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L’acqua come «risorsa naturale condivisa» e le pretese degli individui: il ruolo dei «bisogn

La graduale affermazione dell’acqua quale «risorsa naturale condivisa», nei termini evidenziati nelle pagine precedenti, non si spingeva fino alla tutela degli individui in quanto tali, limitandosi a regolare i rapporti tra gli Stati, secondo i canoni classici del diritto internazionale. Quest’ultimo, come noto, pone l’accento sugli interessi governativi e presenta diverse incertezze sul riconoscimento della soggettività

76 Tra tutti si vedano, ad esempio: l’art. 3 della Carta dei diritti e doveri economici degli Stati,

secondo il quale nello sfruttamento delle risorse naturali divise tra due o più Stati, ciascuno deve cooperare sulla base di un sistema di informazione e consultazione; il principio 1 del Progetto di principi

di condotta nel campo ambientale per la guida degli Stati nella conservazione e armoniosa utilizzazione delle risorse naturali condivise tra due o più stati, approvato a Nairobi il 19 maggio 1978 dal Gruppo

Intergovernativo di esperti di risorse naturali condivise, il quale stabilisce che «In conseguenza e

d’accordo con la nozione di equa utilizzazione delle risorse, è necessario che gli Stati collaborino al fine di controllare, prevenire, ridurre o eliminare gli effetti ambientali pregiudizievoli che possano derivare dalla utilizzazione di tali risorse. Questa cooperazione dovrà avvenire di pari passo tra i vari Stati e tenendo presenti la sovranità, i diritti e gli interessi degli Stati interessati».

77 Sul punto si veda CIG, Projet Gabcikovo-Nagymaros (Hongrie c. Slovaquie), cit., § 147. 78 Cfr. UN, Convention on the Law of Non-Navigational Uses of International Watercourses,

cit., art. 9.

79 Ibid., art. 12.

80 Ibid., artt. 20, 21 e 25.

81 Cfr. A.TANZI,«La Convenzione di New York sui corsi d'acqua internazionali (The New York

giuridica all’individuo; incertezze evidenziate dal contrasto rilevabile in dottrina sulla questione e dalla mancanza di norme positive in grado d’identificare in modo pacifico i soggetti di diritto e le caratteristiche che essi devono possedere nell’ordinamento internazionale82.

Gli atti che definiscono il diritto internazionale delle acque, nello specifico, elencando i fattori e le circostanze per determinare se uno specifico uso sia «equo e sostenibile», indicano esplicitamente i «bisogni economici e sociali delle popolazioni»83. L’art. 6 della Convenzione di New York del 1997, che contiene l’elenco non esaustivo di tali fattori, non prevede, tuttavia, una gerarchia tra i bisogni economici e quelli delle persone, che sono posti evidentemente sullo stesso piano. Il paragrafo 3 della stessa disposizione, inoltre, sottolinea che per determinare se un uso sia ragionevole e sostenibile, tutti i fattori elencati al secondo paragrafo devono essere esaminati globalmente e non in funzione di uno solo di essi. Alle esigenze vitali delle popolazioni legate all’acqua, in altri termini, non è attribuita una specifica priorità

82 Sulle condizioni necessarie per acquisire la soggettività giuridica nel diritto internazionale, con

specifico riferimento agli individui, i contributi in dottrina sono letteralmente sterminati. Oltre ai principali manuali di diritto internazionale, italiani e stranieri, si vedano:C.A. NORGAARD, The position

of the individual in International Law, Copenaghen, 1962; D.P. O’CONNEL, La personnalité en droit

international, in RGDIP, 1963, pp. 8 ss.; C. DOMINICE, L’émergence de l’individu en droit international

public, in Annales d’études internationales, vol. 16, 1988, pp. 1 ss.; G. COHEN-JONATHAN, L’individu

comme sujet de droit international – Droit international de contrats et droit international des droits de l’homme -, in Mélanges Paul Amselek, Bruxelles, 2005, pp. 223 ss.; M. COSNARD, Rapport introductif, in

SFDI, Le sujet en droit international, Paris, 2005, pp. 13 ss.; A.A. CANÇADO TRINDADE, The

Emancipation of Individual from His Own State: The Historical Recovery of Human Person as Subject of the Law of Nations, in La Corte Interamericana de Derechos Humanos. Un Cuarto de Siglo: 1979-2004,

San José, 2005, pp. 159 ss.; M. FITZMAURICE, Actors and Factors in the Evolution of Treaty Norm (An

Empirical Study), in Austrian Review of International and European law, 1999, pp. 1 ss.; GHERARI- SZUREK (dir.), L'émergence de la société civile internationale: vers la privatisation du droit

international?, Paris, 2003; J. BARBOZA, The international Personality of the Individual, in Studi in onore

di Sperduti, Milano, 1984, pp. 387 ss.; BIN CHENG, Introduction to Subjects of International Law, in M.

BEDJAOUI (dir.), International Law: Achievements and Prospects, Dordrech, 1991, pp. 23 ss.; A. GIOIA,

Soggettività internazionale, in A. CASSESE (dir.), Dizionario di diritto pubblico, vol. VI, Milano, 2006,

pp. 5610 ss.

83 Cfr. UN, Convention on the Law of Non-Navigational Uses of International Watercourses,

rispetto agli altri usi o alle altre pretese legate all’acqua, in linea con quanto stabilito dalle c.d. «Helsinki rules» che affermano il principio secondo il quale non esiste una gerarchia immutabile o astratta sugli usi delle risorse idriche84.

L’assenza di una specifica gerarchia nei possibili usi dell’acqua, inoltre, comporta che uno Stato che intenda realizzare un nuovo progetto di utilizzazione delle proprie risorse idriche, volto anche a soddisfare le esigenze igienico-sanitarie della propria popolazione, possa vedersi opporre legittimamente il divieto di cagionare danni dagli altri Stati interessati alla medesima risorsa. Nella misura in cui il progetto in questione possa produrre interferenze dannose per gli altri Stati, lo Stato che intende realizzare il progetto contestato potrà invocare la norma sull’equa utilizzazione quale base del proprio diritto allo sfruttamento della «risorsa condivisa»; gli altri Stati, tuttavia, potranno invocare divieto di cagionare danni85.

La problematica relazione tra l’uso ragionevole di un corso d’acqua e l’obbligo di non cagionare danni, che abbiamo richiamato nel corso del precedente paragrafo, sembrerebbe non trovare una pacifica soluzione neanche se sono in gioco le esigenze vitali delle popolazioni interessate. In tal senso deporrebbe l’art. 10 della Convenzione di New York del 1997, che al primo paragrafo stabilisce che «en l’absence d’accord ou

de coutume en sens contraire, aucune utilisation d’un cours d’eau international n’a en soi priorité sur d’autres utilisations». Il seguente paragrafo, viceversa, indica che «en cas de conflit entre des utilisations d’un cours d’eau international, le conflit est résolu eu égard aux articles 5 à 7, une attention spéciale étant accordée à la satisfaction des besoins humains essentiels». Sul carattere obbligatorio di quest’ultimo paragrafo,

tuttavia, sono stati avanzati non pochi dubbi in dottrina, considerato che si parla solo di «attenzione speciale» e il paragrafo che lo precede stabilisce esplicitamente che non vi è una priorità tra gli usi possibili dell’acqua, dando luogo così a un’apparente contraddizione che non sembra possa essere risolta nei termini di una presunta deroga speciale alla regola generale86. Si sarebbe ben lontani, in altri termini, dall’affermazione

84 Sul punto si veda la bibliografia e i riferimenti citati alla nota 30 del presente capitolo.

85 Sulla questione si veda, ad esempio: M.ARCARI,«Il progetto della Commissione di diritto

internazionale sul regime giuridico delle utilizzazioni dei corsi d’acqua internazionali», cit., p. 298.

86 Cfr. S.PAQUEROT, Eau douce. La nécessaire refondation du droit international, Saint-Foy,

di un diritto permanente e non negoziabile in campo agli individui e alle popolazioni tale da derogare alla regola generale dell’assenza di una gerarchia tra gli usi possibili dell’acqua.

La questione dei «bisogni umani essenziali» è stata oggetto di una precisazione durante la fase di elaborazione della Convenzione di New York del 1997 da parte del gruppo di lavoro plenario, che con riferimento al futuro art. 10 ha indicato che

«En ce qui concerne les besoins humains essentiels, une attention spécial doit être accordée à la fourniture d’une eau suffisante pour maintenir la vie humaine, qu’il s’agisse de l’eau potable ou de l’eau à réserver aux productions vivrières destinées à empêcher toute famine»87

Un ordine di priorità è, dunque, riconosciuto ai bisogni immediati degli esseri umani rispetto alle altre forme possibili di uso dell’acqua. Tuttavia, si parla di «bisogni» e non di diritti, e il gruppo di lavoro plenario che ha elaborato la precisazione in commento non ha fornito nessuna spiegazione all’apparente contraddizione tra i due paragrafi dell’art. 10.

Nel caso in cui le risorse idriche condivise tra più Stati non siano sufficienti a soddisfare i bisogni essenziali delle popolazioni interessate, come suggerito da parte della dottrina, dovrebbe farsi ricorso al principio della «proporzione equa»88. Dall’analisi dei dibattiti in seno alla Commissione di diritto internazionale, infatti, sembra che uno Stato non possa negare a un altro Stato l’acqua necessaria alla sopravvivenza della propria popolazione con la giustificazione di averne bisogno per assicurare il proprio sviluppo economico89.

Secondo parte della dottrina, sarebbe rilevabile l’emersione di un vero e proprio principio generale che attribuisce una priorità ai bisogni umani essenziali 90 ; quest’ultima, tuttavia, non è stata accompagnata dall’emersione di un relativo obbligo di protezione o dal riconoscimento per gli individui di un diritto, opponibile agli Stati

87 Cfr. UNGA (United Nations General Assembly), doc A/51/869, 11 aprile 1997, p. 5. 88 Cfr. F.DUHAUTOY, L’accès à l’eau, droit de l’homme ou loi du marché ?, cit., p. 411.

89 In tal senso si veda S.MC CAFFREY, «The Human Right to Water: Domestic and International

Implications», in, Georgetown International Environmental Law Rewiew, 1992 (1), p. 24.

90 Cfr. J. SOHNLE, Le droit international des ressources en eau douce : solidarité contre

rivieraschi, di accesso alle risorse idriche condivise. Solo nei casi in cui uno Stato rivierasco rivendichi lo sfruttamento di determinate risorse idriche per soddisfare le esigenze della propria popolazione, alla luce di considerazione che non discendono da un preciso obbligo a suo carico o da un diritto espressamente riconosciuto alle popolazioni, che il principio in commento assume valore.

L’assenza del riconoscimento dell’accesso all’acqua come diritto dell’uomo o di un’eventuale chiara priorità dell’uso a fini domestici, in conclusione, rimane uno degli aspetti che ha suscitato maggiori preoccupazioni; secondo parte della dottrina, infatti, tali aspetti del diritto internazionale delle acque sono idonei a entrare in conflitto con l’emersione del diritto all’acqua, che analizzeremo nei capitoli successivi, fornendo delle basi legali agli Stati che vogliono sostenere la priorità di determinati usi (industriali, agricoli, commerciali ecc.) rispetto a quelli strettamente legati ai bisogni umani essenziali91.

91 Cfr. C.GOLAY, La place des besoins humains essentiels dans la Convention des Nations Unies

sue le droit relatif aux utilisations des cours d’eau internationaux à des fins autres que la navigation,

Capitolo II

L’ACQUA COME RISORSA ECONOMICA

SOMMARIO:– 1. Il valore economico dell’acqua e la sua qualificazione come «merce». – 2. L’applicabilità delle regole del GATT e le possibilità di deroga. – 3. L’acqua come servizio all’interno del GATS. – 4. L’applicabilità delle regole del GATS ai servizi idrici. – 5. I servizi idrici e la protezione degli investimenti. – 6. Segue: il diritto all’acqua nel diritto internazionale degli investimenti.

1. Il valore economico dell’acqua e la sua qualificazione come «merce»

L’acqua, oltre a essere un elemento del territorio sottoposto alla sovranità dello Stato, si presenta come una risorsa economica, il cui valore è ormai un dato innegabile che s’impone con evidenza nei momenti di scarsità.

La Conferenza dell’ONU sull’acqua svoltasi a Mar de la Plata nel 1977 ha rilevato l’emersione della c.d. idro-economia, intesa come branca dell’economia che si occupa specificamente dei problemi relativi all’acqua, soffermandosi sulle principali componenti della gestione dell’acqua1. La Dichiarazione di Dublino sull’acqua e lo

1 Cfr. Plan d’action de la Conférence de Mar del Plata, Conférence des Nations Unies sur l’eau,

14 au 24 mars 1977, Doc. NU E/CONF.70/29. Il Mar del Plata Action Plan, in particolare, contiene una

specifica relazione sulla nascita della c.d. idro-economia nella prima parte, dedicata alle principali componenti della gestione dell’acqua. Sul punto si veda P. ROGERS, Preparing for the future.

Hydroeconomics: Getting water into national economic planning. Proceedings of Mar del Plata 20 years anniversary seminar, Stockholm, 1997. Dello stesso autore, in collaborazione con R.SILVA eR.BHATIA,

sviluppo sostenibile del 1992, che costituisce l’atto finale della seconda conferenza dell’ONU sull’acqua in ordine di tempo, ha confermato il principio secondo il quale l’acqua ha un valore economico in tutti i suoi usi concorrenti e deve essere riconosciuta come bene economico, affermando nello specifico che

«La valeur économique de l'eau a été longtemps méconnue, ce qui a conduit à gaspiller la ressource et à l'exploiter au mépris de l'environnement. Considérer l'eau comme un bien économique et la gérer en conséquence, c'est ouvrir la voie à une utilisation efficace et à une répartition équitable de cette ressource, à sa préservation et à sa protection»2

Il riconoscimento del valore economico dell’acqua è giustificato alla luce della lotta agli sprechi e ai danni ambientali che uno sfruttamento incontrollato delle risorse naturali può comportare. In una prospettiva del tutto simile si pone anche l’Agenda 21, il programma di azione che accompagna il rapporto della Conferenza delle Nazioni Unite sull’ambiente e lo sviluppo di Rio del 3-14 giugno 19923; tale programma d’azione, che dedica un intero capitolo alle questioni idriche4, afferma la necessità di riconoscere il carattere multidimensionale dell’acqua, sostenendo che

«The multisectoral nature of water resources development in the context of socio-economic development must be recognized, as well as the multi-interest utilization of water resources for water supply and sanitation, agriculture, industry, urban development, hydropower generation, inland fisheries, transportation, recreation, low and flat lands management and other activities»5.

L’Agenda 21, inoltre, si fa portatrice di un approccio economico della questione idrica nella misura in cui pome come obiettivo quello di «soddisfare i bisogni idrici di

Water Policy, 2002 (4), pp. 1-17.

2 Cfr. Principio 4 della Dichiarazione di Dublino, Conferenza internazionale sull’acqua e lo

sviluppo sostenibile, 26-31 gennaio 1992, in Environmental Policy and Law, 1992, pp. 54-55.

3 Cfr. Agenda 21, programma d’azione che accompagna il rapporto della Conferenza delle

Nazioni Unite sull’ambiente e lo sviluppo di Rio, 3-14 giugno 1992, Doc. NU A/CONF.151/26/Rev. 1.

4 Si tratta del capitolo 18, intitolato «Protection of the quality and supply of freshwater

resources: application of integrated approaches to the development, management and use of water resources».

tutti gli Stati per il loro sviluppo sostenibile»6, prevedendo allo stesso tempo che «i consumatori dovranno pagare un giusto prezzo»7. Ciò implicherebbe, come sostenuto dalla Banca mondiale 8 , l’applicabilità delle regole di diritto internazionale dell’economica, che è già ampiamente rilevabile nella prassi ed è legata all’ormai diffusa qualificazione dell’acqua come merce o servizio9.

La qualificazione di un bene come “merce”, come noto, è determinata dal grado d’intervento umano e dall’attribuzione di un prezzo. In tal senso, l’acqua in bottiglia può essere qualificata come merce nella misura in cui il processo di pompaggio, lavorazione e imballaggio la trasformi in un prodotto per il quale i consumatori sono disposti a pagare un prezzo. La Convenzione internazionale che ha istituito il sistema armonizzato di designazione e codificazione delle merci, stipulata a Bruxelles il 14 giugno 1983, con il suo protocollo di emendamento del 24 giugno 1986, ha incluso forme specifiche di acqua tra le merci sottoposte alle regole dell’Accordo generale sulle tariffe doganali e il commercio (GATT)10.

6 Ibid., chap. 18, § 7.

7 Ibid., chap. 18, § 8. Il riferimento esplicito al «prezzo», in realtà, si trova nella sola versione

francese del testo, dove si legge che «les utilisateurs devraient payer un juste prix». Nel testo inglese, viceversa, si legge «water users should be charged appropriately».

8 Cfr. Principio 4 della Dichiarazione di Dublino, Conferenza internazionale sull’acqua e lo

sviluppo sostenibile, 26-31 gennaio 1992, in Environmental Policy and Law, 1992, pp. 54-55. In senso del tutto identico si vedano anche: Agenda 21, programma d’azione che accompagna il rapporto della Conferenza delle Nazioni Unite sull’ambiente e lo sviluppo di Rio, 3-14 giugno 1992, Doc. NU A/CONF.151/26/Rev. 1; Banca mondiale, Water resources Management, n° 12335, 1993, p. 27; Banca mondiale, Water Resources Sector Strategy, Strategy Directions for World Bank Engagement, n° 28114, 2004, p. 9.

9 Sull’applicazione delle regole del diritto internazionale dell’economia alle risorse idriche nella

prassi internazionale si veda, ad esempio, P.MAYER, «Les arbitrages CIRDI en matière d’eu», in L’eau

en droit international, Colloque d’Orléans organisée par du 7 au 9 juin 2010 (SFDI), Paris, 2011, pp.

163-183.

10 Il sistema armonizzato mondiale di designazione e di codificazione delle merci, elaborato

dall’Organizzazione mondiale delle dogane e approvato a nome della Comunità economica europea con la decisione del Consiglio 7 aprile 1987, 87/369/CEE (cfr. GU L 198, pag. 1), prevede al capitolo 22, intitolato «Bevande, liquidi alcolici ed aceti», la voce «acque, comprese acque minerali, naturali o artificiali e le acque gassificate, senza aggiunta di zuccheri o di altri edulcoranti né aromatizzate; ghiaccio e neve».

L’inclusione dell’acqua nella classificazione dei prodotti dell’Organizzazione mondiale del commercio (OMC), tuttavia, non significa che essa sia sic et simpliciter una merce11 ma, come ampiamente rilevato in dottrina, fornisce semplicemente i criteri per determinare quando gli Stati debbano considerala come tale nei loro scambi12.

La questione si presenta notevolmente più complessa nel caso in cui lo “scambio” avvenga attraverso la “deviazione” delle acque per mezzo di canali o di altra opera d’ingegneria idrica. In queste ipotesi la dottrina ha indicato il «grado d’intervento umano» come criterio per determinare se si applichino le regole del diritto dell’OMC o esclusivamente quelle relative al diritto internazionale delle acque interne13. In tal senso l’acqua non rientra nel campo di applicazione del diritto internazionale del commercio se rimane al suo stadio naturale e non è oggetto di qualche trasformazione umana14.

11 Sul valore dell’inserimento dell’acqua nella classificazione dei prodotti dell’Organizzazione

mondiale del commercio (OMC) è particolarmente interessante la posizione del governo canadese, secondo il quale «la lista tariffaria non definisce ciò che è un bene, ma fornisce semplicemente un organigramma che deve servire alle negoziazioni tariffarie e all’amministrazione doganale. In altri termini, essa non ci dice se l’acqua è un bene ne quando essa lo divenga; essa ci indica che quando l’acqua è qualificata come bene, essa entra in una specifica posizione tariffaria» (Cfr. Bout du papier sur

les prélèvements massifs d’eau et considérations relatives au commerce international, 16 novembre 1999,

citato da M. TIGNINO, D. YARED, «La commercialisation et la privatisation de l’eau dans le cadre de

l’organisation mondiale du commerce», in Revue québécoise de droit international, 2006 (2), p. 171, traduzione italiana dell’autore).

12 In tal senso si vedano, ad esempio: M.COSSY, «Le statut de l’eau en droit international

économique. Principaux aspect au regard des règles de l’Organisation mondiale du commerce», in L. BOISSON DE CHAZOURES,S. SALMAN, Les ressources en eau et le droit international, Leiden/Boston,

2005, pp. 174 ss.; M. TIGNINO, D.YARED, «La commercialisation et la privatisation de l’eau dans le cadre

de l’organisation mondiale du commerce», cit., pp 170 ss.; E.J.DE HAAN, «Balancing Free Trade in

Water and the Protection of Water Resources in GATT», in E.BRANS,A.NOLLKAEMPER,J.RINXEMA,

The Scarcity of Water: Emerging Legal and Political Responses, La Haye, 1997, pp. 248 ss; E.BROWN

WEISS, «Water Transfers and International Trade Law», in E. BROWN WEISS, L. BOISSON DE

CHAZOURNES,N.BERNASCONI-OSTERWALDER, Fresh Water and International Economic Law, Oxford, 2005, pp. 66 ss.

13 Cfr. M.COSSY, «Le statut de l’eau en droit international économique. Principaux aspect au

regard des règles de l’Organisation mondiale du commerce», in L.BOISSON DE CHAZOURES,S.SALMAN,

Les ressources en eau et le droit international, cit., pp. 175 ss.

14 Cfr. M.CUQ, L’eau en droit international. Convergences et divergences dans les approches

Il criterio appena citato, tuttavia, presta il fianco a interpretazioni tra loro contrastanti, poiché il trasferimento di acqua mediate opere d’ingegneria idraulica comporta comunque un intervento umano elevato. Il criterio in questione, inoltre, si presenta come inidoneo rispetto a una realtà in cui le due branche di diritto internazionale prima citate, il diritto del commercio internazionale e quello delle acque interne, si confondono e s’intrecciano inevitabilmente. Negli ultimi decenni, infatti, i trasferimenti di risorse idriche si sono spesso realizzati nel quadro di accordi statali, ma mediante contratti internazionali che coinvolgono talune compagnie private che, a loro volta, richiedono il pagamento di un “prezzo” per il “prodotto” fornito.

Gli esempi “classici” delle situazioni appena evidenziate sono, in primo luogo, il Trattato concluso nel 1986 tra il Lesotho e l’Africa del sud sul c.d. progetto Lesotho