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CAPITOLO 2 LA PRIVACY NELL’ERA DIGITALE

2.4 Adolescenti e privacy

Gli adolescenti hanno un immaginario tutto loro sul tema della privacy e questo si evince dalle loro pratiche per gestirla nei social media. danah boyd (2014) chiarisce approfonditamente numerosi tratti della concezione della privacy da parte degli adolescenti, che risulta ben diversa da quella delle generazioni precedenti: mentre gli adulti lamentano la “fine della privacy”, gli adolescenti, rivendicano nei social media la “conquista della privacy” perché i social media sono visti come spazi di espressione e di relazione, all’interno dei quali mettere in scena la propria vita e condividerla con i coetanei. Ottenere la privacy significa per i ragazzi avere abilità nel controllare la situazione comunicativa che si trovano a fronteggiare, gestendo contemporaneamente gli aspetti tecnologici delle piattaforme e le dinamiche sociali relative al rapporto con gli interlocutori. Gli adolescenti, a differenza degli adulti, non temono la sorveglianza dei governi e delle multinazionali,

ma temono quella dei genitori perché sono le persone che hanno realmente il potere su di loro. Per questo il tema del controllo parentale sui social network ricorre spesso nella letteratura (Livingstone, 2009) ed è anche per questo che gli utenti più giovani cambiano social network in funzione della presenza o assenza dei genitori. Questo migrare di piattaforma in piattaforma dei teenagers spesso è giustificato proprio dalla presenza dei familiari sullo stesso social network. Sebbene siano disposti a fare amicizie con gli sconosciuti online, gli adolescenti attivano restrizioni della privacy nei confronti dei genitori per evitare il controllo parentale. Per sfuggire allo sguardo adulto, i giovani utenti arrivano ad adottare diversi accorgimenti finalizzati al depistaggio, che possono essere intesi come vere e proprie strategie di privacy management o web reputation management volto a controllare, come suggerisce boyd, non tanto l’accesso ai contenuti pubblicati, ma l’accesso ai loro significati. Una delle pratiche di questo tipo più diffuse è stata definita da boyd social steganography (steganografia sociale), ovvero la pubblicazione di “messaggi in codice” rivolti ad uno specifico pubblico immaginato come audience di riferimento, non accessibile a tutti gli altri. Tale pratica indica la volontà degli adolescenti che frequentano la rete di esprimere liberamente opinioni, idee, emozioni e stati d’animo, il cui significato è decodificabile solo da alcuni o da nessuno. Un ulteriore aspetto messo in evidenza da boyd sono le impostazioni pubbliche o private degli account dei ragazzi sui social network: anche se gli adolescenti hanno un desiderio di privacy, essi non rinunciano a partecipare ai vantaggi della vita online e alla socializzazione con i coetanei, in altre parole all’essere pubblici in pubblico (Boccia Artieri, 2012). Nella loro vita nei social media, gli adolescenti adottano diversi accorgimenti finalizzati al controllo delle proprie informazioni in rete. Sonia Livingstone (2009) mette in evidenza che i ragazzi mettono in atto alcuni comportamenti per evitare di incappare in situazioni spiacevoli online, che potrebbero rappresentare un danno per la propria identità e la propria reputazione. Tra le pratiche di privacy management degli adolescenti è possibile, infatti, tra strategie “preventive” e “correttive”. In particolare, nel tentativo di sottrarsi ad eventuali rischi, i

ragazzi li anticipano, attraverso, ad esempio, la pubblicazione di informazioni false e di messaggi in codice oppure utilizzando una foto-profilo che ritrae un’immagine diversa dal proprio volto o ancora decidendo di non pubblicare contenuti e informazioni che li riguardano per paura di subire danni di varia natura. Le strategie correttive, invece, sono messe in campo dagli adolescenti soprattutto in seguito a un’esperienza rischiosa online. Azioni di questo tipo sono fondate sulla necessità di correggere la propria condotta sui social media per far fronte a eventuali violazioni della privacy o abuso di dati personali. Cancellare contatti, rimuovere tag, cancellare commenti e post vecchi, fare richiesta per la rimozione di una propria foto e, in via definitiva, disattivare l’account sono le azioni svolte dai ragazzi per tutelare la propria privacy sui social media. Il rapporto tra adolescenti e privacy nei social media è uno dei temi caldi dell’attuale riflessione nell’ambito degli Internet studies e rappresenta il nucleo centrale di EU Kids Online, il network di ricerca europeo, coordinato da Sonia Livingstone, che si occupa del rapporto dei bambini e degli adolescenti con Internet e le tecnologie digitali nella prospettiva delle opportunità e dei rischi della rete. Le numerose ricerche svolte nell’arco di circa un decennio in tutt’Europa, mostrano che opportunità e rischi derivati dall’uso di internet sono due facce della stessa medaglia e vanno di pari passo, secondo una logica the more, the more (Mascheroni e Ólafsson, 2018). In altre parole, più i ragazzi usano internet, più beneficiano delle opportunità online, più acquisiscono competenze digitali e più si espongono ai rischi (Livingstone et al., 2011). Le attività svolte dai ragazzi online, dunque, non sono per definizione né vantaggiose nè dannose, ma ad incidere sui confini tra opportunità e rischi vi sono numerosi fattori psicologici, comportamentali, tecnologici e sociali. Provando a collocare l’Italia nel panorama europeo sul fronte dei rischi online per i minori, dalle ricerche condotte da EU Kids Online emerge che i ragazzi italiani frequentano la rete meno dei coetani europei e per questo esperiscono un numero minore di rischi. L’Italia, infatti, registra una percentuale relativamente bassa sull’uso di internet da parte dei ragazzi nei confronti della media europea e ciò la renderebbe una nazione tutto sommato sicura su questo fronte, caratterizzata

da un basso grado di rischio (Hasenbrik, Livingstone, Haddon & Òlafsson, 2009). Tra i rischi che i ragazzi incontrano online e in particolare nei social media, vi sono quelli relativi alle violazioni della privacy e all’abuso dei dati personali. In un recente studio condotto in Italia da Mascheroni e Ólafsson (2018) su ragazzi dai 9 ai 17 anni, si riscontrano diversi tipi di violazioni della privacy, come l’uso improprio di informazioni personali da parte di altri, furti d’identità e danni alla web reputation. Diventando col tempo sempre più utilizzati soprattutto dalle nuove generazioni, i social media sollevano molte perplessità sulla sicurezza della privacy in rete. Se da un lato, infatti, sono strumenti utili alla conoscenza, alle relazioni, all’affettività e all’espressività dei ragazzi, dall’altro al loro interno sono memorizzate moltissime informazioni personali che rischiano di diventare accessibili a sconosciuti e a potenziali malintenzionati. Sui social media, infatti, si possono reperire informazioni di vario tipo: dati anagrafici quali nome, cognome, sesso, data di nascita, città, residenza; contatti, come numero di telefono e di cellulare, email, sito web personale, Queste informazioni, che l’utente inserisce nei propri profili, pur apparendo di scarso interesse, possono diventare occasione per i ragazzi di opportunità relazionali, ma anche di rischi e violazioni, ad esempio il cyberbullismo, il sexting, la diffamazione, i furti d’identità. Tra i rischi per la privacy sui social media vi è la mancanza dell’oblio digitale, perché i dati, una volta pubblicati in Rete, possono rimanerci per sempre anche se la persona interessata li ha cancellati dal sito originario e spesso i ragazzi si dichiarano pentiti di alcuni contenuti pubblicati. Sui social media si rivelano più informazioni personali di quanto si creda. Ad esempio, le foto possono trasformarsi in identificatori biometrici universali all’interno di una rete ed anche attraverso più reti. Una volta associato un nome ad una foto, come avviene nei siti di social network, possono essere messe a rischio anche la privacy e la sicurezza di altri profili-utente. Anche il contatto con persone sconosciute può rappresentare una fonte di rischi perché, come abbiamo visto, il concetto di “amici” nel cyberspazio può risultare assai diverso dall’idea più tradizionale di amicizia. Tutti questi aspetti saranno affrontati nel dettaglio nella seconda parte del lavoro, che riporta i risultati della ricerca empirica.

L’indagine, infatti, attinge a molte delle categorie concettuali delineate nella riflessione sull’identità e la privacy nell’era digitale sin qui condotta e li trasforma in strumenti operativi volti a rilevare, nel più ampio quadro dei contesti della fruizione dei social media, le pratiche relative alla costruzione dell’identità e alla gestione della privacy dei ragazzi campani.

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