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Il mercato del mais

Nel documento PRODOTTI AGRICOLI MERCATI GLOBALI (pagine 147-151)

3 Il mercato delle principali commodities

4. Il cotone nel WTO

3.5 Il mercato del mais

1. La produzione e il consumo

Il mais, utilizzato come alimento ed ingrediente, costituisce la base alimentare in molte regioni del mondo. Dal germe si ottiene l’olio, inoltre, è una delle principali fonti di amido, utilizzato nella produzione dell’isoglucosio, sciroppi, alcol, da cui si ottiene il bourbon whiskey. Tuttavia, è coltivato per lo più per i mangimi del bestiame, come foraggio insilato.

L’uso alternativo è la produzione di energia. Gli Stati Uniti hanno l’obiettivo di 35 miliardi di galloni di biocarburanti, da 4,5 miliardi del 2006, e ciò ne aumenta la richiesta. Promettente è anche l’impiego dell’amido nelle materie plastiche (come il Mater-Bi, della Novamont), tessuti e molti altri prodotti chimici.

Il granoturco è il primo cereale prodotto al mondo, con oltre 800 milioni di ton-nellate, superiore al frumento che raggiunge i 660 mil..

Il principale produttore sono gli Stati Uniti (330 Mt), anche primi esportatori, con oltre il 50% del commercio. Il mercato nord-americano, rispetto a quanto accade in Europa, è connotato da due fenomeni, la forte presenza di varietà OGM e l’utilizzo come materia prima energetica.

Il mercato del mais (000 ton) -2008

Prod. Imp. Exp.

USA 307.142 37,2 Giappone 16.460 15,9 USA 54.094 52,2 Cina 166.032 20,1 Messico 9.145 8,8 Argentina 15.382 14,8 Brasile 58.933 7,1 Corea 9.021 8,7 Brasile 6.432 6,2 Messico 24.320 2,9 Spagna 5.442 5,3 Francia 6.137 5,9 Argentina 22.016 2,7 Cina 4.230 4,1 India 3.537 3,4 India 19.730 2,4 Egitto 3.979 3,8 Ungheria 3.371 3,3 Indonesia 16.323 2,0 Olanda 3.556 3,4 Ucraina 2.811 2,7 Francia 15.818 1,9 Colombia 3.324 3,2 S. Africa 1.078 1,0 S. Africa 12.700 1,5 Iran 2.971 2,9 Paraguay 1.058 1,0 Ucraina 11.446 1,4 Canada 2.702 2,6 Canada 883 0,9

Il mais è l’ingrediente essenziale nella nutrizione animale, i cui maggiori con-sumatori sono Stati Uniti, Cina, Unione Europea, Brasile.

Il commercio occupa il 12% della produzione, ma la quantità scambiata rappre-senta più di un terzo del commercio mondiale di cereali, con 100 milioni di ton-nellate.

Gli Stati Uniti sono il più grande esportatore, con la quota del 52%, seguiti da Argentina e Brasile.

Le nazioni esportatrici incrementano la loro quota contemporaneamente alla ra-pida entrata nel mercato di nuovi consumatori. Il Brasile, tradizionale importa-tore, è divenuto un importante fornitore di mais. La Cina si è trasformata nel maggiore antagonista degli Stati Uniti.

L’Unione Europea ha incentivato l’aumento delle produzioni per uso zootec-nico, le importazioni di mais sono diminuite di 3 mil. di tonnellate.

Al contrario dell’export, i Paesi importatori sono molteplici. Le importazioni del continente asiatico superano il 50% del totale. E’ il Giappone il maggior importatore mondiale che raggiunge il 16% degli scambi. Precede Corea (9%), Indonesia, Iran, Malesia e Arabia Saudita.

Anche il continente africano appare tra i maggiori importatori, con Egitto, Alge-ria, Tunisia; eccedentari Marocco e Kenya.

L’America Centrale risulta la terza area d’importazione. Il Messico, fra i mag-giori produttori di mais bianco, si trova tra i magmag-giori importatori di quello giallo.

Per il suo elevato valore alimentare, il mais fa parte delle commodities incluse nelle donazioni internazionali di cibo, dopo frumento e riso, con 1.5 mil. di ton-nellate. Sono gli USA il maggior donatore prima di UE, Cina, Corea.

Per quanto riguarda l’Italia, che si caratterizza per la strutturale necessità di im-portazione di cereali (circa il 50% del fabbisogno), il mais risulta il principale cereale prodotto (93 Mt). Coltivato soprattutto al centro-nord, produce più della somma tra grano tenero e duro. Con il fabbisogno stimato in 11 Mt, le importa-zioni sono prevalentemente soddisfatte da partner comunitari.

L’85% del mais alimenta il bestiame, il restante 10% è impiegato nella trasfor-mazione industriale (amiderie) e solo il 5% viene utilizzato nell’alimentazione umana.

Il mais è più di altri cereali esposto al rischio di contaminazione da micotossine. Questa problematica coinvolge l’intera filiera, risultando uno dei maggiori ele-menti di criticità.

2. Le dinamiche dei prezzi

Il prezzo del mais giallo viene considerato il più rappresentativo, nella sua determinazione le trattazioni future rivestono una grande importanza. Oltre il Chicago Board of Trade (CBOT), altri mercati rilevanti sono il South African Futures Exchange (SAFEX), il Rosario Futures Exchange, in Argentina, l’EURONEXT, in Europa, il Dalian Commodity Exchange (DCE), in Cina, e il Tokyo Grain Exchange.

I prezzi del mais, come per gli altri prodotti agricoli, dipendono da variabili sia endogene che esogene. Le prime sono rappresentate dall’area geografica, tecni-che colturali, utilizzo di OGM. Le variabili esogene includono tutto quello tecni-che non è correlato alle pratiche agricole. Rientrano le dinamiche di mercato, i pro-dotti sostituti, il prezzo dell’energia, i tassi di cambio, la speculazione sulle

commodities agricole.

Dopo anni di declino, i prezzi dei cereali presentano una tendenza al rialzo. Il World Food Programme (WFP), l’agenzia delle Nazioni Unite che si occupa di distribuzione alimentare, ha stilato un insieme di concause.

La prima risulta l’insufficiente scorta di cereali. Se negli anni Novanta copri-vano forniture per 110 giorni, oggi risultano ridotte. La variazione delle scorte è una variabile significativa nell’evoluzione dei prezzi.

Prezzo del mais

Determinante risulta la correlazione con le quotazioni del petrolio, i rapporti di sostituzione che si sono venuti a formare attraverso il mercato energetico incen-tivano la crescita delle quotazioni.

L’aumento del prezzo dell’energia si ripercuote nel mercato del mais, il cui co-sto di produzione diviene relativamente conveniente.

Per effetto di ciò, l’azione degli operatori finanziari si intensifica nel mercato dei prodotti agricoli e ciò sfocia in una maggiore volatilità dei prezzi. La spe-culazione finanziaria attesta il rinnovato interesse per le commodities agricole, influenzando la formazione dei prezzi.

Altri fattori influiscono sull’evoluzione delle quotazioni, quali la politica ener-getica degli Stati Uniti chiamata Energy Policy Act e Independency and Secu-rity Act (2007).

Questi prevedono di innalzare il consumo di etanolo, creando il presupposto all’ascesa dei prezzi. La FAO nel suo rapporto “The State of Food and Agri-colture (2008)” spiega come il consumo di etanolo influisce sui prezzi della materia prima. La domanda energetica accresce la competizione per l’utilizzo dei terreni agricoli, a svantaggio delle coltivazioni meno economiche. Così, si sostituisce il mais da destinare all’industria energetica alla produzione di grano per pane e alimenti. L’incremento della domanda di materie prime per biocarbu-ranti si trasferisce ai prezzi di altri prodotti agricoli, cereali e semi oleosi, accre-scendone la scarsità relativa.

Le conseguenze dell’aumento dei prezzi del mais sono molteplici e non riguar-dano solamente il settore agricolo, rivestendo rilevanza politica e sociale.

Il fenomeno del Land Grabbing, l’accaparramento di terra di alcuni Stati e mul-tinazionali soprattutto in Africa, mira a beneficiare dei profitti derivanti dai prezzi sostenuti. Emblematico è il caso della società Daewoo in Africa, dove la multinazionale coreana aveva ottenuto una porzione di Madagascar pari al Bel-gio, la metà delle terre coltivabili del Paese, per la coltivazione di granturco, con grave rischio per un ambiente unico e per la popolazione locale.

L’aumento dei prezzi dei cereali sfocia in varie parti del mondo nella violenza (Burkina Faso, Somalia, Russia, Perù, Pakistan, Mozambico, Egitto, Kenya, Bangladesh). Queste conseguenze generano parecchi dubbi riguardo gli effetti sociali legati ad una evoluzione dei mercati che mette a rischio la sostenibilità alimentare di una popolazione in progressiva crescita.

Se cause dell’incremento delle quotazioni possono essere di breve termine, quali condizioni climatiche avverse, siccità, gli incendi verificati in Russia ed Ucraina, la rilevanza delle variabili evolutive di lungo periodo consiglia i governi di attuare forme di controllo dell’offerta.

In tale contesto, stime di raccolto di mais inferiori alle aspettative generano un generale allarmismo, con forti ripercussioni sui mercati azionari, con rialzi per i titoli di tutti i settori correlati ai carburanti.

La crescente domanda alimentare e l’innovazione tecnologica sembrano costi-tuire le principali variabili dell’evoluzione dei prezzi, le cui conseguenze non appaiono scontate.

I Paesi in via di sviluppo registrano tassi di crescita dei consumi molto elevati, la modificazione del loro regime alimentare verso le proteine animali alimenta ulteriormente la domanda di fattori produttivi, nell’adozione di modelli di con-sumo ad elevato concon-sumo di energia.

Le conseguenze si traducono nell’innalzamento delle quotazioni.

Se la risposta dei singoli stati è l’incremento della produzione, l’aumentata richiesta si traduce in una maggiore instabilità dei mercati. E’ prevedibile che all’aumentare della scarsità relativa corrisponda l’adeguamento del prezzo del mais, sia ad uso alimentare che energetico.

Un’ulteriore conseguenza risiede nell’incremento dei prezzi della risorsa suolo, in quanto bene scarso, ciò incentiva ulteriori fenomeni di land grabbing.

Nel documento PRODOTTI AGRICOLI MERCATI GLOBALI (pagine 147-151)