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Sul “come” il pubblico possa indurre un mutamento delle politiche idriche, tale da trasformarle da «pubbliche in senso soggettivo a propriamente comunitarie», il diritto dell’UE prevede una scala di partecipazione composta da tre distinti livelli: informazione; consultazione; partecipazione attiva52.

L’informazione rappresenta il primo grado di partecipazione del pubblico, in linea a quanto previsto anche dalla Convenzione di Aarhus53. Essa, nello specifico, si

50 In tal senso si veda P.DURET, «Crossing the great divide. Spunti per un approccio sussidiario

alla gestione dell’acqua (ovvero della rondine e della primavera)», cit., p. 32. L’autore fa espresso riferimento alle prospettazioni di F.BENVENUTI, soprattutto lavori come Il nuovo cittadino. Tra libertà

garantita e libertà attiva, Venezia, 1994 e Disegno dell’amministrazione italiana. Linee positive e prospettive, Padova, 1996.

51 E. BOSCOLO, Le politiche idriche nella stagione della scarsità. La risorsa comune tra

demanialità custodiale, pianificazioni e concessioni, Milano, 2012, p. 86.

52Il riferimento a una «scala di partecipazione» è molto diffuso in dottrina e prende spunto dal

modello della «scala della partecipazione», elaborato da Sherry Arnestein negli anni Sessanta del secolo scorso, che definirebbe i tratti di un modello di assunzione delle decisioni di natura incrementale. Sul punto si vedano: S.ARNESTEIN, «A Ladder of Citizen Participation, in Journal of the American Planning

Association, 1969, pp. 216 ss.; B.DAMAGARD,J.M.LEWIS, «Accountability and Citizen Participation», in

M.BOVENS,R.E.GODIN,T.SCHILLEMANS (dir.), The Oxford Handbook of Public Accountability, Oxford,

2014, pp. 263 ss.

53 La Convenzione di Aarhus prevede, a riguardo, tre distinti pilatri fondamentali del

pone come la precondizione essenziale per realizzare la «water awareness» e il c.d.

social learning descritti nei paragrafi precedenti. Le linee guida elaborate nell’ambito

della Common Implementation Strategy, a riguardo, indicano l’informazione come «la base di qualsiasi forma di partecipazione del pubblico»54. La dottrina, da parte sua, ha indicato l’acquisizione e la circolazione adeguata delle informazioni e delle conoscenze come condizioni indispensabili per una corretta consapevolezza dei problemi ambientali, delle modalità di tutela e per l’esercizio da parte della collettività di quel controllo diffuso sull’attività dei pubblici poteri che rappresenta un obiettivo per tutte le moderne democrazie55.

Al fine di realizzare una consapevole informazione del pubblico, con i fini brevemente richiamati, la DQA richiama, innanzitutto, il diritto di accesso «ai documenti di riferimento e alle informazioni in base ai quali è stato elaborato il progetto del piano di gestione del bacino idrografico»56, che come evidenziato nel corso del precedente capitolo, dovrebbe predisporre l’assetto economico complessivo della risorsa in questione e la stima dei costi d’implementazione delle diverse misure che ciascuno Stato è tenuto a programmare per raggiungere un’allocazione efficiente dalla risorsa fra diversi usi concorrenti.

Le disposizioni della DQA si affiancano, dunque, agli obblighi di trasparenza che discendono dalle disposizioni sulla tutela dei consumatori, dilatando la possibilità di accesso alle informazioni all’intero ciclo dell’acqua e all’insieme di atti di programmazione e gestione economica.

prevista dalla Convenzione di Aarhus non coincide, come avremo modo di evidenziare nel testo, con quella prevista dalla direttiva quadro sulle acque. Sulla struttura della partecipazione prevista dalla Convenzione di Aarhus si rinvia alla bibliografia citata alla nota 22.

54 Cfr. WWF Italia, La partecipazione pubblica nel governo delle acque. Traduzione delle linee

guida sulla partecipazione pubblica in relazione alla Direttiva 2000/60/CE, cit., p. 21.

55 In questi termini si vedano, oltre alla bibliografia citata alla nota 22: A. BONOMO,

«Informazione ambientale, amministrazione e principio democratico», in RIDPC, 2009 (6), pp. 1475; E. PELOSI, «Rafforzamento dell’accesso all'informazione ambientale alla luce della Direttiva 2003/4/CE», in

Riv. giur. amb., 2004, pp. 23 ss.. Quest’ultimo autore sottolinea come l’accesso alle informazioni debba

essere configurato come «strumento prioritario ai fini di un'adeguata difesa dell'ambiente e l’informazione come presupposto dell'educazione ambientale»

56 Cfr. Direttiva 2000/60/CE, che istituisce un quadro per l'azione comunitaria in materia di

Congiuntamente alle disposizioni della DQA, inoltre, devono essere considerate anche quelle di portata più generale relative all’informazione in materia ambientale, stabilite dalla direttiva 2003/04/CE sull’accesso del pubblico all’informazione

ambientale. Tale direttiva, che come anticipato ha recepito parte della Convenzione di

Aarhus nell’ordinamento dell’UE e abrogato la precedente direttiva 90/313/CE57, prevede un diritto di accesso ai documenti che potremmo definire come “incondizionato” e “de-soggettivato”. Si tratterebbe di un diritto di accesso “incondizionato” poiché, come noto, le autorità pubbliche sono tenute «a rendere disponibile l’informazione ambientale detenuta da essi o per loro conto a chiunque ne faccia richiesta, senza che il richiedente debba dichiarare il proprio interesse»58. L’irrilevanza della legittimazione ad accedere alle informazioni determina, inoltre, che il diritto all’esibizione sia “de-soggettivizzato”, nel senso che viene a dipendere unicamente dal profilo oggettivo dell’afferenza del documento alla materia e alla politica dell’ambiente, vale a dire alla sua qualificazione di «informazione ambientale». Nozione, quest’ultima, che si presenta notevolmente vasta, ricomprendo tutte le informazioni relative all’ambiente59, anche qualora implichino un’attività elaborativa da

57 Cfr. Direttiva 90/313/CE del Consiglio, 7 giugno 1990, concernente la libertà di accesso

all’informazione in materia ambientale, in GUCE L 58, p. 56-58. Tale direttiva, emanata «allo scopo di

garantire la libertà di accesso alle informazioni relative all’ambiente in possesso di autorità pubbliche e la diffusione delle medesime» (art. 1), muoveva dall’idea che una migliore informazione in materia ambientale si realizza, innanzitutto, attraverso una corretta e libera informazione del cittadino che può così collaborare in maniera consapevole al controllo e alla tutela dei beni ambientali. In tal senso si veda, ad esempio: S.MIRATE, «La tutela dell'ambiente attraverso il libero accesso all’informazione», in Urb.

app., 1998, pp. 1266 ss.

58 Cfr. Direttiva 2003/4/CE, sull’accesso del pubblico all informazione ambientale, cit., art. 3,

§1.

59 L’art. 2 della Direttiva 2003/4/CE fornisce una nozione d’informazione ambientale

notevolmente ampia, stabilendo che «si intende per: 1) "informazione ambientale" qualsiasi informazione disponibile in forma scritta, visiva, sonora, elettronica o in qualunque altra forma materiale concernente: a) lo stato degli elementi dell’ambiente, quali l’aria e l’atmosfera, l’acqua, il suolo, il territorio, il paesaggio e i siti naturali, compresi gli igrotopi, le zone costiere e marine, la diversità biologica e i suoi elementi costitutivi, compresi gli organismi geneticamente modificati, nonché le interazioni tra questi elementi; b) fattori quali le sostanze, l'energia, il rumore, le radiazioni o i rifiuti, compresi quelli radioattivi, le emissioni, gli scarichi e altri rilasci nell'ambiente, che incidono o possono incidere sugli elementi dell'ambiente di cui alla lettera a); c) le misure (comprese quelle amministrative) quali le

parte dell’amministrazione60 o di soggetti aventi natura privatistica61.

politiche, le disposizioni legislative, i piani, i programmi, gli accordi ambientali e le attività che incidono o possono incidere sugli elementi e sui fattori di cui alle lettere a) e b), nonché le misure o attività intese a proteggere i suddetti elementi; d) le relazioni sull'attuazione della legislazione ambientale; e) le analisi costi-benefici ed altre analisi e ipotesi economiche usate nell'ambito delle misure e attività di cui alla lettera c); e f) lo stato della salute e della sicurezza umana, compresa la contaminazione della catena alimentare, ove pertinente, le condizioni della vita umana, i siti e gli edifici di interesse culturale nella misura in cui sono o possono essere influenzati dallo stato degli elementi dell'ambiente di cui alla lettera a) o, attraverso tali elementi, da qualsiasi fattore di cui alle lettere b) e c)».

60 Cfr. CGCE, 17 giugno 1998, 321/96, Wilhelm Mecklenburg c. Kreis Pinneberg − Der

Landrat, in Racc, 1998, p. I-3809, punto 21. In materia va segnalata la tendenza della Corte di giustizia a

garantire il più ampio accesso alle informazioni in materia ambientale; obiettivo che non si realizza solo attraverso un’interpretazione estensiva della nozione d’informazione ambientale, ma che muove da un’interpretazione restrittiva delle cause di esclusione del diritto di accesso previste dalla direttiva UE in commento (art. 4 ). Su quest’ultimo profilo si vedano, ad esempio: CGUE, 14 febbraio 2012, Flachglas

Torgau GmbH c. Bundesrepublik Deutschland, in Racc., 2012, nella quale la Corte si è pronunciata sulla

questione della riservatezza delle deliberazioni delle autorità pubbliche che agiscono nell’esercizio di competenze legislative, precisando le condizioni secondo cui tale riservatezza deve essere prevista dal diritto. Tale profilo meriterebbe sicuramente maggiore spazio, ma attenendo agli aspetti generali dell’accesso alle informazioni in materia ambientale riteniamo opportuno soffermarci maggiormente sul contributo del diritto dell’UE relativo alla gestione delle acque, rinviando sul punto, anche per ragioni di spazio, alle opere di carattere generale. In particolare si vedano: C.SCIANCALEPORE, «I limiti al diritto di accesso all’informazione ambientale tra interpretazione della Corte di giustizia ed ordinamento interno», in Diritto e giurisprudenza agraria, alimentare e dell'ambiente, 2012, pp. 682-691; R.CARANTA, «Il diritto di accesso in materia ambientale secondo il diritto comunitario», in R.FERRARA,P.M.VIPIANA

(dir.), I "nuovi diritti" nello Stato sociale in trasformazione, Padova, 2002, pp. 151 ss.; E. PELOSI,

«Rafforzamento dell’accesso all’informazione ambientale alla luce della direttiva 2003/4/CE», in Riv.

giur. amb., 2004 (1), pp. 23 ss.; C.ALIBERTI, «L’informazione ambientale nell'ordinamento comunitario»,

in G.RECCHIA, Informazione ambientale e diritto di accesso, Padova, 2007, pp. 93 ss.; S.DELIPERI,

«Diritto all’informazione ambientale, un importante strumento per la difesa dell’ambiente», in Riv. giur.

amb., 2007 (3/4), pp. 594 ss.; M.CERUTI, «L’accesso alle informazioni ambientali in tre recenti pronunce dei giudici europei in materia di prodotti fitosanitari, quote di emissioni di gas serra e valutazioni di incidenza ambientale», in Riv. giur. amb., 2011 (3/4), pp. 498 ss.

61 Per quanto riguarda il profilo relativo agli enti destinatari delle istanze di accesso, la direttiva

in commento fornisce una definizione che ricomprende nella nozione di autorità pubblica anche «ogni persona fisica o giuridica svolgente funzioni di pubblica amministrazione ai sensi della legislazione nazionale, compresi incarichi, attività o servizi specifici connessi all'ambiente; e ogni persona fisica o giuridica avente responsabilità o funzioni pubbliche o che fornisca servizi pubblici connessi con

Al diritto di accesso alle informazioni, che dovrebbe essere tendenzialmente gratuito62, tende ad essere affiancato anche l’attiva disseminazione delle stesse. La DQA, così come evidenziato dalle stesse linee guida elaborate nell’ambito della

Common Implementation Strategy, richiede, in verità, solo che sia garantito l’accesso

alle informazioni di riferimento e non la distribuzione attiva delle stesse63. Un obbligo generale d’informazione, tuttavia, è previsto dalle direttive 2003/35/CE 64 e 2003/04/CE65, che come detto nelle pagine precedenti hanno integrato la Convenzione di Aarhus nell’ordinamento giuridico dell’UE. Il Regolamento CE 401/2009 sull’Agenzia europea dell’ambiente e la rete europea d’informazione e di osservazione in materia ambientale, inoltre, attribuisce a tale autorità amministrativa il compito di «assicurare un’ampia diffusione fra i cittadini di informazioni ambientali affidabili e

l'ambiente, sotto il controllo di un organismo o di una persona di cui alla lettera a) o b)» (cfr. art. 2, § 2, lett. b). e c).). Sul punto si veda anche la sentenza CGUE, 19 dicembre 2013, C-279/12, Fish Legal e

Emily Shirley c. Information Commissioner e altri, in Racc., 2013.

62 Ai sensi dell’art. 5 della direttiva 2003/4/CE, «L’accesso a tutti i registri o elenchi pubblici,

istituiti e mantenuti come previsto dall’articolo 3, paragrafo 5, e l’esame in situ dell'informazione richiesta sono gratuiti. 2. Le autorità pubbliche possono applicare una tassa per la fornitura dell'informazione ambientale, ma tale tassa non supera un importo ragionevole. 3. Quando sono applicate tasse, le autorità pubbliche pubblicano e mettono a disposizione dei richiedenti il relativo tariffario nonché informazioni sulle circostanze nelle quali una tassa può essere applicata o meno».

63 Cfr. WWF Italia, La partecipazione pubblica nel governo delle acque. Traduzione delle linee

guida sulla partecipazione pubblica in relazione alla Direttiva 2000/60/CE, cit., p. 21.

64 L’art. 2 della direttiva 2003/35/CE, che prevede la partecipazione del pubblico

nell'elaborazione di taluni piani e programmi in materia ambientale, cit., prevede l’obbligo degli Stati

membri di informare il pubblico attraverso pubblici avvisi o attraverso i mezzi di comunicazione elettronici, se disponibili, di qualsiasi proposta relativa a piani o programmi in materia ambientale e di rendere accessibili le informazioni relative a tali proposte, comprese le modalità partecipative e l’autorità competente cui rivolgere osservazioni e quesiti. La nozione di pubblico destinatario di tali informazioni, in linea a quanto detto nelle precedenti pagine, è omnicomprensiva, e la direttiva prevede inoltre che esso debba essere informato dall’autorità competente, dopo l'esame delle osservazioni e dei pareri presentati, in merito alle decisioni adottate e ai motivi e considerazioni su cui sono basate.

65 L’art. 7 della direttiva 2003/4/CE, sull’accesso del pubblico all informazione ambientale, cit.,

«gli Stati membri adottano le misure necessarie per garantire che le autorità pubbliche strutturino l’informazione ambientale rilevante per le loro funzioni e in loro possesso o detenuta per loro conto ai fini di un’attiva e sistematica diffusione al pubblico, in particolare mediante le tecnologie di telecomunicazione informatica e/o le tecnologie elettroniche».

paragonabili, in particolare sullo stato dell’ambiente, e di incoraggiare l’utilizzazione della nuova tecnologia telematica a tal fine»66; obiettivo che dovrebbe essere attuato in collaborazione sia con la Commissione europea che con gli Stati membri al fine di consentire uno scambio continuo di informazioni in materia ambientale67.

Il diritto dell’UE delinea, dunque, un dovere di diffusione delle informazioni da parte di chi (pubblica amministrazione o privati) interviene sull’ambiente e sulle sue componenti, come l’acqua. Ciò, implica anche il diritto di ricevere il massimo di informazioni e di ottenerle in maniera tempestiva da parte dei soggetti interessati. Sulla base di tale dovere/diritto discenderebbe anche il diritto all’informazione sui rischi ambientali, quale quelli relativi ad esempio alle alluvioni, che in linea di principio fornirebbe la possibilità di agire per il risarcimento dei danni nell’ipotesi di mancata informazione tempestiva68.

L’informazione del pubblico non si presenta, con tutta evidenza, come una novità degli atti relativi alla gestione delle acque. Questi ultimi, tuttavia, contribuiscono ad arricchire il profilo della qualità dell’informazione. Il diritto dell’UE, infatti, non presenta una regolazione generale e organica volta ad assicurare direttamente standard di qualità delle informazioni diffuse o utilizzate da amministrazioni pubbliche; viceversa, si ricavano di requisiti di qualità delle informazioni in una pluralità di

66 Cfr. Regolamento (CE) n. 401/2009 del Parlamento europeo e del Consiglio, 23 aprile 2009,

sull’Agenzia europea dell’ambiente e la rete europea d’informazione e di osservazione in materia ambientale, in GU L 126, pp. 13-22, art. 2, lett. m).

67 Ibid., art. 2, lett. a). Per un’introduzione sull’uso della tecnologia telematica e sull’istaurazione

del c.d. e-government anche in materia ambientale si veda, ad esempio: M.BOMBARDELLI, «Informatica

pubblica, e-government e sviluppo sostenibile», in RIDPC, 2002 (5), pp. 991 ss.

68 Come evidenziato in dottrina, infatti, gli obblighi informativi sono espressione anche del

principio di prevenzione, poiché consentono l’adozione di misure preventive in caso di disastri ambientali (cfr. M.RENNA, «Ambiente e territorio nell’ordinamento europeo», in RIDPC, 2009, pp. 649). L’autore

non manca, inoltre, di far riferimento alle note pronunce della Corte europea per i diritti dell'uomo che ha condannato le autorità italiane a corrispondere un risarcimento a favore di quaranta residenti della provincia di Manfredonia, in quanto non avevano provveduto ad informare il pubblico dei rischi derivanti dalle emissioni inquinanti provocate dallo stabilimento Enichem sito in prossimità delle loro abitazioni (cfr. Corte EDU, 19 febbraio 1998, Guerra e altri c. Repubblica Italiana, n. 116/1996/735/932).

disposizioni di tipo settoriale69. In materia ambientale, ad esempio, la direttiva 2003/4/CE, oltre a porre alcuni standard di qualità delle informazioni attraverso la diffusione di dati sulle metodologie utilizzate70, declina la qualità dell’informazione ambientale come necessità di aggiornamento, precisione e confrontabilità71. In tal senso, la DQA realizza tali standard prevedendo, ancor prima dell’adozione della direttiva 2003/4/CE, obblighi di pubblicazioni, secondo calendari e criteri ben precisi, delle relazioni e dei piani di bacino previsti nel corso dell’attività di gestione delle risorse idriche72.