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La bilancia agroalimentare italiana

Nel documento PRODOTTI AGRICOLI MERCATI GLOBALI (pagine 39-43)

GCC = (EX/IM) *100 Esempio di bilancio di approvvigionamento

B. i mercati a termine (future market), in cui le contrattazioni prescindono dall’effettiva consegna dei prodotti

2) Dei Paesi in via di sviluppo (ovest-sud), legate al reperimento di materie prime alimentari necessarie per la sicurezza alimentare

1.8 La bilancia agroalimentare italiana

In Italia il deficit commerciale agroalimentare, secondo solo a quello energetico, ha contribuito alla formazione di uno squilibrio commerciale, ritenuto un vin-colo alla crescita dell’economia.

Tradizionalmente, la bilancia commerciale dell’Italia è in deficit strutturale. L’Italia appare un trasformatore di materie prime importate in prodotti manu-fatti. La bilancia agroalimentare evidenzia un progressivo miglioramento nell’ultimo decennio in cui le esportazioni agroalimentari sono aumentate. La maggior parte delle importazioni nazionali si concentra in due categorie di prodotti: in primo luogo, i beni agricoli non producibili in Italia e le materie prime per l’industria alimentare. Questi prodotti hanno preso il nome di

bilan-cia rigida, per la difficoltà di ridurre le importazioni. In secondo luogo, i

pro-dotti degli allevamenti (carni, latte).

Dal lato delle esportazioni, l’Italia è tradizionalmente un esportatore netto di prodotti ortofrutticoli, del vino e di prodotti alimentari trasformati tipici italiani (prodotti Made in Italy).

Si possono individuare diversi criteri di disaggregazione della bilancia agroali-mentare:

1) per comparti: i singoli prodotti vengono aggregati per comparti tradizionali (zootecnia, ortofrutta, cereali, vino, semi oleosi, zucchero, latte).

2) Per livello di trasformazione: distinti tra agricoli, di prima trasformazione, di seconda trasformazione.

3) In funzione della destinazione finale: alimentazione umana, alimentazione animale, reimpieghi.

4) In funzione della specializzazione produttiva: prodotti deficitari o di esporta-zione netta.

5) Per destinazione delle esportazioni e provenienza delle importazioni.

L’analisi della bilancia agroalimentare evidenzia:

a) un aumento del peso dei prodotti trasformati rispetto ai prodotti primari, sia delle importazioni che delle esportazioni.

b) La struttura del commercio agroalimentare italiano è piuttosto concentrata sia dal lato delle esportazioni: ortofrutta e vino; sia dal lato delle importazioni: comparto zootecnico (carni, latte, formaggi).

La bilancia agroindustriale italiana – mil. di euro

2000 2010 Δ%

Totale produzione agroindustriale 67.899 73.254 7,9

Importazioni 25.358 31.110 22,7

Esportazioni 16.867 24.730 46,6

Tasso auto-approvvigionamento (Taa) 88,9 92,0 3,5 Propensione a importare (Pim) 33,2 39,1 17,8 Propensione a esportare (Pex) 24,8 33,8 36,3 Grado di copertura commerciale (Gcc) 66,5 79,5 19,6 Fonte: Annuario agricoltura italiana

c) La struttura si è modificata nel corso del tempo. Si è ridimensionata la filiera orto-frutticola, questo declino indica un generale deterioramento della perfor-mance commerciale del comparto, come mostra il peggioramento del saldo normalizzato, sia dei prodotti freschi che di quelli trasformati.

Altri settori dell’industria alimentare, in particolare quelli “Made in Italy”, hanno incrementato il loro peso: prodotti della panetteria, dolciari, paste alimentari, vino, prodotti zootecnici trasformati. In particolare, si evidenzia la crescita delle vendite estere e la modificazione della struttura delle esportazioni. Le tendenze di fondo possono così riassumersi:

a) permane un basso livello di autosufficienza, con la propensione ad importare superiore di quella ad esportare.

b) L’Italia rafforza il ruolo di Paese specializzato nelle produzioni trasformate ad elevato valore aggiunto per le quali detiene un vantaggio comparato (prodotti

Made in Italy, vino).

c) Continua a perdere vantaggi comparati nelle esportazioni ortofrutticole, sia fresche che trasformate, mentre poco soddisfacente risulta il settore zootecnico, la maggior componente di importazione.

d) Il basso tasso di auto approvvigionamento si traduce nel condizionamento esercitato dal commercio internazionale dei prodotti agricoli dal quale il fabbi-sogno interno viene a dipendere.

Sotto il profilo geografico i flussi agro-alimentari risultano condizionati dall’appartenenza all’UE.

Dal lato delle esportazioni si riduce la quota delle vendite nell’UE soprattutto per i prodotti dell’industria alimentare, i cui flussi commerciali si spostano verso aree ad elevato reddito, come Svizzera, Nordamerica, Asia, in cui aumentano le vendite dei prodotti Made in Italy, vino, formaggi, olio di oliva. I Paesi di recente entrata nell’UE, i PECO (Paesi dell’Europa centrale e orien-tale) rappresentano un’area in crescita per le esportazioni di frutta, agrumi, ortaggi.

Dal lato delle importazioni, l’Italia consolida le quote dei Paesi dell’UE rispetto agli altri Paesi, soprattutto per i prodotti alimentari, mentre aumenta la quota delle provenienze extra-UE per i prodotti agricoli, come il peso del Nordame-rica nelle importazioni di cereali. Guadagnano quote sui mercati agricoli italiani i Paesi mediterranei (ortaggi freschi e tabacco) e i PECO (animali vivi, silvi-coltura), mentre nella filiera zootecnica l’UE mantiene le quote di mercato. Riguardo alla competitività dell’Italia rispetto agli altri Paesi, un primo indica-tore è dato dalle quote dell’Italia sui mercati di esportazione. La posizione com-petitiva dei principali Paesi esportatori si modifica continuamente.

In generale, i Paesi europei vedono accresciuto il loro peso sui mercati mon-diali. La quota italiana sulle esportazioni agro-alimentari mondiali è cresciuta fino a raggiungere il 4%. Ciò denota il miglioramento della performance espor-tativa.

Per esaminare l’evoluzione della posizione competitiva dell’Italia si può elabo-rare l’indice RCAI, che si propone come misura del vantaggio competitivo di un Paese in un certo settore rispetto ad un gruppo di Paesi ed è pari al rapporto tra il peso del settore sul totale dei flussi commerciali del Paese in esame ed il valore medio che tale peso assume per il complesso dei Paesi. I Paesi che mostrano un peso superiore alla media si suppone abbiano un vantaggio nel settore agro-alimentare e l’RCAI mostrerà valori positivi; quelli che si collo-cano al di sotto della media denotano uno “svantaggio” relativo, con valori dell’RCAI negativi.

Gli indici di vantaggio competitivo mostrano una tendenza alla despecializza-zione nel commercio agroalimentare. I Paesi tradizionalmente esportatori netti, Australia, Argentina, Brasile, Canada, hanno ridotto i vantaggi competitivi; quelli importatori netti, Regno Unito, Germania, Italia, hanno ridotto lo “svan-taggio” competitivo.

L’Italia è tuttora un Paese che mostra “svantaggi” competitivi. L’indice RCAI è negativo e colloca l’Italia tra i Paesi importatori netti. Nel tempo vi è stata una riduzione dello svantaggio. Il miglioramento della posizione dell’Italia non è dovuto ad un rafforzamento dei vantaggi competitivi nei settori per i quali è esportatore netto, quali ortofrutta e vino; ma al miglioramento nei comparti nei quali non dispone di vantaggi competitivi.

Un aspetto rilevante per comprendere l’evoluzione dei rapporti con l’estero è connesso a fattori monetari, che intervengono rispetto a quelli reali. Ciò permette di distinguere l’andamento “quantità” dall’effetto “prezzo”. Ad esem-pio, un incremento del prezzo può indicare un aumento del livello qualitativo dei prodotti esportati, evidenziando come l’export agro-alimentare italiano si sta specializzando verso produzioni a più elevato standard qualitativo.

Le esportazioni mostrano la crescita dei tradizionali prodotti Made in Italy, come pasta, conserve di pomodoro, olio extravergine, vino. Una quota impor-tante è generata da prodotti di elevata qualità destinati ai mercati ricchi e segmenti di consumo di nicchia (vini DOC, formaggi, salumi).

L’evoluzione evidenzia un dualismo: una strategia di crescita basata su crescenti quantità di prodotto di livello qualitativo non elevato, da collocare sui mercati extra UE in crescita e a prezzi competitivi. Dall’altra parte, un’affermazione dei prodotti di elevata qualità da collocare su mercati ricchi ed a prezzi crescenti.

Le esportazioni dei prodotti Made in Italy a minore contenuto qualitativo sono effettuate per lo più da imprese multinazionali (Barilla, Unilever, Nestlè), che puntano su economie di scala e vantaggi di costo.

Le esportazioni di prodotti tipici di qualità sono spesso di “sistemi” di imprese nazionali, come consorzi di produttori agricoli e cooperative, che traggono il vantaggio competitivo dal legame con il territorio e le strategie di migliora-mento della qualità e tipicizzazione del prodotto.

Indicatori per lo studio della bilancia agroalimentare

Definito: i=Paese; j=prodotto, gruppo di prodotti, settore; I=importazioni; E=esportazioni; w=gruppo di Paesi.

(Eij – Iij) 1) Saldo normalizzato: Snij = *100 (Iij + Eij)

Il saldo normalizzato (Snij) è il rapporto percentuale tra il saldo commerciale (esportazioni meno importazioni) ed il volume di scambi (importazioni più esportazioni). Esso varia tra -100 e +100 e consente di comparare la posizione commerciale di diversi Paesi, settori, prodotti, gruppo di prodotti.

Nel documento PRODOTTI AGRICOLI MERCATI GLOBALI (pagine 39-43)