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2. Politica estera italiana post res perditas (1943-47)

2.2. L’adolescenza: settembre 1945-dicembre

Nonostante il pessimismo riguardo all’evoluzione delle discussioni sul trattato, l’Italia continua la sua azione diplomatica. Nella prima fase negoziale (settembre 1945-ottobre 1946) sarà appunto De Gasperi ad occuparsi direttamente della questione, mentre Prunas si dedicherà alla revisione dell’armistizio. Questi sono mesi molto delicati; sia l’apparato diplomatico che quello politico, nonostante le divergenze culturali e le diverse impostazioni di fondo (che non avevano del resto dato quasi mai dato vita ad antipatie personali191) si concentrarono su un unico scopo: uscire dallo stato di asservimento che gli alleai sembravano volerle imporre a tutti i costi. Tutto questo lavoro, è importante sottolinearlo, avveniva nelle condizioni più disagiate. Così parla Luciolli: “delle condizioni in cui si lavorava al Ministero degli Esteri durante l’inverno 1945-46 ricordo soprattutto quelle…termiche. A Palazzo Chigi mancava ogni forma di riscaldamento. Avevo portato da casa in ufficio una mia stufetta elettrica, ma non serviva quasi a nulla, sia perché i giorni in cui mancava la corrente erano più frequenti di quelli in cui c’era, sia perché l’altezza dei soffitti faceva sì che anche le stanze relativamente piccole come la mia avessero una cubatura eccessiva per una apparecchio di quel genere192.” Luciolli era allora a capo di un 187

G.Formigoni Il ruolo di Alcide De Gasperi nella politica estera italiana in U.De Siervo, S. Guerrieri, A. Varsori (a cura di)

La prima legislatura repubblicana…p.173-183

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A questa impostazione, in più episodi e in diverse situazioni, come scrive Guido Formigoni, poteva aggiungersi un “nazionalismo a sfondo guelfo” che identificava l’Italia con il paese cattolico per eccellenza e quindi il civilizzatore, questo atteggiamento emerse soprattutto nei rapporti con il mondo coloniale. G. Formigoni La cultura internazionale della

Democrazia Cristiana in Uomini e nazioni…p. 96-114

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P. Quaroni, Il mondo di un ambasciatore…p. 67

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G. Formigoni La cultura internazionale della Democrazia Cristiana…p. 99

191Infatti Luciolli nella biografia parla positivamente di De Gasperi e anche Borzoni racconta come il rapporto tra quest’ultimo e Prunas fosse complessivamente ottimo e cordiale. Palazzo Chigi: anni roventi…e Renato Prunas diplomatico…

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ufficio della Direzione Generale Affari Economici e doveva produrre dei documenti che attestassero la disperata situazione economica, i quali sarebbero stati presentati a Parigi al momento del negoziato sulle clausole economiche del trattato di pace; ma il suo compito era reso difficile se non impossibile dalla situazione: “a quel tempo, però, si chiedeva invano alle Ferrovie di indicare quanti vagoni disponessero ancora o al Ministero dei Lavori Pubblici quanti ponti fossero stati distrutti. Mentre i più importanti organi statali riuscivano a stento a ottenere una comunicazione telefonica interurbana193”. E’ importante tenere sempre presente la realtà diplomatica e quella politica nella loro totalità: gli orientamenti culturali, le posizioni individuali, ma anche le condizioni materiali.

Torniamo in primis all’azione di Prunas: Il SG scrive a Tarchiani il 12 dicembre chiedendo almeno la revisione delle clausole economico-finanziarie: requisizione delle am-lire, cessazione di servizi e prestazioni italiane gratuite, autorizzazione ad intraprendere rapporti commerciali e finanziari con altri paesi, restituzione di stabilimenti industriali confiscati, ripristino servizi doganali ai confini italiani e infine il pagamento in lire delle spese di occupazione. Tutto ciò dev’essere presentato, secondo Prunas, non come parte di un trattato di pace preliminare ovvero come gentile concessione fatta all’Italia da parte degli alleati, ma come atteggiamento necessario ad interrompere definitivamente lo stato di guerra. Le indicazioni del SG vengono riferite dall’ambasciatore a Washington, Alberto Tarchiani194, al segretario di Stato: Prunas vuole appunto chiarire agli ambienti americani le proposte dell’Italia in vista delle conferenza dei supplenti a Mosca (gennaio 1946). In quest’occasione rappresentanti inglesi e americani discutono a lungo e privatamente sul futuro del regime armistiziale per l’Italia, mentre le altre problematiche devono essere discusse coi sovietici. Durante i ricevimenti privati le posizioni americane di nuovo sembrano favorevoli alle richieste italiane come erano state presentate da Prunas, ma occorrono dei mesi e altri “colloqui privati” (come quelli avvenuti durante la seconda sessione del Consiglio dei Ministri degli Esteri nell’aprile ‘46) per convincere la parte inglese. Solo il 16 maggio 1946 la Commissione Alleata comunica a Palazzo Chigi la revisione dell’armistizio: abolito il testo del documento del 29 settembre, smantellata la Commissione Alleata, mentre la gestione delle forze armate rimane al Comando Supremo Alleato, viene agevolato il ritorno di prigionieri italiani, si stabilisce che la forma di governo debba essere scelta attraverso consultazione popolare. Questo accordo sarebbe rimasto in vigore fino alla firma del trattato di pace definitivo e sarebbe stato seguito da due accordi separati tra Italia e Gran Bretagna e Italia e Stati Uniti per la definizione dell’entità e dello status delle forze armate angloamericane nella penisola. I negoziati con la Gran Bretagna, gli Stati Uniti e l’Urss per modificare lo statuto di occupazione proseguono fino alla firma del trattato, ma per Prunas non è possibile ottenere 193

Ibidem p. 172 194

Alberto Tarchiani nasce a Roma nel 1885. Iniziata l'attività giornalistica nel 1903, collaborò al Nuovo Giornale di Firenze e alla Tribuna di Roma, trasferendosi poi a New York, dove diresse il Cittadino. Rientrato in Italia nel 1915, partecipò come volontario alla Grande Guerra e nel 1919 entrò nella redazione del Corriere della Sera, rimanendovi fino al 1925, quando fu costretto a emigrare in Francia per le sue idee antif.iste. Tra i fondatori dell'organizzazione clandestina Giustizia e Libertà, nel 1937 se ne staccò e iniziò a collaborare con Pacciardi al giornale Giovine Italia. Trasferitosi nel 1940negli USA, fu Segretario Generale della Mazzini Society fino al 1943, quando fece ritorno in Italia, dove aderì al Partito d'Azione e ricoprì la carica di ministro dei Lavori pubblici (1944). ambasciatore negli USA dal 1945 al 1955. Nel 1961 va in pensione e muore a Roma nel 1964. http://www.treccani.it/enciclopedia/nicolo-carandini_(Dizionario-Biografico)/

ulteriori modificazioni. Byrnes e Ancheson si prodigano per trovare una soluzione che lasci all’Italia maggiori libertà di manovra. Un esempio sono i telegrammi che i due inviano al rappresentante americano in Urss, George Kennan, il quale risponde che l’Unione Sovietica, pur essendo positivamente disposta ad una modifica in questo senso, preferisce posporla alla firma dei trattati di pace. Infatti per l’Unione Sovietica accettare un’Italia capeggiata da un capo del governo democristiano (infatti De Gasperi divenne presidente del Consiglio nel dicembre 1945) legato agli Stati Uniti, poteva essere tollerata soltanto a prezzo della cessione alla Jugoslavia di parte della Venezia-Giulia. Da questo momento in avanti, gli Stati Uniti decidono di separare le discussioni sul trattato di pace da quelle sulla revisione del regime di armistizio. Non era più il momento di modificazioni immediate, seppur vantaggiose, dello strumento di resa italiano, c’era bisogno adesso di decidere la forma e il contenuto del documento che sarebbe andato a sostituire l’armistizio e queste discussioni avrebbero impegnato l’intero apparato diplomatico americano per i mesi a venire.

Parallelamente all’azione di Prunas, che non è altro che la continuazione della linea diplomatica adottata già con la ricostituzione del MAE, il ministro degli Esteri De Gasperi seguirà invece più da vicino gli sviluppi dell’intera situazione internazionale italiana. Lo sviluppo appunto di quelle discussioni a cui si cominciarono a dedicare tutti quanti gli apparati diplomatici delle Quattro Grandi Potenze. De Gasperi nel dicembre 1945 era succeduto a Parri come capo del governo, il suo nome era venuto fuori nella discussione al CLN di Roma dopo che quello di Carlo Sforza era stato scartato dagli inglesi. Myron C. Taylor che però restava dubbioso: “the head of the [future] government should be a personage who enjoys the greatest possible esteem for his capacity and experience (…) in some circe De Gasperi, former representative and leader of the Popular Party, is being named. He is considered cultured, responsible, active and well-balanced. But as he has never had the experience of participating in government(…) it is impossible to be certain in advance that he will succeed195”. Oltre all’incarico

governativo, De Gasperi rimarrà agli Esteri e tra il gennaio 1946 e il febbraio 1947 proprio nel periodo centrale delle discussioni inter-alleate sul trattato italiano. I suoi obiettivi si definirono in corso d’opera ma, se analizzati in profondità, rispecchiano le posizioni che il MAE aveva assunto in seguito agli accurati studi delle diverse commissioni, studi iniziati fin dal settembre 1944: mantenere parte delle colonie (sovranità sulla Libia e sull’Eritrea mantenendo l’amministrazione fiduciaria della Somalia), negoziare con la Francia i territori in Piemonte e in Valle d’Aosta e con la Jugoslava il confine orientale che, secondo il governo italiano, doveva corrispondere alla linea Wilson. Non meno importante era, per De Gasperi, il dipingere, nel testo vero e proprio del trattato, l’Italia come una delle potenze che avevano partecipato alla vittoria finale sul nazifascismo e come una delle sue più grandi vittime. Era a causa del fascismo che l’Italia era entrata in guerra, era stata distrutta, aveva perso milioni di vite e il prestigio internazionale, al fascismo poi si era, però, ribellata riscattandosi così dall’onta subita.

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Così il presidente del Consiglio invia un memorandum alla conferenza dei ministri degli esteri dei Quattro il 8 settembre 1945 criticando la bozza del preambolo ai trattati196.Inoltre chiede per la questione della Venezia Giulia, appunto la linea Wilson che salvaguarderebbe i 550.000 italiani nella regione (contro i 440.000 sloveni e croati) inoltre De Gasperi sottolinea la dipendenza dell’Italia dal carbone e dalla bauxite provenienti dall’Istria197.

Nel maggio 1946 il presidente del Consiglio presenta di nuovo il punto di vista italiano alla Commissione Speciale sullo Statuto del Territorio Libero di Trieste, dovrà però aspettare la relazione del vice-ministro jugoslavo Kardelj198: De Gasperi reitera le proposte del memorandum, inoltre in una conversazione precedente con il segretario di stato Byrens e l’ambasciatore Carandini (6 maggio), la pericolosa proposta del plebiscito venne rifiutata dal segretario americano che voleva una soluzione concertata al livello di grandi potenze199. De Gasperi, nella sua azione a Parigi, comincia quella prassi di veicolare l’appoggio internazionale (in questo caso l’appoggio dei quattro grandi) alla stabilità politica dell’Italia: nel colloquio con Byrens ricorderà infatti le imminenti elezioni del giugno ‘46, il pericolo di un colpo di stato comunista e lascerà intendere che una soluzione del problema triestino che concedesse la città all’Italia, avrebbe con tutto probabilità evitato la crisi. Il presidente del Consiglio continuerà, nei suoi colloqui e nelle sue visite ai leader politici (le quali si concentreranno, dal 1947, sugli americani) con questo modus agendi, ne vedremo in seguito le conseguenze politiche. Il 23 maggio 1946, ancora, De Gasperi invia una lettera al presidente Truman, attraverso l’ambasciatore Tarchiani: perché tra i Quattro Grandi scegli gli Stati Uniti? Sicuramente perché non vi erano molte alternative: la Gran Bretagna si era apertamente schierata contro le richieste coloniali italiane200, la Francia avanzava pretese su Briga e Tenda, l’Unione Sovietica nella Commissione su Trieste appoggiava le tesi jugoslave. Inoltre il 16 maggio era stato firmato dai governi occupanti il protocollo di revisione del regime di armistizio,

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Durante la conferenza di Mosca infatti viene stilata la bozza del preambolo al trattato. De Gasperi ne critica subito l’inizio: “instead of - Italy under F.ist regim became a party of Tripartite Pact- insert the following text –Italy was led by the F.ist regime to become a party of the Tripartite Pact”; e richiede di specificare che l’Italia è entrata in guerra contro “some of the above-mentioned power” e non contro tutti, infatti l’Italia non avrebbe mai dichiarato guerra al Belgio,alla Polonia o alla Cecoslovacchia. E il memorandum continua riguardo alla seconda premessa sul rovesciamento del regime f.ista “no mention is made of the active role played by Italians people in these events (…) The third premises describe much too cursorily the period of co-belligerency and overlooks the important contribuition made by the Italian Regular Army and the partisans to the liberation campaigns”. FRUS, 1946, The second session of the Council of Foreign ministers, First Part, Paris, April 25-May 16 p 132-133

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FRUS, 1946, The second session of the Council of Foreign ministers, First Part, Paris, April 25-May 16 p 142-143 198

FRUS, 1946, The second session of the Council of Foreign ministers, First Part, Paris, April 25-May 16 p 223 “Record of the decisions, second session, eight meeting, Palais du Luxembourg, Paris, May 8”: “the council decided that the representative of the two governments would be received together and that the representative of Yugoslav government would be heard first.” 199 FRUS, 1946, The second session of the Council of Foreign ministers, First Part, Paris, April 25-May 16 p 256 “Memorandum of a conversation by the Assistant Secretary of State (Dunn)”: “the secretary says he was in favour of a plebiscite in the area between Soviet and American line but not for a plebiscite over all Venezia Giulia. He explained that the Council of Foreign Minister in London has adopted the ethnic principle as the basis for drawing a new Italian-Yugoslav boundary and the only area where a plebiscite was justified was would be in dispute area between Soviet Union and United States lines (---). ”

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Nella Commissione sui confini territoriali e in quella sulle ex-colonie italiane (insieme alla Commissione per Trieste, era una delle 20 commissioni messe in piedi dagli alleati in vista della conferenza di Parigi, per risolvere problemi nodali e formulare delle proposte da discutere alla conferenza. A seconda dell’importanza queste commissioni erano formate soltanto dai Quattro Grandi o dai rappresentanti di tutte le 21 nazioni unite) gli inglesi criticarono ogni ipotesi che concedesse la sovranità italiana sui territori africani. FRUS, 1946, The second session of the Council of Foreign ministers, First Part, Paris,

questo gesto viene interpretato (vuole essere interpretato con tutta probabilità) come segno di benevolenza, per cui, in nome di questo special committment De Gasperi mette il presidente degli Stati Uniti di fronte alla situazione italiana, usando anche toni decisi: l’opinione pubblica italiana è “now under the painfull impression that the discussion on Italy’s problems in London and Paris have revealed a play of power politics”, c’è bisogno di ridiscutere la frontiera orientale a favore della linea Wilson e quella occidentale (non si possono cedere Briga e Tenda, ma si può venire incontro ai francesi su richieste minori, piccoli aggiustamenti), infine le riparazioni impediranno la ripresa economica del paese e vanno diminuite201. Di nuovo il 20 giugno De Gasperi riporta le stesse richieste al segretario di Stato, sempre servendosi dell’ambasciatore Tarchiani. Il 22 giugno, Carandini, ambasciatore in Gran Bretagna, e De Gasperi discutono di nuovo con Byrnes in occasione della sessione dei sostituti a Parigi. L’Italia non è disposta a cedere sui suoi convincimenti e rifiuta la proposta di Molotov: sovranità italo- jugoslava su Trieste, il potere in mano ad un governo eletto e a due governatori dei rispettivi stati202. Il governo italiano per bocca dell’ambasciatore Tarchiani fa sapere al segretario di stato che la proposta di Molotov è inaccettabile, come la linea francese decisa dalla conferenza dei ministri degli esteri allora in corso a Parigi203, in queste circostanze era quindi meglio rimandare la questione di Trieste alle Nazioni Unite, optando per il temporaneo mantenimento dell’occupazione alleata204.

Oltre che nelle commissioni o nelle varie sessioni del consiglio del ministri degli esteri dei Quattro (gennaio-aprile, 25 aprile-16 maggio, 15 giugno-12 luglio) l’azione di De Gasperi si rivolge direttamente ai vari leader mondiali, soprattutto ai leader americani. Così il 18 giugno parla con il nuovo segretario di Stato Byrnes,205 al quale chiede udienza con una lettera che ha tutta l’aria di essere una richiesta d’aiuto. Infatti il ministro aveva certamente individuato oramai l’interlocutore americano come un fattore chiave per la soluzione dei problemi internazionali dell’Italia; ma aveva anche deciso di utilizzare con esso un tono esasperato, cioè di far leva sulla debolezza politica del governo e sulla precarietà economica del paese, non solo per ottenere aiuti economici, ma un vero e proprio sostegno politico. Con gli inglesi De Gasperi recupera questo “tono esasperato” ma con minor successo: si cerca di mettere in luce il comportamento jugoslavo in Venezia Giulia, di presentare al meglio le richieste coloniali, ma la questione delle navi italiane da cedere agli inglesi bloccherà questi colloqui206. Abbiamo

201 Ibidem 202

FRUS, 1946, The second session of the Council of Foreign ministers, First Part, Paris, April 25-May 16 p. 641 203

La linea francese prevedeva che di tutta l’area oggetto di disputa, 3.124 miglia quadrate andassero alla Jugoslavia, con una popolazione 540.000 di cui 376.000 Jugoslavi, 128.000 italiani. All’Italia spettavano solo 505 miglia quadrate con una popolazione di 423.000, di cui 278.000 italiani e 115.000 jugoslavi. Ibidem

204

FRUS, 1946 The second session of the Council of Foreign ministers, First Part, Paris, April 25-May 16 p. 682 205

Con Byrnes De Gasperi parlerà ancora varie volte in occasione della conferenza di Parigi, generalmente sottolinea il contributo dato dall’Italia nella Guerra al nazismo, ribadisce I tradizionali legami Roma-Washington, chiede per la frontiera giuliana la linea Wilson e per i territori contesi con la Francia, mantenere il confine in Alto Adige, le cui fonti di energia idroelettrica erano vitali per la Pianura Padana. Ancora il leader di Palazzo Chigi respinge le proposte francesi di un controllo su Tenda e Briga, mentre accetta di cedere isole dell’Egeo alla Grecia ma non transige sulla sovranità italiana in Africa del Nord (Libia, Eritrea, amministrazione fiduciaria sulla Somalia) concedendo basi militari ai vincitori inglesi in Cirenaica. Per parte loro, del resto, gli americani sono soddisfatti della forma presa dal trattato italiano poiché non minava le possibilità economiche del paese, anzi, chiudendo la strada coloniale, faceva risparmiare all’Italia notevoli sforzi economici. FRUS, 1946,

Paris Peace Conference: documents, Miscellaneus conference documents, p. 798

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DDI serie X, vol III, Carandini a De Gasperi 11 luglio 1946 D. 500 e Renato Prunas diplomatico…p 500

visto come l’apparato diplomatico proceda in armonia con quello politico e ciò sicuramente grazie alla “politicizzazione” della diplomazia, che garantisce una maggiore vicinanza di prospettive. Infatti De Gasperi, nel trattare con gli angloamericani, ha la collaborazione dell’azionista Alberto Tarchiani e del liberale Nicolò Carandini207, i cui partiti sono al governo e collaborano con la Democrazia Cristiana in una coalizione antifascista. Inoltre le esperienze politico-culturali di entrambi gli ambasciatori sono vicine a quelle di De Gasperi, così la formazione classica, la cultura imprenditoriale e soprattutto il rifiuto della lotta, dell’aggressività, l’opposizione agli estremismi e la tendenza a mediare. Ad armonizzare ancor di più il mondo diplomatico e quello politico è del resto la “comunità d’intenti”, l’obiettivo comune, la volontà di risollevare il paese perorando la causa italiana soprattutto con gli angloamericani. Ma, come ricorda Formigoni208, le frizioni tra le alte figure della carrière e l’establishment erano ancora all’ordine del giorno: la diplomazia manteneva delle sfumature che il mondo governativo non poteva capire né tantomeno condividere.

Durante la Conferenza di Pace di Parigi, 29 luglio-15 ottobre, il presidente del Consiglio continua la sua azione di consultazioni private in cui coinvolge anche l’ambasciatore Carandini209 e Soragna (segretario della delegazione italiana alla conferenza). Questi in un resoconto per il MAE scrivono: “cerchiamo di tenere dietro le cose (---) facciamo visite ai supplenti (---) vediamo degli esperti: ma in nessuna delle faccende sul tappeto si degnano nuovi sviluppi210” Dall’immagine che ci restituisce Carandini è evidente quanto l’Italia cercasse letteralmente di “tenersi dietro”, di seguire i Grandi, di capire qualcosa del suo futuro. Ma dalla frustrazione sia di De Gasperi che degli altri rappresentanti italiani è anche evidente che, a questo desiderio quantomeno di informazioni, non rispondeva alcuna volontà alleata di coinvolgere gli italiani. A Parigi le discussioni si svolgevano a porte chiuse e raramente De Gasperi, in veste del governo italiano, era chiamato ad intervenire e comunque, se lo faceva, era per una manciata di minuti. Divenne davvero evidente agli occhi della classe dirigente quanto l’Italia non avesse nessuna rilevanza politica nei discorsi a quattro.

In questo frangente De Gasperi tralasciò i contatti con i francesi, che invece per Prunas riteneva molto