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1.2. MORTI INQUIET

1.2.3. Mizuko 水子, bambini d’acqua

La terza e ultima categoria di spiriti inquieti è rappresentata dal gruppo dei mizuko. Letteralmen- te il termine mizuko significa “bambino d’acqua” e fin dal periodo Edo viene utilizzato per indicare tutto l’insieme dei bambini morti a causa di aborto, spontaneo o volontario, infanticidio, morte pre- matura o bambini morti durante il parto.

In passato gli spiriti di questa categoria di morti non erano percepiti come inquieti o vendicativi: semplicemente scomparivano per tornare al mondo degli dei e dei Buddha. Essi dunque, inizialmen- te, non erano considerati alla stregua né dei goryō né dei muenbotoke: queste anime non infestavano i confini del mondo terreno in cerca di rivalsa per il torto subito o per essere stati dimenticati dai lo- ro parenti. In seguito, verso la metà del XX secolo le anime dei mizuko smisero di scomparire e co- minciò a delinearsi in Giappone un nuovo immaginario che le rappresentava come anime sole e tri- sti. E’ soltanto negli ultimi decenni, tuttavia, a partire dagli anni ’70 e ’80 del ‘900, che lo spirito del mizuko ha assunto una connotazione vendicativa e angosciata, paragonabile a quella delle altre due tipologie di spiriti inquieti.

E’ sempre in questi ultimi anni che ha cominciato a prendere forma e a diffondersi nel Paese un insieme di riti per la pacificazione di questa categoria di spiriti inquieti, definito mizuko kuyō112. Normalmente la donna che ha abortito (da sola o in alcuni casi accompagnata dalla madre o, se spo- sata, dal coniuge) va a pregare per l’anima del bambino mai nato nel tempio che ha scelto per cele- brare i riti in suo favore. Se si tratta di ragazze giovani e non sposate, generalmente il tempio scelto è lontano da casa, in maniera tale da non dovere fare sapere ai familiari e ai conoscenti della gravi- danza e del conseguente aborto. Negli altri casi, invece, può trattarsi di un tempio non lontano da casa o addirittura del tempio di famiglia. Queste donne pregano di fronte alla statua del bodhisattva Jizō 地蔵, il protettore delle anime dei mizuko, acquistata appositamente e vestita con un bavaglino rosso o un mantello o, ancora, un berrettino113.

111 In questo processo un ruolo di primaria importanza è svolto dall’azione mediatrice delle sciamane, che permettono ai

muenbotoke di instaurare un dialogo con i loro parenti. Vedi Massimo RAVERI, Itinerari nel sacro. L’esperienza reli-

giosa giapponese, pp. 225-226, 315-320.

112 Kuyō è il termine che viene usato per indicare l’insieme di riti officiati in memoria dei defunti e letteralmente signi-

fica “offrire e nutrire”. Vedi Bardwell SMITH, “Buddhism and Abortion in Contemporary Japan: Mizuko Kuyō and the Confrontation with Death”, Japanese Journal of Religious Studies, 15, 1, 1988, pp. 3-24.

113 Inizialmente questo bodhisattva non era associato al culto delle anime dei feti abortiti. Egli era colui che aiutava le

Davanti a queste statue le madri accendono candele, bruciano incenso e portano delle offerte che rievocano il mondo dei bambini (generalmente si tratta di giocattoli, di caramelle, ecc.).

E’ anche prevista la possibilità di pagare il tempio affinché i monaci recitino le preghiere e svolga- no i riti per pacificare l’anima del mizuko a nome della madre. Ciò però non toglie alla donna il do- vere di recarsi personalmente e regolarmente al tempio per non correre il rischio di alimentare la rabbia e il rancore provati dallo spirito del bambino, sentimenti che potrebbero scatenarsi sugli altri membri della famiglia all’interno della quale non è stato accolto.

la sua figura cominciò a essere sempre più legata alla protezione e alla consolazione delle anime dei bambini e, in pe- riodi più recenti, alla consolazione delle madri che hanno scelto la strada dell’aborto. E’ interessante notare che questa caratteristica di protettore dei bambini non gli fu mai attribuita né in India né in Cina. Sul tema di Jizō vedi: Anne Page BROOKS, “Mizuko Kuyō and Japanese Buddhism”, Japanese Journal of Religious Studies, 8, 3-4, 1981, pp. 119-147; Bardwell SMITH, “Buddhism and Abortion in Contemporary Japan: Mizuko Kuyō and the Confrontation with Death”; William LAFLEUR, Liquid Life. Aboriton and Buddhism in Japan, Princeton, Princeton University Press, 1992;Hank

GLASSMAN, Face of Jizō: image and cult in medieval Japanese buddhism, Honolulu, University of Hawaii Press, 2012.

Fig. 8-9: statue del bodhisattva Jizō vestiti con bavaglini e berretti rossi

Fig. 10-11: esempi di offerte portate al bodhisattva Jizō

Fig.8 Fig. 9

Oggi in Giappone uno degli aspetti più discussi in merito alla pratica del mizuko kuyō è la ten- denza dei templi a strumentalizzare sempre più sentimenti quali la paura, il senso di colpa e il ri- morso delle madri che hanno scelto di abortire e il risentimento, la maledizione e l’odio degli spiriti dei bambini abortiti nei confronti della famiglia della quale non hanno potuto diventare membri. Di conseguenza dunque, il ricorso ai riti in memoria dei mizuko sembra diventare una strada obbligata per tutte coloro che hanno deciso di porre fine a una gravidanza.

E’ interessante notare che tra mizuko e muenbotoke si può fare un parallelismo: gli spiriti muen-

botoke sono gli spiriti di coloro che in vita non hanno voluto continuare a far parte della famiglia di

appartenenza, non ne hanno portato avanti la discendenza. Al contrario, gli spiriti dei mizuko sono gli spiriti di quei bambini che avrebbero voluto entrare a far parte di un nuovo nucleo familiare ma, per cause indipendenti dalla loro volontà, non hanno potuto farlo. Si trovano entrambi in uno stato di angoscia profonda causata dalla loro situazione, ma i motivi di questa angoscia sono opposti:

Ambedue le classi sono marginali rispetto al nucleo della famiglia e alla linea di discendenza. Fra gli spi- riti senza pace degli aborti e i muenbotoke vi è un rapporto di somiglianza e di antitesi. Li accomuna l’angoscia della loro liminalità: non si sono integrati nel mondo dei vivi e, in modo speculare, non posso- no far parte del mondo dei morti. [...] Questi due casi hanno rappresentato in vita il fattore di devianza dalla norma, il buco nella rete di relazioni di parentela, il fallimento dell’etica della famiglia e, in proie- zione, della società. Non possono avere salvezza nel mondo ‘altro’ degli antenati.114

They are therefore in a condition of limbo, which has always been seen as both polluting and dangerous to the Japanese. [...] there is a sense in which they are genuinely homologous. Each represents a radical disconnection from their origins, and the departed spirit of each has not received proper treatment in the ancestral tradition. Indeed, in the case of the mizuko the point is precisely to put them into the ancestral lineage.115

Si tratta dunque del fatto di non aver potuto entrare a far parte della famiglia e di conseguenza di non poter entrare a far parte del suo gruppo di antenati che genera l’inquietudine di un mizuko. Egli non appartiene a nessun mondo definito, né a quello dei vivi né a quello degli spiriti ancestrali. E’ costretto a vivere in un limbo ai margini di questi due mondi in costante ricerca di attenzioni da par- te dei parenti ancora in vita per poter trovare una pace che si rivela essere solamente temporanea.

Yet mizuko never attain personhood and, never having reproduced, cannot become ancestors. Only to the extent that they are remembered in memorial rites and tablets can they become, in a curious reversal of

114 Massimo RAVERI, Itinerari nel sacro. L’esperienza religiosa giapponese, cit., p. 220.

115 Bardwell SMITH, “Buddhism and Abortion in Contemporary Japan: Mizuko Kuyō and the Confrontation with Death”,

the norm, “ancestors” to they own parents. They are considered an anomaly and not part of the ie.[...] They must be cared for with special rites to appease and comfort their unredeemed souls.116

Per concludere,i mizuko sono entrati a far parte di una particolare categoria di morti, quella dei morti inquieti. A rendere tali questi tre gruppi di anime è la condizione di anomalia che hanno vis- suto all’interno della società: non sono stati in grado di percorrere il normale cammino che porta, mediante l’acquisizio-ne di determinati ruoli all’interno dello ie e più in generale della comunità dei vivi, al raggiungimento dopo la morte della comunità degli spiriti ancestrali. Tutte e tre le categorie,

goryō, muenbotoke e mizuko hanno infatti rappresentato nel mondo terreno una forma di deviazione,

un’irregolarità rispetto alle normali regole sociali e, di conseguenza, anche nell’aldilà non potranno fare altro che continuare a delineare una forma di devianza rispetto alla consuetudine.

116 Doris G. BARGEN, “Ancestral to None – Mizuko in Kawabata”, Japanese Journal of Religious Studies, 19, 4, 1992,

2. INFANTICIDIO E ABORTO NEL PERIODO TOKUGAWA 徳川