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Adultescenza (Immigrati digitali) : Persone nate in un periodo

4) D Stile disorientato/disorganizzato: Questo stile venne individuato dagli psicologi statunitensi Main e Salomon durante l’osservazione d

4.5 ADOLESCENZA SENZA CONFIN

’ adolescenza non è definibile in modo semplice e univoco

come l’infanzia. Questo perché i suoi confini si sono allargati e dilatati tanto da farla uscire dagli argini in cui per molto tempo infanzia ed età adulta l’hanno delimitata. Nell’era digitale sono lontani ormai i tempi in cui l’adolescenza era ritenuta un periodo di transizione; un abito a volte anche “stretto e doloroso” da indossare però temporaneamente, da abbandonare a tempo dovuto per indossare quello più coerente dell’età adulta.

Come afferma Cantelmi: « Questa fase della vita, già da sempre più “liquida” delle altre, sembra, sembra essere lo status che permette di muoversi nel modo migliore nella nostra società destrutturata. Ma la corsa alla teen-age e il giovanilismo dirompente hanno tolto all’adolescente proprio ciò che gli permetteva di essere tale: qualcosa di “solido”, strutturato e rigido (le regole, i genitori, gli educatori), cui contrapporsi, qualcosa e qualcuno da negare per affermarsi»22. Senza questa opposizione necessaria sono venuti a mancare tutti quegli aspetti positivi che il periodo dell’adolescenza portava, come ad esempio la spensieratezza, il senso di libertà, la speranza nel futuro, il potenziamento delle proprie capacità, così che l’universo giovanile si trova a vagare senza meta, abbandonandosi all’istinto e agli incontri casuali. Prima della rivoluzione digitale, nel ciclo di vita della famiglia, il periodo dell’adolescenza terminava intorno ai venticinque anni e coincideva con l’uscita dalla famiglia di origine, con il reperimento di un lavoro stabile e con la creazione di un nucleo familiare proprio. Infatti tutta questa serie di traguardi veniva raggiunta dall’individuo adulto entro il trentesimo anno di età e conferivano ad esso maturità, sicurezza e solidità identitaria: proprio

22T. Cantelmi, Tecnoliquidità. La psicologia ai tempi di Internet:la mente tecno

liquida, Ed. San Paolo, Milano, 2013, pp.65,66.

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mediante l’acquisizione di un’identità propria avveniva il passaggio dall’adolescenza all’età adulta. Dal punto di vista psicologico è possibile affermare che l’identità conferisce l’assoluta certezza di esistere in prima persona e la sicurezza di una resistenza dell’essere nonostante i cambiamenti interiori e le modifiche delle circostanze esterne; la si conquista attraverso il raggiungimento dell’autonomia dopo la perdita dello status infantile attraverso la graduale capacità di effettuare scelte, prendere decisioni e saperle portare avanti. Nell’età adulta dovrebbe essere necessariamente presente la capacità di prendere decisioni importanti e a lungo termine come ad esempio decidere di intraprendere una convivenza, sposarsi o fare un figlio. Tutte queste tipologie di scelte solo nel tempo riveleranno il loro esito e negativo: la capacità di saper attendere per trarre un bilancio senza essere impazienti di conoscerne i risultati dovranno essere supportate dalla maturità sentimentale e dalla robustezza dell’identità ormai consolidate attraverso il percorso dell’infanzia e dell’adolescenza. L’identità quindi, è come afferma Cantelmi: - «Una costruzione complessa, che permette a ciascuno, una volta fatto l’ingresso nell’età adulta, di avere la sensazione di possedere attributi soggettivi che l’incontro con l’altro non metterà più in pericolo, e che vi sarà la permanenza dell’essere nonostante i cambiamenti interiori»23

. Per lo psichiatra tale passaggio è di fondamentale importanza ed è indispensabile per uscire definitivamente dal periodo infantile ed entrare a pieno titolo nella categoria degli adulti. La sua assenza, di contro può contribuire a prolungare, a volte per periodi anche molto lunghi il periodo adolescenziale il quale, come è già stato detto, dovrebbe essere unico, peculiare, speciale e soprattutto transitorio. A questo punto, una volta che il soggetto si è formato la sua identità nella modalità descritta in precedenza, la transizione nell’età adulta avviene attraverso una triplice appropriazione: del corpo, del pensiero

23T. Cantelmi, Tecnoliquidità. La psicologia ai tempi di Internet:la mente

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e delle pulsioni. Una tale appropriazione dell’indipendenza funge da “stabilizzante” dell’identità. L’intimità del corpo non è più condivisa con i genitori come quando accadeva durante le cure infantili e anche la mente e i pensieri trovano una loro dimensione separata. Questa appropriazione si struttura attraverso la capacità del soggetto di individuare e gestire i propri bisogni senza avvertire più la necessità di essere aiutato dai genitori: il rapporto con l’altro quindi muta da un rapporto di dipendenza in un rapporto dialogico, sovente conflittuale. Il senso di libertà che l’adolescente esperisce è strettamente connesso alla sua acquisizione dell’identità. E’ pur vero tuttavia che in parallelo alla crescita di libertà devono progressivamente crescere anche le responsabilità fino al compimento dei “fatidici” 18 anni, traguardo a cui fa riferimento il nostro ordinamento giuridico per quanto concerne l’ingresso nell’età adulta ove compare il riconoscimento dei doveri accanto alle libertà personali conquistate. Con la perdita della simbiosi con gli altri si acquisiscono sì autonomia, indipendenza e libertà personale, tuttavia assieme ad esse devono coesistere anche la responsabilità e la responsività per considerarsi maturi a tutti gli effetti: l’adolescente invece pretende libertà ma come è noto manca di responsabilità, ovvero non è ancora in grado di far valere la propria libertà agendo responsabilmente, rispondendo delle proprie azioni e ponendosi in modo responsivo rispetto ai bisogni dell’altro.

Se nel passato l’individuo adulto si guadagnava un posto nel mondo, ritagliava uno spazio “personalissimo” al suo “Io”, rinunciando alle comodità e ai vantaggi della fase dell’ “irresponsabilità” adolescenziale la situazione odierna evidenzia tutt’altro. La maggior parte dei bisogni che motivavano gli adolescenti ad uscire da questa fase di vita quali il desiderio di indipendenza economica, il desiderio di liberarsi dai rigidi schemi familiari e di vivere liberamente la propria sessualità hanno cessato di essere dei bisogni rilevanti per i giovani di oggi, o perché già li hanno soddisfatti o perché non ne hanno interesse. In passato prima di accedere all’età adulta tutti gli

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adolescenti dovevano superare un lungo periodo di “apprendistato” ed erano sottoposti ad una disciplina non certo permissiva come quella di oggi. Nel corso degli anni a causa delle numerose trasformazioni all’interno del contesto sociale e nello specifico nel contesto familiare si sono modificati non solo i contenuti e gli obbiettivi del ruolo dell’adolescenza ma anche le modalità e le norme che ne sanciscono l’acquisizione. Ecco che la fase adolescenziale dell’era digitale appare ai nostri occhi come svuotata di valore e di senso, priva di confini e piena di incertezze; assistiamo ad una sorta di blackout generazionale ove si «nasconde il dramma di un’adolescenza dimenticata e sottratta ai legittimi proprietari».24

Un altro cambiamento che non può essere trascurato all’interno delle dinamiche adolescenziali fa riferimento al concetto dell’amicizia: è evidente che le forme di amicizia sono cambiate. Con l’affermarsi dei Social Network di straordinaria grandezza come Facebook, il termine “amicizia” ha subito come una dilatazione, è diventato una sorta di temine “ombrello”, reso assai generico e talvolta abusato poiché vi è una propensione ad indicare con esso relazioni di vario genere e grado. Siamo tutti a conoscenza del fatto che su Social Network tipo Facebook sia Nativi Digitali che Immigrati Digitali si divertono ad immettere una sorta di riassunto di se stessi, il proprio profilo, visibile da tutti e con un click possono chiedere a chiunque di diventare loro amici. Quindi è sufficiente digitare un tasto per fare nuove amicizie, si incontrano persone con gli stessi gusti e con gli stessi interessi aiutati dal sistema stesso di Facebook che attraverso la rilevazione delle informazioni di ognuno e delle amicizie in comune è capace di connettere e tessere una rete fittissima tra persone con qualche cosa in comune. Certo, tutto questo facilita la creazione di nuove amicizie e tenersi in contatto è molto più semplice, ma è anche vero il contrario, poiché tale modalità rischia di svuotare di significato e di importanza

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questo autentico e antico legame, rendendo questi nuovi tipi di amicizie meno vere ed estremamente superficiaili. Accettare un amico su Facebook, commentare e condividere i suoi post, cliccargli “mi piace”, aderire a gruppi di vario genere, chattare online ci fa sentire più estroversi poiché ci aiuta ad abbattere le barriere della timidezza che spesso ci ostacolano nel stringere nuove conoscenze. Gli amici incontrati nel mondo reale, come in palestra, a scuola, in un pub, amici di amici conosciuti in discoteca diventano quasi sicuramente in un secondo momento “amici di Facebook”. Da quel momento, dopo il click su “accetta”, se esistono degli hobby o degli interessi in comune, in poche parole dopo aver testato i gusti attraverso i post che si condividono e dopo aver instaurato un feedback positivo reciproco commentando gli stessi post o scrivendosi sulle rispettive bacheche ecco che ci si può trasformare in veri amici, con cui uscire e chiacchierare. Ecco che gli adolescenti dell’era digitale si trovano a confrontarsi con i nuovi gruppi dei pari che non sono solamente quelli reali ma anche quelli virtuali, e tale duplicità è vissuta anche a livello identitario poiché oltre preoccuparsi della propria persona si devono pure preoccupare di quella del proprio profilo virtuale. Tale duplicità, tale sdoppiamento tra mondo reale e mondo virtuale viene tranquillamente integrata dai nuovi adolescenti in uno strano modo, incomprensibile da parte dagli Immigrati Digitali. A questi ultimi la vita sociale virtuale appare come una brutta copia,un’assurda imitazione della vita sociale da consumarsi faccia a faccia nel mondo reale e ne provano poco interesse. Per gli adolescenti la dissimulazione nella vita sociale virtuale è ritenuta tutt’altro che negativa e per loro rientra lecitamente e a pieno titolo nel gioco delle relazioni. Nel mondo virtuale ci sono gli adolescenti, il loro corpo e la loro “rappresentazione digitale”, tuttavia a differenza del loro corpo fisico, il loro profilo creato ad esempio su Facebook, il loro alter-ego virtuale non ha alcun legame necessario con loro: possono costruirlo come più gli piace, da dove vogliono, quando vogliono, possono

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addirittura incaricare un altro a costruirlo e modificarlo al loro posto. In questo modo il concetto di identità viene allora sostituito da quello di ambiguità: le relazioni sociali virtuali e tecno-mediate non sono più relazioni tra due individui, in possesso di identità solide disponibili al confronto, ma «tra due soggetti che interagiscono offrendo proiezioni sé dai confini più tremuli ed ambigui, in sostanza due identità liquide. Cosa resta nelle identità liquide, dell’unita psico-fisica, del raccordo, insostituibile ed unico per ogni essere umano, tra “Io” psichico e “Io” corporeo, dell’inscindibile relazione tra anima e corpo che caratterizza la persona? Del corpo resta solo un’immagine costruita e sostituibile, la “mia presentazione di me”; dell’Io psichico solo un contenitore svuotabile, privo di un’identità certa»25. L’onnipresenza dei social network e delle loro dinamiche relazionali sottese infatti porta i nostri adolescenti ad essere sempre più narcisisti ed incapaci di uscire dalla fase adolescenziale: sigillati nel loro egocentrismo sono incapaci di sentire e vedere gli altri. Non comprendono quanto possa risultare loro utile per spezzare la loro sofferenza il recupero dell’autenticità delle relazioni umane, del loro aspetto empatico e soprattutto narrativo, attraverso l’abilità del sapersi raccontare agli altri face to face. I giovani di oggi «cercano disperatamente una via di uscita altrove, qualcosa che li scuota dall’apatia o dall’ “auto-incantamento” adolescenziale: un’emozione forte, profonda, qualsiasi, la più forte possibile e così cadono vittime delle spire della sessualità e della violenza»26.

Gli adolescenti infatti sono attratti facilmente sia dai videogiochi violenti con i quali giocano per ore ed ore; in casi estremi li mettono pure in pratica nel mondo reale, sia dall’erotismo e dalla pornografia, la quale colpisce indiscriminatamente maschi e femmine. L’ipersessualizzazione delle immagini corporee proposte continuamente dai media assieme sia all’ambiguità dei modelli

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tecnoliquida, Ed. San Paolo, Milano, 2013, p.71.

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maschili e femminili: uomini che sembrano donne e viceversa ed entrambi sempre e comunque molto attraenti sono a disposizione dell’adolescente nella fase in cui il desiderio e l’identità sessuale stanno percorrendo la strada per assumere una forma adulta e matura sia in termini fisici che psicologici. Infatti in questa fase di crescita personale, i ragazzi cominciano a sperimentare il distacco dalla famiglia, dalla protezione e dal tepore che essa garantiva per cercare sicurezza e conforto altrove. Purtroppo, assai sovente la ricerca del nuovo conforto viene confusa con l’appagamento sessuale, altre volte invece, soprattutto nei maschi, vengono confuse tra loro passione e aggressività attraverso la sessualità e la competizione. Tale argomento è molto delicato, poiché tutto questo viene vissuto in un momento dello sviluppo in cui né il corpo, né l’identità hanno ancora raggiunto la loro forma definitiva. Se i repentini cambiamenti e gli impulsi sessuali sono sempre stati difficili da gestire e integrare per la sfera psichica in costruzione degli adolescenti figuriamoci adesso, visto che tali trasformazioni fisiologiche sono rese ancor più sbilanciate e anomale dall’ambiguità ed irraggiungibilità dei modelli sessuali proposti dai media e dalla facilità di accesso immediato di materiale erotico o pornografico. Nei contesti virtuali per gli adolescenti non esiste più il senso della vergogna, ad esempio legato al fatto di recarsi all’edicola o al videonoleggio per disporre di materiale di questo genere: nell’era digitale basta un click per poter visionare scene forti, pornografiche, violente e per concordare comodamente seduti alla scrivania della propria cameretta i più spregiudicati incontri sessuali “usa e getta”. Per di più tali incontri possono essere puramente virtuali, grazie all’uso della webcam o spostarsi previo accordo, in contesti reali ed insidiosi, incontrando il più delle volte sconosciuti. I genitori e gli educatori non dovrebbero assolutamente sottovalutare tali premesse contestuali, poiché potrebbero compromettere anche gravemente uno sviluppo sano ed integrato della componente erotica e sessuale dell’adolescente nella futura personalità adulta. L’identità

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sessuale, infatti, pur se determinata a priori, perché chiaramente iscritta nel nostro DNA, ancor prima della nascita, non è neppure un processo biologico dell’evoluzione e dall’esito automatico, che nasca, cresca autonomamente coinvolgendo la totalità della persona, psiche e corpo.

Come afferma Cantelmi «la sessualità va protetta ed educata affinché un adolescente abbia veramente la possibilità futura di “scegliere” di poter vivere la sessualità come parte integrante della propria persona. Sottovalutare questi aspetti e lasciare che la fisiologia prenda il sopravvento aumenta il potenziale rischio di dissociazioni della sfera erotico-sessuale da quella affettiva, con l’immaginabile corrispettivo in termini di devianze e sofferenza.»27

Odiernamente l’educazione sessuale è purtroppo ridotta meramente a nozioni di tipo medico e fisiologico legate alle malattie sessualmente trasmissibili, trascurando così tutte quelle riflessioni importanti e necessarie per far comprendere la propria sessualità ai ragazzi dal punto di vista psicologico e antropologico. L’esclusiva focalizzazione sugli aspetti biologici delle relazioni sessuali fa emergere l’idea banalizzante e distorta che la sessualità rientri tra i processi autoregolatori dell’organismo: ad oggi la regola per vivere bene e in salute sembra essere quella di accettare e soddisfare ogni pulsione sessuale. Eppure i disturbi legati alla sfera della sessualità si stanno moltiplicando. Questa visione che riduce la sessualità solamente alla sua natura fisiologica e meccanicistica non rende giustizia alla molteplicità dei livelli che entrano in gioco nella sfera sessuale degli individui, questi ultimi disorientati ed incapaci di leggere se stessi, le proprie difficoltà, i propri timori, i propri bisogni autentici oltre a quelli dell’altro.

Per Cantelmi, «le cause più dirette dei disturbi, sempre più frequentemente legati alla sessualità, possono essere ricondotte

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principalmente a due fenomeni: il primo è la progressiva scissione dell’ “Io” psichico (solido, capace di dare stabilità e in grado di integrare le esperienze nel proprio sistema di significati e valori) dal corpo fisico e virtuale, nel processo di costituzione dell’identità personale; mentre il secondo è riconducibile all’ipersessualizzazione dei modelli maschili e femminili, operata dai media.»28

Tutte e due le strade conducono ad un atteggiamento strumentalizzante e una visione oggettificata di sé e dell’altro che toglie, secondo una ricerca dell’APA29, “risorse attentive e cognitive” e diventa «un fattore di rischio per vissuti di stress, di insicurezza, demoralizzazione, vergogna, ansia e auto-deprecazione (quando non è disperazione)».

La frattura corpo-persona veicola l’oggettificazione della persona: l’altro è solamente un’immagine, un corpo, un oggetto privo di anima; inoltre tale oggettificazione è resa ancora più imponente e pevasiva dai media, ormai fonte primaria e privilegiata di informazione e acculturazione. Si è diffusa infatti una sorta di fiducia incondizionata da parte di tutti gli individui verso le fonti di tante informazioni reali, sempre che reali siano, per cui si tende ad accettare acriticamente qualsiasi tipo di contenuto, anche inverosimile, alterato o artefatto. E’ ormai noto che la cultura dell’oggettificazione porta alla pornografia, tuttavia è anche vero che la pornografia stimola e rafforza nel suo utente, oggi soprattutto grazie alla presenza di contesti pornografici virtuali, un’attitudine all’oggettificazione. Infatti se l’abitudine a oggettificare me e gli altri, mi porterà più facilmente alla ricerca di contenuti pornografici; è anche vero che a sua volta l’esposizione a contenuti pornografici soft ed hard (spesso, all’inizio, non cercati, ma proposti dai pari, visionati casualmente, imposti negli

28 T.Cantelmi, Tecnoliquidità. La psicologia ai tempi di Internet:la mente

tecnoliquida, Ed. San Paolo, Milano, 2013, p.74.

29Report of the American Psycological association, Task force on the sexualization

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spot più o meno esplicitamente) aumenterà la mia tendenza ad avere questo tipo di atteggiamento.

Secondo Daniele Mugnaini, psicologo dello sviluppo e dell’educazione, «un tale bombardamento minaccia lo sviluppo di attitudini sessuali sane. Nei media si cerca il normale e il reale, e si trova degrado, bizzarria e perversione. Purtroppo mentre lo si trova, si può sentirsene attratti, così il bisogno indotto spinge a nuove ricerche; nel frattempo l’irreale può diventare reale e l’anormale diventare naturale e normale»30. Tali condotte possono dar vita, nel peggiore dei casi, a dipendenze, comportamenti devianti e a volte criminali, e nella maggioranza dei casi a situazioni da cui è bene non distogliere lo sguardo. Anche in riguardo alla sessualità nell’adolescenza, torna in campo il concetto di libertà, una libertà tuttavia in maturazione, che per poter davvero arrivare a scegliere, deve essere almeno in parte, protetta, custodita. La pornografia infatti agisce arrivando direttamente all’attivazione di zone del cervello, legate ad impulsi primordiali, su cui persino un adulto ha un controllo pressoché minimo, figuriamoci quale controllo ne abbia un ragazzo in fase di sviluppo. «La tecnica su cui si basa l’attivazione pornografica è esattamente quella della spersonalizzazione e della riduzione e scomposizione del corpo in frazioni e particolari erotici» – asserisce Cantelmi- «si scinde l’integrità per soffermarsi sul dettaglio e la sua funzione strumentale. Quella dell’istintualità primordiale è naturalmente una parte, anche importante della nostra sessualità. Il punto centrale rimane quale ruolo abbiano le diverse componenti rispetto all’equilibrio a allo sviluppo della persona. Coltivare questa modalità di attivazione sessuale, e ancor più in una fase di estrema recettività, di fortissime pulsioni, di resistenza ai limiti e soprattutto di

30 D. Mugnaini, T. Cantelmi, E. Lambiase, S. Lassi, EROSi dai media, Ed. San

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maturazione psichica, potrebbe condizionare il futuro della vita sessuale di questi ragazzi e ragazze e anche quella dei loro partner».31 Nei nuovi contesti virtuali, sia la pornografia sia gli incontri “usa e getta” offrono quindi una scorciatoia per non essere costretti o esserlo in modo molto meno pressante, all’eccitante ma faticoso esercizio del “corteggiamento” e del “confronto” con l’altro sesso. Nel passato la spinta per il soddisfacimento delle pulsioni sessuali e il bisogno dei sensazioni belle e forti con cui sentirsi vivi e presenti costituivano uno tra gli stimoli più determinanti per la crescita anche sul livello emotivo: questa crescita infatti avveniva attraverso il disvelamento di