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Dibattito sul fenomeno del mizuko kuyō 水子供養

4. MIZUKO KUYŌ 水子供養 DAL DOPOGUERRA A OGG

4.1. IL CULTO OGG

4.1.4. Dibattito sul fenomeno del mizuko kuyō 水子供養

In seguito alla diffusione del mizuko kuyō, in tutto il Paese hanno cominciato a levarsi numerose critiche nei confronti del ricorso all’aborto e, di conseguenza, nei confronti dell’ambiente medico accusato di essere restio nel proporre un’alternativa valida all’interruzione volontaria della gravi- danza rinunciando così ai guadagni che tale pratica comporta. A queste voci di protesta si sono af- fiancate, sempre più frequentemente, quelle di coloro che, appartenenti ad ambienti anche molto di- versi tra loro, hanno criticato l’operato dei templi buddhisti che offrono i riti per le anime dei feti abortiti, accusati di sfruttare sentimenti dolorosi quali il senso di colpa per creare una nuova e sicura fonte di guadagno per il tempio116.

Despite – or perhaps because of the large number of women who take part in it across Japan, mizuko kuyō has been criticized by religious institutions, the media, academics, and feminists in Japan as a made-up practice that allows unprincipled clergy to make money by taking advantage of women's feelings of guilt after an abortion or a miscarriage.117

Come si è visto in precedenza, le entrate derivanti dai riti per le anime dei mizuko sono conside- revoli, grazie alla necessità per i fedeli di dover acquistare la statua di Jizō e lo spazio in cui collo- carla, di dover pagare i monaci per le preghiere recitate, ecc. Le critiche avanzate si basano, dunque, sull’immoralità della commercializzazione di una pratica religiosa che prende vita da un evento tan- to triste quanto privato nella vita di una donna118. Brooks riporta lo stralcio di un articolo nel quale un giornalista ha etichettato l’atteggiamento di un tempio buddhista come contrario all’etica religio- sa:

One journalist wrote an article in which he criticized advertisements like the following one which has special appeal to those frustated by the problems of contemporary society and the popular belief in wan- dering spirits of the dead: “The wandering soul of the aborted child is lingering around with the family and creating deseases even medical doctors cannot diagnose. These wandering souls are also creating di- sintegration of the family and the delinquency of children (Tokyo Times 20 February 1977, p. 3). It should be noted that at the end of such advertisements there is a form with which to order an individual Jizō sta- tue [...] “I’m suspicious of the ethical sense of those who advertise in such a way” wrote the journalist (Tokyo Times 20 February 1977, p. 3).119

116 Vedi ŌTA Tenrei, “Mizuko kuyō no zaiaku” [水子供養の罪悪] (Il crimine del mizuko kuyō), in Chūzetsu wa satsu-

jin dewanai, Ningen no Kagakusha, Tōkyō, 1983, pp. 48-53.

117 Elizabeth G. HARRISON, IGETA Midori, “Women’s Responses to Child Loss in Japan: The Case of Mizuko Kuyō”,

cit., p. 251.

118 “[...] condannano il nuovo culto come una forma di commercializzazione del sacro, in linea con la tendenza di molti

templi a fare guadagni monopolizzando il discorso devozionale sulla morte: il mizukokuyō non sarebbe dunque altro che l’espressione più eclatante del cosidetto ‘buddhismo dei funerali’, sempre pronto a vendere nuovi ‘prodotti rituali’.”, Massimo RAVERI, Itinerari nel sacro. L’esperienza religiosa giapponese, cit., p. 243.

Oltre alla critica nei confronti dell’aspetto economico legato al nuovo culto, i templi che forni- scono i riti per la pacificazione dei feti abortiti sono stati accusati anche di dare vita a una sorta di ricatto morale nelle coscienze delle donne coinvolte in tali pratiche religiose120. Le accuse sono in- dirizzate verso quei monaci che elencano tutta una serie di eventi disastrosi nel caso in cui un mizu-

ko non riceva il trattamento adeguato, verso tutte le pubblicità, le immagini, gli opuscoli forniti dai

templi stessi che diffondono l’idea del tatari e la rendono visibile. Hardacre propone degli esempi di pubblicità tratti dal giornale “Young Lady” che invitano a officiare i riti per l’anima del proprio

mizuko, pena l’insorgere di tremende sofferenze su tutti i membri della famiglia.

Una critica interessante mossa ai templi buddhisti che offrono riti per le anime dei feti abortiti permeati da un’idea di maledizione e di vendetta viene mossa da esponenti della New Age. Essi af- fermano che il mizuko kuyō nella forma in cui si è diffuso nel Paese non offre alcuna risposta reli- giosa costruttiva al problema dell’aborto e alla sofferenza delle persone coinvolte in questo tipo di decisione. Al contrario, esso si è rivelato essere portatore di sentimenti unicamente negativi, quali il senso di colpa e il rimorso che le madri sono tenute a provare per la loro azione, e di un’idea di fon- do sessualmente discriminante, in quanto viene fatta pressione quasi esclusivamente sulle donne che

120 “In the past decade, Buddhist temples around the country have exploited that fact to build what one Japanese

magazine has called a multimillion dollar ‘business of terror’. The terror mentioned here is the fear of tatari, actual physical reprisal from forgotten and uncared-for mizuko, which might take the form of illness or accident, birth defects or other problems with later children, or similar changes in circumstance that would disturb the harmony of the family and thus the rhythm of a woman’life.”, Elizabeth G. HARRISON, “‘I can only move my feet towards mizuko kuyō’. Me-

morial Services for Dead Children in Japan”, cit., pp. 97-98.

hanno abortito e non sui mariti o sui compagni di queste ultime. L’obiettivo manifestato dalla New Age non è quello di eliminare i riti per le anime dei feti abortiti, ma quello di fornire alle persone coinvolte una risposta migliore in termini religiosi, che sappia trovare una soluzione al dolore deri- vante dalla scelta di aver interrotto una gravidanza. La risposta trovata dalla New Age è quella di una particolare forma di reincarnazione121.

In contrast to the worldview reflected in the practice of mizuko kuyō, there is another way of thinking in which it is meaningless to try and identify one single moment as the beginning of life. From the perspec- tive of reincarnation, in which life in this present world is just one form of a spirit that continues from the past and into the present and future, the act of abortion is a choice made within the human relationship be- tween the fetus and the pregnant woman, that is, it is an act that involves the choice of the woman, the choice of the fetus, and the choice of the others involved in the situation. It is not that the choice is good or bad, but is something that must be resolved within the lives of each of the involved persons.122

Un discorso di tale genere non consente più alcuna associazione tra la scelta della donna e idee qua- li l’inadempienza dei propri doveri materni nei confronti dell’intera società con la conseguente at- tribuzione di una colpa da dover espiare.

Vi sono, tuttavia, altre realtà che difendono a gran voce il culto del mizuko kuyō. Tra i più fer- venti sostenitori dei riti per le anime dei feti abortiti, si trovano gli esponenti della nuova religione denominata Seichō no Ie 生長の家, nata nel 1929 dal fondatore Taniguchi Masaharu123. Questi, ol- tre a chiedere che l’aborto venga nuovamente proibito per legge in quanto pratica paragonabile all’omicidio (poichè impedisce all’anima di entrare nel mondo terreno in forma umana124), promuo- vono il mizuko kuyō e lo difendono, affermando che il culto per la pacificazione delle anime dei feti abortiti rappresenta l’unica modalità a disposizione delle donne giapponesi di rimediare alla grave colpa commessa e di ristabilire un legame col proprio bambino125.

Negli ultimi anni si sono levate anche altre voci in difesa del fenomeno del mizuko kuyō. Alcuni studiosi sostengono che nel dibattito in corso in Giappone è da sempre mancato il punto di vista del- le donne direttamente coinvolte nella nuova forma di culto. Essi affermano che, mentre l’opinione comune diffusasi in tutto il Paese considera come unico obiettivo della maggior parte dei templi quello di guadagnare soldi, per le donne coinvolte in questa tipologia di riti, in realtà, la pratica del

mizuko kuyō rappresenta una vera e propria forma di consolazione al dolore che fa seguito alla deci-

121 Vedi KOMATSU Kayoko, “Mizuko kuyō and New Age. Concepts of Reincarnation”, Japanese Journal of Religious

Studies, 30, 3-4, 2003, p. 261.

122 KOMATSU Kayoko, “Mizuko kuyō and New Age. Concepts of Reincarnation”, cit., p. 267.

123 “Founded in 1929 as a breakaway from Ōmotokyō by Taniguchi Masaharu (1893-1985) Seichō no Ie inherited much

of the spiritualism of Ōmotokyō, especially an interest in the soul and questions about its existence before birth and de- ath.”, Helen HARDACRE, Marketing the Menacing Fetus in Japan, cit., p. 73-74.

124 ibidem.

125 Vedi Massimo RAVERI, Itinerari nel sacro. L’esperienza religiosa giapponese, p. 242; Helen HARDACRE, Marketing

sione di negare la vita a un proprio figlio126. Da alcune interviste risulta che i riti per le anime dei feti abortiti non vengono più praticati esclusivamente dalle donne che hanno abortito ma anche da quelle persone che pregano per il benessere di altre donne o addirittura per il benessere dei figli e dei parenti in vita. Quello che emerge dagli studi di coloro che sostengono che il mizuko kuyō sia una culto creato per aiutare le donne giapponesi ad alleviare il proprio dolore (e non per sfruttare i sentimenti di queste ultime al fine di creare una fonte di guadagno per il tempio) è che il sentimento diffuso tra le persone che pregano per l’anima di un feto abortito non sia la paura o il senso di colpa, bensì la tristezza e il rimorso derivanti dalla sensazione di aver fallito nel ruolo sociale di donne e di madri127.

[...] mizuko kuyō [...] has the potential to become effective in helping people face forms of social discon- nection as well as the inner anguish they may feel personally after having lost a child or experienced de- eply negative feelings following abortion.128

Una posizione intermedia è quella proposta da Harrison, che afferma che il mizuko kuyō è un fe- nomeno talmente complesso e sfaccettato che è impossibile etichettarlo sotto un’unica definizione.

It has been my intention [...] to make evident its organic complexity. Mizuko kuyō is not simply a conser- vative, politically motivated response to the popularity of abortion in Japan since the promulgation of the Eugenics Protection Law. Neither is it simply a conservative religious response to abortion. It is not simply a product of a constructed fear of tatari, reprisal on the living by spirits of the dead; nor is it simply a product of media hype. It is not simply a product of the particularly misogynistic sexual politics of Japan. It is all of those and more. [...].129

Muriel Jolivet propone una considerazione simile, intermedia, in quanto non nega la grettezza dell’aspetto economico ma, allo stesso tempo, sottolinea l’aiuto che il nuovo culto può offrire a una madre che ha deciso di abortire.

Without wanting to minimize the scandalous trade surrounding water-babies, it must nevertheless be a- cknowledged that temples are responding to a genuine need on the part of women who require psycholo- gical assistance when the burden of guilt they have to carry becomes too heavy for them alone.130

126 “Most writers on mizuko have been very critical of such temples, claiming that their sole purpose is to extort money

from unsuspecting and naive people by playing on their fears of retribution (tatari 祟り) from the spirits of the aborted fetuses. While these large temples that focus exclusively on mizuko play a significant role in the overall mizuko kuyō phenomenon, they by no means represent the complete picture.”, Richard W. ANDERSON, Elaine MARTIN, “Rethinking the practice of mizuko kuyō in contemporary Japan: Interviews with practitioners at a Buddhist temple in Tokyo”, Japa-

nese Journal of Religious Studies, 24, 1-2, 1997, pp. 121–143, cit., p. 122.

127 Vedi Richard W. ANDERSON, Elaine MARTIN, “Rethinking the practice of mizuko kuyō in contemporary Japan: In-

terviews with practitioners at a Buddhist temple in Tokyo”.

128 Bardwell SMITH, “Buddhism and Abortion in Contemporary Japan: Mizuko Kuyō and the Confrontation with Death”,

cit., p. 20.

129 Elizabeth G. HARRISON, “Strands of Complexity: The Emergence of ‘Mizuko kuyō’ in Postwar Japan”, cit., p. 793. 130 Muriel JOLIVET, Japan: The Childless Society? The Crisis of motherhood, cit., p. 139.

Il mizuko kuyō non può essere, dunque, definito come un mero “culto del rimorso” che fa leva su sentimenti di dolore e di senso di colpa per imbrigliare le donne che hanno abortito nell’obbligo perpetuo di confrontarsi con il rancore e la rabbia degli spiriti vendicativi dei feti abortiti. Allo stes- so modo non è nemmeno possibile definirlo come semplice “culto di consolazione” per il dolore provato dalle madri, in quanto i suoi aspetti di commercializzazione del sacro131 e di ricatto morale nei confronti delle donne non possono essere negati. I riti per i mizuko possono, tuttavia, generare anche una sorta di sensazione di sollievo negli animi dei fedeli, i quali hanno l’impressione di par- tecipare attivamente al benessere del proprio bambino nel mondo dell’aldilà, rimediando al fatto di non aver avuto la possibilità di accoglierlo, come sarebbe stato suo diritto, all’interno della famiglia. Il mizuko kuyō, in definitiva, può rappresentare entrambe le due sfumature o costituire una sorta di via di mezzo tra due estremi, e il suo significato cambia profondamente in relazione alle tipologie di persone che si trovano nella situazione di praticarlo.

4.2. PROTAGONISTI