• Non ci sono risultati.

2. INFANTICIDIO E ABORTO NEL PERIODO TOKUGAWA 徳川 (1600-1868)

2.1.4. Mabiki 間引き, “sfoltimeto”

In passato, per giustificare il ricorso all’aborto e all’infanticidio, non esisteva solamente l’imma- gine del “ritorno”. La popolazione giapponese aveva creato, infatti, anche un’altra metafora molto

50 Vedi Susan B. HANLEY, “Towards an Analysis of Demographic and Economic Change in Tokugawa Japan: a Village

Study”, pp. 528-530. Per quanto riguarda la soppressione di un neonato in base al suo sesso, Werblowsky non condivide l’opinione di Hanley e Yamamura. Egli afferma: “Specific to Japan, and connected with its kinship system, is the equal frequency of male and female infanticide. This makes Japanese mabiki different from China’s or India’s.”, R. J. Zwi WERBLOWSKY, “Notulae on the most important ‘New Religion’ of Japan”, cit. p. 307.

51 Susan B. HANLEY, YAMAMURA Kozo, Economic and Demographic Change in Preindustrial Japan, cit., pp. 324,

efficace e tratta dal contesto del mondo contadino, definita mabiki 間引き, letteralmente “sfolti- mento, diradamento della coltura”52.

There was another means of regulating fertility that appears to have been commonly accepted during the Edo period: infanticide, or mabiki, literally “clearing out space”. The name comes metaphorically from farmers’ practice of thinning small, weak, or overcrowded sprouts from between healty, strong ones to provide better growing conditions for those that remain.53

Da quanto emerge da questa immagine, per i giapponesi del periodo Tokugawa il ricorso al control- lo delle nascite equivaleva all’estirpazione delle piantine più deboli per permettere alle altre di cre- scere meglio: la selezione da parte dei genitori nei confronti della progenie era necessaria al fine di garantire a tutta la famiglia una vita migliore e più agiata54.

Datai-mabiki [堕胎-間引き] (abortion [nel senso di aborto procurato] and infanticide) is commonly used

as a phrase by Japanese historians, but the older of the two practices is undoubtedly mabiki, which means “to thin out” and usually refers to the thinning of seedlings.55

52 “Incidentally, mabiki (‘thinning out’) sounds less like a euphemism than a technical demographic term related to

family planning.”, R. J. Zwi WERBLOWSKY, “Notulae on the most important ‘New Religion’ of Japan”, cit. p. 306.

53 Elizabeth G. HARRISON, “Strands of Complexity: The Emergence of ‘Mizuko Kuyō’ in Postwar Japan”, American

Academy of Religion, 67, 4, 1999, pp. 769-796, cit., p. 778.

54 “[...] just as the growing of rice may yeld a better crop if along the way certain weaker seedlings are removed, so too

in human affairs the culling of some infants and fetuses may be desiderable.”, William R. LAFLEUR, Liquid Life. Abor-

tion and Buddhism in Japan, p. 100.

55 Susan B. HANLEY, YAMAMURA Kozo, Economic and Demographic Change in Preindustrial Japan, cit., p. 233. Vedi

anche Carl MOSK, “The Decline of Marital Fertility in Japan”, Population Studies, 33, 1, 1979, pp. 26-27.

Fig. 13

Fig. 14

Allo stesso modo dell’immagine del “ritorno”, la metafora ricavata dal mondo contadino rendeva più tollerabile per le famiglie, e soprattutto per le madri, la decisione di porre fine alla vita di un fi- glio ancor prima o subito dopo la sua nascita. Diventavano entrambe una sorta di attenuante al sen- so di colpa che avrebbe potuto facilmente sorgere dopo la decisione di eliminare un membro della propria famiglia. Se, infatti, tale decisione viene presa non per una questione prettamente egoistica ma per garantire il benessere di tutti gli altri membri della famiglia (e quindi anche degli altri figli già in vita) non può essere percepita come completamente sbagliata. Si sacrifica il debole per dare delle buone possibilità al più forte di continuare a sopravvivere.

[...] mabiki suggested not the reduction of resources but the intelligent use of them. The farmer who cul- len his seedlings did so to ensure an overall better crop. The husband and the wife who “selected” their own offspring – so the analogy went – did so to gain an overall better family. To cull was to make strong what remained. It was also to give added strength to the totality.56

L’associazione con la sfera del mondo contadino permette anche un’altra considerazione. Para- gonando la tecnica del diradamento delle piantine alla selezione della propria discendenza, diventa naturale considerare anche la seconda forma di scrematura come facente parte del normale processo naturale della vita: diventa, come nel caso della coltivazione delle piantine, un’azione necessaria57.

E’ interessante notare il fatto che durante il periodo Edo, nonostante la notevole diffusione del- l’interruzione della gravidanza e del ricorso all’infanticidio tra la popolazione del Paese, entrambe queste due pratiche erano condannate, e in alcune regioni persino proibite, da parte degli enti go- vernativi. Nonostante questo, tuttavia, esse erano largamente accettate da parte della gente comune ed erano considerate come una normale consuetudine. Va sottolineato anche il fatto che, benchè es- se a livello teorico fossero due pratiche duramente contestate dalle autorità, queste ultime non mise- ro quasi mai in atto delle vere e proprie forme sanzionatorie nei confronti di chi le praticava per ten- tare concretamente di scoraggiarle, e nemmeno l’ambiente religioso prese mai una posizione di a- perta condanna su tali questioni58.

Mabiki was usually performed immediatly after birth. As has been noted before, both infanticide and a-

bortion were commonplace throughout the Edo period, even in villages affiliated with Shinshū [真宗] (which strictly prohibited either method of taking life), and although both moralists and domain gover- nments condemned the practice, it remained “a normal, even conventional form of behavior”.59

56 William R. LAFLEUR, Liquid Life. Abortion and Buddhism in Japan, cit., p. 100. 57 Ibidem.

58 Vedi Helen HARDACRE, Marketing the Menacing Fetus in Japan, p. 25.

Per concludere, da quanto emerge dagli studi compiuti nel corso degli anni sull’infanticidio e sull’aborto nel periodo Tokugawa, si delinea chiaramente una caratteristica interessante. Risulta in- fatti che i giapponesi di quel periodo facevano ricorso a delle metafore e a delle immagini che ave- vano come scopo quello di giustificare le loro azioni e di rendere più accettabili alcune gravose de- cisioni. Un esempio di questa abitudine è data dall’immagine del “ritorno” dei feti al regno dei Buddha e degli dei dopo l’aborto e dalla metafora della “selezione delle piantine”. Entrembe veni- vano utilizzate dalla popolazione dell’arcipelago per trovare significato più umano alla decisione tanto difficile di negare a un figlio la possibilità di entrare a far parte del mondo60.

2.2. PROTAGONISTI