GUGLIELMO GIANNINI.
5.3. a Il linguaggio peculiare.
L’analisi del vocabolario del secondo frammento mostra una parziale trasformazione nel linguaggio politico di Giannini, dovuta soprattutto al genere testuale-oratorio richiesto dal dibattito delle Camere, per il quale si impongono pratiche conversazionali altamente formalizzate223 (tra cui, per
esempio, la prescrizione presente nei Regolamenti di rivolgersi direttamente al Presidente, arbitro del dibattito, colui che concede e può far venir meno il turno di parola) e al ruolo di deputato che ha il parlante al momento dell’enunciazione.
Per misurare la variazione è stato osservato lo scarto tra il vocabolario del saggio e il vocabolario delle sedute parlamentari, tramite keyness. Il valore più alto riguarda alcuni appellativi, i pronomi e le forme verbali alla prima persona.
Tra gli appellativi si trovano colleghi, onorevole, presidente, che sono anche tra le parole con più maggiore quantità di occorrenze a livello di lemma:
FORMA GRAFICA KEYNESS OCCORRENZE DEL LEMMA224
colleghi 134,45 183
onorevole 690,63225 600
presidente 171,5 225
Tabella 5.2: allocutivi e appositivi peculiari nel linguaggio parlamentare.
Si tratta chiaramente di dati attesi: la grande formalità dei dibattiti e delle esternazioni parlamentari impone l’uso di tali termini ad inizio di ogni presa di parola; e spesso vengono ripetuti per richiamare l’attenzione dei destinatari lungo la recitazione-lettura dell’orazione.
Onorevole è seguito da nomi che esplicitano la funzione del soggetto al quale o di cui si sta parlando (collega, deputato, ministro), o direttamente da nome proprio. Presidente si trova usato per settantacinque volte con signor e, in nove
223 Si tenga inoltre conto che gran parte delle sedute parlamentari sono state riviste dopo la
stenografia e standardizzate dagli stessi stenografi. Cfr. Mohroff 1987: 145-156.
224 Si intendono le occorrenze sia singolari sia plurali. 225 In realtà si tratta del valore più alto in assoluto.
103 di queste, nella formula onorevole signor Presidente. Circa il 59,41% delle
forme ha valore vocativo, di richiamo226:
colleghi (136) Data l’inconciliabilità delle due correnti, l’inconciliabilità dei due concetti, qualsiasi maggioranza, onorevoli colleghi, anche se dovesse venire una maggioranza comunfascista a governare […].
onorevole (137) Ma non posso immaginare che la faccia nel modo cui ricorse un alto gerarca del suo partito, onorevole Almirante, quando disse a Trieste: se fossimo al Governo avremmo occupato la zona B.
presidente (138) Signor Presidente del Consiglio, creda pure, da questi banchi, le si parla col maggiore disinteresse e nella profonda nostalgia di un’altra attività che ha le sue bellezze.
Trattandosi di un dibattito in un contesto sincronico e isotopico, tra il mittente rappresentante di partito e gli altri deputati, le forme pronominali illocutive e le forme verbali di prima e seconda persona, singolare e plurale, si presentano numerose. Con più alto valore di scarto si trovano i pronomi di prima persona mi ed io, a cui seguono vi, ella, noi, voi:
PRONOMI KEYNESS OCCORRENZE TOTALI
mi 590,74 514 io 492,06 550 vi 244,77 330 ella 240,43 171 noi 203,88 411 voi 175,88 177
Tabella 5.3: pronomi personali delle sedute parlamentari.
L’alta frequenza di pronomi come mi ed io non è scontata, come si potrebbe credere dal momento che si tratta di un discorso enunciato dal mittente e che riporta sue osservazioni. Come si vedrà nel capitolo 10227, infatti, rispetto ad
226 Le forma plurale di onorevoli arriva, da sola, all’86,48% delle formule vocative. 227 Si veda cap. 10, p. 230-232.
104 altri esponenti parlamentari, il discorso parlamentare di Giannini dà largo
spazio alla sua figura individuale piuttosto che a quella del partito:
(139) Mi sarebbe piaciuto assai di più l’onorevole Luzzatto – che di solito mi piace, benché anche lui mi abbia dato del fascista a Bari e non so con quale documentazione – se egli avesse fatto sua una frase che ho sentito228 ripetere
varie volte non solo dai colleghi d’estrema sinistra, ma anche dai colleghi del centro e di quelli della destra: «Noi certe facce qui non le vogliamo rivedere; con certa gente non ci vogliamo rincontrare».
Per ciò che riguarda le forme verbali si possono distinguere cinque raggruppamenti principali: desiderativi (desiderare, sperare), modali (dovere, potere, volere,), di opinione (avere l’impressione, credere, intendere, pensare), di percezione (sentire, vedere), verbi dicendi (dire, parlare):
FORME VERBALI KEYNESS OCCORRENZE
ho 425,36 397229 credo 134,95 96 so 97,41 85 vorrei 92 72 dico 65,62 61 posso 50,66 64 vedo 37,95 27
Tabella 5.4: forme verbali peculiari di prima persona.
Altri termini peculiari del linguaggio parlamentare di Giannini sono i nomi dei due partiti politici più influenti nella vita nazionale di allora: i comunisti e i democristiani, chiamati spesso direttamente quali interlocutori principali del dibattito in aula:
228 Parlando di sé sono molte anche le forme verbali in prima persona.
229 Chiaramente la forma è usata spesso come ausiliare ed ha quindi un’alta frequenza; ma qui
importa mettere in evidenza soltanto il fatto che si trovi in prima persona e che abbia uno scarto così elevato rispetto al saggio.
105
FORMA KEYNESS OCCORRENZE TOTALI
Comunisti 68,38 76
Democristiani 33,73 24
Tabella 5.5: denominazioni politiche dei principali interlocutori in aula.
È presente anche il nome del partito qualunquista nelle varianti Uomo Qualunque e Fronte liberale dell’Uomo qualunque, locuzioni che compaiono per ventidue volte; sono solo due invece le occorrenze della polirematica uomo qualunque nell’accezione di ‘uomo comune, che non si occupa di politica’.
uomo qualunque, ‘partito’
(140) Il certo è questo: che l’ostilità di tutta la nuova classe dirigente politica italiana sorta dopo quella crollata del fascismo rese enormemente difficile la vita del mio movimento che fu detto dell’Uomo qualunque.
uomo qualunque, ‘persona’
(141) Invece c’è che si vuole solo impressionare la povera gente, l’uomo qualunque, con frasi roboanti e prive di contenuto.
Vi sono inoltre tutti quei termini che afferiscono all’atto parlamentare che si sta esercitando, al luogo in cui viene esercitato, e al prodotto che ne deriva, come camera, consiglio, discussione, riforma, etc.
Si riducono drasticamente le presenze per le due parole chiave del saggio qualunquista e che avevano segnato l’inizio dell’attività politica di Giannini.
Capo e folla si presentano rispettivamente con cinquantadue e sei occorrenze, in cui negoziano in parte il significato assunto nel 1945. Capo non sta più ad indicare la classe politica che esercita il potere e ne abusa, ma descrive semplicemente il ruolo istituzionale, al di là degli eccessi, o viene adoperato quale appellativo di persone specifiche che ricoprano quel ruolo in polirematiche come capo di Governo (6), capo di partito (2), capo della politica estera (1), capo di stato maggiore (2), capo di Stato (9), etc. Lo stesso segretario del partito qualunquista, nonostante si dica membro della folla e suo rappresentante, nei discorsi parlamentari si riconosce come capo (6) politico, leader di un partito. Folla assume il significato più generico di ‘moltitudine di persone’ ed è usato infatti anche per indicare l’insieme dei parlamentari:
106
capo di stato (142) Ma mi basterebbe ricordare che, quando egli era in posizione eminente presso il generale Cadorna padre, capo di
stato maggiore dell’esercito italiano ed effettivamente
comandante di questo nella guerra vittoriosa incominciata nel 1915 […].
capo-Giannini (143) […] io parlo come capo di un partito, e non so sino a qual punto possa dissentire.
folla dei capi (144) Se ammettiamo in questa commissione di secondo grado una folla di gente, finiamo col trasformare il comitato tecnico in un comitato più grande […].
Vengono meno anche alcuni dei loro sinonimi: la maggioranza (60) non indica più la folla, se non in due sole occorrenze, con le quali si individua l’elettorato italiano; per la maggior parte delle volte, il suo referente è piuttosto la composizione parlamentare, assumendo così un significato completamente opposto a quello con cui era stato usato nella produzione saggistica, dal momento che si tratta di una composizione politica e governativa. Per indicare l’insieme dei cittadini si preferisce perciò la parola comunità (18) e popolo (64) già sinonimi di folla nei precedenti scritti di Giannini230:
maggioranza (145) Mi si rispetti, perbacco, come io rispetto gli altri! Ora, l’ostruzionismo ha effettivamente perduto e ha perduto perché, avendo messo la maggioranza – e dico la
maggioranza per dire il Governo, […].
popolo (146) Questo grande popolo, fino a 40, 50, 30 anni fa era ancora in situazione di schiavitù.
Allo stesso modo scompaiono i composti sottocapo e aspirante-capo, la polirematica uomo politico professionale, come pure la sua sigla upp.
I nomi di carica istituzionale come ministro (138) e deputato (66) perdono il valore meronimico e negativo assunti ne La folla, per assumerne invece uno
107 neutro. Talvolta sono usati metonimicamente per indicare la persona che
ricopra la carica.
deputato (147) Sono stato finalmente riconosciuto deputato, e poiché ho alcuni amici in Italia […].
ministro (148) Ma abbiamo noi nell’attuale ministro della difesa
l’uomo che possa autorevolmente dire queste parole […].
Sebbene con occorrenze nettamente inferiori rispetto al saggio, la PROFESSIONALITÀ rimane un concetto a connotazione negativa anche nei discorsi parlamentari quando riguarda i ruoli di potere (non se riferiti ad altre attività lavorative). Si trovano infatti ancora le locuzioni politico professionale (2), politico di professione (1), professionista politico (2). Gli altri lemmi che richiamano alla memoria un tale frame sono carriera (7) e mestiere (9). I referenti dei primi continuano ad essere coloro che eccedono nell’esercizio di potere, che però nelle sedute sono identificati principalmente con i rappresentanti del fascismo e del comunismo:
professionista politico
(149) Spezzi definitivamente l’immenso cadavere fascista e disperda i suoi residui professionisti politici, togliendo loro ogni pretesto che giustifichi la loro demagogia. […].
mestiere (150) […] i comunisti fanno tutto quello che possono per sbriciolarlo; è d’altra parte il loro mestiere, e non capisco nemmeno perché tanti deprechino […].