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Fattori di sviluppo del commercio internazionale dei prodotti agricoli

Nel documento PRODOTTI AGRICOLI MERCATI GLOBALI (pagine 45-51)

GCC = (EX/IM) *100 Esempio di bilancio di approvvigionamento

B. i mercati a termine (future market), in cui le contrattazioni prescindono dall’effettiva consegna dei prodotti

6) Commercio intra-industriale verticale e orizzontale

1.9 Fattori di sviluppo del commercio internazionale dei prodotti agricoli

I cambiamenti che si manifestano nel tempo sui mercati agricoli riflettono lo sviluppo economico e sociale del Pianeta. Fra le variabili che presentano rile-vanza maggiore possiamo ricordare:

1. L’elevato e differenziato incremento demografico che si riflette direttamente sulla crescita della domanda di prodotti agricoli.

2. L’evoluzione del ciclo economico da cui dipende la domanda delle materie prime agricole.

3. La variazione dell’offerta correlata alla variabile ambientale, effetto dei cam-biamenti climatici prodotti dall’uomo sulla Terra.

4. L’evoluzione dei mercati connessi a quelli agricoli, quali quello energetico, che presenta un impatto diretto sulla domanda di commodities.

Per comprendere l’evoluzione dei mercati agricoli, dalla produzione al con-sumo, è necessario individuare i principali fattori di cambiamento.

In un sistema agro-industriale mondiale dove la maggior parte della produzione viene effettuata da pochi Paesi, o macroaree, molto importanti divengono le politiche agricole e gli accordi commerciali internazionali.

Dal 1994, il WTO ha sostenuto la liberalizzazione degli scambi agricoli, attra-verso la riduzione delle barriere all’importazione, dei sussidi all’esportazione e del sostegno interno.

Nell’Unione Europea la Politica Agricola Comunitaria si sta adeguando al processo di liberalizzazione. Il passaggio al sostegno disaccoppiato del reddito, che incentiva in misura minore la produzione, unito ad una accresciuta apertura all’importazione dai Paesi terzi, stanno cambiando il ruolo della UE come produttore ed esportatore su scala mondiale. Viceversa i Paesi come USA, Brasile, Argentina, Cina, India, incentivano la produzione.

In America Latina, Asia e Africa si assistite ad una rapida espansione demogra-fica, con conseguente impatto sulla domanda alimentare.

In America del Nord, come in Europa, il crescente interesse dei consumatori per la salubrità dei prodotti, per la conservazione del territorio e dell’ambiente, incentiva una produzione meno intensiva e più sostenibile.

La ricerca di fonti energetiche rinnovabili incrementa la domanda di prodotti agricoli. Questa domanda aggiuntiva, cresciuta nel tempo, genera tensioni sui mercati agricoli, in concorrenza con quella alimentare.

Le tendenze di fondo che incidono sui mercati agricoli internazionali, risultano: 1. crescita della domanda di prodotti agricoli, specie nelle aree più densamente

popolate, quali Cina e India, a causa dell’incremento demografico e di reddito.

2. Modificazione nella distribuzione geografica della produzione e del consumo dei prodotti agricoli.

3. Crescita, nei Paesi avanzati, dell’attenzione per la salubrità e qualità degli alimenti, la conservazione del territorio e dell’ambiente.

4. Sviluppo dell’industria delle bioenergie, che incrementa la domanda di derrate agricole, con effetti diretti sulle quotazioni.

Mercato mondiale commodities - 2010

(mil. ton) Prod. Scambi (S/P) % Banane 93,4 16,7 17,8 Cacao 4,4 3,0 67,0 Caffè 8,0 5,3 66,3 Carne bovina 65,0 7,6 11,7 Carne di pollo 95,7 11,3 11,8 Carne suina 107,0 6,1 5,7 Cotone 23,3 9,5 40,8 Frumento 647,7 121,0 18,7 Latte 710,7 46,0 6,5 Mais 826,2 103,6 12,5 Pesce 147,0 55,3 37,6 Riso 466,7 30,3 6,5 Zucchero 169,0 45,4 26,9 Unione Europea

I principali indicatori collocano l’UE-27 fra le economie più avanzate, nelle quali solo una piccola parte della forza lavoro è impiegata in agricoltura, con una scarsa partecipazione di questa alla formazione del PIL (se escludiamo le industrie collegate). L’agroalimentare, invece, ricopre una quota rilevante del commercio internazionale.

L’UE tende a diventare sempre più un’esportatrice di prodotti alimentari tra-sformati, differenziati e ad alto valore aggiunto, e un’importatrice di prodotti di prima trasformazione e commodities agricole. In particolare si contraggono i tassi di autosufficienza per i principali cereali (mais, frumento, soia).

I cambiamenti introdotti dalla PAC espongono l’UE alla concorrenza interna-zionale. Il passaggio al pagamento unico aziendale e l’abbandono del sistema degli aiuti accoppiati hanno disincentivato gli aumenti di produzione. Ciò ha

contribuito ad aggravare i saldi commerciali di alcuni prodotti, soprattutto quelli dove la crescita degli impieghi è stata considerevole.

Infine, l’enfasi posta dalla PAC sulla multifunzionalità ed il crescente ammon-tare di risorse destinate allo sviluppo rurale, hanno spinto gli agricoltori a diver-sificare le loro attività.

Stati Uniti e Canada

Stati Uniti e Canada fanno parte, come l’Unione Europea, delle economie mon-diali più avanzate. Se la superficie totale dei due Paesi è simile, i terreni agricoli in Canada raggiungono solo il 7% del totale (43% negli USA); mentre la popo-lazione statunitense è dieci volte superiore (300 mil. di abitanti negli USA, contro i 32 mil. del Canada).

In entrambi i Paesi la struttura produttiva è caratterizzata da un’elevata concen-trazione, con un numero ridotto di imprese di grandissime dimensioni (188 ha la SAU per azienda negli USA, 295 ha quella del Canada). Le economie di scala, combinate con un’efficiente organizzazione, sono i pilastri della competitività di USA e Canada nei mercati internazionali delle commodities agricole.

Analizzando l’evoluzione dei bilanci di approvvigionamento di alcune commo-dities (frumento tenero e duro, soia, mais e colza), possiamo capire il ruolo svolto dai due Paesi nei mercati agricoli internazionali.

Il rapporto tra scorte e impieghi è un indicatore utile per interpretare la situa-zione di mercato interna. Più è basso, più il margine di sicurezza a fronte di shock generati da raccolti deludenti si assottiglia.

Canada e USA sono sempre stati grandi esportatori di frumento tenero, con tassi di autosufficienza al di sopra del 280% per il Canada e 150% per gli USA. Le scorte canadesi però sono sempre state superiori al 60% degli impieghi, mentre negli USA sono scese al 30% negli ultimi anni. Questo a causa di campagne particolarmente scarse (come quella 2006-07) e all’incremento delle esportazioni, spinte dal deficit di offerta mondiale.

Per il frumento duro, il Canada è un esportatore netto, con tassi di autosuffi-cienza vicini al 350% e rapporti scorte/impieghi superiori al 90%.

Gli Stati Uniti sono invece i maggiori esportatori mondiali di mais, ma il tasso di autosufficienza si è ridotto (130% nel 2000, 110% nel 2010), e il rapporto scorte/impieghi è sceso al 10%, ovvero al di sotto del livello di sicurezza (la quantità necessaria per coprire due mesi di consumo).

Per la soia, il dominio delle esportazioni USA è minacciato dalla ingente produ-zione brasiliana. Il tasso di autosufficienza è rimasto pressoché invariato (150%), ma il rapporto scorte/impieghi è sceso dal 20 all’11%.

Infine, il Canada si conferma leader internazionale nel mercato della colza (più del 50% delle esportazioni mondiali), con tassi di autosufficienza vicini al 230%.

Il Canada conserva la posizione di esportatore netto di commodities agricole, gli USA hanno invece ridotto le proprie esportazioni di mais e soia a vantaggio di nuovi concorrenti (Brasile e Argentina).

Il fattore di cambiamento più rilevante è lo sviluppo del settore dei biocarbu-ranti, che ha modificato i bilanci di approvvigionamento delle colture coinvolte (mais, soia, colza e girasole).

Argentina e Brasile

Con percentuali della forza lavoro impiegata in agricoltura rispettivamente del 9% e 14%, Argentina e Brasile si collocano fra le economie emergenti. Il contributo del settore agricolo alla formazione del PIL è rilevante, così come il valore dell’export agroalimentare sul totale.

In entrambi notiamo una struttura produttiva piuttosto concentrata, con aziende di grande e grandissima dimensione.

Il sistema agro-industriale argentino e brasiliano gode di una serie di vantaggi competitivi: clima favorevole, calendario della produzione agricola comple-mentare a quello dell’emisfero settentrionale, enorme disponibilità di terre coltivabili, manodopera a basso costo, tecniche di coltivazione moderne, sistema logistico e commerciale in progressivo miglioramento.

L’analisi dei bilanci di approvvigionamento dei principali prodotti esportati (carni bovine, mais, soia, zucchero e alcol) evidenzia il ruolo svolto da Argen-tina e Brasile nei mercati internazionali delle commodities agricole.

Storicamente fornitori di carni bovine, negli anni hanno visto erodere le espor-tazioni. L’incremento dei consumi delle economie emergenti viene soddisfatto dall’aumento della produzione locale, mentre rallenta il consumo nei Paesi occidentali e nuove barriere sono rappresentate dagli standard di sicurezza e rintracciabilità.

Ma, se le economie emergenti provvedono alla produzione di carne, richiedono (Cina in primis) un sempre maggior quantitativo di mangimi (mais e soia). Mentre gli USA non sono in grado di soddisfare la crescente domanda, anche per lo sviluppo dell’industria dei biocarburanti, Argentina e Brasile accrescono il loro peso nel commercio internazionale, tanto che il Brasile è divenuto il secondo esportatore mondiale di soia.

Cina e India

L’India, con il 57% della forza lavoro impiegata in agricoltura e con una incidenza di questa per il 20% nella formazione del PIL, si colloca fra le economie emergenti. Con una popolazione di oltre 1,1 miliardi di abitanti, è il secondo Paese più popoloso al mondo, dopo la Cina.

E’ uno dei maggiori produttori di riso, frumento, zucchero, latte e carni bovine. A partire dagli anni ’70 è stata attuata la cosiddetta “Rivoluzione Verde”. Grazie a questa sono aumentate le aree irrigue, è stato promosso l’impiego di varietà di riso e frumento ad alta resa, sono stati introdotti fertilizzanti chimici e fitofarmaci, il tutto sostenuto da un sistema di aiuti governativi al settore agricolo.

Un grosso freno al processo di ammodernamento dell’agricoltura indiana è dato dall’eccessiva frammentazione della struttura produttiva. La dimensione azien-dale media ammonta a soli 1,3 ha e continua a diminuire. Questa polverizzazione aziendale, oltre a rallentare l’impiego e la diffusione di tecniche di coltivazione più moderne, rende molto difficile la coordinazione delle scelte di produzione. Malgrado ciò l’India è divenuta un Paese esportatore netto di carni bovine, con tassi di autosufficienza che superano il 140%, ed esportazioni che rappresentano una quota del 7-8% del mercato mondiale.

Per le principali colture arabili, invece, l’equilibrio del bilancio di approvvigio-namento è instabile. La posizione di importatore o esportatore netto di cereali e zucchero muta quasi ogni anno.

Per lo zucchero di canna i livelli di autosufficienza sono oscillati fra un minimo del 73% nel 2005 e un massimo del 137% nel 2007.

Nel settore del riso, con una produzione fra i 70 e i 100 milioni di tonnellate, l’India è un esportatore netto, con tassi di autosufficienza sempre superiori al 150%. Il bilancio di approvvigionamento del frumento resta invece instabile, con un tasso di autosufficienza tra il 95% ed il 107%.

L’instabilità dei bilanci di approvvigionamento indiani è dovuta a più fattori: andamento stagionale; sistema agricolo eccessivamente polverizzato; politiche di intervento non armoniche; sistema di sussidi per il sostentamento alimentare, in un Paese dove molte persone vivono in condizioni di assoluta povertà.

Tutto ciò si traduce nell’elevata volatilità dei mercati.

La Cina si colloca fra le economie emergenti. La maggior parte della popola-zione (58%) è impiegata nell’agricoltura, che contribuisce al 13% del PIL. E’ il Paese più popoloso al mondo (1,3 miliardi di abitanti), nonostante gli sforzi del governo per il controllo delle nascite. Riso, frumento, mais e carne suina sono le produzioni caratteristiche cinesi. L’elevata produttività del sistema agricolo

cinese è dovuta a tecniche di coltivazione intensiva di manodopera, fertilizzanti, acqua.

La ridotta disponibilità di terre coltivabili in rapporto alla popolazione, rende il problema dell’approvvigionamento alimentare cinese particolarmente critico. L’incredibile sviluppo industriale, commerciale e urbanistico del Paese ha aumentato ancor di più la pressione sul settore agricolo, sottraendo terreni e risorse idriche, spingendo ad intensificare ulteriormente le tecniche produttive, peggiorando la qualità dell’ambiente.

L’elevata produttività cinese è riuscita a mantenere la soglia dell’autosufficienza per i principali prodotti (riso, mais, frumento). L’aumento del reddito ha modificato i gusti e la dieta dei cinesi. La crescita dei consumi di carne turba l’equilibrio del sistema agroalimentare cinese, con ripercussioni negative sulla bilancia commerciale.

La Cina è il maggior produttore mondiale di riso, e con un tasso di autosuffi-cienza che si aggira attorno al 140%, si conferma un esportatore netto di questo prodotto. Il bilancio di approvvigionamento del frumento è decisamente più instabile, alternandosi fra la posizione di esportatore e importatore netto. Per sei anni consecutivi (2001-2006) la Cina non ha raggiunto l’autosufficienza. Anche per la carne di maiale, la Cina è il maggior produttore, oltre che consu-matore. La produzione è riuscita a stare al passo con la crescita della domanda, perciò il tasso di autosufficienza è soddisfacente. Lo sviluppo dell’allevamento suino, bovino e del settore zootecnico in generale, ha pesanti risvolti sui bilanci di approvvigionamento dei cereali foraggieri (mais e soia).

Se per il mais la situazione non è ancora a livelli critici, l’equilibrio del bilancio di approvvigionamento della soia è stato sconvolto. Il volume delle importa-zioni di soia è decuplicato negli ultimi dieci anni (da 3,8 a 38 milioni di tonnel-late), e il tasso di autosufficienza è sceso dal 78% al 28%.

Oltre ai fattori di cambiamento operanti su scala mondiale, occorre ricordare che l’ingresso della Cina nell’OMC (2001), e la conseguente maggiore apertura del mercato cinese verso i Paesi esportatori di commodities agricole, ha dato il via ad una serie di riforme governative incentrate su una rigida programmazione della produzione e della distribuzione.

Il programma di riforestazione delle aree agricole a maggior rischio ambientale e quello per lo sviluppo dell’industria dei biocarburanti, hanno ridotto ulterior-mente le terre disponibili per la produzione alimentare.

Definire il ruolo della Cina nel sistema agroalimentare mondiale non appare facile. L’evolversi del consumo alimentare e del potenziale produttivo indicano come l’enorme fabbisogno alimentare cinese, qualsiasi sia lo sviluppo del Paese, produrrà effetti diretti sui mercati agricoli mondiali.

Nel documento PRODOTTI AGRICOLI MERCATI GLOBALI (pagine 45-51)