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Servizi idrici, social learning e water awareness

partecipazione del pubblico in materia ambientale: la «democrazia dell’acqua». – 3. La nozione di pubblico e la citizenship of contribution. – 4. L’informazione del pubblico. – 5. La partecipazione del pubblico nella pianificazione di bacino. – 6. La partecipazione del pubblico nella cooperazione transfrontaliera.

1. Servizi idrici, social learning e water awareness

Il diritto dell’UE ha individuato tra le condizioni necessarie all’efficiente gestione dell’acqua e dei servizi idrici a essa legati «l’informazione, la consultazione e la partecipazione dell’opinione pubblica, compresi gli utenti»1. La Commissione UE, nello specifico, ha ricollegato il coinvolgimento di utenti, gestori dei servizi, associazioni ambientali, ecc., a considerazioni, innanzitutto, di carattere strettamente economico; come si può leggere dal testo della proposta di direttiva quadro sulle acque (DQA) della Commissione UE, un adeguato coinvolgimento del pubblico interessato, le cui componenti saranno precisate nelle pagine successive, «dovrebbe consentire di riconoscere anticipatamente potenziali problemi, contribuendo così ad alleviarne tempestivamente le ripercussioni a costi inferiori e si potrebbe garantire una

1 Cfr. Direttiva 2000/60/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, 23 ottobre 2000, che

distribuzione più accorta delle risorse idriche scarse. Le eventuali pressioni derivanti dalla partecipazione dell’opinione pubblica e dalla maggiore trasparenza potrebbero infine tradursi in una produttività più elevata del settore idrico, con una riduzione dei costi dei servizi»2.

Le considerazioni economiche s’intrecciano in modo inestricabile con quelle di carattere squisitamente “politico”, poiché la partecipazione di soggetti pubblici e privati alla gestione delle risorse idriche è allo stesso tempo indicata come l’approccio «proattivo che può portare a decisioni ottimali, che sono più accettabili e meglio attuate direttamente»3.

«L’informazione, la consultazione e la partecipazione dell’opinione pubblica, compresi gli utenti», sarebbero indicati, in primo luogo, come rimedi alla debolezze strutturali della democrazia rappresentativa, permettendo di rinforzare e supportare la fiducia nelle istituzioni pubbliche4. In secondo luogo, come strumento capace di migliorare la qualità e l’efficacia delle decisioni politiche e amministrative, poiché è fonte di conoscenza e mezzo per aumentare la condivisione diffusa sulle decisioni pubbliche. Il diritto dell’UE, in altri termini, con riferimento alla gestione delle risorse idriche e dei servizi a essa connessi si farebbe portatore della traduzione giuridica del c.d. social learning: metodo di acquisizione delle decisioni che si basa sulla nota teoria

2 Cfr. Commissione UE, 26 febbraio 1997, Proposta per una direttiva quadro sull’acqua, COM

1997/49, punto 4.3.1, p. 24.

3 Cfr. Relazione della Commissione al Parlamento europeo e al Consiglio, 14 novembre 2012,

concernente l’attuazione della direttiva quadro sulle acque (2000/60/CE), COM(2012) 670 final, punto

5.3., pp. 10.

4 Cfr. B. JADOT (dir.), La participation du public au processus de décision en matière

dell’apprendimento sociale5, che implica il più ampio coinvolgimento degli attori sociali interessati6.

Il social learning e ciò che è stato sinteticamente definito come «water

awareness»7, ossia la consapevolezza in tema di gestione delle acque, si presentano come le ragioni alla base del coinvolgimento del pubblico nella gestione delle risorse idriche. Entrambe sono volte a ridurre i possibili conflitti sull’utilizzo di una risorsa la cui scarsità contrappone sempre più interessi di origine e natura diversa e che, come testimonia la cronaca degli ultimi decenni, sono suscettibili di generare interazioni conflittuali tra uomo e ambiente tali da rendere problematica, o addirittura impossibile, l’istaurazione di equilibri sostenibili8. La valenza economica, sociale e ambientale dell’acqua, come argomentato in dottrina, rende la gestione delle risorse idriche «un tipico settore in cui devono essere compiute “scelte tragiche”, che richiedono la massima condivisione – rectius: partecipazione – dei soggetti coinvolti»9 . Si

5 Sulla teoria dell’apprendimento sociale si veda: A.BANDURA, Social Learning Theory, New

York, 1977. Sulla traduzione giuridica di tale teoria, che ha interessato principalmente le relazioni industriali e di lavoro, si vedano: P.A.HALL, «Policy Paradigms, Social Learning and the State», in

Comparative Politics, 1993, 25(3) , 275-96; P.TEAGUE, «Macro-economic Constraints, Social Learning

and Pay Bargaining in Europe», in BJIR, 2000, 38, pp. 3 ss.

6 Sull’importanza del social learning in ambito di gestione dell’acqua, si veda, ad esempio: C.

PAHL WOSTI, «Social Learning and Water Resources Management», in Ecology and Society, 2007,

consultabile al seguente indirizzo: http://www.ecologyyandsociety.it.

7 N. LUGARESI, «Water resources regulations towards sustainability: the role of water rights in

the italian system», in RIDPC, 2001 (6), pp. 1089 ss.

8 Per una disamina dell’esponenziale proliferazione dei conflitti attorno alla gestione delle

risorse idriche negli ultimi anni si veda, ad esempio: AA.VV., «L’acqua contesa», in Altreconomia,

giugno 2016.

9 In tali termini si è espressa V. MOLASCHI, «La partecipazione dei privati al governo della

gestione delle acque. Riflessioni sull’attuazione della direttiva quadro 2000/60/CE», in M. ANDREIS,

Acqua, servizio pubblico e partecipazione, Torino, 2016, p. 145. L’autrice, in particolare, cita la nota

affermazione di Vandana Shiva, secondo la quale «la crisi dell’acqua è una crisi ecologica che ha cause commerciali ma non soluzioni di mercato. Le soluzioni di mercato distruggono la terra e aumentano le disuguaglianze. La soluzione di una crisi ecologica è ecologica e la soluzione dell’ingiustizia è la democrazia. La cessazione della crisi dell’acqua impone una rinascita della democrazia ecologica» (cfr. V.SHIVA, Water Wars: Privatization, Pollution, and Profit, Cambridge MA, 2002; tr. it. Le guerre

proporrebbe, in altri termini, una gestione del consenso sulla gestione di una risorsa strategica e vitale come l’acqua che implica la riduzione del carattere unilaterale e tecnocratico delle decisioni, in un’ottica d’inclusione delle istanze locali nelle politiche pubbliche nazionali.

Le ragioni brevemente richiamate giustificherebbero un sistema di gestione dell’acqua e dei servizi a essa legati di natura tendenzialmente “democratica”, alla luce della valenza pubblica che la risorsa in questione evidentemente riveste e dei conflitti che il suo uso può innescare. In tal senso deporrebbe il fatto che la DQA esordisce con la considerazione secondo la quale «l’acqua non è un prodotto commerciale al pari degli altri, bensì un patrimonio che va protetto, difeso e trattato come tale»10. I cittadini interessati all’uso di determinate risorse idriche, in altri termini, dovrebbero potersi pronunciare ed essere adeguatamente coinvolti nelle scelte relative alla loro gestione e al loro utilizzo alla luce del riconoscimento della natura dell’acqua quale «bene pubblico di valore fondamentale per tutti i cittadini dell’Unione»11 . L’acqua, coerentemente a quanto stabilito dall’Agenda 21 ed illustrato nel terzo capitolo del presente lavoro, sarebbe un «bene pubblico by design», vale a dire accessibile a tutti “fin dalla fase di progettazione” con un approccio integrato e, appunto, “pubblico”12.

Muovendo dalla configurazione dell’acqua come “bene pubblico”, ossia di pubblica utilità poiché «fondamentale per il pieno godimento della vita e di tutti i diritti umani»13, il Parlamento europeo ha invitato gli Stati membri e la Commissione a ripensare e a rifondare la gestione della politica idrica sulla base di una partecipazione attiva, intesa come trasparenza e apertura del processo decisionale ai cittadini14. Nell’ambito delle iniziative volte ad affermare la dimensione dell’acqua come diritto,

10 Cfr. Direttiva 2000/60/CE, che istituisce un quadro per l'azione comunitaria in materia di

acque, cit., considerando 1.

11 Cfr. Cfr. Direttiva 2014/23/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, 26 febbraio 2014,

sull’aggiudicazione dei contratti di concessione, in GU L 94, pp. 1-64, considerando 40.

12 Sul punto si veda quanto già detto nell’ultimo paragrafo del terzo capitolo del presente lavoro. 13 In tal senso si veda la Comunicazione della Commissione, relativa all'iniziativa dei cittadini

europei “Acqua potabile e servizi igienico-sanitari: un diritto umano universale! L'acqua è un bene comune, non una merce!”, COM(2014) 177 final, p. 7.

14 Cfr. Risoluzione del Parlamento europeo, sul seguito all'iniziativa dei cittadini europei

inoltre, la componente “democratica” del legislatore europeo15 ha dunque incoraggiato «il ricorso a modelli di gestione pubblici, trasparenti e partecipativi in cui l’autorità che detiene la proprietà pubblica abbia la facoltà, soltanto in alcuni casi, di attribuire all’iniziativa privata alcuni compiti di gestione, secondo condizioni rigorosamente regolamentate e salvaguardando costantemente il diritto ad avvalersi della risorsa e di adeguate strutture igienico-sanitarie»16.

2. Il principio generale della partecipazione del pubblico in materia ambientale: la