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Accordi internazionali e commercio dei prodotti agroalimentari

Nel documento PRODOTTI AGRICOLI MERCATI GLOBALI (pagine 61-64)

RIDUZIONE SOSTEGNO INTERNO

2.4 Accordi internazionali e commercio dei prodotti agroalimentari

Le riforme delle politiche agricole nazionali dimostrano un generale consenso verso un modello liberale di agricoltura. Ad esempio, l’Unione Europea riconosce le virtù del mercato nell’allocazione dei beni privati, ma individua i suoi fallimenti nella produzione di beni pubblici, proponendo una nuova visione di agricoltura fornitrice di beni privati e pubblici. Questo modello parte dai pre-supposti che i prezzi di mercato non sono in grado di remunerare la produzione dei beni pubblici, che in assenza di incentivi non raggiungerebbe il livello richiesto dalla società. In questo rientrano le richieste dell’UE di riconoscimento degli aiuti di salvaguardia delle aree rurali, della sicurezza alimentare, del rispetto dell’ambiente e del benessere degli animali, della protezione delle Indi-cazioni Geografiche. Ciò parte dal principio che la massimizzazione del benes-sere sociale passa da politiche internazionali in grado di garantire a ciascuna società il paniere ottimale di beni pubblici e privati da essa richiesto. Divengono importanti le relazioni fra liberalizzazione degli scambi e produzione di beni non commerciali, la distribuzione dei benefici e delle perdite fra Paesi e fasce sociali, la quantificazione dei costi di allocazione delle risorse. La liberalizza-zione dei mercati agricoli deve tenere conto di altre funzioni non commerciali dell’agricoltura, riassunte nel concetto di agricoltura multifunzionale. Il mercato non riesce da solo a fornire un’adeguata offerta di beni non commerciali, sono necessarie forme di intervento pubblico volte a incoraggiare la produzione di economie esterne positive e a disincentivare la produzione di quelle negative. Questo vale per i Paesi avanzati, gli altri sottolineano il ruolo essenziale del settore agricolo per la sussistenza. Da qui scaturiscono posizioni negoziali diverse tra Paesi, l’introduzione di norme al commercio che tutelino altre fun-zioni dell’agricoltura comporterebbe potenziali effetti distorsivi sugli scambi. L’analisi degli effetti sugli scambi delle decisioni, in termini di benefici e costi per i singoli Paesi, permette di valutare la loro legittimità e individuare eventuali misure compensative.

Il fatto che la catena alimentare sia colpita da scandali inattesi, rafforza la necessità di ciascun Paese di determinare autonomamente il livello di avver-sione al rischio, stabilendo standard di sicurezza alimentare. Il WTO riconosce il diritto di ciascuno Stato di adottare misure per la protezione della salute, dell’ambiente e del benessere degli animali, ma qualora tali misure eccedano gli standard internazionali devono rispondere a determinati criteri e devono essere scientificamente giustificate. Un esempio è rappresentato dai prodotti genetica-mente modificati la cui regolamentazione si basa su elementi scientifici, spesso contraddittori, di protezione sanitaria ed ambientale e su considerazioni etiche.

Due sono gli approcci seguiti. La normativa degli USA si fonda sulla valuta-zione scientifica del rischio degli OGM e sul concetto dell’equivalenza

sostan-ziale, nella difficoltà di raggiungere il rischio zero in materia di sicurezza

ali-mentare. L’UE si basa su una valutazione del rischio nel rispetto del principio

di precauzione. Ciò ha provocato il ricorso degli Stati Uniti al WTO contro la

normativa europea sugli OGM.

Un’ulteriore questione deriva dalla crescente domanda di qualità. La questione cruciale è se la domanda di standard più elevati sia in conflitto con la liberaliz-zazione dei mercati. La sfida è di individuare politiche che massimizzino il benessere globale nel rispetto delle preferenze di ciascuna società, sia in materia di beni privati che di rischio alimentare, ambientale e di salvaguardia del patrimonio agricolo rurale.

La constatazione che le sole forze di mercato non sono in grado di perseguire tutti gli obiettivi degli Stati trova fondamento teorico nella presenza di forme di fallimento di mercato. Tali fallimenti rendono controversi i risultati in termini di benessere sociale della liberalizzazione dei mercati e della conseguente specializzazione dei Paesi in base al proprio vantaggio comparato.

I fallimenti di mercato sono riconducibili essenzialmente alla esistenza di: a) asimmetrie informative, accentuate in presenza di forme di concorrenza imperfetta; b) rischio per la salute umana e degli organismi viventi; c)

esternalità negative; d) costi di transazione elevati.

Le società a elevato reddito si caratterizzano per un incremento della differenzia-zione del prodotto, verticale (DOP, IGP) e orizzontale (attributi del prodotto). In condizioni di perfetta informazione, l’apertura al commercio internazionale porta dei benefici in termini di benessere per i consumatori che accedono ad un’ampia varietà di prodotti. La presenza di asimmetrie informative tra produt-tore e consumaprodut-tore può provocare un fallimento del mercato e la perdita di benessere sociale. Asimmetria informativa significa che il prezzo non è un indi-catore adeguato per segnalare la qualità del prodotto. La carenza informativa provoca fenomeni di ‘azzardo morale’ (moral hazard) da parte dei produttori (offerta di prodotti di qualità più bassa rispetto a quella dichiarata) e di ‘sele-zione avversa’ (adverse selection) da parte dei consumatori, che basano le scelte sulla qualità media attesa e non su quella effettiva. La verifica da parte del con-sumatore delle vere caratteristiche del prodotto comporterebbe “costi di transa-zione” troppo elevati, ciò favorisce comportamenti di moral hazard da parte dei produttori. Ecco che lo Stato interviene per ridurre le asimmetrie informative, fissando specifici standard, sistemi di certificazione, di etichettatura. I costi sostenuti dalla società nel caso di azzardo morale e selezione avversa sono ben

evidenziati dagli esempi della BSE, polli alla diossina, vino al metanolo, latte alla melamina.

La liberalizzazione degli scambi comporta l’aggravamento delle asimmetrie informative, dovuto alle maggiori incertezze sulle caratteristiche qualitative dei prodotti importati, ad una maggiore difficoltà di applicare sistemi di garanzia e risarcimento per i consumatori, alla non conoscenza delle normative dei Paesi esteri nei quali il bene viene prodotto.

Sul piano operativo, la fissazione di norme tecniche e di sistemi di etichettatura dei prodotti sono regolate da specifici Accordi: a) quello sulle Norme

Sanita-rie e FitosanitaSanita-rie (SPS) del 1994, che si riferisce agli aspetti relativi alla

salu-brità dei prodotti alimentari scambiati; b) quello sulle Barriere Tecniche al

Commercio (TBT) del 1980, che regola tutti gli altri attributi qualitativi

diversi dalla salubrità, compresi gli standard di processo. Tale accordo fissa il principio di “legittimità degli obbiettivi nazionali” che comportano restrizioni al commercio, sia per quanto attiene le norme tecniche obbligatorie che gli stan-dard di tipo volontario; c) quello sui Diritti di Proprietà Intellettuale

(TRIPS), che tutela le indicazioni di origine geografica dei prodotti.

Questi accordi sono accomunati dai principi del GATT:

a) la sovranità nazionale: si riconosce il diritto degli stati aderenti al WTO di applicare norme più restrittive per perseguire legittimi obbiettivi nazionali e si incoraggia la definizione di standard internazionali (Codex Alimentarius elabo-rato da FAO ed Organizzazione Mondiale della Sanità).

b) La non discriminazione tra prodotti equivalenti, per caratteristiche fisiche, funzione d’uso, abitudini e gusti dei consumatori. Il principio di “sostanziale equivalenza” guarda le caratteristiche del prodotto finale misurabili oggettiva-mente e non i processi di produzione che non incidono in modo evidente sulle caratteristiche intrinseche del bene. Questa differenza tra ‘sostanziale equivalenza’ ed ‘equivalenza’ accomuna numerose controversie commerciali (es. OGM).

c) Le norme nazionali non creino ostacoli non necessari al commercio, gli Stati devono usare strumenti con il minimo effetto distorsivo sugli scambi.

d) Trasparenza: obbligo di informazione degli altri Stati delle misure adottate. Le modalità con cui si applicano tali principi sono chiarite dalle deliberazioni dell’Organo per la composizione delle dispute commerciali. Di esempio è la disputa di Stati Uniti e Canada contro il divieto di importazione di carni bovine agli ormoni fissato dall’Unione Europea, dove ne è vietato l’uso. La disputa si è conclusa con la condanna dell’UE perché la misura è ‘arbitraria ed ingiustifi-cata’, in quanto non suffragata da una obiettiva valutazione del rischio a giusti-ficazione del divieto d’uso, che eccedeva quanto fissato dagli standard

interna-zionali in materia. USA e Canada sono stati autorizzati ad adottare “misure compensative” per la restrizione al commercio subita.

Quindi, è riconosciuta la sovranità nazionale ma, nel caso di misure restrittive del commercio, devono essere concesse contromisure equivalenti sul piano finanziario alle perdite subite dagli altri Paesi. Queste sono: maggiore accesso al proprio mercato per altri beni; restrizioni sulle importazioni e minori conces-sioni tariffarie da parte dei Paesi danneggiati.

In generale, in sede internazionale (ONU) si riconosce il diritto di accesso per tutte le popolazioni, in ogni momento, ad una quantità di cibo sufficiente ad assicurare una vita sana ed attiva. In realtà, ci sono situazioni molto diverse a livello mondiale, drammatiche per i Paesi in via di sviluppo, per i quali qualsiasi decisione presa dai Paesi avanzati ha conseguenze molto rilevanti in termini di sopravvivenza. Tipico è l’esempio di giustificare misure di tutela del benessere degli animali, quando in molti Paesi non si è raggiunta la possibilità di sfamarsi. Infatti, oltre alle problematiche indotte dalle distorsioni sugli scambi, in primo piano si deve porre il rapporto tra i problemi dei Paesi in via di sviluppo e le posizioni di quelli più avanzati. La soluzione è stata individuata nel

“Tratta-mento speciale e differenziato” riconosciuto ai Paesi in via di sviluppo.

Tutta-via, diversa è l’importanza relativa ai tavoli negoziali delle questioni dei Paesi ricchi, rispetto ai bisogni essenziali non ancora soddisfatti di quelli poveri. In tale contesto si parla di dumping sociale ed ambientale.

2.5 Elementi di dibattito nel negoziato agricolo del World Trade

Nel documento PRODOTTI AGRICOLI MERCATI GLOBALI (pagine 61-64)