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LA CONCEZIONE DELLO SPAZIO: LA TEORIA DEI NON LUOGHI DI AUGE’

TEMPO E SPAZIO NELL’ERA DIGITALE

2.2 LA CONCEZIONE DELLO SPAZIO: LA TEORIA DEI NON LUOGHI DI AUGE’

iamo quindi di fronte ad un individuo non solo privo di orologio al polso (ironizzando viene da dire che anche il povero orologio da polso è stato spiazzato dall’orario visibile sul display dello smartphone…), ma ahimè privo anche della bussola. A causa della società postmoderna e iperglobalizzata, turbo e rapida egli ha smarrito le fondamentali coordinate spaziali.

L’individuo del Terzo millennio non fa altro che altalenarsi tra luoghi e nonluoghi8 ed è proprio dall'incrocio di questi che nascono problemi e fraintendimenti dal punto di vista spaziale e temporale: la percezione degli spazi quindi condiziona la percezione del tempo, talvolta viene preferita o imposta la finzione e la sensazione dell'istantaneità e dell'ubiquità non sono altro che un'illusione della comunicazione. Questi soggetti attraverso l'uso compulsivo degli strumenti informatici hanno sostituito in abbondanza la comunicazione alla relazione e tale condotta è molto pericolosa. I veri luoghi sono quelli in cui è possibile tessere relazioni sociali, amicizie, legami, soprattutto la “relazione vera” nella sua essenza di “legame” necessita di spazio e di tempo. Ma qual è allora il tempo reale? Quali nessi con i non luoghi? Se la comunicazione ha spodestato la relazione, ne ha assunto le vesti ma è solo una contraffazione mal riuscita allora gli individui e soprattutto le nuove generazioni a cui il futuro appartiene saranno destinati alla solitudine?

Per la trattazione di questo argomento trovo utile se non necessario collegarmi e ripercorrere il pensiero dell'antropologo M. Augè, il quale con la sua teoria dei non luoghi ci restituisce un interpretazione accattivante e predittiva sulle condizioni dell'individuo nella società attuale e futura. L'autore definisce i nonluoghi in contrapposizione ai

8 M. Augè., Nonluoghi , Elèuthera, Milano, 1993.

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luoghi antropologici, quindi tutti quegli spazi che hanno la prerogativa di non essere identitari, relazionali e storici. Fanno parte dei nonluoghi sia le strutture necessarie per la circolazione accelerata delle persone e dei beni come autostrade, aeroporti e mezzi di trasporto sia i grandi centri commerciali i campi profughi etc. Spazi in cui milioni di individualità si incrociano senza entrare in relazione sospinti o dal desiderio frenetico di consumare o di accelerare le operazioni quotidiane o come porta di accesso ad un cambiamento reale o simbolico. I nonluoghi sono prodotti della società della surmodernità incapace di integrare in sé i luoghi storici confinandoli e banalizzandoli in posizioni limitate e circoscritte alla stregua di "curiosità" o di "oggetti interessanti". Simili eppure diversi: per esempio le differenze culturali massificate, in ogni centro commerciale possiamo trovare cibo cinese, italiano, messicano e magrebino. Ognuno con un proprio stile e caratteristiche proprie nello spazio assegnato. Senza però contaminazioni e modificazioni prodotte dal nonluogo. Il mondo con tutte le sue diversità è tutto racchiuso lì. I

nonluoghi sono incentrati solamente sul presente e sono altamente

rappresentativi della nostra epoca, che è caratterizzata dalla precarietà assoluta (non solo nel campo lavorativo), dalla provvisorietà, dal transito e dal passaggio e da un individualismo solitario. Le persone transitano nei nonluoghi ma nessuno vi abita.

Secondo Marco Lazzari (2012)9 i nativi digitali sono nativi anche rispetto ai centri commerciali, nel senso che non li percepiscono come una cosa altra da sé: sfuggendo la retorica del nonluogo e ogni snobismo intellettuale, i ragazzi sentono il centro commerciale come un luogo vero e proprio, di frequentazione non casuale e non orientata soltanto all'acquisto, dove si può esprimere la socialità, incontrare gli amici e praticare con loro attività divertenti e interessanti.

9M. Lazzari, The role of social networking services to shape the double virtual

citizenship of young immigrants in Italy, Proceedings of the IADIS International Conference on ICT, Society and Human Beings 2012, Lisbon, Portugal, July 21-23,

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L'identificazione dei centri commerciali come nonluoghi, infatti è stata oggetto di messe a fuoco distinte da quella di Marc Augé: una ricerca effettuata in Italia su un vasto campione di studenti delle scuole superiori (Lazzari & Jacono, 2010)10 ha mostrato come i centri commerciali siano uno dei punti di ritrovo d'elezione per gli adolescenti, che li pongono al terzo posto delle proprie preferenze d'incontro dopo casa e bar. Lo stesso Augé, in effetti, ha successivamente convenuto che «qualche forma di legame sociale può emergere ovunque: i giovani che si incontrano regolarmente in un ipermercato, per esempio, possono fare di esso un punto di incontro e inventarsi così un luogo». Le modalità d'uso dei nonluoghi sono destinate all'utente medio, all'uomo generico, senza distinzioni. Non più persone ma entità anonime: «il cliente conquista dunque il proprio anonimato solo dopo aver fornito la prova della sua identità, solo dopo aver, in qualche modo, controfirmato il contratto»11.

Nel non luogo non vi è una conoscenza individuale, spontanea ed umana. Non vi è un riconoscimento di un gruppo sociale come siamo abituati a pensare nel luogo antropologico. «Una volta l'uomo aveva una anima e un corpo, oggi ha bisogno anche di un passaporto, altrimenti non viene trattato da essere umano» così scriveva il novelliere e saggista Stefan Zweig12; da quel tempo il processo di disindividualizzazione della persona è andato via via progredendo. D'altro canto, come sottolinea Marc Augè, il luogo e il non luogo non esistono mai in forma pura, si presentano piuttosto come delle polarità sfuggenti: «il primo non è mai completamente cancellato e il secondo non si compie mai totalmente: sono palinsesti in cui reinscrive il gioco mistico dell'identità e della relazione».13

Nel pensiero di Augè è ricorrente una visione del presente

10 M. Lazzari, M. J. Quarantino, Adolescenti tra piazze reali e piazze virtuali,

Sestante Edizioni, Bergamo, 2010.

11 Ibidem. 12

S. Zweig,., Il mondo di ieri: ricordi di un europeo (1944), traduzione di L. Mazzucchetti, Mondadori, Milano, 1979.

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schiacciante, un presente da consumare, ma non da pensare, è venuto meno il senso relazionale e storico del luogo. Il luogo è relazionale, è stato costruito dai nostri predecessori con i loro legami, imprimendo in esso la storia. Il non luogo è esattamente il contrario. Non ci troviamo di fronte alla dicotomia tipica che esiste ad esempio tra comunità e società, i luoghi e i non luoghi posseggono sì scale diverse ma si sommano generando confusione, dando vita ai cosiddetti tempi morti. Per Augè i tempi morti sono il corollario dei non luoghi, sono il risultato della contrapposizione tra il tempo del lavoro frenetico e il tempo perso causato dalla velocità, questi tempi ci vengono imposti dal mondo globale. Il tempo morto però è anche un'interruzione programmata da sempre per scandire la vita e il lavoro, basta pensare alle pause durante una qualsiasi incontro sportivo o le pause durante l'attività lavorativa. Nella società complessa il tempo morto ha assunto un diverso significato, può essere definito come un sorta di contraddizione geografica e temporale della globalizzazione. Nelle autostrade la circolazione è veloce, ad esempio i tir (adibiti sempre più al trasporto rapido per le vendite on-line) e le auto, circolano incessantemente, freneticamente, le autostrade sono state concepite per tale scopo, ma non di rado il traffico va in tilt e si creano ingorghi, si creano tempi morti che si protraggono ore, paradossalmente possiamo raggiungere una località molto distante con l'aereo in pochissimo tempo, e impiegare il triplo del tempo per fare pochi chilometri per raggiungere il luogo di residenza, ancora, con un click ordino l'oggetto dei desideri, l'azione è rapidissima, ma non esente dai sovra citati tempi morti.

L'individuo non può che trovarsi in difficoltà, nell'incapacità di saper gestire localmente quei tempi morti non scelti personalmente, ma impostagli dalla gerarchia della società globale. Ci troviamo di fronte ad uno scenario temporale assurdo anche nell'ambito lavorativo: ritmi massacranti di lavoro e prolungamento dell'età pensionabile, simultaneamente cassa integrazione, disoccupazione,

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prepensionamento, chiusura delle fabbriche fino a migrazioni forzate attraverso il mare con numerose vittime. Tutte queste situazioni sono tempi morti imposti dalle regole del mercato globale ovvero frutto dello scontro tra locale e globale. Ne consegue inoltre che l'ambito lavorativo il quale in passato svolgeva una funzione integrativa e di relazione adesso si sia ridotto a luogo di aride relazioni a scopo meramente professionale.

L'antropologo francese nello sviluppo della sua teoria dei nonluoghi parla di surmodernità. Il termine surmodernità, calco dal francese

surmodernité (il prefisso sur nel sostantivo surmodernità è da

intendersi nel senso che possiede in Freud e Althusser nell'espressione ”surdeterminazione”, il senso dell'italiano “troppo”, dell'inglese ”over”, esso indica la sovrabbondanza di cause che complica l'analisi degli effetti) si può tradurre con supermodernismo, inteso come evoluzione ulteriore rispetto al superamento della fase post industriale, si intende fare riferimento ai fenomeni sociali, intellettuali ed economici connessi allo sviluppo della nostra società iper complessa alla fine del ventesimo secolo, ovvero alla sempre più invasiva diffusione della globalizzazione nella vita degli individui.

La condizione di surmodernità rappresenta il verso della medaglia il cui rovescio è stato costituito dalla postmodernità ed è definita dallo stesso Augé attraverso la figura dell'eccesso, nelle sue declinazioni di eccesso di tempo, eccesso di spazio ed eccesso dell'ego:

- L' eccesso di tempo si risolve in una difficoltà di pensare il tempo a causa della sovrabbondanza di avvenimenti del mondo contemporaneo.

- L' eccesso di spazio è anch'essa una trasformazione accelerata del

mondo contemporaneo che porta da un lato al restringimento del pianeta rispetto alla conquista dello spazio e dall'altro, alla sua apertura grazie allo sviluppo dei mezzi di trasporto. In questa dimensione nascono e si moltiplicano i nonluoghi.

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- L' eccesso di ego si manifesta nel momento in cui, come avviene

nella nostra civiltà, l'individuo si considera un mondo a sé: si ha cioè un'individualizzazione dei riferimenti poiché l'individuo si propone di interpretare da sé stesso per se stesso le informazioni che gli vengono date.

Non solo ci si trova dinnanzi al fermo immagine sulla complessità di un'epoca che Augé ama chiamare della surmodernità, ma ne scaturisce un'analisi dell'odierna complessità che fa fino in fondo i conti con le trasformazioni, le incertezze, le ambiguità, le ambivalenze di un eterno presente che sembra arrestarsi in un moto circolare del tempo, con tutta la fatica di scorgere, al di là di esso, quell'orizzonte che si chiama avvenire. Nella sua ultima opera14 Augè parla del futuro. Per l’antropologo futuro e avvenire non sono la stessa cosa: il futuro interessa molto la durata quotidiana di ciascuno, dal momento che noi viviamo costantemente il futuro; l’avvenire è più lontano e anche più sociale. C’è una solidarietà interna tra le generazioni e una distinzione tra le generazioni. Augè afferma in una sua intervista in occasione dell'uscita del suo ultimo libro che -«Oggi c’è una distinzione più forte che mai tra le generazioni, tra i giovani e i loro genitori, nella misura in cui le invenzioni tecniche hanno cambiato il mondo. I giovani hanno vissuto con questi strumenti, mentre per gente della mia età sono acquisizioni. E noi non le consideriamo per quello che sono, vale a dire come parte del loro universo – a ben vedere, nella nostra società dei consumi l'essere scompare nell'apparire, la classica dimensione spazio-temporale è stata scardinata dalla tecnologia, dove tutto sembra misurarsi in tempo - quattro ore di autostrada, tre di volo, due di attesa così che il centro del mondo si è de-territorializzato e i non luoghi si inscrivono su scala planetaria. Tale rapporto così poco autentico con la vita e con la storia fa sì che venga meno la speranza di potercela fare e di potersi determinare.

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In accordo con Ilardi e Desideri (1998)15, all’interno dei non luoghi possiamo distinguere i luoghi adibiti al transito dai luoghi diversamente deputati al consumo e al divertimento, ovvero gli iper-

luoghi. Riguardo ai primi si parla in termini funzionali, nel senso che

sono luoghi che permettono di spostarsi, di creare i percorsi individuali, quei tragitti dove assaporare quel piacere nostalgico del viaggiatore e di scrollarsi di dosso per un po’ del ruolo che quotidianamente rivestiamo nel luogo in cui viviamo. I secondi tutti identici in ogni parte dell’universo, non hanno altra funzione se non quella economica legata al profitto e all’annullamento delle differenze per poter così costruire un grande mercato globale in cui tutti i luoghi sono lo stesso luogo e in cui tutti gli individui sono identici e solo consumatori. Transitare in questi luoghi muovendosi in libertà, come ad esempio nei centri commerciali, nel nostro trovarsi in essi uno tra i tanti ci può regalare certamente la momentanea ebbrezza della libertà a basso prezzo ma è pur vero che tutto questo incrementa le forme patologiche dell’individualismo ove il confronto diventerà sempre più problematico. Effettivamente gli iper-luoghi semplificano tutta una serie di operazioni, ci tutelano da eventuali imprevisti, ci forniscono la certezza di imbattersi in qualcosa di già familiare e una costante sensazione di continuo de javu , ma di certo non lasciano alcuno spazio all’avventura e all’azione. Tali spazi forniscono un’immagine perfetta di un mondo iper-facile ed iper-sicuro dove tutto è spaventosamente programmato e dove noi come bambini dobbiamo solo farci guidare. Ricapitolando, si intendono luoghi e non luoghi degli spazi reali e ne deriva poi di conseguenza il rapporto che ogni individuo intrattiene con essi. Il luogo è per definizione, per ben tre volte “simbolico”: riguardo l’identità, la relazione e la storia. E’ scontato dedurre quindi che i non luoghi si identificano per la mancanza delle tre caratteristiche appena menzionate: in questi spazi ci si spersonalizza, sono una sorta di luoghi irreali che hanno come

15M.Ilardi, P.Desideri, Attraversamenti. I nuovi territori dello spazio pubblico, Ed.

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caratteristica principale il presentarsi in maniera analoga in qualsiasi angolo dell’universo; sono spazi concepiti per la comunicazione, per la circolazione e per il consumo, spazi dove si coesiste e si coabita senza vivere e comunicare realmente insieme, spazi il cui vero ed unico presupposto è far instaurare relazioni di tipo meramente contrattuale e a sfondo consumistico.

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2.3 IL CYBERSPAZIO: IL NON LUOGO