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Il commercio del cacao

Nel documento PRODOTTI AGRICOLI MERCATI GLOBALI (pagine 107-111)

3 Il mercato delle principali commodities

2. Il commercio del cacao

I Paesi produttori presentano differenti metodi di commercializzazione del ca-cao. Se i contratti di esportazione sono simili, differiscono le modalità con le quali il cacao arriva all’esportatore.

Grande influenza è esercitata dalle politiche governative del Paese, più o meno favorevoli al libero mercato, o al controllo da parte statale.

Si possono distinguere tre principali sistemi di commercializzazione:

a) marketing boards: lo Stato esercita uno stretto controllo sugli acquisti interni di cacao e sulle esportazioni. Questi sistemi di commercializzazione furono in-trodotti inizialmente dalla Gran Bretagna nelle sue colonie durante e dopo la Seconda Guerra Mondiale. Il caso emblematico è rappresentato dal Ghana. b) Caisses de stabilisation: lo Stato controlla con minor intensità gli accordi per l’esportazione, ma influenza tutti i soggetti coinvolti nell’esportazione del cacao. Le attività della Caisse si concretizzano in due misure, ‘Bareme’ e ‘Blockage’. Il Bareme è una struttura dei prezzi; vengono stabiliti i prezzi per gli agricoltori e gli incrementi per i costi che si verificano dal cancello dell’azienda fino al

punto di esportazione. In questo modo vengono fissati i prezzi pagabili dai compratori commerciali e dagli esportatori all’interno del Paese.

Il Blockage consiste nel controllo delle vendite sul mercato mondiale del cacao acquistato nel mercato interno.

c) Il libero mercato, in base al quale le imprese sono sottoposte a controlli solo per quel che riguarda la qualità del prodotto e le procedure valutarie di vendita. Nel canale di commercializzazione del cacao individuiamo alcune figure eco-nomiche specifiche.

I primi intermediari (coyotes), acquistano il cacao (le fave) dai piccoli produt-tori e lo rivendono ai grandi commercianti.

Giunte sui mercati di esportazione, le fave di cacao sono oggetto di contratta-zione tra le parti rappresentate dal lato dell'offerta, da compagnie di commer-cializzazione pubbliche o private, e dal lato della domanda, da dealer, broker e in alcuni casi direttamente da compagnie di trasformazione delle fave (solita-mente grandi imprese multinazionali).

Così, il trader opera l’intermediazione, acquistando in proprio il cacao per poi ricollocarlo presso la clientela. Il broker, invece, opera per conto dei propri clienti acquistando cacao e addebitando una commissione.

Solitamente queste intermediazioni vengono svolte da compagnie mercantili (trading company, spedizionieri, compagnie di trasporto navale) che si occu-pano, in genere, anche delle fasi di stoccaggio delle fave di cacao nei porti di arrivo dei mercati di consumo.

I traders, come l’inglese Ed&F Man Cocoa, le francesi Gepro e Tuoton, l’Americana Fimat, acquistano la materia prima nei Paesi produttori secondo la quotazione delle principali borse mondiali. Arrivano a possedere quote superiori al 10% del mercato mondiale, in questo modo sono in grado di condizionare il prezzo del cacao attraverso la speculazione e la gestione delle scorte.

Le fave di cacao sono solitamente trasferite via nave, dai porti del Sud a quelli del Nord, dove sono oggetto di contrattazione sui cosiddetti mercati secondari, i cui centri maggiori sono New York, Londra, Amsterdam, Amburgo e Parigi. Le condizioni di consegna sono determinate da contratti generalmente FOB (Free On Board) dove la responsabilità, costi ed oneri sono a carico di chi ac-quista il bene, meno frequenti quelli CIF (Cost, Insurance, Freight), dove rischi, responsabilità e nolo sono a carico del vettore.

Quattro multinazionali, Archer Daniels Midlands (Usa), Cargill (Usa), Barry Callebaut (Svizzera) e Nestlé (Svizzera) lavorano circa l’85% delle fave di ca-cao mondiali, comprandole dai traders e rivendendo il prodotto lavorato alle in-dustrie dolciarie e agli altri utilizzatori finali.

Nel commercio del cacao si possono enucleare due mercati, conosciuti come quello degli scambi fisici (reali) e quello dei futures. I contratti stipulati nel mercato dei futures sono relativi a lotti di 10 tonnellate e costituiscono un impe-gno a consegnare, o ricevere una determinata quantità di cacao alla data indicata nel contratto. Non vi è alcuna specifica indicazione sul Paese di origine, o su particolari proprietà qualitative. E’ sufficiente che il cacao superi alcuni test di qualità e di dimensione delle fave. Chi acquista cacao sul mercato a termine non può sapere in anticipo che tipo di cacao riceverà, normalmente verrà consegnato un cacao di qualità molto vicina al minimo consentito. Va ricordato che solo una minima parte dei contratti futures risulta poi effettuarsi in un reale scambio di fave di cacao. La percentuale, sul mercato di Londra è di circa il 2%.

Nei contratti “fisici”, invece, il compratore ha un controllo maggiore sulla qua-lità del prodotto.

Per le aziende produttrici di cioccolato superiore, agenti specializzati comprano direttamente all’origine il cacao. La differenza dei prezzi è normalmente deter-minata dal Paese di origine a cui sono collegate le differenze qualitative. La maggiorazione dei prezzi al LIFFE di Londra rispetto al NYBOT di New York deriva dai più stringenti requisiti di classificazione.

Dal punto di vista degli standard qualitativi, il cacao FF ottiene un premium sul prezzo grazie alle sue speciali caratteristiche. Rispetto al cacao “bulk”, il cacao FF normalmente ottiene un premium price da £50 a £250 per tonnellata sul mercato di Londra, che può arrivare anche a £500 per ton.

Anche per il cacao bio si pagano dei sovrapprezzi, che incrementano dal 20% al 50% il prezzo convenzionale.

In merito ai requisiti qualitativi richiesti, si evidenzia, ad esempio, come il con-tenuto di umidità delle fave debba rispettare gli standard del Paese esportatore, generalmente del 7,5%, ma che può oscillare tra il 5,5% e l’8%.

Prezzo del cacao

Al fine dell’evoluzione del prezzo di mercato, una notevole importanza riveste la variazione delle scorte. L’alternanza tra periodi di eccedenza e scarsità, tipica del cacao, incentiva i Paesi importatori a detenere ampie scorte, per poter gestire il rischio di prezzo.

Così, il surplus di produzione nel 2002/03 e l’eccezionale raccolto del 2003/04 hanno innalzato il livello delle scorte, ridottesi in seguito al deficit produttivo del 2004/05. Ciò, unitamente a emergenze politiche e sociali delle aree produt-tive, quali la minaccia di distruggere le piantagioni in Costa d’Avorio nel 2004, si traducono in un elevato grado di volatilità dei prezzi, che manifestano un an-damento ciclico pluriennale.

La variazione nei livelli di stock di semi di cacao a livello internazionale ha un impatto diretto sui prezzi mondiali.

Per favorire la trasparenza del mercato e la formazione di prezzi efficienti sui mercati mondiali, il Segretariato dell’Organizzazione Internazionale del cacao conduce annualmente un sondaggio per determinare gli stock di semi di cacao. In genere, gli stock mondiali di semi di cacao sono stimati in circa la metà della produzione, situati prevalentemente nei magazzini portuali dei Paesi Europei (90%), il resto si rileva principalmente in USA, Giappone e Sud America (i Pa-esi produttori).

La partecipazione degli investitori nei mercati a termine del cacao è cresciuta notevolmente negli anni. Questo porta a verificare se l’incremento di attività speculativa nei mercati futures del cacao influisca sui prezzi e sulla volatilità.

I meccanismi di formazione dei prezzi riflettono le informazioni di mercato di-sponibili, l’attività speculativa non sembra avere effetti significativi sulla vola-tilità e sui prezzi futures del cacao.

I risultati empirici indicano che un incremento della speculazione fa scendere la volatilità di prezzo, ciò suggerisce che gli speculatori riducono i costi di transa-zione attraverso l’incremento della liquidità del mercato.

Recentemente, liberalizzazioni, privatizzazioni e globalizzazione sono state le determinanti che hanno plasmato l'economia. Ne sono derivati grandi cambia-menti nella struttura del mercato di molte commodities agricole, fra le quali il cacao. Prima di questi mutamenti, i coltivatori di questi beni nei Paesi in via di sviluppo erano isolati dalle fluttuazioni di prezzo nei mercati mondiali. A livello nazionale questo era possibile grazie all'intervento sul mercato di agenzie statali e, a livello internazionale, da meccanismi di regolazione del prezzo, attuati nel contesto degli accordi internazionali sulle commodities.

In conseguenza del loro abbandono, i coltivatori risultano esposti alle fluttua-zioni di prezzo. In risposta a tali fenomeni, l'ICCO e la CFC (Common Found for Commodities) concentrano i loro sforzi nella ricerca di strumenti di mercato per la gestione del rischio di prezzo.

Lo scopo è di aiutare le piccole cooperative di coltivatori nel migliorare la loro capacità di gestire il rischio e offrire loro l’opportunità di accedere ai contratti futures e alle opzioni. L'obiettivo più ampio è quello di rendere i piccoli colti-vatori meno vulnerabili alle fluttuazioni dei prezzi mondiali.

Nel documento PRODOTTI AGRICOLI MERCATI GLOBALI (pagine 107-111)