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Regime di quarantena per le importazioni in Australia

Nel documento PRODOTTI AGRICOLI MERCATI GLOBALI (pagine 85-95)

RIDUZIONE SOSTEGNO INTERNO

10) Regime di quarantena per le importazioni in Australia

La legislazione australiana che disciplina il regime d’importazione di animali vivi, carcasse e parti di animali, di carne e prodotti a base di carne, di prodotti lattiero-caseari, di prodotti dell’apicoltura, di sementi e di frutta e verdura, proi-bisce l’importazione di questi prodotti a meno che il direttore dei servizi di qua-rantena non accordi un specifica autorizzazione.

L’UE, supportata da Canada, India, Filippine e Cile, ritiene tali restrizioni all’importazione misure contrarie all’Accordo sulle misure sanitarie e fitosanita-rie, tenuto conto che non sono fondate sulla valutazione obiettiva dei rischi, né su analisi scientifiche sufficienti. Per questi motivi, l’Unione Europea ha chiesto nel settembre 2003 di costituire il panel per la risoluzione della disputa.

La maggior parte delle dispute che avvengono tra gli altri Stati membri del WTO e la Comunità Europea, sono effetto del notevole peso economico che questa riveste, sia nella domanda che nell’offerta, di prodotti agricoli.

L'UE è il maggiore importatore mondiale di prodotti agricoli con un valore di circa 70 miliardi di euro. Riguardo all’esportazione, è al secondo posto con un valore di 75 miliardi di euro.

Finestra sul WTO, di Giulia Listorti, marzo 2011, da Agriregionieuropa.it

Quale sarà l’anno della conclusione del Doha Round? Solo l’impegno dei capi di stato e di governo potrebbe effettivamente condurre alla conclusione del Round. Molto è già stato fatto, e per chiudere i punti ancora aperti ogni Paese deve essere pronto a dare il proprio contributo. L’accresciuta influenza di Bra-sile, India e Cina rende lo scenario mondiale troppo diverso da quello del 2001, data di inizio delle trattative.

I vantaggi di un accordo andrebbero ben oltre la creazione di nuovo accesso al

mercato. In particolare, esso costituirebbe una valida assicurazione contro le

tentazioni neo-protezionistiche in tempo di crisi. La conclusione del Doha Round, anche nel caso limite in cui non implicasse alcuna modifica delle politi-che esistenti ma si limitasse a ridurre l’entità della protezione possibile, avrebbe un valore notevole.

Alcuni strumenti del WTO, come il comitato agricolo, il forum di discussione tra i Paesi membri per discutere della conformità delle proprie politiche con le disposizioni esistenti, costituiscono importanti dispositivi di trasparenza. È quanto avvenuto recentemente riguardo le restrizioni all’esportazione applicate da alcuni Paesi. La necessità di rendere più stringente la regolamentazione di queste misure in ambito multilaterale è particolarmente sentita alla luce dei recenti sviluppi sui mercati mondiali. Molti Paesi membri hanno rinnovato il proprio impegno per la chiusura del Round, l’UE lo ha ribadito nella comunica-zione Una politica commerciale attiva per l’UE nei prossimi cinque anni. Buona parte del lavoro “tecnico” è già stata completata, si tratta di trovare la disponibilità politica al compromesso. La geometria negoziale ha visto la recente costituzione del gruppo del G11 (USA, UE, Canada, Australia, Giap-pone, Brasile, Cina, India, Argentina, Sud Africa, Mauritius), al fine di dare inizio a negoziati “orizzontali” tra i vari settori oggetto di trattativa. I nodi più controversi restano l’ampiezza delle concessioni su tariffe e sussidi nel settore agricolo nei Paesi sviluppati, e l’accesso al mercato per il settore manifatturiero nelle economie emergenti di Brasile, India e Cina. All’interno del G11 sem-brano emergere due approcci principali, quello proposto dal Brasile, per il quale occorrerebbe per prima cosa definire l’equilibrio tra un maggiore accesso al mercato nel settore manifatturiero e maggiori concessioni in agricoltura; dall’altra, quello degli USA, che propongono di iniziare direttamente dal nego-ziare specifiche iniziative settoriali per servizi, beni industriali ed agricoltura, senza a priori fissare gli obiettivi generali. In questo senso, gli USA si sarebbero opposti a una proposta del Messico che descriveva un pacchetto di trade-off tra i diversi settori, tra cui quello agricolo. Recentemente, e con una mossa che ha destato sorpresa nei Paesi sviluppati, il Brasile ha richiesto misure di liberaliz-zazione per alcuni prodotti agricoli che vanno al di là dell’attuale testo delle

modalities, per bilanciare la maggiore ambizione che viene richiesta per

l’accesso al mercato dei prodotti non agricoli.

Finestra sul WTO, di Giulia Listorti, giugno 2011, da Agriregionieuropa.it

Per concludere il Doha Round entro il 2011, sarebbe stato necessario raggiun-gere un accordo sulle modalità entro la primavera. Pascal Lamy, direttore

gene-rale del WTO, ha richiesto ai presidenti dei vari gruppi negoziali di produrre entro il 21 aprile dei “documenti”, da discutersi poi in occasione della riunione del 29 aprile del Trade Negotiating Committee, il più alto organo negoziale del WTO. A questa richiesta è stata data subito rilevanza, nonostante, in un primo momento, non fosse ancora chiaro se tali documenti sarebbero stati vere e pro-prie bozze di testi delle modalità, o semplici rapporti sullo stato dei negoziati. Molti Paesi, tra i quali gli Stati Uniti, si sono subito detti contrari a produrre nuove bozze dei testi negoziali, il che avrebbe a loro avviso costituito una mossa controproducente considerando la persistente divergenza tra le varie posizioni. Contemporaneamente, durante i cosiddetti confessionals (le trattative bilaterali tra Lamy ed alcune delegazioni chiave), non sono emersi margini per un possibile compromesso. Non è stata quindi una sorpresa la decisione da parte di Lamy di diffondere testi che semplicemente si limitano a fare il punto sullo stato attuale del Doha Round, senza proporre un aggiornamento della bozza delle modalità. Si tratta di centinaia di pagine redatte dai presidenti dei vari gruppi negoziali, che coprono tutte le aree oggetto di negoziato, ma che non contengono sorprese.

Per quanto riguarda l’agricoltura, il presidente del gruppo negoziale, l’ambasciatore neozelandese David Walker, ha insistito sui benefici degli eser-cizi tecnici di clarification (chiarificazione dei testi negoziali, ovvero la bozza delle modalities di dicembre 2008), e di templates and data (preparazione della struttura che dovranno seguire le notificazioni degli impegni dei singoli paesi). Di fatto, si tratta delle uniche due attività che possono essere portate avanti in assenza di progressi del negoziato.

Walker ha definito regrettable (spiacevole) non poter proporre nuovi testi nego-ziali nonostante l’intensificazione delle trattative negli ultimi due anni, e ha indicato nove punti che restano aperti in materia di agricoltura: (a) la scatola blu, per la quale i lavori tecnici sono ormai terminati, ed è necessario un accordo a livello politico; (b) i sussidi nel settore del cotone, in quanto nono-stante il proseguire delle consultazioni al momento non si intravvede una solu-zione condivisa; (c) i prodotti sensibili, per i quali Giappone e Canada cercano flessibilità addizionali; (d) la possibilità di mantenere eccezioni al capping (ovvero all’imposizione di un tetto massimo alle tariffe dopo l’implementazione della formula di riduzione) anche al di fuori dei prodotti sensibili; (e) la TRQ

creation, ovvero la creazione di nuove quote all’importazione a tariffa ridotta;

(f) la tariff simplification (la conversione delle tariffe più complesse nel loro equivalente ad valorem), per la quale nonostante i numerosi progressi a livello tecnico non si è ancora in condizione di redigere un nuovo testo negoziale; (g) i prodotti speciali; (h) il meccanismo speciale di salvaguardia, ovvero la

possibi-lità di permettere di aumentare le tariffe in seguito a riduzione dei prezzi o aumento dei volumi all’importazione (un tema giudicato responsabile, si ricor-derà, del collasso delle trattative nel luglio del 2008); (i) i prodotti tropicali (per i quali i paesi in via di sviluppo richiedono un maggiore accesso al mercato), in quanto l’accordo raggiunto sulle tariffe all’importazione dell’UE nel settore delle banane deve ancora essere accettato a livello multilaterale.

Per quanto riguarda i negoziati per stabilire un registro multilaterale per le indi-cazioni geografiche di vini e bevande alcoliche, il presidente del gruppo nego-ziale, l’ambasciatore dello Zambia Darlington Mwape, sottolinea come l’attuale bozza di testo costituisca una buona base di discussione, ma evidenzia anche come i punti da risolvere restino ancora molti. Non vi è ancora convergenza neppure per quanto riguarda l’estensione ad altri prodotti della maggiore prote-zione attualmente accordata a vini e bevande spiritose. L’area più controversa del Doha Round è, però, l’accesso al mercato per i prodotti industriali

(non-agricultural market access, NAMA), in particolare per quanto riguarda le

cosiddette “iniziative” per ridurre o eliminare le tariffe su interi settori (come macchine industriali, prodotti chimici, macchine elettriche ed elettroniche), e nello specifico la partecipazione di paesi emergenti quali Brasile, Cina, India. Gli Stati Uniti in particolare ribadiscono che, affinché vi sia un impatto signifi-cativo sul commercio mondiale, è necessario che questi paesi emergenti e in rapida crescita prendano parte in modo sostanziale a questo meccanismo. Da parte loro, Cina, India e Brasile richiedono al contrario una partecipazione volontaria, e lamentano che le riforme del settore agricolo intraprese dai paesi ricchi non rappresentano una contropartita adeguata. Una recente proposta dell’UE per colmare il divario sui negoziati NAMA non sembra per ora suffi-ciente per ridurre distanze che Lamy ha recentemente definito unbridgeable (incolmabili). A questo punto, saltata anche la scadenza di aprile, tra alcuni commentatori comincia a farsi strada l’idea di un cosiddetto “piano B”, che consisterebbe nel concludere il Round con una sorta di accordo ristretto a un numero limitato di temi meno controversi (come trade facilitation), lasciando fuori agricoltura e NAMA, e abbandonando quindi l’idea del single undertaking (impegno unico). Secondo alcuni, tale “piano B” permetterebbe di evitare il fal-limento del Doha Round, e al limite la messa in discussione dell’intero sistema multilaterale del WTO. È però vero che, al momento, resta difficile valutarne la praticabilità, dato che anche la selezione di temi “non problematici” potrebbe rivelarsi tutt’altro che semplice. Finora nessun paese membro del WTO si è d’altra parte espresso apertamente a favore di tale possibilità.

Un altro possibile scenario sarebbe una sorta di sospensione temporanea del Round; ma alcuni commentatori fanno notare che così si rischierebbe di rendere

impossibile ogni accordo prima del 2020. Tra l’altro, è in un certo senso para-dossale che il blocco attuale delle trattative sia causato da un tema mercantilista per eccellenza, ovvero le riduzioni tariffarie nel settore dei beni industriali. Le richieste di un maggiore accesso al mercato da parte dei paesi sviluppati, in particolare gli Stati Uniti, ad economie emergenti quali Brasile, India e Cina, rischiano di compromettere l’esito del Round. È dunque necessario uno sforzo da parte dei leader politici mondiali per riconoscere l’importanza del Doha Round per l’intero sistema commerciale mondiale.

Mentre le trattative commerciali stentano a proseguire, in molti hanno infatti sottolineato il ruolo fondamentale del WTO nell’amministrare le regole commerciali multilaterali esistenti, il meccanismo di risoluzione delle dispute, l’attività di monitoraggio delle politiche commerciali dei paesi membri. Se dun-que un fallimento delle trattative non implicherebbe la perdita di fiducia nell’istituzione del WTO in quanto tale, è però anche vero che finirebbe inevita-bilmente per indebolirne il ruolo.

Le necessità di concludere il Doha Round è un tema ripreso anche nel recente rapporto sulla volatilità dei prezzi alimentari redatto dal gruppo internazionale di esperti alimentari in vista del primo incontro tra i ministri agricoli del G20, il 22 e 23 giugno prossimi.

Recentemente, nella riunione “mini-ministeriale” che si è svolta a Parigi il 26 maggio a margine di un incontro dell’OECD, cui hanno partecipato numerosi membri del WTO, è stato raggiunto ampio consenso sull’impegno di portare a termine il Doha Round con un single undertaking, ma, nell’impossibilità di ottenere questo risultato entro la fine dell’anno, anche sulla possibilità di trattare temi relativi allo sviluppo come parte di una hearly harvest (letteralmente, “rac-colta anticipata”) da ottenersi nella riunione ministeriale “regolare” del WTO che avrà luogo a dicembre 2011.

Quello che succederà nelle prossime settimane permetterà di capire se e come questo nuovo programma di lavoro possa effettivamente concretizzarsi.

Negoziati per le Indicazioni Geografiche

Darlington Mwape, l’ambasciatore dello Zambia che presiede il gruppo nego-ziale per la creazione di un registro multilaterale per la protezione di vini e bevande alcoliche, ha accelerato le trattative per cercare di giungere alla reda-zione di un testo singolo, che riassuma le varie proposte e costituisca una base unica per i negoziati. In particolare, la proposta della W/52 coalition (guidata da UE e Svizzera), richiede la creazione di un registro con effetti legali, mentre quella del joint proposal group (che include, tra gli altri, USA, Australia, Canada, Cile, Nuova Zelanda, Giappone, Argentina), propone una

partecipazione volontaria.

Il Parlamento europeo ratifica l’accordo sulla disputa nel settore delle banane

Il Parlamento europeo ha ratificato l’accordo tra l’UE ed i Paesi produttori latinoamericani sul regime tariffario dell’UE all’importazione delle banane. Molti membri del Parlamento hanno però chiesto aiuti finanziari addizionali sia per i produttori europei che dei Paesi di Africa, Caraibi e Pacifico. Per questi ultimi che tradizionalmente hanno beneficiato di accesso preferenziale al mer-cato europeo, alcuni membri del Parlamento hanno fatto notare che i 200 milioni di euro previsti oltre gli aiuti regolari allo sviluppo proprio per l’assistenza al settore delle banane potrebbero essere insufficienti.

Negoziati per l’accesso della Russia al WTO

Proseguono le trattative finalizzate all’entrata della Russia nel WTO. La Russia ha abbandonato l’idea di condurre i negoziati insieme a Bielorussia e Kazaki-stan, ed ha firmato un Memorandum of understanding con l’UE, che include l’impegno di Mosca a ridurre le restrizioni all’esportazione di legname. Anche gli USA hanno segnalato di avere risolto buona parte dei temi in sospeso. Il processo di accesso al WTO comprende una serie di negoziati bilaterali prima di giungere a trattative multilaterali che devono concludersi con il consenso di tutti i Paesi membri. La Georgia sembrerebbe l’unico Paese che potrebbe opporsi all’entrata della Russia a causa della sua difficile situazione diplomatica e commerciale. Questa mossa sembrerebbe però alquanto improbabile. La Rus-sia, che resta la più grande economia ancora fuori dall’organizzazione mondiale del commercio, già nel 1993 ha chiesto di diventare membro dell’allora GATT. La durata delle trattative per l’accesso ha quindi superato quanto avvenuto per la Cina, che entrò a far parte del WTO nel 2001, dopo 15 anni di negoziati.

Accordo di libero commercio tra UE e Corea del Sud

L’accordo siglato il 6 ottobre 2010 tra UE e Corea del Sud é il più ampio accordo commerciale esistente nell’UE, nonché il primo concluso con un Paese asiatico. Porterà nei prossimi cinque anni all’eliminazione del 99% delle tariffe esistenti su beni agricoli ed industriali. Sono previste misure di accompagna-mento per il sensibile settore coreano della carne bovina. Per l’UE è stato cru-ciale il consenso dell’Italia, che aveva inizialmente chiesto la proroga di un anno per l’entrata in vigore, poi dimezzata a sei mesi, per consentire all’industria automobilistica di prepararsi alla liberalizzazione.

L’accordo tra Corea del Sud ed UE potrebbe mettere ulteriormente sotto pres-sione gli USA, che per il testo negoziato con la Corea nel 2007, attendono infatti ancora l’approvazione del Congresso.

Nei primi mesi del 2011, dopo il Parlamento europeo, anche quello coreano ha approvato l’accordo, dopo aver raggiunto un non facile compromesso politico per adottare misure a favore degli agricoltori. L’entrata in vigore è quindi previ-sta per luglio 2011. Gli USA continuano invece ad attendere l’approvazione del Congresso.

Disputa UE-Canada sull'importazione della carne di foca

Nel novembre 2009, il Canada aveva chiesto l’inizio delle consultazioni con l’UE sul reg. 1007/09, che limita l’importazione di prodotti derivati dalla carne di foca. Il divieto è entrato in vigore ad agosto 2010, e le successive consulta-zioni tra UE e Canada, tra i quali sono anche in corso trattative per un accordo di libero scambio, non sono riuscite a risolvere la questione. Il Canada ha chie-sto ed ottenuto ufficialmente al WTO la costituzione di un panel per la solu-zione delle dispute. Nel frattempo, anche la Norvegia ha formulato una richiesta analoga a quella del Canada.

I Paesi ACP e la “questione del cotone”

I Paesi di Africa, Caraibi e Pacifico (ACP) hanno chiesto l’immediata ripresa delle trattative sui sussidi nel settore del cotone, sulla base della bozza delle

modalities di dicembre 2008. Queste prevedono infatti riduzioni più ambiziose

nel settore del cotone rispetto alla regola generale. I Paesi ACP hanno criticato gli USA, responsabili di mantenere ancora in vigore misure di sostegno al set-tore giudicate illegali dal panel WTO per la risoluzione delle dispute.

Nuova proposta sulle restrizioni alle esportazioni

Nell’ambito dei negoziati del Doha Round, il gruppo dei paesi in via di sviluppo importatori netti di alimenti (net food importing developing countries, NFIDCs) ha proposto di proibire l’applicazione delle tasse all’esportazione per le esportazioni dirette nei propri mercati, o in quelli dei paesi meno avanzati. L’applicazione di restrizioni alle esportazioni è attualmente permessa dalle regole del WTO, a condizione che essa sia temporanea e volta a prevenire o alleviare riduzioni a livello critico dei prodotti alimentari nel paese esportatore. Negli ultimi mesi, molti paesi hanno fatto ricorso alle tasse all’esportazione in risposta all’incremento dei prezzi sui mercati internazionali, con il risultato di stimolarne l’ulteriore aumento.

Il mandato negoziale del Doha Round non prevede in modo esplicito la regola-mentazione delle restrizioni all’esportazione; tuttavia, si tratta di un tema per il quale si sta sviluppando un interesse crescente, complice la situazione di alti prezzi agricoli sui mercati mondiali. In proposito, le restrizioni all’esportazione di cereali e foraggio imposte da Ucraina, Kirghizistan, Moldavia e Macedonia

sono state oggetto di forti critiche durante l’ultima seduta del Comitato Agricolo del WTO.

Nuovo accordo commerciale tra UE, Colombia e Perù

Si sono conclusi i negoziati per un accordo di libero commercio tra Unione Europea, Colombia e Perù. L’accordo prevede l’eliminazione di tutte le tariffe su beni industriali e prodotti della pesca, il miglioramento dell’accesso al mer-cato per prodotti agricoli, appalti pubblici, servizi, investimenti, la riduzione delle barriere tecniche al commercio e la presenza di discipline comuni su diritti di proprietà intellettuale, trasparenza, concorrenza. L’impatto dell’accordo sulle economie dei due paesi dell’America latina è stato stimato in un incremento di circa l’1% del PIL. Sono inoltre previste misure per il rispetto dei diritti umani e dello stato di diritto, nonché l’impegno per implementare in modo efficace le convenzioni internazionali sui diritti dei lavoratori e la protezione ambientale.

Proposta della Commissione europea sul Sistema Generalizzato delle Preferenze

Il Sistema Generalizzato delle Preferenze (SGP) , in vigore nell’UE dal 1971, è uno schema che consente di applicare minori tariffe sulle importazioni prove-nienti dai paesi in via di sviluppo. La Commissione europea ha recentemente proposto la continuazione del sistema attuale fino alla fine del 2013, per intro-durre importanti modifiche a partire dal 1 gennaio 2014.

Secondo la nuova proposta della Commissione, usciranno dal meccanismo sia i paesi che hanno raggiunto livelli di reddito alto, o medio alto (come Arabia Saudita, Qatar, Bielorussia e Russia), sia quelli che già beneficiano di conces-sioni commerciali legate ad accordi di libero commercio, che i territori d’oltremare, per i quali esiste un sistema alternativo per l’accesso al mercato eu-ropeo. La lista definitiva dei beneficiari sarà stabilita subito prima della messa in atto del nuovo sistema, sulla base dei dati della Banca Mondiale degli ultimi tre anni. Inoltre, per quei paesi che beneficiano di concessioni addizionali (il sistema conosciuto come SGP+) la Commissione intende rinforzare gli incentivi per il rispetto delle convenzioni internazionali sui diritti umani, gli standard di lavoro e l’ambiente.

Attualmente le importazioni che avvengono con il SGP rappresentano il 4% del totale dell’UE (60 milioni di euro); ma il 40% di queste preferenze vanno a beneficio di Russia, Brasile, Cina, India e Tailandia (Agrafacts 38-2011). La riduzione del numero di paesi che beneficiano del SGP consentirebbe quindi di

Nel documento PRODOTTI AGRICOLI MERCATI GLOBALI (pagine 85-95)