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Segue: la partecipazione «equa e ragionevole»

La regola della partecipazione «equa e ragionevole» completa l’obbligo di un uso equo e ragionevole delle risorse idriche, sancendo il principio secondo il quale al «diritto di utilizzare un corso d’acqua» consegue anche il «dovere di cooperare alla sua protezione e alla sua valorizzazione». L’art. 5, § 2, della Convenzione di New York del 1997, infatti, stabilisce che

«Les Etats du cours d’eau participent à l’utilisation, à la mise en valeur et à la protection d’un cours d’eau international de manière équitable et raisonnable. Cette participation comporte à la fois le droit d’utiliser le cours d’eau et le devoir de coopérer à sa protection et à sa mise en valeur, comme prévu dans les présents articles».

42 L’articolo 6 della Convenzione di New York del 1997, intitolato Facteurs pertinents pour une

utilisation équitable et raisonnable, stabilisce al paragrafo 1 che «1. L’utilisation de manière équitable et raisonnable d’un cours d’eau international au sens de l’article 5 implique la prise en considération de tous les facteurs et circonstances pertinents, notamment : a) Les facteurs géographiques, hydrographiques, hydrologiques, climatiques, écologiques et autres facteurs de caractère naturel; b) Les besoins économiques et sociaux des Etats du cours d’eau intéressés; c) La population tributaire du cours d’eau dans chaque Etat du cours d’eau; d) Les effets de l’utilisation ou des utilisations du cours d’eau dans un Etat du cours d’eau sur d’autres Etats du cours d’eau; e) Les utilisations actuelles et potentielles du cours d’eau; f) La conservation, la protection, la mise en valeur et l’économie dans l’utilisation des ressources en eau du cours d’eau ainsi que les coûts des mesures prises à cet effet; g) L’existence d’autres options, de valeur comparable, susceptibles de remplacer une utilisation particulière, actuelle ou envisagée». Sulla circostanza che l’equità nell’uso delle risorse idriche non coincida con quella di

uguaglianza in senso stretto vi è un pressoché unanime consenso in dottrina ; in tal senso si veda S. SCHWEBEL, «Troisième rapport sur le droit relatif aux utilisations des cours d'eau internationaux à des

La regola in commento, chiudendo l’art. 5 e la previsione del principio dell’uso equo e ragionevole dell’acqua, ha per scopo principale quello di rafforzare le relazioni e i legami territoriali tra gli Stati interessati alle medesime risorse idriche, al fine di ottimizzarne l’uso con specifico riferimento a tutte le necessarie operazioni di protezione, controllo, regolamentazione e misure volte ad assicurane l’afflusso e a garantirne la qualità.

In tal senso depone la sentenza relativa al noto caso del complesso idroelettrico

Gabcikovo-Nagymaros43, nella quale la Corte internazionale di giustizia ha invitato le parti a pianificare insieme il completamento delle opere, così come la loro gestione, al fine di conciliare le esigenze imposte dal diritto dell’ambiente con quelle inerenti allo sviluppo economico44, affermando che

«le rétablissement du régime conjoint reflètera aussi de façon optimale le concept d’une utilisation conjointe des ressources en eau partagée pour atteindre les différences mentionnées [ ] Conformément au paragraphe 2 de l’article 5 de la Convention sur le droit relatif aux utilisations des cours d’eau internationaux à des fins autres que la navigation»45

La qualificazione dell’acqua come «risorsa naturale condivisa» implica, in altri termini, una gestione e una preservazione comune, poiché il concetto di «risorsa condivisa» comporta che gli interessi degli Stati su un dato corpo idrico siano “interessi comuni”. Questi ultimi, di conseguenza, determinerebbero la configurazione dell’acqua come “proprietà comune”, nel senso di elemento naturale sul quale più Stati possono esercitare la loro sovranità in modo legittimo ed efficace solo “congiuntamente” e, appunto, in modo “comune”.

L’emersione di un regime di proprietà comune di un corpo idrico, capace di

43 Cfr. CIG, Projet Gabcikovo-Nagymaros (Hongrie c. Slovaquie), cit. Si tratta della nota

disputa, citata nelle pagine precedenti poiché confermativa della teoria della sovranità limitata in materia di gestione delle acque, che riguardava la realizzazione di un complesso di dighe, una pressoché ultimata a Gabcikovo in territorio slovacco, l’altra a Nagymaros, in territorio magiaro, non voluta più dal governo ungherese.

44 Ibid., punto 141. 45 Ibid., punto 147.

conciliare i diversi interessi in gioco, si manifesterebbe, innanzitutto, nei casi di realizzazione e gestione di infrastrutture, siti e opere idrauliche necessarie per l’uso, la protezione e la preservazione delle risorse generate da un corpo idrico. Come evidenziato in dottrina,

Under the community of property model, a waterbasin is jointly developed and managed as a unit without regard to international borders and with an agreed sharing of the benefits of, and equitable participation in, such development and management. Although full instantiation of this approach is still rare, there are good reasons for believing that the practice of nations will continue to move more strongly in this direction46.

La Convenzione di New York del 1997, secondo lo stesso autore, si farebbe portatrice del principio della proprietà comune dell’acqua, laddove imporrebbe l’obbligo di «cooperare sulla base dell’uguaglianza, dell’integrità territoriale e della buona fede»47, creando eventualmente meccanismi o commissioni miste48, con particolare riferimento alle opere e alle infrastrutture di gestione e protezione della risorsa idrica condivisa49. La Convenzione in questione contemplerebbe un obbligo di cooperazione che, con tutta evidenza, va ben al di là della semplice spartizione delle risorse idriche; la realizzazione di tale obbligo, tuttavia, implica una cooperazione manageriale attiva e continua che richiede un quadro giuridico formale che, a sua volta, può essere creato solo da un Trattato che stabilisce i compiti e le responsabilità di tutte le parti.

L’interpretazione della partecipazione equa e ragionevole, quale conseguenza dell’esistenza d’interessi comuni su un determinato corpo idrico da inquadrare mediante un accordo convenzionale, è suggerita anche dalla stessa Corte internazionale di giustizia, laddove si fa riferimento all’art. 5, § 2 della Convenzione di New York del 1997 nei seguenti termini:

46 Cfr. J.W.DELLAPENNA, «Treaties & Instruments for Managing Internationally - Shared –

Water Resources : Restricted Sovereignty Vs. Community of Property», in Case Western Reserve Journal

of International Law, 1994 (1), pp. 27-56, e in particolare p. 40.

47 Cfr. UN, Convention on the Law of Non-Navigational Uses of International Watercourses,

cit., art. 8 § 1.

48 Ibid., art. 8 § 2. 49 Ibid., art. 26.

«aux termes de l’article 10 de reconstruction des ouvrages du système d’écluses appartenant en commun aux parties contractantes seraient aussi pris en charge conjointement, à parts égales par celles-ci [ ] Ainsi, le projet devait se présenter comme un projet conjoint intégré dans lequel les deux parties contractantes seraient sur un pied d’égalité en ce qui concerne le financement, la construction et l’exploitation des ouvrages. Son caractère unique et indivisible devrait être concrétisé grâce au plan contractuel conjoint qui complétait le traité50.

La cour rappellera que le système d’écluses de Gabcikovo-Nagymaros est qualifié, au paragraphe 1 de l’article premier du traité de 1977, de système d’ouvrages opérationnel, unique et indivisible»51, conformément aux dispositions des articles 8 et 10 de la Convention de 1977

qui a instauré la propriété commune de tous les ouvrages et sur la base juridique de la propriété commune en tant que principe unitaire coordonné52.

La qualificazione dell’acqua come «risorsa condivisa» e «risorsa comune» comporta che le opere idrauliche necessarie siano condivise e comuni, poiché insistono su un elemento che si presenta, per natura, «unico e indivisibile»; la loro gestione, di conseguenza, non può che essere comune e improntata, alla luce dell’art. 5 considerato nel suo complesso, a un approccio precauzionale volto a garantirne la conservazione a lungo termine delle risorse idriche interessate53.

L’approccio precauzionale che discende dal principio dell’uso equo e ragionevole, con tutta evidenza, va ben al di là dei casi di realizzazione e gestione di infrastrutture idriche, discendendo direttamente dagli obblighi in materia ambientali, codificati dalla stessa Convenzione di New York del 1997, che gli Stati sono tenuti a rispettare «congiuntamente o singolarmente»54. La quarta e quinta parte di tale

50 Cfr. CIG, Projet Gabcikovo-Nagymaros (Hongrie c. Slovaquie), cit., punti 18 e 20. 51 Ibid., punto 28.

52 Ibid., punto 18.

53 In tal senso si veda M. ARCARI, Il regime giuridico delle utilizzazioni dei corsi d’acqua

internazionali, cit., p. 351. In tale sede riteniamo opportuno ricordare che la definizione di uso sostenibile

la troviamo all’articolo 2 della Convenzione sulla diversità biologica tenuta a Rio de Janeiro il 5 giugno 1992 (cfr. Rio Declaration on Environment and Development, June 13, 1992, U.N.Doc.A/CONF.151/Rev. 1, 1992). Sulla porta giuridica di tale nozione si veda, tra tutti, P. SANDS,

International Law in the field of sustainable development: emerging legal Principles in Sustainable Development and International Law, Dorderecht, 1995, pp. 65 ss.

Convenzione, infatti, prevedono l’adozione da parte dello Stato di numerose misure di protezione, preservazione e gestione delle risorse idriche, intese come «risorse naturali condivise» 55 . Tali disposizioni riguardano, rispettivamente, la protezione degli ecosistemi fluviali, la riduzione e controllo dell’inquinamento fluviale, l’introduzione di nuove specie nei corsi d’acqua, la protezione dell’ambiente marino, e sono modellate sugli analoghi articoli racchiusi nella Parte XII della Convenzione delle Nazioni Unite sul diritto del mare del 1982, dedicata alla tutela dell’ambiente marino56. Le disposizioni in commento, in particolare, impongono un utilizzo delle risorse idriche che sia ecologicamente sostenibile, che non alteri in maniera irreparabile gli equilibri naturali dei corsi d’acqua e le possibilità di loro futura fruibilità. Nel commento all’art. 20 della Convenzione di New York del 1997, che apre la parte dedicata alla preservazione e alla protezione dell’acqua, si può leggere che «together, protection and

preservation of aquatic ecosystems help to ensure their continue viability as life support systems, thus providing an essential basis for sustainable development»57.

La partecipazione equa e ragionevole implica, dunque, l’adozione di «un approccio protettivo ecosistemico»58 e comprende gli obblighi di protezione dell’acqua,

cit., art. 20.

55 Sul punto si veda, ad esempio: L.CAFLISCH, «La convention du 21 mai 1997 sur l'utilisation

des cours d'eau internationaux à des fins autres que la navigation», cit., pp. 751-798, ed in particolare pp. 786-791. Per un approfondimento sulle obbligazioni degli Stati in materia ambientale con specifico riferimento all’acqua si vedano, oltre ai principali manuali di diritto dell’ambiente italiani e stranieri, ad esempio: D.A.CAPONERA, Les principes du droit e de l’administration des eaux. Droit international e

droit interne, Paris, 2007, (seconda edizione rivista e aggiornata da M. Nanni), pp. 431-437; A.

FARINETTI, La protection juridique des cours d’eau. Contribution à une réflexion sur l’appréhension des

objets complexes, Paris, 2012; J. GUDEFIN, Le statut juridique de l’eau à l’épreuve des exigences

environnementales, Paris, 2015.

56 Il riferimento è agli artt. 192 (obbligo generale), 194 (misure per prevenire e controllare

l’inquinamento dell’ambiente marino), 196 (uso delle tecnologie o introduzione di specie estranee o nuove) e 207 (inquinamento da fonti terrestri) della Convenzione delle Nazioni Unite sul diritto del mare, nota come Convenzione di Montego Bay, aperta alla firma il 10 dicembre 1982 (testo in ILM, 1982, pp. 1261 ss.

57 Cfr. paragrafo 3 del commento all'art. 20 della Convenzione di New York del 1997, in UN

Doc. A/49/1O, 282.

58 La dottrina citata nelle note precedenti sottolinea che una delle novità della Convenzione di

intesa in senso ampio e comprensivo degli ecosistemi che a essa sono legati. L’inerzia e la violazione da parte degli Stati degli obblighi di prevenzione, preservazione e tutela codificati dalla Convenzione di New York del 1997, di conseguenza, sono concepibili anche in assenza di danni significativi a carico degli altri Stati rivieraschi, per il solo fatto, ad esempio, di determinare attraverso attività inquinanti il degrado dell’estuario di un fiume o l’eutrofizzazione di un tratto di mare59.