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Gli artisti sloveni alle mostre Sindacali d’arte

Molto si è detto sul periodo costruttivista di Černigoj che, dopo una breve incursione a Lubiana, ha avuto il suo apice alla Prima Esposizione Sindacale d’arte di Trieste, svoltasi presso il Giardino Pubblico di Trieste nel 1927. Il decisivo scontro con la critica, il rapporto con il pubblico e con gli artisti del suo gruppo, lo avevano portato ad abbandonare questi modi espressivi in favore di un “ritorno all’ordine”, dettato anche dalle mutate condizioni politiche e dalle opportunità offerte dal Sindacato Fascista delle Belle Arti. In maniera meno approfondita invece sono state studiate le fasi e le attività di Černigoj fino al secondo dopoguerra.

Černigoj aveva studiato al Bauhaus di Weimar ed era stato enormemente colpito dalle novità apportate dai vari insegnanti in quella scuola. Oltre che dall’aspetto artistico, era stato segnato dalla “funzione sociale” e dalla comunicazione di messaggi rivolti alla collettività, che sfociavano in messaggi politici e sociali. Ma a seguito delle repressioni attuate dai fascisti nei confronti della cultura slovena, messaggi come quelli della Sala Costruttivista del 1927 non potevano più essere accettati.

E così, dopo che ebbe preso coscienza di ciò, Černigoj già dal 1928 iniziò a compiere i primi passi verso quella realtà, che già da tempo aveva attratto a sé tanti artisti in tutta Europa. Da questo momento in poi abbandonò i modi espressivi del costruttivismo per arrivare, alla metà degli anni Trenta, a quella che era sembrata allora l’unica via per l’arte: il ritorno all’ordine266.

Černigoj continuò così ad partecipare alle iniziative del Sindacato Fascista delle belle arti, esponendo i propri lavori quasi a tutte le edizioni fino al 1941267. Da questa assidua partecipazione si potrebbe dedurre che le “minacce” a lui rivolte nello “Svegliarino Artistico”, già nel 1929, abbiano sortito un certo effetto268.

266 (Masau Dan e De Vecchi 1998), p. 51.

267 Ivi, pp. 291-296.

Accanto alle attività offerte dal Sindacato triestino, Černigoj venne invitato a partecipare ad altre mostre in Italia, come nel 1930 alla Triennale di Milano, dove presentò le decorazioni murali per la sala della Civiltà Meccanica, o nel 1934, quando partecipò alla Mostra della Plastica Murale di Genova. Questa vicenda, finora non segnalata dalla critica, dichiara la piena adesione di Černigoj alle iniziative del Sindacato Fascista, ai canoni espressivi e ai messaggi che il fascismo intendeva comunicare.

[…] riproduciamo un particolare per l’ingresso di una Casa del Balilla. Il senso plastico e decorativo a un tempo è dato con sintesi precisa, che ben si adatta allo spirito e al carattere dei ragazzi di Mussolini. [ant. 100] Figura 22. Augusto Černigoj, “Casa del Balilla”269. Ma ovviamente Černigoj non fu l’unico degli artisti rimasti sul suolo italiano a partecipare alle esposizioni del Sindacato Fascista. Tre le ultime testimonianze che abbiamo dei critici sloveni, prima della censura pressoché totale della stampa, sappiamo che nel 1928 era stata fatta notare la partecipazione degli artisti sloveni alle esposizioni italiane:

Altre mostre di nostri artisti non ci sono state, ma questo non vuol dire che i nostri pittori si siano riposati. Hanno lavorato molto duramente e hanno partecipato alle mostre italiane. Si può dire che non vi era alcuna esposizione in Venezia Giulia nella quale non vi fossero rappresentati i nostri artisti. [ant. 47]

Questo preambolo ci fa capire che le partecipazioni erano state corpose fino a quella data, anche se le leggi fasciste erano già entrate in vigore e avevano già segnato in larga parte le

attività espositive indipendenti degli sloveni. Tuttavia dopo questa data, le condizioni sembrano peggiorare per gli artisti sloveni, anche se alcuni, come abbiamo visto, erano già emigrati altrove.

Nel 1934 si stava per riproporre in sostanza una situazione molto simile a quella di dieci anni prima270: ci fu una ridistribuzione delle province afferenti ai Sindacati Interprovinciali delle Belle Arti. Udine avrebbe dovuto passare alla sede di Venezia, assieme a Belluno, Padova, Rovigo, Treviso, Verona e Vicenza, mentre la sede di Trieste avrebbe dovuto avere competenza territoriale su Fiume, Gorizia, Pola e Zara. Alcuni tra quelli coinvolti in questo cambiamento, tra i quali il Commissario straordinario del Sindacato triestino in particolare, si espresse sulla vicenda in questi termini:

[…] i Sindacati Interprovinciali di Trieste, privi dell’apporto di Udine, sono destinati ad una vita molto meschina e problematica. Infatti, la provincia di Zara, costituita dalla piccola città capoluogo, le province di Fiume, Pola e Gorizia, limitate anche esse, rispetto all’attività culturale, alla sola città capoluogo e inoltre di piccole città, ben poche forze possono dare ai Sindacati Interprovinciali di Trieste: i quali, a loro volta, non potranno giovarsi, in sostanza, che delle attività spirituali di Trieste soltanto, essendo notorio che il Carso triestino, al pari del Carso goriziano, e dell’Altipiano della penisola istriana, non rappresenti nessun possibile vivaio di intelligenze artistiche, popolato come è di rurali sloveni e croati […]271.

Con queste parole capiamo ancora una volta in quale considerazioni fossero tenuti gli artisti locali di estrazione slava; vero è anche che ormai le politiche fasciste in atto da circa quindici anni avevano “assimilato” gli allogeni non italiani e fatto propri gli artisti che avrebbero potuto contribuire in maniera significativa all’arte locale.

270 L’Esposizione goriziana di Belle Arti del 1924, alla quale avevano partecipato gli artisti goriziani e friulani appartenenti alla Provincia del Friuli.

271 Atti del Gabinetto della Prefettura, cit. in Fasolato Patrizia, Venezia Giulia: attorno le esposizioni interprovinciali, in (Crispolti 1997).