• Non ci sono risultati.

4. In medias res: l’azione diplomatica di Manlio Brosio

4.1. Il mondo visto da Mosca

Come abbiamo visto, nella sede moscovita oramai da tre anni sedeva il diplomatico di carriera Pietro Quaroni. Quaroni durante la sua esperienza russa aveva avuto modo di instaurare tutta una serie di contatti, soprattutto con gli ambienti americani, ma anche arabi, contatti che si erano rivelati e si riveleranno molto utili e forieri di importanti informazioni. Da Palazzo Chigi le istruzioni, come ricorderà lo stesso Quaroni, erano state molte e impegnative, soprattutto con la fine della guerra: recuperare i rapporti con Mosca, cercare di negoziare con la dirigenza sovietica l’appoggio ad una partecipazione italiana al trattato sulla Germania480, testare le opinioni russe in merito al trattato di pace481, sviluppare una soluzione della controversia triestina, analizzare la situazione interna sovietica. E’ il suo lavoro che Brosio erediterà, insieme con i contatti stabiliti dal diplomatico romano e alle sue preziose considerazioni.

Brosio riceve la nomina il 24 ottobre 1946, ma non risponde subito alla richiesta, firmata dallo stesso Sforza, deve consultarsi con la moglie e non è convinto di voler abbandonare la professione di avvocato a cui si era dedicato dopo la turbinosa parentesi politica. Accetterà soltanto il 6 dicembre: dalle sue carte emerge una grande curiosità più che verso la politica verso la cultura sovietica, la quotidianità, la prospettiva di vita.

Brosio non sembra armato di convinzioni politiche anzi come vedremo in seguito ricorda più volte nel suo diario di voler essere obiettivo: in Russia non vuole trovare gli elementi per condannare il regime comunista, da Mosca non si aspetta niente, vuole mantenere l’obiettività e la vuotezza di una pagina bianca per poter assorbire direttamente i tratti di una cultura, di un mondo totalmente diverso482.

480 Colloquio con Molotov 3 febbraio e con Vyšinskij 6 febbraio.

481 A gennaio Quaroni fa notare a Palazzo Chigi che i giornali protestano giustamente contro l’interpretazione italiana dell’articolo 90 del trattato di pace, secondo la quale, il trattato stesso sarebbe entrato in vigore solo dopo la firma dell’Italia. La posizione italiana infatti non rispecchia la lettera del documento di Parigi. ASMAE A.R. b. 324 f. Pubblicazioni, statistiche Quaroni a Sforza 24 gennaio ‘47 tel. n. 139/19

482 Di opinione totalmente diversa era l’onorevole Pietro Nenni che affermava: “Brosio ha definitivamente scelto l’ambasciata a Mosca, vi si reca non certo come alla Mecca ma per vederci ciò che cerca: la condanna del bolscevismo” La politica estera italiana e l’Unione Sovietica (1944-48)…p. 309

Perciò due giorni dopo l’arrivo a Mosca va al teatro Bolsoj e annota le impressioni della sua prima commedia russa,483 assume un’insegnante madrelingua e continua a frequentare teatri di vario genere. Dopo aver accettato l’incarico, il 16 febbraio il nuovo ambasciatore è già a Varsavia e il 20 arriva a Mosca. Durante il viaggio incontra già le prime difficoltà: “si ignorano gli orari ferroviari sovietici da Brest Litovsk in poi. Il treno che stasera muoverà da Varsavia ci lascerà domani a Taraspol, a sei chilometri dalla frontiera, perché il treno diretto a Brest Litovsk è stato ridotto a trisettimanale: da Taraspol mi occorreranno otto o dieci ore per percorrere i sei chilometri che la dividono da Brest. Di qui in poi provvederanno le autorità russe: si entra in una zona effettivamente incontrollata e misteriosa.484” Ma anche a Mosca gli inconvenienti continuano: “non riuscirò stasera, malgrado infinite insistenze e patteggiamenti fra ministro Esteri, Intourist485, Bjurobin486 e direzione dell’albergo, ad avere una camera per Margherita487: speriamo domani.488” Il 20 Brosio visita la sede d’ambasciata dove incontra i suoi principali collaboratori: Giuseppe Enea, il consigliere commerciale, Franco Venturi, l’addetto culturale che contribuirà con i suoi rapporti a dipingere un quadro storico- culturale della vita sovietica, Cesare Ugolini e Pier Luigi La Terza,489rispettivamente addetto e consigliere d’ambasciata, infine il segretario Giovanni Lucciolli. Queste le figure, insieme a Tommaso Mancini,490 più significative nell’esperienza moscovita di Brosio.

E’ importante a questo punto aprire una parentesi sulla situazione dell’ambasciata moscovita. In occasione della nomina di Pier Luigi La Terza, Quaroni si esprimeva così: “l’unica osservazione che faccio è che, date le circostanze speciali di Mosca e della vita che dobbiamo fare, ritengo che in linea di massima sia preferibile mandare qui delle persone sposate che degli scapoli, a condizione naturalmente che le mogli siano pronte a sopportare una vita di non eccessivo divertimento491”. In un telegramma successivo l’ambasciatore aggiunge “per quanto riguarda la qualifica con cui nominare La Terza ti sarei grato se volessi far sì che gli vengano date le funzioni di Ministro Consigliere.

483 “Corpo di ballo eccellente, movimenti di massa perfetti, messa in scena grandiosa. La musica non è troppo felice, salvo in alcuni sprazzi del secondo atto. Il balletto, impeccabile, risente di una formula ottocentesca superata:tutti i difetti e direi il ridicolo implicito nell’opera lirica, senza la salvezza del canto.”Diari di Mosca..p 25 484 Diari di Mosca…p 19

485

Ufficio per l’organizzazione del turismo in Russia, istituito nel 1929 e gestito prima da ufficiali dell’NKVD e poi del KGB.

486 Ufficio per i servizi agli stranieri, istituito nel 1925 e riorganizzato nel 1947, inserito nel Ministero degli Esteri per facilitare l’organizzazione e l’attività materiale delle missioni diplomatiche.

487 La cameriera dei Brosio. 488

Diari di Mosca…p.22

489 Su La Terza è interessante come Brosio lo descrive quale “conservatore scocciato”: al ritorno da un ricevimento di Molotov La Terza, dice l’ambasciatore “ha avuto un altro dei suoi sfoghi reazionari, scagliandosi contro la menzogna socialista, la differenza di classi in Russia, l’iniquità di simili feste in confronto con la miseria generale. Gli ho detto che con simili pessimi argomenti si svalutava qualsiasi critica al socialismo: non è attribuendo al socialismo un assurdo modello utopistico, non è pretendendo che il socialismo esemplare debba essere monastico, che si può discutere con serietà un fenomeno importante come il capitalismo. Un socialismo senza feste, o con feste all’acqua di selz, o con classi dirigenti che non comandano, questo vorrebbero i reazionari.” Oltre a dare l’impressione su un carattere, questi dibattiti restituiscono un po’ l’ambiente umano, oltre che le diverse posizioni intellettuali dell’ambasciata e dei suoi funzionari. Diari di Mosca…p.159

490 Riguardo a Mancini Brosio si riferisce in più punti nel suo diario in questi termini “il buon Mancini”, “il caro Mancini”, tutto ciò denota un rapporto quantomeno di stima reciproca.

491

Si tratterebbe naturalmente, anche in questo caso, di funzioni accordate, come per Prato, a titolo esclusivamente protocollare. Faccio questa proposta in quanto, come ti ho già detto, le questioni di cerimoniale e di precedenza hanno qui una grande importanza e tutte le Rappresentanze estere a Mosca seguono regolarmente il sistema di dare qui ai loro funzionari un titolo superiore a quello che comporterebbe loro in relazione al grado e al titolo con cui vengono nominati negli altri paesi492”. I sovietici che comunicano con le ambasciate estere sono tutti Vice-Ministri e non amano parlare con personaggi di grado inferiore, inoltre il cerimoniale, come appunto nota Quaroni, è di fondamentale importanza per la dirigenza sovietica: bisogna mantenere una certa distanza nei colloqui, le udienze tra ambasciatori e personale sovietico devono seguire regole ben precise (incontrarsi nel corridoio, a metà esatta, entrare insieme nella stanza ricevimenti), così le formule delle note ufficiali e via dicendo493. Un’altra cosa che nota Quaroni e che però non è solo una particolarità di Mosca è la scarsità di personale: di nuovo a Guarnaschelli riferisce che nell’ufficio di La Terza “ci vorrebbe il rinforzo davvero di una dattilografa perché veramente ancora oggi le necessità della copia costituiscono un serio impaccio al disbrigo del lavoro”. Divertente è la notazione successiva che dice molto sul criterio di reclutamento del personale nella sede moscovita: “Da parte del mio personale mi viene fatto il nome di Elsa Ciniselli che risponderebbe a tutti i requisiti: sarebbe una buona dattilografa, ha raggiunto l’età canonica ed è brutta494.” Le assunzioni di personale romano, come di personale locale avvenivano in base a particolari competenze, ma anche considerando le necessità dei diversi funzionari, rinchiusi in una stanza senza molti svaghi e quindi facilmente seducibili. Il personale cresce, seppur non così velocemente come sarebbe stato invece necessario, nel periodo tra il ‘45 e il ‘47, infatti Guarnaschelli autorizzava nella lettera successiva Quaroni ad assumere Elsa, così farà per gli’impiegati da Roma Giovannini Lea e il traduttore Bartolini Martino495. Del resto rimangono ancora dei vuoti: nell’aprile 1947, Brosio scrive al Ministero lamentando “Baliev e Perekrestova Cereskrestva Nicolaievna sono addetti esclusivamente all’ufficio commerciale, inoltre trattasi di due e non di tre traduttori in quanto Cereskrestva e Perekrestova sono la stessa persona. Quindi, praticamente, per la traduzione degli articoli di carattere politico e per seguire la vasta stampa sovietica ho una sola persona a disposizione: Marzoni496”. Oltre alla mancanza di fondi da parte di Palazzo Chigi (cosa che l’ambasciatore riconoscerà astenendosi quindi dal richiedere un altro traduttore), un fattore che contribuiva alla mancanza cronica di personale nella sede moscovita era la ritrosia sovietica a concedere visti d’entrata:

492

ASMAE, A.R., b. 355 f. Pier Luigi La Terza, Quaroni a Guarnaschelli 16 novembre 1945 tel.n. 1083

493 In una lettera all’amico La Terza, Prato ribadisce il concetto: “vedrai che, con il formalismo di questo paese, conta moltissimo sia per ragioni protocollari, sia per avere, ad esempio, in albergo una migliore sistemazione sia ai fini dello stesso razionamento (…)”. ASMAE, A.R., b. 339 f. Personale d’ambasciata, Prato a La Terza (lettera personale non numerata) 7 dicembre 1945.

494 ASMAE, A.R., b. 355 f. Pier Luigi La Terza, Quaroni a Guarnaschelli 15 ottobre 1945 tel.n. 827 495

Sui traduttori, dice Quaroni, è complesso trovarli in loco: “la difficoltà maggiore è trovare sovietici che sappiano l’inglese e liberi da occupazioni”. Del resto l’ambasciatore chiederebbe un ufficio di traduzione, con almeno 4 impiegati, ma finchè il MAE non riavrà la sede d’ambasciata è impossibile assumere nuovo personale. ASMAE, A.R., b. 340 f. Personale d’ambasciata, Quaroni a D.G.P. Ufficio III 28 gennaio 1947 tel.n. 234/61 496 ASMAE, A.R., b. 339 f. Personale d’ambasciata, Brosio al D.G.P. Ufficio IV 1 aprile 1947 tel.n. 702/147

“per quanto concerne il Savini, faccio presente che nonostante varie note inviate al Ministero degli Esteri sovietico, sollecitando il visto di ingresso, non si è avuta alcuna risposta. Ciò significa che i Soviet non desiderano che venga in Urss. E’ perciò inutile contare su di lui come un possibile impiegato di questa ambasciata497”.

La situazione sembra peggiorare nel 1948: da parte sovietica si limita ancora di più la concessione dei visti mentre da parte del Ministero comincia una vera e propria azione di smantellamento. Infatti mentre nel ‘45-’47 si erano viste delle assunzioni, nel ‘48 Palazzo Chigi cominciò a sollecitare l’ambasciatore a ridurre le spese per il personale, tagliando posti e stipendi: la signora Giovannini Lea percepiva uno stipendio di 9.000 rubli mensili, che, nell’estate 1948, venne ridotto a 8.000498, inoltre a fine ottobre (1948) la signora voleva tornare in Italia con il marito perché rimasta incinta, il Ministero però non le concesse l’aspettativa, inoltre chiese a Brosio di non sostituirla, proprio nell’ottica di una necessaria riduzione del personale499.

Ma è l’ambasciatore stesso, Quaroni prima e Brosio poi, a trattenersi dal richiedere nuovi impiegati soprattutto per la mancanza di spazio. Infatti il Ministero degli Esteri sovietico non aveva concesso all’Italia la sede che l’ambasciata aveva prima della guerra, in via Vianina n 5 (villa Berg, sede dell’ambasciata italiana dal 1924), così i diplomatici dovevano lavorare e abitare nelle stanze dell’Hotel National. Si creano così situazioni scomode per il personale: ad esempio Prato è alloggiato per un anno nella camera 412 dell’albergo Savoy e Quaroni deve insistere più volte presso la direzione dell’Intourist, affinché il consgliere commerciale venga data una migliore sistemazione presso l’Hotel National500.

497 Ibidem

498 “Con telespresso 25 agosto 1947 ambasciatore chiede nuovo adeguamento stipendi personale locale (…) il telespresso rimase senza riscontro. Parimenti senza riscontro rimase un sollecito fatto con telespresso 1283/305 del 26 giugno 1948. Dopo la riduzione del 30-40% degli assegni del personale di ruolo, l’ambasciatore ordinò di ridurre in maniera precauzionale lo stipendio di Giovannini Lea a 8.000 rubli mensili.” ASMAE, A.R., b. 355 f.

Giovannini Lea n. appunto “Personale 5”

499 ASMAE, A.R., b. 355 f. Giovannini Lea, D.G.P. Ufficio IV a Brosio 12 novembre 1948 tel.n. 62/17336. Brosio risponde che “data riduzione del personale locale dopo partenza delegazione [la delegazione commerciale di cui parleremo] non è possibile rinunziare sostituzione Giovannini et propone nomina Battisti che trovasi già a Mosca con Delegazione Commerciale”. ASMAE, A.R., b. 355 f. Giovannini Lea, Brosio a D.G.P. Ufficio IV 4 dicembre 1948 tel.n.533/415

500 “Il dott. Eugenio Prato, da oltre un anno e mezzo Consigliere presso questa ambasciata e domiciliato alla camera 412 dell’albergo Savoy, si è indirizzato spesse volte alla direzione dell’Intourist per ottenere un cambiamento della propria stanza d’albergo. A parte il fatto che l’Albergo Savoy si trova-com’è noto- in cattive condizioni di servizio e di manutenzione, poi la stanza 412 è sufficiente ad ospitare una sola persona, mentre il Dott. Prato è con la consorte.(---) La stanza 412 non è solo piccola, ma ha le finestre che non chiudono bene e lasciano filtrare fessure d’aria, i mobili cadenti con cassetti senza chiavi e maniglie, il bagno in tale stato di manutenzione da rasentare l’inservibilità; a questo si aggiunge che non potendo avere la stanza che un letto per una persona, uno dei due coabitatori deve dormire su un piccolo sofà”. Inoltre, ricorda Brosio, che altri funzionari nella condizione di Prato sono meglio alloggiati: il secondo segretario brasiliano, il sig. Soroa e il Consigliere Machedo. ASMAE, A.R., b. 339, f. Personale d’ambasciata, Brosio al Direttore dell’Intourist 23 aprile 1947 lettera n. 985

Anche La Terza lamenterà di dover vivere e lavorare nella stessa stanza d’albergo501 e Luciolli dovrà dormire sul divano perché la sua camera è una singola e lui è a Mosca con la moglie. La questione della sede d’ambasciata è strettamente legata con quella di villa Abamelek e appunto si risolverà soltanto quando questo secondo problema non verrà risolto. La villa era stata costruita sotto commissione del banchiere genovese Paolo Girolamo Torre a fine Seicento, passata di mano tra le famiglie più nobili della città di Roma, nel 1863 fu comprata dai Ricasoli e da loro venduta al principe russo Semion Semionovich Abamelek Lazarev (1907). Quando nel 1916 il principe Abamelek morì, lasciò un testamento che destinava la villa all’Accademia Imperiale Russa di Belle Arti, ma solo dopo la morte di sua moglie, che ne poteva disporre in usufrutto vitalizio. Tuttavia nel 1929 Marija Pavlovna Demidova impugnò il testamento del marito perché, sostenne, la persona giuridica destinataria della proprietà non esisteva più: la donna preferiva morire che cedere la sua amata villa, cimelio di un’epoca ormai morta, all’Unione Sovietica. La Demidova vinse in prima e seconda istanza contro le pretese di Mosca (1929 e 1936) e la questione sembrò risolta. Ma nel momento della ripresa delle relazioni italo-sovietiche Kostylev fece sapere a De Gasperi che Quaroni non avrebbe usufruito della solita sede dell’ambasciata italiana a Mosca finché villa Abamelek non fosse tornata ai sovietici. A poco servì la proposta di Prunas di scambiare villa Abamelek per villa Madama, come non servì la proposta di De Gasperi alla vedova di accettare 5 milioni di lire (il Ministero delle Finanze aveva valutato la villa a 40 milioni) per rinunciare all’immobile. Alla fine il 20 maggio 1946 il governo emana un decreto d’urgenza con il quale requisisce, per fini di pubblica utilità, la villa. Ma soltanto il 1 dicembre 1949 villa Abamelek tornerà ai sovietici e Brosio potrà scrivere: “gli uffici dell’ambasciata si trasferiscono in via Vesnina502”.

L’ambasciata di Mosca quindi si troverà per tutto il periodo oggetto di questo studio in carenza di personale ma anche di spazi decenti dove i funzionari potessero svolgere i rispettivi compiti: dal 1945 al 1949 i diplomatici si trovarono a dover lavorare in stanze, nei corridoi o su tavolini traballanti. Inoltre il Ministero stentava a pagare i suoi funzionari i quali spesso si trovavano a fare debiti per sopravvivere503. In generale ci si indebitava con la cassa d’ambasciata.

501

Così scrive a Brusasca in una lettera nella quale si lamenta di non aver ottenuto la promozione a ministro plenipotenziario per la sede di Helsinki: “(---)E perché, Eccellenza, mi domando con una certa amarezza, la più giusta riparazione si è fermata ad Alessandrini, e non è scesa di un solo altro posto includendomi anche me? Fra i consiglieri più anziani la mia situazione mi sembra meritevole di speciale considerazione: dato 1) il posto che occupo 2) la mia lunga incaricatura d’affari lo scorso anno (agosto ‘46-febbraio ‘44) 3) il grave disagio che vivo da quasi due anni, obbligato, com’è noto, a stare tutto il giorno in una stanza d’albergo che si trasforma (a seconda delle ore) in ufficio, sala da pranzo e camera da letto!” ASMAE Archivo del personale, serie II, versamento B18 La Terza Pier Luigi b.106 f. 226 La Terza a Brusasca 18 settembre 1947 (lettera personale no numerata). 502 Diari di Mosca…p.525

503 Giovanni Luciolli, ad esempio, dal 20 settembre 1945 al 20 ottobre, riceve un antipio come “indennità di sistemazione” di 1.900 rubli, la spesa totale però, tra il costo del telegramma personale inviato alla famiglia, le mance per il trasporto bagagli, all’Hotel “Polonia” per la stanza e al Ristorante spende 9.427 rubli. ASMAE, A.R., b. 340 f. Personale d’ambasciata,

Il 22 febbraio 1947 La Terza, riportando a Brosio la situazione finanziaria, separa tra i soldi liquidi nella cassa (soltanto 32.012 rubli a inizio ‘46 e 170,15 a gennaio ‘47), quelli in Banca (da 263.645,76 a 181.219,22 dollari), le spese dell’ambasciata per i viaggi di lavoro dei suoi funzionari, lo stipendio dell’ambasciatore e infine i “crediti d’ambasciata” cioè gli anticipi al personale504, e a varie ditte per l’acquisto di vini, frutta, scatolame o per l’aggiustamento di macchine da scrivere (sempre ad uso del personale che non poteva permettersi, con il proprio stipendio, tali acquisti). In totale per l’anno ‘46-’47 (da gennaio a gennaio) la cifra in totale ammontava a 124.361, 33 rubli di cui 79.104,27, cioè più della metà, erano rappresentati dagli anticipi ai funzionari per uso privato, il che si traduceva spesso nell’acquisto di vestiti o di cibo al di fuori del razionamento505.

In un contesto che è e rimarrà, come abbiamo visto, caotico, Brosio inizia la sua azione diplomatica. Nei suoi primi mesi a Mosca l’ambasciatore si dà tre obiettivi: raccogliere impressioni contestuali appunto sull’ambiente socio-economico, sulla cultura, sul popolo russo; studiare il linguaggio diplomatico sovietico e infine ovviamente seguire le direttive di Palazzo Chigi in continuità con l’operato del suo predecessore.

In primis raccogliere impressioni: “Non è esatto quanto mi diceva la signora Quaroni che per prendere i metrò occorressero lotte furibonde, e così per raggiungere i guardaroba all’uscita dei teatri: qui la folla è ordinata e disciplinata. Mi dice Enea che la contabilità russa è la contabilità dei pezzetti di carta; però mi ammette che le loro statistiche sono forse più esatte delle nostre, essendo la base della loro politica economica506”. E’ interessante notare come la lettura è obiettiva507, in quanto si riscontrano elementi positivi. Certo non può sfuggire all’ambasciatore il senso di oppressione scaturito da un regime poliziesco: “la Bidault è stata supplicata da suoi amici qui di non cercarli. Un decreto ha vietato recentemente il matrimonio dei russi con gli stranieri: e anche le donne già sposate prima del decreto, non possono raggiungere i loro mariti all’estero, malgrado le insistenze personali di Bevin con Stalin508.”

504

A Stoccoro il 2 gennaio 1946 erano stati anticipati 9.611,28 rubli per vestiario, così a Mazzotta 9.000 e a Zavatta 5.044. Tutti e tre, al febbraio 1947, non avevano ancora restituito le pendenze. A cui si erano aggiunti, per Stoccoro e Mazzotta 7.000 e per Zavatta 3.800 rubli, come anticipo di stipendio. Mentre il professor Marsoni aveva restituito l’anticipo di 1.000 rubli. ASMAE, A.R., b. 355 f. Pier Luigi La Terza, 22 febbraio 1947

505 Ibidem 506

Diari di Mosca.p 39

507

Riguardo a Mosca Brosio dirà: “Un grande mercato è composto di capanne misere ove si vende il solito ciarpame dei negozi russi, e vi circola una folla povera. C’è chi vende il pezzo di pane, l’uovo, la porzione di viveri per campare. Altri sobborghi sono meno disastrosi: qualche parco li abbellisce (---) in altri punti poi, dove le strade dipartendosi dal centro finiscono in vie esterne di grande comunicazione, la città si rivolge ancora grandiosa verso la periferia, e l’alternanza delle case popolari e delle capanne è meno misera. Questa città è molto varia ed occorre andar adagio coi giudizi”. Diari di Mosca….p.47