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La nozione di pubblico et la citizenship of contribution

La démocratie de proximité descritta nel paragrafo precedente, che muove dal principio di sussidiarietà e di differenziazione, non corrisponde al semplice spostamento dei centri decisionali dallo Stato centrale verso i livelli giuridici territoriali locali e regionali; essa implica, in modo molto più articolato, forme di coinvolgimento del pubblico che vanno ben al di là del semplice livello locale e delle tradizionali autorità che la rappresentano.

Il «pubblico» è da intendersi, innanzitutto, in senso ampio e può avere come protagonisti i singoli utenti/consumatori cosi come le espressioni più strutturate dell’associazionismo. Le linee guida elaborate nell’ambito della Common

Implementation Strategy a supporto dell’attuazione della DQA, nello specifico,

suggeriscono la definizione di «pubblico» data dalla direttiva 2001/42/CE sulla valutazione degli effetti di determinati piani e programmi sull’ambiente, nota come direttiva VAS (Valutazione ambientale strategica)39. Secondo tale direttiva, per pubblico deve intendersi «una o più persone fisiche o giuridiche, secondo la normativa o la prassi nazionale, e le loro associazioni, organizzazioni o gruppi»40. Si tratta della stessa nozione di pubblico fornita dalla Convenzione di Aarhus, all’art. 2, § 4.

La DQA fa riferimento, inoltre, alle «parti interessate», ossia ai portatori d’interesse o stakeholders. Le linee guida elaborate nell’ambito della Common

Implementation Strategy, a riguardo, indicano come «parti interessate, qualsiasi

democratica», in RTDP, 2015 (4), pp. 1173. Sulla nozione di «conflitti di prossimità», invece, si vedano: G. SENECAL, «Conflits de proximité et coopération, une géographie des acteurs et des interactions sociales», in Cahier du géographie, 2005, pp. 138 ss.; e P.MELE, Conflits de proximité et dynamiques

urbaines, Rennes, 2013.

39 Cfr. Direttiva 2001/42/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, 27 giugno 2001,

concernente la valutazione degli effetti di determinati piani e programmi sull’ambiente, in GU L 197, pp.

30–37.

persona, gruppo o organizzazione con un interesse in una tematica, sia perché ne subisce gli effetti sia perché in grado di avere una qualche influenza sugli esiti. Con “parti interessate” si definiscono, inoltre, coloro che ancora non sono consapevoli del fatto che subiranno gli effetti di una tematica, ovvero la maggior parte dei singoli cittadini e molte società o ONG di piccole dimensioni»41.

La nozione di «parti interessate» tende a coincidere, dunque, con quella di «pubblico interessato» fissata dalla Convenzione di Aarhus, all’art. 2, § 5, secondo il quale il pubblico interessato è «il pubblico che subisce o può subire gli effetti dei processi decisionali in materia ambientale o che ha un interesse da far valere al riguardo; ai fini della presente definizione si considerano titolari di tali interessi le organizzazioni non governative che promuovono la tutela dell’ambiente e che soddisfano i requisiti prescritti dal diritto nazionale».

La nozione di pubblico ai sensi della DQA si presenta, dunque, notevolmente ampia e, ad opinione di chi scrive, non potrebbe essere altrimenti alla luce delle ragioni e delle finalità alla base della partecipazione del pubblico, vale a dire il social learning e la «water awareness». Se, così come evidenziato nelle pagine iniziali del presente capitolo, «l’informazione, la consultazione e la partecipazione dell’opinione pubblica, compresi gli utenti», è finalizzata a «consentire di riconoscere anticipatamente potenziali problemi, contribuendo così ad alleviarne tempestivamente le ripercussioni a costi inferiori», il numero e la tipologia dei soggetti coinvolti e interessati deve essere il più ampio possibile.

Le linee guida elaborate nell’ambito della Common Implementation Strategy prevedono la possibilità di operare una selezione, per ragioni pratiche e per l’impossibilità di coinvolgere attivamente tutte le parti che hanno un potenziale interesse in ogni problematica42. Le componenti del pubblico interessate dalla DQA

41 Cfr. WWF Italia, La partecipazione pubblica nel governo delle acque. Traduzione delle linee

guida sulla partecipazione pubblica in relazione alla Direttiva 2000/60/CE, cit., p. 20.

42 Ibid., p. 23. Le line guida, in particolare, indicano alcuni fattori su cui basare una tale

selezione, quali: relazione delle parti interessate con le questioni di gestione delle acque prese in esame; scala e contesto della loro partecipazione e rappresentazione; coinvolgimento, siano essi amministratori, utenti, vittime o parti interessate; esperti ed esecutori di misure; capacità di partecipazione; contesto politico, sociale e ambientale. L’Allegato I delle linea guida in commento, inoltre, illustrano una metodologia per la selezione delle parti interessate attraverso la cosiddetta analisi degli attori sociali.

rimangono, tuttavia, numerose e comprendono, in linea di principio: organizzazioni del settore pubblico e privato, gruppi volontari di professionisti e ONG professionali (tra le quali rientrano gli enti di diritto pubblico, i gruppi che si occupano di conservazione, quelli dei settori economico, industriale e assicurativo e le istituzioni accademiche); autorità, amministratori eletti, dipartimenti governativi, enti di diritto pubblico, municipalità e autorità locali; gruppi locali, enti organizzati non professionali che operano a livello locale43. Queste ultime sono suddivise in: comunità incentrate sul luogo (associazioni che fanno perno sul territorio e includono gruppi di residenti e consigli locali); comunità incentrate sull’interesse, come ad esempio associazioni di coltivatori o pescatori; singoli cittadini, agricoltori e società che rappresentano se stessi e hanno un interesse evidente come, ad esempio, i principali proprietari terrieri o i singoli residenti locali44.

Da quanto appena evidenziato si rileva una spiccata valorizzazione del ruolo dell’associazionismo, che confermerebbe la tendenza diffusa in molti paesi europei a orientare la partecipazione civica nella gestione dell’acqua e dei servizi idrici verso organizzazioni con capacità professionali specifiche, la maggior parte delle quali dotate di veste non lucrativa45. La Corte di giustizia UE, a riguardo, ha riconosciuto, in termini generali, il ruolo importante e strategico di tali organizzazioni nel controllo del rispetto del diritto dell’UE46.

Con riferimento alla tutela dell’ambiente e delle sue componenti, inoltre, i giudici del Plateau du Kirchberg hanno riconosciuto il diritto di tali organizzazioni ad agire in giudizio, evidenziando come «una ONG ambientale costituisce espressione di interessi collettivi e può beneficiare di un grado di specializzazione tecnica di cui il

43 Ibid., p. 24.

44 Ibid. p. 25.

45 Per un’interessante analisi comparativa del ruolo delle associazioni nella gestione dell’acqua e

dei servizi idrici si veda A.SIMONATI, «Il regime pubblicistico delle acque: profili comparatistici», in G.

SANTUCCI,A.SIMONATI,F.CORTESE (dir.), L’acqua e il diritto, Trento, 2011, pp. 106 ss.

46 Cfr. Ordinanza del TPICE, 14 gennaio 2002, T-84/01, Association contre l’horaire d’été

(ACHE) c. Conseil de l’Union européenne et Parlement européen, in Rac., 2002, II-00099, punto 25 ;

CGCE, 2 febbraio 1988, 67/85, 68/85 e 70/85, Van der Kooy e.a c. Commissione, in Racc., 1998, p. 219, punti 21 à 24.

singolo può non disporre»47. La valorizzazione delle associazioni ambientaliste e di categoria, pur palesando l’intento di tutelare le esigenze degli abitanti delle zone direttamente interessate dall’uso di una specifica risorsa idrica, punterebbe a evitare eccessivi localismi, incentivando l’inquadramento delle problematiche in una prospettiva generale48.

La «democrazia dell’acqua», dunque, esalterebbe la dimensione locale del territorio, inserendosi allo stesso tempo in un processo più complesso che richiederebbe il graduale passaggio da una citizenship of entitlement a una citizenship of

contribution49. Il cittadino sarebbe chiamato a contribuire al processo di adozione delle decisioni, in linea teorica, “direttamente” e non più in via mediata (se non quelle privilegiate delle associazioni) in quello che abbiamo definito come social learning; allo

47 Cfr. Conclusioni dell’Avvocato generale Sharpston, 16 dicembre 2010, C-115/09, Trianel

Kohlekraftwerk Lünen, in Racc., 2010, p. I-3676, punto 51; CGCE, 15 ottobre 2009, C-263/08, Djurgården-Lilla, in Racc., 2009, p. I-09967, punti 59-65.

48 Cfr. A.SIMONATI, «Il regime pubblicistico delle acque: profili comparatistici», cit., p. 111. 49 Tale processo è stato rilevato principalmente con riferimento alla gestione dei servizi pubblici

e al ruolo richiesto ai cittadini/utenti. Sul punto si vedano, ad esempio: R. PALUMBO, «Una

contestualizzazione del concetto di coproduzione al caso dei servizi pubblici: una rassegna critica della letteratura internazionale», in Azienda pubblica, 2015 (2), pp. 137-161; J. ALFORD, «A public

management road less travelled: clients as coproducers of public services», in Australian Journal of

Public Administration, 1998 (4), pp. 128-137; H.ALVES, «Co-creation and innovation in public services»,

in The Service Industries Journal, 2013 (7-8), pp. 671-682; R.ANDREWS,R.ASHWORTH,K.J.MEIER,

«Representative Bureaucracy and Fire Service Performance», in International Public Management Journal, 2014 (1), pp. 1-24; T.BOVAIRD, «Beyond Engagement and Participation: User and

Community Coproduction of Public Services», in Public Administration Review, 2007 (5), pp. 846-860; T. BOVAIRD, G.C. VAN RYZIN, E. LOEFFLER, S. PARRADO, «Activating Citizens to Participate in Collective Co-Production of Public Services», in Journal of Social Policy, 2015 (1), pp. 1-23; K.DE

WITTE,B.GEYS, «Citizen co-production and efficient public good provision: Theory and evidence from local public libraries», in European Journal of Operational Research, 2013, pp. 592-602; V.PESTOFf,

«Towards A Paradigm Of Democratic Participation: Citizen Participation And Co-Production Of Personal Social Services In Sweden», in Annals of Public and Cooperative Economics, 2009 (2), pp. 197-224; A. ROBERTS,B.GREENHILL,A.TALBOT,M.CUZAK, «Standing up for my human rights: a group’s journey

beyond consultation towards co-production», in British Journal of Learning Disabilities, 2012 (4), pp. 292-301.

stesso tempo è tenuto ad acquisire la c.d. «water awareness», ossia la consapevolezza nella gestione dell’acqua necessaria per raggiungere un equilibrio sostenibile.

Si prevede, in altri termini, un «ruolo proattivo» del pubblico che, come è stato autorevolmente sostenuto in dottrina, dovrebbe condurre a un «nuovo cittadino, protagonista di un disegno, che non vorrebbe essere solo utopico, di “demarchia”»50. Tale «nuovo cittadino» sarebbe capace «di indurre un mutamento delle politiche idriche che … da pubbliche in senso soggettivo si fanno propriamente comunitarie, così da doppiare simmetricamente la parallela emersione della natura di bene comune, e non pubblico in senso tradizionalmente soggettivo delle acque»51.