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I tentativi di costruzione di un ambiente artistico d’avanguardia

In riferimento alle esposizioni d’arte, sembra che il quinquennio successivo alla guerra sia bastato a rinnovare le energie e far ripartire gli entusiasmi degli artisti della zona, e dei loro critici di riferimento, dando l’avvio ad una nuova stagione espositiva. Il 1924 infatti è un anno importante, sia per Trieste, che per Gorizia.

A Trieste il Circolo Artistico, fondato nel 1884 e ricostituito dopo la guerra, decise di organizzare un’esposizione d’arte con l’obiettivo di creare un sistema espositivo periodico e stabile, sul modello delle esposizioni internazionali di Venezia: la Prima Esposizione biannuale del circolo artistico167. La mostra si tenne dal 14 settembre al 26 ottobre 1924168. La presentazione di Benco ci offre un quadro della situazione artistica locale e sulla formazione degli artisti del circolo:

Quasi tutti i migliori pittori delle due ultime generazioni ebbero a primo maestro Eugenio Scomparini […]; ma se qualche cosa di lui è rimasto nella tavolozza di tutti, non ve ne ha due che battono la stessa strada. Così altre influenze, segnatamente veneziane, si sono trascolorate passando attraverso i temperamenti e incrociandosi con gli studi fatti a Monaco e in altre città dell’estero: talchè sembra essersi composto ogni artista di altri elementi, e non v’è orientamente dell’arte moderna che non abbia trovato chi in un modo o nell’altro vi inclini169.

In sostanza quello che Benco ci dice è che il tipo di formazione degli artisti triestini era pressoché uniforme, caratterizzato dalla tradizione triestino-veneziana e da elementi di modernità provenienti da altre città nelle quali gli artisti si recavano a studiare, principalmente in territorio austro-ungarico. A questa esposizione parteciparono anche gli artisti sloveni Sergio Sergi, France Gorše, Veno Pilon e Ernest Sesek. La mostra non ebbe alcuna risonanza sulla stampa slovena dell’epoca, ma neanche su quella italiana, forse perché il materiale esposto non accendeva alcun entusiasmo “moderno” nei critici. Osservando il catalogo e le illustrazioni in esso contenute e confrontando l’elenco delle

167 (1 Esposizione biannuale del Circolo Artistico: autunnale 1924. Catalogo illustrato 1924).

168 Ibidem.

opere esposte con ulteriori pubblicazioni dell’epoca o successive monografie degli artisti partecipanti, si può notare che furono esposti per lo più ritratti e paesaggi, che rappresentavano appieno la tradizione di stampo veneziano e austriaco.

Più a nord, invece, il Circolo Artistico Goriziano, nato nel 1922 sotto l’egida di Antonio Morassi, decise di realizzare nel 1924, una mostra che richiamasse l’attenzione su Gorizia e che ne ribadisse l’importanza sotto il profilo culturale: la Prima Esposizione Goriziana di Belle Arti. Questa esposizione, al contrario di quella triestina, attirò l’interesse di molti. Innanzitutto molto di ciò che venne detto sulla mostra riguardò le questioni nazionali, e qualcos’altro venne aggiunto sull’attitudine avanguardista e sulla ventata di novità che avrebbe portato Gorizia al livello di altre importanti città d’arte170. La mostra venne inaugurata il 13 aprile 1924 e portava nel titolo la dicitura “goriziana”, ma era stata aperta ad artisti “nati” o “domiciliati” nella Provincia del Friuli, cosa che scatenerà una serie di equivoci e di prese di posizione171. La neo costituita provincia del Friuli infatti, come abbiamo già ricordato, era stata il frutto di una manovra per rendere “più italiana” Gorizia, annettendola alla provincia di Udine172 e abbassando in questo modo la percentuali di sloveni residenti in una sola provincia. Tuttavia l’Esposizione pare andasse contro tendenza, perché metteva in luce la partecipazione degli sloveni, ormai ben integrati nel Circolo Artistico Goriziano. E infatti il ruolo degli sloveni viene sottolineato dalla stampa slovena, che riportò il proprio punto di vista con queste parole:

Questa è la prima esposizione che raduna le forze che operano in diverse parti della regione: un primo passo nell'educazione del pubblico. Visto il caratteristico bilinguismo

170 “Tra i 49 artisti che hanno esposto le loro opere erano anche presenti anche alcuni che per i loro lavori sarebbero adatti in mostre più grandi e più conosciute, rispetto a quella di Gorizia” [ant. 19]

171 “Non è privo di conseguenze il fatto che tale esposizione si tiene a Gorizia e viene curata da un goriziano: purtroppo il timore di eventuali rimproveri […] si rivelerà fondato. Va detto infatti che se questa esposizione è lo specchio del vario panorama artistico figurativo intorno a Udine e Gorizia degli anni Venti, essa è anche e soprattutto la testimonianza della vitalità culturale della Gorizia del primo dopoguerra, nonché lo strumento attraverso il quale Gorizia può affermare la sua autonomia culturale nei confronti della cultura friulana” (Delneri 2010), p. 15.

172 “E la rabbia e l’umiliazione dei goriziani per l’annessione alla Provincia di Udine non riguardava ovviamente il solo aspetto politico, ma anche quello culturale, dal momento che entrambi gli aspetti erano da sempre radicati nella storia della città, riconosciuti e tutelati dal precedente governo Austro-ungarico, che sin dalla costituzione del 1861 aveva salvaguardato le diverse identità nazionali del suo impero […]”, Ibidem.

che contraddistingue il Friuli, la recente iniziativa del “Circolo Artistico” si è distinta –agli occhi di un esterno- per aver alleviato abilmente questi contrasti. Infatti il trattamento riservato a noi “allogeni” è stato molto ospitale e accurato, sotto ogni aspetto. Tuttavia dal punto di vista interno quest’unione è un miscuglio di due tipi di sangue. [ant. 21]

Dopo questa introduzione, Veno Pilon, uno degli animatori del Circolo, espose quelle che, a suo avviso, erano state le influenze sulla pittura locale: impressionismo, accademie italiane e scuola di Monaco, che forgiarono gli artisti più interessanti. E continua:

Gli altri […] sono per lo più di scuola o di amatori più o meno abili, senza particolari annotazioni personali: un compromesso con la provincia. […] Poi il resto, vale la pena dirlo, l’invisibile lavoro della mostra è fatto dagli “allogeni”. [ant. 21]

Del resto anche la critica italiana vedeva questa esposizione come un saggio delle varie tendenze artistiche apprese nelle Accademie nelle quali gli artisti della regione di norma studiavano. Va detto inoltre che nell’ambiente goriziano gli stimoli visivi si erano diffusi uniformemente, e nel gruppo degli sloveni le tendenze erano molto diverse. Sul periodico del Movimento Futurista Giuliano, intitolato “L’Aurora”, l’esposizione venne così recensita:

Accanto ad artisti illustri e celebrati dalla critica ufficiale quali Italico Brass, hanno esposto i futuristi Luigi Spazzapan, Giovanni Ciargo, Sofronio Pocarini e gli avanguardisti Veno Pilon, Gino de Finetti, Vittorio Bolaffio. Diamo qui qualche riproduzione dei lavori esposti. Ci riserviamo di fare una ampia critica, specialmente dei lavori dei forti e originali pittori futuristi Luigi Spazzapan e Giovanni Ciargo, i quali hanno molto ingegno e che sapranno indubbiamente affermarsi nel mondo artistico, con le loro continue e nuovissime ricerche173.

L’anonimo critico italiano infatti percepisce Spazzapan e Čargo come futuristi e fa notare che il carattere espressionista e “avanguardista” di Veno Pilon contribuisce all’organicità e varietà dell’esposizione.

Le opere del Pilon destano vivaci discussioni nel pubblico goriziano, il quale nella grande Esposizione vede ora rappresentate quasi tutte le scuole, tutte le tendenze dell’arte contemporanea. Con l’arrivo dei quadri di Pilon l’Esposizione è del tutto organica ed ha quell’impronta di modernità che assolutamente deve avere al tempo nostro una manifestazione artistica dell’importanza dell’esposizione di Gorizia. [ant. 48]

Un fattore da considerare è la naturalezza con cui Morassi e Pocarini che organizzarono l’esposizione, accettassero la “presenza di artisti sloveni, anche se allora erano da considerare […] “artisti del Litorale”, “senza distinzioni di razze””174.

Tuttavia, non sappiamo cosa abbia scatenato le accese critiche di Chino Ermacora, critico del periodico la “Panarie”: se lo spirito di rivalità che si era acceso tra le due provincie ora riunite, oppure la presenza degli sloveni all’esposizione. Tuttavia la sua critica175 non passò inosservata e ferì l’orgoglio di coloro che l’avevano organizzata. Sulla stampa italiana rispose Morassi dalle pagine della “Voce di Gorizia”, aggiungendo una postilla:

Nell’ultimo numero della “Panarie” c’è un articolo su la Mostra Goriziana, di cui noi siam grati alla Rivista Udinese. Ci spiace soltanto –prescindendo dalla diversità di giudizio sugli artisti […] che l’autore neghi il successo dell’Esposizione. Ci spiace, perché noi ci siamo illusi, poveretti, di presentare per la prima volta al Pubblico Goriziano e Friulano alcuni giovani affatto sconosciuti. Ebbene la nostra soddisfazione, per averli rivelati, è grande. abbiamo risposta in loro la nostra piena speranza. [ant. 54]

Ermacora aveva infatti criticato il frazionamento delle forze e delle iniziative, sottolineando che in questo modo in nessuna mostra gli artisti friulani sarebbero figurati in modo degno. Ma non solo: aveva criticato l’eccessiva fretta nell’allestimento dell’esposizione e il forte contrasto tra “le forme dell’antica e accetta tradizione e le forme di un certo avanguardismo ancor di moda”176. Del resto egli stesso si dichiara “passatista”, mentre

174 (Delneri 2010), p. 15.

175 Cfr. [ant. 53].

invece trapela la sua preferenza per gli artisti del “Friuli occidentale” che però non vanta “alcun campione futurista”177.

Sulla stampa slovena, invece, Veno Pilon risponde probabilmente a quella specie di “censura”178 fatta da Chino Ermacora con le parole “Gli avanguardisti Ciargo, Pilon e Spazzapan esulano dai miei gusti e, quindi, dal mio giudizio.“

Pilon infatti scrisse:

Proprio qui, in questa città, dove due organismi vivono a stretto contatto, si va insinuando la questione del rapporto tra le due comunità. I latini, forti della loro tradizione, estremamente abitudinari nei loro mestieri sono più elastici nell’innovazione. Dall’altra parte ci siamo noi, discepoli ancora grezzi, a mani libere, pronti all’abnegazione, meditativi e noncuranti dei doni ricevuti dalla cultura dei nostri insegnanti. Balbettanti ancora, ma afferenti contenuto. Tra i due gruppi ci sono innumerevoli scambi, mescolanze di sangue da uno all’altro. In noi è evidente la rappresentazione aspra e fortemente ostinata, proveniente dalla concezione lubianese, della modernità in chiave lirica e letteraria. Senza dubbio, la nostra posizione etnografica ci avvicina alla concezione latina della vita, senza però essere in grado di sopraffare l’indole della nostra comunità. [ant. 21] In effetti questa, oltre ad essere un’orgogliosa risposta sulla questione nazionale, sembra essere uno sfogo riguardo alla situazione generale degli “allogeni”: una minoranza proiettata in un contesto diverso da quello precedente. Sotto l’Impero asburgico infatti la cultura slovena minoritaria, rispetto a quella tedesca, era sempre stata rispettata. Più in generale, Pilon considerava che quello sloveno fosse un popolo con la chiara consapevolezza di non essere portatore di una tradizione secolare in campo artistico, ma un popolo nuovo che dedicava le proprie energie a stare al passo con le avanguardie e alle novità dell’epoca. E infatti continua:

In effetti gli italiani hanno mostrato solo un piccolo frammento della loro energia nazionale, mentre noi presentiamo ciò che di meglio abbiamo, ma questo confronto

177 Ibidem.

sproporzionato è molto importante per ottenere un’unità di misura assoluta delle nostre forze: i nostri vicini sono diventati molto attenti alla nostra andatura maldestra e hanno diffuso il suo eco ben oltre gli stretti confini della provincia. Per noi questo è l'unica via per raggiungere il mondo: un ponte dalla focalizzazione su se stessi verso il pubblico dei concorsi internazionali. [ant. 21]

Che sia stata un’effettiva incomprensione dell’arte esibita dal gruppo di sloveni “avanguardisti” a questa mostra, oppure una presa di posizione contro la loro partecipazione, in ogni caso il critico Ermacora non cambiò idea neanche due anni dopo, quando organizzò la Prima Biennale Friulana d’arte. Gli artisti sloveni non vennero infatti presi in considerazione, e anzi, sappiamo che Veno Pilon scrisse a Pocarini lamentandosi per l’esclusione dalla mostra, nonostante lo sforzo di mediazione sostenuto dallo stesso Pocarini179.

L’unico artista sloveno ammesso fu Sergio Hočevar, che aveva già cambiato il suo nome in Sergio Sergi, e che già aveva superato favorevolmente le critiche di Ermacora riguardanti la Prima Esposizione Goriziana. A quell’epoca il critico si era espresso nei suoi confronti con parole lodevoli riguardanti le grafiche esposte180.

179 Lettera citata, Ivi p. 18.

3.3 Il rapporto tra gli artisti sloveni in Italia e le esposizioni sul territorio