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LA SOLITUDINE NELLA VITA TRA REALE E VIRTUALE SECONDO ZYGMUNT

SEMPRE CONNESSI SEMPRE PIU’ SOL

3.2 LA SOLITUDINE NELLA VITA TRA REALE E VIRTUALE SECONDO ZYGMUNT

BAUMAN

“Lo sviluppo della cultura si basa sull’apprendimento di nuove conoscenze e l’oblio di quelle vecchie. Immaginate di dover accendere un fuoco solo con della paglia e una pietra focaia. Non lo sappiamo fare”

Zygmunt Bauman

l sociologo Zygmunt Bauman contrariamente a tanti altri critici della Rete, pur mettendo anch’egli in evidenza i vantaggi ma anche i relativi “danni” della virtualizzazione della vita, parte dalla convinzione fondamentale che le tecnologie digitali non sono responsabili del nostro disagio, sono semmai lo specchio che riflette la nostra condizione esistenziale moderna. I pericoli insiti in alcuni comportamenti che, con sempre maggiore rilevanza, possiamo osservare nel mondo reale e nella dimensione online della vita non sono cioè il portato delle tecnologie digitali in sé, bensì una conseguenza dello stile di vita moderno: il vivere attuale - anche offline - tende ad eliminare dalle nostre vite ogni esperienza spiacevole, faticosa o sconveniente20. Facebook, fondato nel 2004 dal giovane statunitense Mark Zuckerberg, è una "miniera d’oro"da due miliardi di dollari a trimestre (IlPost.it, 2013)21 che, secondo Bauman, è basata sulla paura della solitudine in un mondo fatto di relazioni fragili. Questo social network sembra essere una risposta alla paura che le persone hanno di essere respinte e rifiutate. Tuttavia, il senso di

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Z. Bauman, a cura di M.G.Mattei, La vita tra reale e virtuale, Egea Edizioni, Milano, 2014,p.12.

21IlPost.it. I ricavi di Facebook, October 2013,visibile sul sito http://www.ilpost.it/

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appartenenza che Facebook può offrire differisce notevolmente da quello offerto da una comunità reale: su Facebook la comunità è molto più ampia e le relazioni sono meno intime. Bauman, nei suoi scritti più recenti ha affrontato infatti, oltre al fatidico tema della liquidità, ovvero della“fragilizzazione dei rapporti umani”, anche i temi della“superficializzazione delle informazioni e della comunicazione nell’era di Internet”. Il sociologo sostiene, partendo dalla semplice constatazione che passiamo una grande parte del nostro tempo davanti al “muro di vetro”, che la nostra vita si divide oramai in due mondi (del resto è l’avvento dell’online ad aver introdotto l’uso del termine offline riferito alla nostra vita). Inoltre afferma che la tecnologia non è un male in sé, è soltanto un mezzo. Sono l’uso che ne facciamo e la nostra incomprensione a snaturarne le potenzialità. Ad oggi infatti i danni sembrano maggiori dei vantaggi. I social media, per esempio, sono la via di fuga dai problemi del nostro mondo offline. Rappresentano una dimensione in cui spesso l’individuo si rifugia per non affrontare la difficoltà della vita reale; un pericolo che per l’autore non fa altro che potenziare la “fragilizzazione” dei rapporti umani. La Rete è una sorta di “comfort zone”: Internet ci fa sembrare di vivere senza rischi, consentendo di relazionarsi solo con le persone che la pensano come noi e che condividono il nostro punto di vista. Se insorgono delle difficoltà, basta un click per cancellare tutto. Nei contesti virtuali infatti, gli individui hanno molta più libertà, possono scegliere chi vogliono essere, con quale identità presentarsi e in che modo vogliono costruire la propria rete di relazioni: il prezzo da pagare per questa grande libertà, però, è l’insicurezza. I legami così costruiti, infatti, sono instabili, insicuri e possono essere rotti facilmente.

L’adattamento alle condizioni create da Internet e dall’era digitale rende inoltre la nostra attenzione labile e soprattutto incostante, incapace cioè di concentrarsi a lungo, allenata certamente a “navigare” senza però protezioni e senza spingersi mai in profondità. Ecco quindi

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il motivo per cui i messaggi elettronici devono, per la loro natura, essere brevi e semplici, così da poter comunicare tutto prima che l’attenzione si esaurisca: da lunghe, elaborate, intense e premurose lettere si è passati a brevi mail fino a messaggi più minimali, stringati e sincopati, al “cinguettio” di Twitter (basti pensare all’uso che ne fanno anche i politici per diffondere i loro pensieri e programmi, una vera e propria forma di e-government).

La Rete porta con sé tuttavia alcune caratteristiche vantaggiose, tra cui una disponibilità quasi infinita di conoscenza. Tale memoria però è immagazzinata nei server e per questo l’individuo paga un prezzo altissimo: la perdita della capacità di conservare conoscenza dentro di sé. Sono i server a conservare il suo sapere, i suoi documenti perfino i suoi ricordi come le foto, attraverso gli archivi virtuali. All’individuo non rimane altro che la possibilità di consultare e questo secondo il sociologo avrà un effetto assai negativo anche sulla nostra creatività. Un altro interessante fenomeno affrontato dallo studioso e degno di nota riguarda l’avvento della “società confessionale”, ovvero la perdita dell’autonomia individuale: la privacy. «Nella società moderna e liquida - afferma Bauman - non proviamo più gioia ad avere segreti: alla base del social networking vi è infatti lo scambio di informazioni personali e chi tiene a cuore la propria privacy è addirittura visto con sospetto».22

La posizione del sociologo trova conferma in diverse ricerche recenti: qualche tempo fa “The New Yorker” ha pubblicato una rassegna abbastanza esauriente a cura di Maria Konnikova, una psicologa americana, che riportava diversi studi sugli effetti del web e dei social media.23 In molti oggi sostengono che Internet non ci rende affatto felici: anzi come ha mostrato una meta-anlisi che riassume i risultati di più di quaranta ricerche sul tema, spendere molto tempo online può

22Z. Bauman, a cura di M.G.Mattei, La vita tra reale e virtuale, Egea Edizioni,

Milano, 2014,pag disponibile sul sit della US National Library of Medicine National Institutes of Health.12.

23M. Konnikova, How Facebook Makes Us Unhappy, in “The New Yorker”,

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avere un effetto negativo sul nostro benessere.24 Per esempio, l’uso di Facebook può contribuire a provare sentimenti spiacevoli. Ma, come sottolinea sempre “The New Yorker”, sono molte anche le ricerche di segno opposto: uno studio del 2009 sostiene che Facebook ci rende più felici e fa crescere la fiducia negli altri. O, ancora, che alcune attività online possono ridurre il senso di sofferenza.25

In “Smarter Than You Think: How Technology Is Changing Our

Minds for the Better”, Clive Thompson, una delle migliori penne

tecnologiche di “Wired”, che scrive pure sul New York Times

Magazine, spiega perchè possiamo dirci ottimisti sull’impatto della

tecnologia.26 Tra gli argomenti più interessanti del suo saggio sembra essere proprio quello dell’outsourcing, ovvero della memoria. O, meglio, su come cambia in meglio la nostra vita nell’era in cui l’accesso alla conoscenza è “delegato” ai motori di ricerca e agli strumenti digitali e tecnologici. Per concludere, gli effetti dei social media possono sembrare contraddittori anche perché ognuno li utilizza in maniera diversa e non è semplice generalizzare.

Ma per Bauman, allora quale è la strada per uscire da questa condizione sociale di fragilità che cerca nella Rete il suo rifugio e la sua legittimazione? Il sociologo fa un’analisi bilanciata del fenomeno in questione sia sui pro che sui contro, mettendo mano a mano in evidenza le diverse sfaccettature. Al centro del suo pensiero vi sono da sempre la dimensione etica e la dignità della persona umana: l’era digitale ha portato alla creazioni di “reti” ma non di “comunità”. La comunità d’altro canto è qualcosa che rafforza l’individuo, la sua autostima e la fiducia in sé stesso. E se la Rete da un lato mette gli

24C. Huang, Internet use and psychological well-being: a meta-analysis, abstract

disponibile sul sito della US National Library of Medicine National Institutes of Health.

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S. Valenzuela, Namsu Park, Kerk F. Kee, Is There Social Capital in a Social

Network Site? Facebook Use and College Students’ Life Statisfaction, Trust, and Partecipation , “Journal of Computer Mediated Communication”, article first

published online: 3 August 2009.

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C. Thompson, Smarter Than You Think: How Technology Is Changing Our Minds

for the Better, New York,Penguin Press, 2013 (sito dell’ autore

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individui in contatto più velocemente e con molti altri individui, dall’altro li rende più deboli, più vulnerabili, aumentando sostanzialmente il senso di solitudine, portando insicurezza e, a lungo andare depressione ed infelicità.

La sua posizione critica punta il dito non sugli strumenti digitali in sé bensì sul modo in cui vengono utilizzati: Internet, sostiene Bauman, «non si insinua dentro di noi, ci mostra solo ciò che sta dentro di noi. Tutto dipende da quello che cerchiamo: i dispositivi tecnologici si limitano a rendere più o meno realistici i nostri desideri e più o meno veloce ed efficace la nostra ricerca».27

Quindi tutto dipende dalla nostra consapevolezza? Innanzitutto nell’era digitale devono essere recuperati il dialogo e la cooperazione, è necessario mantenere vivo l’interesse per chi la pensa in maniera diversa dalla nostra e non accettare semplicemente e solamente di rispecchiarsi solo con chi la pensa allo stesso modo. Essere aperti alla cooperazione significa che il dialogo non deve essere finalizzato a far prevalere il nostro ego. La solidarietà, l’ascolto, la comunicazione vera, il rispetto di idee divergenti dalle nostre sono questioni fondamentali peri il futuro dell’umanità.

Ricapitolando: a Bauman, come è già stato affermato sopra, si deve la folgorante definizione di “modernità liquida”, di cui è uno dei più acuti osservatori e la cui concettualizzazione ha influenzato gli studi in tutti i campi delle scienze umane. Per capire le mutazioni in atto, l’accelerazione del cambiamento determinato in questi ultimi anni dall’espansione dei social media e delle reti in particolare, occorre partire proprio da questo suo assunto, vale a dire dal fatto che nella società contemporanea i legami tra gli individui si sono liquefatti, tendono cioè a dissiparsi, a disgregarsi e a diventare sempre più effimeri. L’attuale liquefazione delle relazioni produce un individuo afflitto dalla solitudine, egoista ed egocentrico, che vive in un tempo anch’esso liquido, non solido come quello che contraddistingueva le

27Z. Bauman, “Facebook, l’intimità e l’estimità”, testo dell’intervento tenuto a

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società premoderne. Da qui l’enorme disagio della postmodernità e la fuga rassicurante nell’online.

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3.3 SOLITUDINE, AMICIZIA E SOCIAL