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1.2. MORTI INQUIET

1.2.2. Muenbotoke 無縁仏, spiriti disaggregat

Un’altra categoria di spiriti inquieti è quella costituita dai muenbotoke, coloro che non sono riu- sciti o che non hanno voluto continuare la loro discendenza all’interno dello ie. Sono gli spiriti di quegli esponenti della famiglia che, non potendo diventare capofamiglia all’interno dello honke, a- vrebbero dovuto crearsi un nuovo nucleo familiare dando vita a un ramo secondario della casa. In questo modo sarebbero diventati a loro volta capofamiglia garantendosi dei discendenti che avreb- bero, alla loro morte, svolto i riti necessari per guidarli nel cammino da percorrere per diventare an- tenati. Non hanno invece voluto mettersi nella condizione di poter diventare antenati venerati e pa- cificati e non hanno voluto portare avanti il legame con la famiglia e il nome della loro dinastia. Di conseguenza diventano, dopo la morte, spiriti anonimi, temuti dai vivi perché, incapaci di trovare il modo di raggiungere la città eterna, vagabondano sulla linea di confine tra il mondo terreno e il mondo dell’aldilà.

[…] the spirits of those hapless persons who either have died without posterity or are neglected by their descendants. […] these are unhonored and therefore unsettled spirits. Neglected by members of their hou- sehold, or without descendants to care for them, they roam endlessly in a pathetic and potentially dange- rous search for comfort from the living.107

Così come succede per i goryō, anche per gli spiriti muenbotoke i vivi svolgono dei riti per tenta- re di pacificarne l’anima e anche nel loro caso alcuni studiosi si sono interrogati sulla possibilità per i parenti di cambiarne lo stato attraverso le preghiere e i rituali svolti in loro memoria. Se, in altre

106 Vedi Massimo RAVERI, Itinerari nel sacro. L’esperienza religiosa giapponese, pp. 226-227. 107 Robert J. SMITH, Ancestor Worship in Contemporary Japan, cit., p. 43-44.

parole, col tempo sia possibile portarli dalla categoria di muenbotoke a quello di defunti che riallac- ciano i legami con la famiglia di appartenenza. In linea generale, tuttavia, il pensiero comune nella tradizione del Paese sembra essere che questo cambiamento di condizione sia impossibile. La loro situazione dopo la morte è speculare a quella che avevano scelto di assumere in vita all’interno del loro ie: da vivi avevano deciso di rompere i legami con la loro famiglia e di conseguenza da morti non potranno riallacciarli unendosi al gruppo degli antenati della casa108. Vagano inquieti tra due mondi come gli shirei fanno durante i loro primi quarantanove giorni dopo la morte del corpo fisico. Anche in questo caso la differenza tra i due tipi di anime sta nel fatto che, al contrario degli uenbo- toke, i muenbotoke non troveranno mai la strada verso una morte definitiva e pacifica109.

I vivi provano allo stesso tempo paura per la loro condizione angosciata e compassione per la lo- ro situazione liminale. Nei loro confronti la società tende ad assumere un atteggiamento di allonta- namento: per i muenbotoke, dopo il funerale, non viene preparato alcuno ihai da tenere sul butsu-

dan; durante la festività del bon anch’essi fanno ritorno alla casa d’origine ma, al contrario degli

spiriti degli antenati che sono accolti in famiglia, per lo spirito muenbotoke viene semplicemente preparato un altare apposito al di fuori dell’abitazione; non vengono serviti loro i cibi che mangia- vano quando erano in vita, ma solamente un po’ d’acqua o del riso crudo. Per cercare di pacificare i

muenbotoke, poiché non sono previsti né un culto giornaliero né delle celebrazioni periodiche come

accade invece per gli spiriti degli antenati, i vivi celebrano un rito chiamato segaki 施餓鬼110 che solitamente ha luogo all’incirca nello stesso periodo in cui si celebra il bon. Anche in questo caso, come in quello rappresentato dai goryō, i vivi sentono che non è possibile mantenere solamente un atteggiamento di rifiuto e di allontanamento, altrimenti il rancore di questi spiriti aumenterebbe e si riverserebbe con maggiore violenza su di loro: più questi spiriti sono rifiutati o allontanati più di- ventano pericolosi. Si rendono conto, pertanto, di dover creare anche per i muenbotoke uno spazio stabile in cui essi riescano a formarsi un’identità per poter, in ultimo, varcare la soglia della morte

108 Uno degli studiosi che si è interrogato sulla possibilità di cambiare la condizione dei goryō e dei muenbotoke è O-

oms: “It seems that the status of the muenbotoke is unchangeable and intrinsically linked with the position they had, while still alive, in the ie: they are the souls of those members who were unable to join some line of ancestors or to start their own. From the moment of their death, these souls cannot change their position within the ie. […] They find them- selves in the same situation as the souls who died a violent death”, Herman OOMS, “The Religion of the Household. A Case Study of Ancestor Worship in Japan”, cit., p. 283.

109 Sui muenbotoke vedi Herman OOMS, “A Structural Analysis of Japanese Ancestral Rites and Beliefs”, pp. 68-69. 110 Sul tema del segaki vedi: Herman OOMS, “The Religion of the Household. A Case Study of Ancestor Worship in Ja-

pan”, p. 227-228. “The word segaki means “to give to the hungry ghosts”, but in the sense that one gives to a beggar or that a wealthy person of rank dispenses largess to the poor”, Robert J. SMITH, Ancestor Worship in Contemporary Ja-

definitiva. Solo a questo punto le loro anime smetteranno di infestare il mondo terreno, diventando a loro volta morti benevoli111.