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Gli studi sulle abitudini di consumo di prodotti audiovisivi del pubblico con disabilità visiva condotti in Europa.

Stato dell’arte degli studi sull’Audiodescrizione (AD)

5.4 Gli studi sulle abitudini di consumo di prodotti audiovisivi del pubblico con disabilità visiva condotti in Europa.

Per quanto riguarda l’Europa il primo studio sistematico per l’implementazione del servizio di AD fu il progetto AUdio DEscribed TELevision (AUDETEL) sviluppato tra il 1992 e il 1995 in Inghilterra da un consorzio formato da British Broadcasting Corporation (BBC), ITV Association, University of Manchester, Royal National Institute for the Blind (RNIB) e fornitori di infrastrutture e attrezzature per la trasmissione e ricezione televisiva alla cui guida si pose Independent Television Commission (ITC), oggi Office of Communications (OFCOM). Grazie

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ai fondi europei erogati nell’ambito della direttiva Technology Initiative for Disabled People

(TIDE) poterono essere esplorate diverse problematiche che spaziavano dagli aspetti più

strettamente economici e tecnici, quali i costi di produzione, la qualità audio della trasmissione o l’usabilità dell’equipaggiamento necessario, a quelli artistici, in correlazione alle abitudini di consumo e alla qualità percepita dal pubblico di riferimento. Il progetto fu sviluppato su quattro diverse fasi impiegando metodi quantitativi e qualitativi per la raccolta dei dati. Durante la prima fase fu distribuito un questionario circa le abitudini di utilizzo di prodotti audiovisivi nel quale inoltre si chiedeva di identificare le difficoltà incontrate durante la visione di diversi generi di programmi; nel corso della seconda fase duecento soggetti di ogni età e con differenti grado di disabilità visiva furono coinvolti in alcune proiezioni sperimentali dove li si invitava ad esprimere la propria opinione circa spezzoni di film o programmi integrati da audiodescrizione. La terza fase vide la creazione di un focus-group per un ulteriore e più approfondita disamina delle problematiche connesse alla qualità, mentre durante la quarta fase si diede avvio alla sperimentazione a livello nazionale del servizio di AD grazie a 140 speciali ricevitori installati nelle abitazioni di altrettante persone con disabilità visiva (OFCOM, 2000). In riferimento alle abitudini di consumo del pubblico di riferimento a seguito di interviste effettuate su di un campione di persone con disabilità visiva, composto da 120 individui di cui il 70% di sesso femminile e il 30% di sesso maschile con il 90% dei soggetti di età oltre i 60 anni, riportano come il campione dedicasse una media di 23.9 ore settimanale alla fruizione di programmi televisivi, media questa ritenuta assolutamente in linea quella rilevata per il resto della popolazione che si attestava sulle 24.8 ore, confermando sostanzialmente quanto già rilevato negli Stati Uniti. Tuttavia tale tendenza non trovò conferma in relazione alle fasce d’età più anziane del resto popolazione inglese, se infatti in queste si registrava un aumento di circa il 40% delle ore dedicate alla visione di programmi televisivi lo stesso non accadeva all’interno del campione. I dati raccolti circa le ore dedicate ai diversi generi di prodotti audiovisivi evidenziarono tra gli individui non-vedenti una predilezione maggiore per programmi sportivi, documentari e film per il cinema, rispetto al resto della popolazione. Gli intervistati inoltre fornirono una classificazione dei diversi generi di prodotti audiovisivi in base alle difficoltà riscontrate durante la visione, al primo posto si attestarono i film seguiti da programmi sportivi e serie televisive, mentre documentari e programmi di intrattenimento erano ritenuti di più facile comprensione. L’indagine circa le aspettative del potenziale pubblico di riferimento approfondì inoltre le problematiche legate alla comprensione di quanto si stava vedendo, evidenziando diversi ostacoli che è possibile classificare in tre macro insiemi. Il primo insieme

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raggruppa tutte quelle difficoltà ascrivibili alla dimensione visiva, il secondo quelle proprie della dimensione uditiva, infine sono individuate ulteriori problematiche implicite alla natura stessa del genere considerato. Le maggiori difficoltà riportate riguardano l’eventuale presenza di sottotitoli o altro testo sulle schermo, le scene prive di dialogo e/o ricche di effetti sonori difficilmente riconoscibili e infine la qualità audio stessa del servizio. A proposito di questi ultimi due aspetti si ricorda come proprio il riconoscimento degli effetti sonori e la qualità audio dei prodotti integrati dal servizio di AD sono stati oggetto di ulteriori indagini in considerazione dell’evidente importanza che la dimensione acustica riveste in ogni dimensione della vita delle persone con disabilità visiva e ancor più durante la fruizione di prodotti audiovisivi. Alla luce della struttura demografica della popolazione con disabilità visiva, composta principalmente da individui ipovedenti, gli autori inoltre hanno cercato di identificare la tipologia di informazioni che gli utenti ipovedenti erano in grado di percepire attraverso il residuo visivo. Tale rilevamento venne effettuato somministrando dieci domande volte a verificare se gli utenti fossero in grado di leggere sottotitoli, identificare personaggi o ambientazioni familiari e colori, seguire personaggi e oggetti in movimento o più semplicemente riconoscere i cambi di scena o determinare se il televisore fosse acceso o meno. Per quel che riguarda infine il gradimento mostrato dagli utenti per il servizio, i dati raccolti evidenziarono risultati estremamente positivi, permettendo inoltre di stabilire una correlazione tra grado di soddisfazione dichiarato e variabili demografiche quali età, grado disabilità visiva e numero di ore di utilizzo della televisione. Coloro che avevano dichiarato un più grave grado di disabilità visiva mostrarono indici di gradimento più alti, analogamente a quanto rilevato in relazione alle fasce d’età più giovani (CARMICHAEL & RABBITT, 1993; PETTITT et Al., 1996a,).

Una simile tendenza è stata riscontrata anche in un successivo rilevamento effettuato da RNIB nel 2002, anche se potenziali giovani utenti affermarono che l’utilizzo di servizi espressamente dedicati li faceva sentire maggiormente coscienti della propria diversità, al pari di quanto rilevato in PACKER & KIRCHNER, 1997. Lo stesso Petre inoltre evidenzia come l’indice di gradimento risulti correlato all’insorgenza della disabilità visiva, con gli utenti ciechi o ipovedenti di più vecchia data a far registrare indici di gradimento maggiori (PETRE, 2005). Se si eccettua lo studio condotto da OFCOM – Research into the Awareness and Usage of

Audio Description 2009 (OFCOM, 2009), non esistono ad oggi studi riguardanti espressamente

la prevalenza di utilizzo del servizio di AD. L’indagine ha cercato da un lato di rilevare e confrontare i tassi di utilizzo del servizio in riferimento alla popolazione in generale e alla

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popolazione con disabilità visiva e dall’altro di identificare eventuali barriere che ne impediscono la diffusione. I due campioni comparati si costituiscono di 1000 individui vedenti e 343 individui con disabilità visiva, intervistati tra maggio e luglio 2009 tramite questionario. Successivamente i 343 soggetti coinvolti sono stati descritti in base a variabili demografiche quali grado di disabilità visiva (non-vedente, 111; ipovedente medio-grave, 110; ipovedente lieve, 112), affiliazione o meno ad un’associazione (iscritti, 81 / non iscritti, 262) e fasce d’età (18-34, 68; 35-54, 139; 55> 136).

In generale da una comparazione tra i due gruppi principali si sono notate similarità in riferimento alla frequenza di utilizzo del mezzo televisivo, al possesso di televisori e ricevitori per il digitale terrestre e abbonamenti a emittenti via cavo o satellitari, con una leggera prevalenza a favore degli individui con disabilità visiva. Se non si osservano correlazioni tra grado di disabilità visiva e possesso di televisori o abbonamenti, lo stesso non si può dire in riferimento alla frequenza di utilizzo del mezzo televisivo, infatti solo i tassi fatti registrare dai gruppi ipovedente medio-grave e ipovedente lieve risultano essere in linea se non addirittura superiori a quelli registrati per il resto della popolazione, la percentuale delle persone che dedicano oltre due ore all’utilizzo della televisione infatti risulta più alta all’interno del gruppo degli individui con disabilità visiva.

Per quanto riguarda invece la consapevolezza della disponibilità del servizio, nonostante il 50% degli intervistati abbia risposto positivamente, solo il 21% lo ha utilizzato almeno una volta. I dati raccolti hanno evidenziato inoltre una correlazione tra conoscenza del servizio e variabili quali titolo di studio, grado di disabilità visiva e affiliazione ad un’associazione. In particolare coloro in possesso di titoli di studio elevati e gli individui classificatisi nei gruppi non-vedente e ipovedente medio-grave hanno evidenziato un grado di consapevolezza maggiore rispetto a quanto registrato per la categoria ipovedente lieve, coloro affiliati ad associazioni di categoria inoltre hanno mostrato livelli di cognizione quasi doppi rispetto ai non affiliati, a testimonianza del ruolo centrale rivestito dalle associazioni per la circolazione di informazioni. Il 28% degli intervistati infatti ha indicato l’associazione di riferimento come il soggetto che ha permesso la scoperta del servizio, il 23% spot pubblicitari passati in televisione, mentre il 19% è stato informato attraverso il passaparola. In particolare le associazioni si dimostrano di fondamentale importanza per il gruppo non-vedente mentre per i gruppi ipovedente medio-grave e ipovedente lieve l’informazione è stata ottenuta principalmente grazie a spot pubblicitari o al passaparola. Interrogati circa le strategie impiegate durante il consumo di prodotti audiovisivi i soggetti hanno spontaneamente indicato l’utilizzo del servizio di AD, il ricorso a televisori di grandi

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dimensioni, a occhiali speciali o lenti d’ingrandimento, a familiari o amici e il sedere molto vicino al televisore, mentre il 59% dei soggetti ha riportato di non impiegare alcuna strategia. La prevalenza del ricorso al servizio è nettamente più alta per il gruppo non-vedente rispetto ai restanti due gruppi. Complessivamente il 21% degli intervistati ha riportato di utilizzare il servizio, il 13% ha affermato di farne uso su base regolare, con percentuali di utilizzo maggiori riscontrate all’interno dei gruppi non-vedente e ipovedente medio-grave, mentre il restante 8% ha riferito di fare ricorso al servizio occasionalmente. La fonte primaria indicata per conoscere gli orari della programmazione integrata dal servizio è stata la guida televisiva elettronica, seguita da passaparola (27%), siti web (25%), trailer (25%) e guide TV (22%).

Complessivamente il giudizio nei confronti del servizio è risultato ampiamente positivo, l’82% degli intervistati si è detto molto soddisfatto o abbastanza soddisfatto, per meglio determinare la qualità percepita sono stati sottoposti a valutazione diversi aspetti riguardanti la componente sonora e la quantità/tipologia di informazioni fornite agli utenti, giudicati tutti in modo ampiamente positivo. In relazione ai programmi più guardati dai partecipanti le preferenze sono ricadute sulle serie televisive (61%), telegiornali e programmi d’attualità (45%), programmi sportivi (35%) e d’informazione (34%), film (32%); altri generi quali intrattenimento leggero, programmi d’arte e musicali hanno fatto registrare percentuali al di sotto del 30%.

Per quanto riguarda invece il gruppo di coloro che hanno riferito di ignorare l’esistenza del servizio, pari al 50% degli intervistati, i dati raccolti hanno evidenziato alcune tendenze degne di nota. Il 68% di questo gruppo, in particolare individui non-vedenti, dopo aver sperimentato un breve spezzone di programmazione accessibile si è detto interessato al servizio e in possesso dell’equipaggiamento necessario per la ricezione portando alla luce la necessità di una corretta e capillare informazione sull’esistenza e sulle modalità di accesso al servizio per l’allargamento della base dei fruitori. Ulteriori fattori in grado di determinare un aumento della frequenza d’uso del servizio sono stati individuati in un eventuale peggioramento della condizione visiva, in una maggiore diffusione del servizio nella fascia oraria 18.30-22.30, preferita dal 73% degli intervistati, e in una precisa conoscenza delle modalità di accesso al servizio, al contrario il 12% ha affermato che nulla potrebbe stimolarli ad un utilizzo del servizio.

Come ricordato in precedenza nonostante il 50% del campione abbia affermato di essere a conoscenza dell’esistenza del servizio solo il 21% ha riportato di farne un uso più o meno regolare. Tra le ragioni indicate alla base di un non utilizzo dal restante 29% del campione la motivazione più ricorrente è risultata la convinzione di non averne bisogno (40%), seguita dalla mancanza di informazioni su come accedere al servizio (17%), infine il 14% ha dichiarato di

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non gradire il servizio, mentre il 13% non è in possesso di televisori o ricevitori idonei per le trasmissioni in digitale.

Lo studio illustrato conferma sostanzialmente quanto già rilevato in PACKER & KIRCHNER, 1997, e nella cornice del progetto AUDETEL, evidenziando come i tassi di frequenza di utilizzo della televisione tra spettatori vedenti e spettatori con disabilità visiva risultino del tutto simili e anzi in alcuni casi siano più alti per il secondo gruppo. Abbastanza sorprendentemente il servizio di AD non risulta così popolare presso il pubblico di riferimento come sarebbe lecito attendersi. Infatti nonostante già nel 2009 la realtà inglese risultasse essere una delle più mature, si rammenti da un lato come i primi sperimentali tentavi di erogazione del servizio risalgano alla prima metà degli anni novanta e dall’altro come la prima legge per regolamentare i servizi di accessibilità sia stata emanata nel 1996, solamente la metà degli intervistati era a conoscenza dell’esistenza servizio e solamente il 21% lo aveva utilizzato almeno una volta. Tra le cause principali di un’incidenza d’uso così bassa sono state individuate la mancanza di una chiarezza di fondo circa le finalità e le modalità di erogazione del servizio e l’assenza di informazioni puntuali per l’accesso al servizio. Il ruolo delle associazioni di riferimento, in particolare RNIB, per la diffusione di informazioni relative al servizio e conseguentemente per la sua diffusione risulta essere fondamentale, in particolare per coloro con un grado di disabilità visiva più acuto. L’importanza di RNIB risulta essere confermato anche da successivi studi finalizzati a valutare le reazioni degli utenti di fronte al servizio, in particolar modo BOLLYWOOD4ALL (RAI S., 2009), e Evaluation of partially sighted people's viewing experiences of 3D relative to 2D TV 2010 (FREEMAN & LESSITER, 2010). Da un punto di vista più generale entrambi i progetti sono testimoni della volontà di espandere gli orizzonti del servizio di AD, da un lato in RAI S., 2009 sono riportati i risultati circa l’esistenza di un’effettiva domanda di produzioni bollywodiane accessibili a un pubblico con disabilità visiva sia in Inghilterra che in India, dall’altro in FREEMAN & LESSITER, 2010 si è cercato di misurare l’efficacia del servizio di AD ad integrazione di film in 3D appunto con l’aiuto di alcuni soggetti ipovedenti. Se

BOLLYWOOD4ALL ha impiegato metodologie di raccolta dati di tipo quantitativo e qualitativo

in Evaluation of partially sighted people's viewing experiences of 3D relative to 2D TV sono state applicate nuovamente metodologie qualitative e quantitative, cercando però di importare all’interno del campo di ricerca sull’audiodescrizione un nuovo concetto sviluppato nell’ambito delle neuroscienze quello del Sense of Presence, paragonabile alla sospensione dell’incredulità. In particolare BOLLYWOOD4ALL ha visto il coinvolgimento di 260 soggetti con disabilità visiva di origini asiatiche descritti in base a variabili demografiche quali genere, età, grado della

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disabilità visiva, abitudini di utilizzo di prodotti audiovisivi. Sorprendentemente, come si può leggere in CHMIEL, MAZUR, 2012, tra le variabili demografiche risulta assente qualunque categoria riconducibile al periodo di insorgenza della disabilità, fattore che, al pari del grado della disabilità visiva stessa contribuisce grandemente all’eterogeneità del potenziale pubblico di riferimento. Complessivamente il campione si compone di 142 uomini e 112 donne, il 34% ha dichiarato una condizione di non-vedente mentre il restante 66% di ipovedente, la maggioranza dei partecipanti, pari al 73,9%, di età compresa tra i 45 e gli 84 anni. Tra gli obiettivi del progetto vi erano quelli di identificare la presenza di una domanda effettiva per questo particolare genere di prodotti audiovisivi, individuare i fattori in grado di promuovere l’utilizzo del servizio di AD e infine delineare le preferenze del pubblico di riferimento. Dal punto di vista metodologico gli autori del progetto hanno impiegato una combinazione di strategie quantitative a qualitative per la raccolta dati. Per quanto riguarda le strategie quantitative è stato somministrato via telefono o tramite intervista in presenza un questionario finalizzato a raccogliere informazioni circa le abitudini di utilizzo di prodotti audiovisivi targati

Bollywood, le difficoltà inerenti alla visione, il livello di cognizione circa l’esistenza del

servizio di AD e le fonti cui attingere informazioni su prodotti accessibili alle persone con disabilità visiva, complessivamente il questionario utilizzato esplora molte delle aree passate in rassegna all’interno del progetto AUDETEL. In riferimento ai metodi qualitativi è stato invece organizzato un Focus Group composto da 25 partecipanti ai quali, in aggiunta al questionario utilizzato nello studio quantitativo, è stata mostrata per 3 volte la medesima clip, la prima volta priva del servizio la seconda e la terza volta integrata dal servizio di AD, alternando tra lingua hindi e lingua inglese, successivamente ai partecipanti sono state sottoposte nuove domande riguardanti la comprensione di quanto avvenuto all’interno della clip e il gradimento percepito in rifermento alle versioni integrate da audiodescrizione. Nonostante il progetto

BOLLYWOOD4ALL si focalizzi su una fetta alquanto ristretta della popolazione con disabilità

visiva e su un particolare genere di prodotti audiovisivi, i dati raccolti hanno confermato alcune delle tendenze evidenziate dagli studi precedenti. I partecipanti allo studio quantitativo hanno infatti dichiarato di consumare più o meno regolarmente prodotti audiovisivi, ma hanno mostrato livelli di cognizione del servizio assai bassi, il 56% degli intervistati infatti ha riportato di ignorarne completamente l’esistenza, il 27% ha riportato di esserne a conoscenza ma di ignorarne le finalità, mentre il 12% ha dichiarato di essere a conoscenza della sua esistenza e delle sue finalità, infine il 5% lo ha provato almeno una volta, non deve pertanto sorprendere che il 57% di coloro messi a conoscenza delle finalità del servizio abbia dichiarato

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di essere disposto a farne un utilizzo costante qualora la sua erogazione fosse stata disponibile ed incrementata. In riferimento alle fasce d’età, proprio come rilevato in OFCOM, 2009, gli individui compresi nella fascia d’età più giovane, 18-44, mostrano livelli di cognizione decisamente più alti. In riferimento alle fonti cui fare riferimento per il reperimento di informazioni circa gli ausili a disposizione delle persone con disabilità visiva, il passaparola e la radio sono stati indicati da oltre il 40% dei partecipanti, gli spot televisivi dal 33% dei soggetti e le associazioni di categoria sono state segnalate dal 28% degli intervistati. In riferimento al grado di disabilità visiva gli individui non-vedenti sembrano fare maggior affidamento su radio e associazioni di categoria.

Lo studio di tipo qualitativo ha invece coinvolto 50 individui asiatici con disabilità visiva, 25 residenti in Inghilterra e 25 residenti in India, oltre a rilevare frequenze di utilizzo e livelli di cognizione del servizio, gli autori hanno rilevato l’influenza esercitata dal servizio sulla comprensione della clip audiovisiva mostrata. Per fare questo sono state mostrate ai partecipanti tre versioni della medesima clip, la prima volta priva di AD, mentre successivamente sono state alternate le versioni integrate da AD in lingua hindi e in lingua inglese. Al termine di ogni clip ai partecipanti sono stati sottoposti set di domande volti appunto a verificare se il livello di comprensione degli eventi mostrati avesse subito variazioni, come era ovvio attendersi, il servizio di AD ha fortemente incrementato la comprensione da parte degli utenti che si mostrati entusiasti.

Secondo quanto riportato in PEREGO, 2014, diversi studi condotti nell’ambito dei Reception

Studies hanno adottato un approccio metodologico di carattere sperimentale (BRANIJE &

FELS, 2012; FELS, UDO, DIAMOND & DIAMOND, 2006; FRESNO, 2012; FRYER 2010a; FRYER & FREEMAN 2012a, 2012b; FRYER, PRING & FREEMAN, 2012; IGAREDA & MATAMALA, 2012; PELI et Al, 1994; PELI, FINE & LABIANCA, 1996; SCHMEIDLER & KIRCHNER, 2001). In particolare FRYER, & FREEMAN 2012a, 2012b, FRYER, PRING & FREEMAN 2013, risultano interessanti in quanto importano il concetto di Sense of Presence, cui si è già accennato in precedenza. I progetti citati non verranno descritti nel dettaglio, ma si cercherà piuttosto di delinearne brevemente il concetto alla base in relazione alla qualità percepita dagli utenti, questi studi inoltre costituiscono una testimonianza ideale di come la ricerca nel campo dell’audiodescrizione, e della traduzione audiovisiva più in generale, continui ad essere contraddistinta da vivacità e interesse e continui a necessitare di quello stesso

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approccio metodologico multidisciplinare che da sempre ha contraddistinto tali ambiti di indagine 68.

Il Sense of Presence è un concetto multidimensionale che può essere definito come “a multi constructs concept extending the idea of “telepresence”, developed for human interaction with remote-access technology (Minsky, 1980) to embrace the psychological sense of immersion in

any mediated environment”, (FRYER & FREEMAN, 2012) o in alternativa, “as the

(suspension of dis-) belief of being located in a world other than the physical one

(FREEMAN & LESSITIER, 2001, p. 2). Fryer & Freeman collegano direttamente il concetto di audiodescrizione a quello di Presence, se da un lato sono numerosi gli utenti del servizio che riportano come i maggiori pregi di un’audiodescrizione risiedano nel fatto di risultare quasi