, da settentrione sino al fondo delle barbarie balcaniche.

E in verità, dall’Espressionismo al barbaro non c’è che un passo; un barbaro che sente volontà di costruire e che costruisce con molto ingegno, sia egli architetto, pittore, scenografo e cartellonista. Cernigoi è un fedele interprete dell’economia delle cose. [ant. 57]

In questi pezzi tratti dall’articolo di Carmelich, si evince che la critica italiana e slovena avessero visioni simili della mostra, e adottassero un linguaggio comune, che rispecchiava probabilmente quello internazionale: termini come “barbaro” o “selvaggio” riferiti ai protagonisti dell’avanguardia, ma anche l’uso di “costruzione” nelle sue varie declinazioni, usato nei riguardi dell’arte e in particolare per l’affermazione del costruttivismo. Inoltre la percezione che queste “novità” artistiche provenissero dall’est europeo, che fossero giunte, per esempio, a Weimar dalla Russia, rappresentano un dato di fatto realistico e giustamente interpretato dalla critica.

Negli anni successivi Černigoj diffuse le sue teorie attraverso saggi e specie di “manifesti”, su vari periodici pubblicati sul Litorale: come per esempio i pensieri sul futurismo e una

riflessione sulla contrapposizione tra arte occidentale e orientale201. Inoltre venne a contatto con altri gruppi d’avanguardia, come lo zenitismo202.

Questo per Černigoj rappresentò l’inizio della carriera, le prime esposizioni che lo fecero conoscere al pubblico sloveno e italiano: in queste occasioni le novità provenienti dall’estero, vennero portate agli occhi di un pubblico nuovo, e al contempo potè attirare l’attenzione della critica. Da questo momento in poi, in effetti, Černigoj pensò di potersi cimentare nel costruttivismo, la cui vera celebrazione avvenne alla mostra triestina del 1927, ma invece, come vedremo, questa via gli venne preclusa e da questo momento, per lungo tempo, espose soltanto in Italia e non nel Regno dei serbi, croati e sloveni.

Il percorso di Ivan Čargo invece sembra essere diametralmente opposto: iniziò ad esporre a Lubiana nel 1920, alle esposizioni organizzate al Padiglione Jakopič. Nello stesso anno partecipò alla prima esposizione artistica di Novo Mesto, nel rinnovato clima culturale del neonato gruppo d’avanguardia. Questi due eventi lo portarono ad emergere da un ambiente accademico della cerchia del pittore sloveno Jakopič, e a incontrare le avanguardie internazionali nell’ambiente di Novo Mesto. Questo fu probabilmente il motivo per il quale in seguito si spinse a Roma203, alla ricerca di nuovi stimoli figurativi e di un approfondimento sulle tecniche artisti moderne204.

Durante la Prima Esposizione Goriziana del 1924 era stato notato dalla critica italiana e descritto come “futurista”205. In generale dalla critica italiana venne descritto così:

Un giovane pieno d’ingegno, che deve lavorare e che riuscirà ottimamente se vorrà proseguire la sua via senza ambagi. “Il paesaggio invernale” è trattato con fare sprezzante, ma pieno di accordi cromatici deliziosamente imprevisti. I due disegni della

201 cfr. [ant. 32] e [ant. 33].

202 L’incontro con il gruppo di Belgrado avviene “l’incontro con il gruppo di Belgrado, quando nell’aprile del 1925 Branko Ve Poljanski organizza nella città slovena una serata zenitista. In questa occasione Černigoj si occupa della scenografia e stringe pubblicamente la mano a Poljanski. Ad ulteriore suggello dell’identità di intenti, i due artisti allestiscono insieme un recital zenitista a Trbovlje, e la scelta del centro minerario assume un’evidente valenza politica” (Strukelj 2013), p. 10.

203 V. [ant. 27] e [ant. 47].

204 Un’analisi sulle influenze stilistiche nella pittura di Čargo è stata fatta da Passamani Bruno in (Masau Dan, Frontiere d'avanguardia. Gli anni del Futurismo nella Venezia Giulia 1985), p. 27.

“Giungla”, che formano il rompicapo di molti visitatori, rappresentano, in fondo, lo stesso accordo -non più cromatico- ma lineare: Vibrazioni di linee che si intersecano giustappongono addensano- e poi si liberano come in un accordo risolutivo. [ant. 50] Mentre la critica slovena, per conto di Veno Pilon, si espressee nei suoi riguardi in questi termini:

Un altro spirito inquieto è Čargo: un temperamento debole, troppo debole. Il paesaggio (sentimentalmente ricco: potrebbe essere da esempio per gli altri) gli mostra la via, anche se poi si perde, tralasciando la necessità della visione interiore, la stilizzazione del racconto: viene attirato più dallo stile pirotecnico che dall’essenza. [ant. 21]

Da parte sua, invece, Čargo fu l’autore di due articoli riferiti all’esposizione, nei quali descrisse i lavori di tutti gli artisti presenti, dedicandosi con maggior enfasi ai lavori di Spazzapan206, che rappresentò come “stilista costruttivista delle armonie lineari” in lotta con la tradizione, verso l’“avanguardia” .

Successivamente Ivan Čargo ebbe l’occasione di esporre individualmente a Gorizia, dal 13 al 28 agosto 1925, unico artista sloveno goriziano ad ottenere questa occasione, grazie a Sofronio Pocarini, lo stesso organizzatore della collettiva del 1924. L’esposizione non ottenne un grande interesse da parte della critica, e attualmente sono stati rinvenuti soltanto due articoli, uno sulla stampa slovena e uno su quella italiana, che ci descrivono l’esposizione207. In generale da questi potremmo intuire che Čargo in queste esposizioni goriziane abbia mostrato poco carattere “avanguardista”, e che fosse stato piuttosto

206 “Finché ci sono l’anima e l'irrequietezza, ci sono la forza e lo sviluppo. C’è l’evoluzione veemente – la creazione e la negazione; ci sono due forze contrastanti che vivono una nell’altra. In questa imperturbabilità c’è Lojze Spazzapan con la sua arte. Alla ricerca di nuovi mondi. In una dura lotta contro tutti i predecessori, con la tradizione (Avangardia). Estremo nella rappresentazione, uno razionale che va per la sua strada – una frecciata sanguinosa. Avanti! Le sue incisioni. Ogni incisione è una provetta, in ogni provetta un composto diverso. Caricaturista dell’affronto profondo fino a archetipi animaleschi, tecniche di precisione sia nell’astratto che nelle rappresentazione elementari. Stilista costruttivista dalle armonie lineari. Un sintetizzatore che scompone. Espressivo nella concezione e nell’esecuzione. “Veno Pilon”, “Case”, “Bottiglia e bicchiere”, “Salice”, “Lurida” ecc Racconta molto di sé a chi lo ascolta; prende per il naso i conservatori. Non avendo esposto collettivamente, c’è nelle sue opere grafiche uno spirito che si esprime fortemente attraverso questi spiragli” [ant. 23].

orientato ad esporre una selezione “storicista” della sua opera, giacché in entrambi vengono nominati i paesaggi e i disegni, oltre ai ritratti.

In questo modo non si fece riconoscere in ambiente goriziano come portatore di novità espressive, soprattutto visto che il clima locale stava facendo emergere delle linee futuriste, iniziate con la costituzione del Movimento Futurista Giuliano gravitante a Gorizia, grazie all’iniziativa di Pocarini e Vucetich.

Va ricordato inoltre che nel mese di luglio del 1925, un mese prima della mostra di Čargo, ci fu un ulteriore stimolo allo sviluppo dell’avanguardia giuliano, grazie alla visita di Artus Černìk, redattore della rivista “Pasmo” di Brno208.

Nell’annunciare il suo arrivo a Grado ad altri componenti del suo gruppo (7 luglio), Artus Černìk esprime il desiderio di realizzare un incontro con Pocarini e i rappresentanti del futurismo giuliano al fine di discutere “de choses comune d’art moderne”. Il viaggio previde una visita a Trieste, ove Černìk ebbe l’occasione di conoscere esponenti del movimento triestino209.

A questo incontro seguì un incontro il giorno successivo a Grado, al quale parteciparono Spazzapan, Carmelich, Dolfi e Pocarini, ai quali Černìk scrisse il 20 luglio da Praga “ringraziando delle amichevoli accoglienze manifestategli” e auspicando “che i legami tra l’avanguardia ceka e i giovani italiani divengano sempre più stretti”210.

In questo senso è possibile immaginare che l’esposizione di Čargo si configurasse in questo clima di interesse per le avanguardie e che probabilmente l’intento di Pocarini fosse quello di dar spazio ad un giovane che avrebbe esposto opere futuriste. Questo spiegherebbe anche la carenza di fonti a riguardo, da collegarsi alla “delusione” per la mancanza delle succitate opere, e rappresenterebbe il motivo per il quale Čargo non espose più sul suolo goriziano e italiano in generale. Ma questa potrebbe essere una lettura forzata dalla mancanza di fonti.

208 Cfr. De Vecchi Fiorenza, Amicizie e incontri tra Trieste e Praga, in (Castagnara Codeluppi 1996), pp. 53-61.

209 Ivi, p. 55.

Tuttavia ciò che ci è noto è che da quel momento il poi (dal 1926 al 1929) Čargo espose regolarmente alle collettive organizzate a Lubiana, dove si trasferì, e in seguito si spostò a Belgrado, dove espose collettivamente nel 1930211.

L’unica eccezione fu rappresentata dall’esposizione tedesca Junge Slowenische kunst, che si tenne nel 1929, accompagnata dalla pubblicazione apparsa su “Der Sturm”212, nella quale Čargo apparve assieme ad altri artisti del Litorale, quale rappresentante dell’arte moderna slovena, che si affermava in tal modo nel contesto internazionale.

Figura 13. La facciata di Ivan Čargo per il padiglione del teatro alla fiera di Lubiana213 .

Non abbiamo molte altri fonti disponibili per accertare quale sia stato lo sviluppo artistico di Čargo, ma se confrontiamo alcune fonte visive apparse sui periodici dell’epoca214, possiamo capire che l’orientamento di Čargo andava in senso avanguardista: molti degli elementi presenti nella sua pittura richiamano il cubismo e il futurismo.

211 Riproduzioni di lavori appartenenti a questo periodo pubblicate in (Bernik, Brejc e Komelj 1998), p. 47.

212 Sonderheft. Junge slovenische Kunst, in ("Der Sturm": Halbmonatsschrift für Kultur und die Künste 1910-32).

213 “i. čargova fasada gledališkega paviljona na ljubljanskem velesejmu. aranžer razstave prof. o. šest. direktor