3. Guardando ad Est: l’azione diplomatica di Palazzo Chig
3.3. Vento di Guerra Fredda: marigini d’azione diplomatica (febbraio ’47-gennaio ’48)
L’esito del referendum tranquillizzò molto il Cremlino, ma la calma durò poco: la conferenza di Parigi, i suoi esiti, le proteste della rappresentanza italiana e il conflitto su Trieste, tutto ciò contribuì a raggelare le relazioni tra Italia e Unione Sovietica. Alla conferenza di pace di Parigi, secondo La Terza, consigliere d’ambasciata a Mosca, i sovietici furono infastiditi da tre cose, tutte riguardanti l’Italia: statuto del TLT, internazionalizzazione del Danubio e confine italo-jugoslavo439. Carandini, membro della delegazione italiana a Parigi, riporta al MAE, il 10 agosto, i commenti di Molotov al discorso di De Gasperi: “riguardo alla posizione italiana su Trieste, il delegato sovietico afferma che Roma è imperialista con i popoli slavi440” Qualche giorno più tardi, il 14, De Gasperi e Quaroni rassicurano Molotov della volontà italiana di mantenere soltanto Trieste (attenuando quindi la “politica slava” dell’Italia), così il rappresentante sovietico si dimostra più cordiale e lascia intendere che se non ci fosse
435
ASMAE, A.R., b. 323 f. Relazioni economiche dell’Italia con l’Urss e con altri stati. Quaroni a MAE e D.G.A.E e D.G.A.P. tel.n. 9934 21 gennaio ‘46
436
ASMAE, A.R., b.326 f. Collezione di note verbali e pro-memoria inviati al Ministero degli Esteri sovietico e viceversa 437ASMAE, A.R., b. 323 f. Relazioni economiche dell’Italia con l’Urss e con altri stati. Quaroni a MAE e D.G.A.E. e D.G.A.P. 8 aprile 1946 tel. n. 1002
438
DDI, serie X, vol III Prunas a Quaroni 2 aprile ‘46 D. 398 439
ASMAE, A.P. (1946-50) b Urss 1 f. Rapporti Politici 20 giugno ‘46 tel. n 1223/C 440
stato il problema triestino le relazioni italo-sovietiche avrebbero preso una piega diversa, amichevole441. Il problema giuliano però c’è ed è anche terreno di accesi dibattiti tra rappresentanza italiana e sovietica. Nel settembre 1946 Bonomi e Vysinsky si scontrano nella commissione sul TLT: l’Urss appoggia la posizione jugoslava, cioè occupazione da parte delle truppe di Tito di Gorizia e acquisizione di Trieste, Bonomi invece ribadisce la linea Wilson. Allora il delegato sovietico accusa l’Italia di essere “voltagabbana”, uno stato traditore il cui cambiamento di campo non è stato così definitivo e deciso, infatti il contributo italiano alla guerra di liberazione è stato irrisorio, quasi nullo442. Oltre al problema orientale, secondo Della Rocca, durante la conferenza di pace ai sovietici furono particolarmente sgradite le proteste italiane contro le riparazioni e la limitazione dell’apparato militare; tutto ciò per l’Unione Sovietica era di vitale importanza ai fini di “riscattare il danno subito dall’aggressione fascista443”.
Nell’46-’47 la dirigenza sovietica ricordava continuamente il periodo bellico, innanzitutto per giustificare la supremazia internazionale, ma anche per richiamare gli ex-stati nemici alla punizione, al “riscatto” dei danni e delle distruzioni, di cui l’Urss si sentiva la principale vittima. Anche Quaroni da Mosca percepisce chiaramente questa inclinazione quando si riferisce all’ “impostazione dottrinaria dei russi per cui la guerra contro l’Urss è una colpa e chi l’ha compiuta deve assumersi a pegno della sua conversione una pena”. L’ambasciatore va oltre parlando specificatamente dell’attitudine sovietica nei confronti dell’Italia: “questo concetto [pace punitiva] si sarebbe potuto limitare nei nostri riguardi ad una certa misura di riparazioni e alla punizione dei responsabili di colpe verso l’Urss. Il resto delle posizioni russe sfavorevoli sono dettate da considerazioni geopolitiche444”. Infatti l’attitudine punitiva poteva essere, in linea con il realismo tipico della classe dirigente russa, sorpassata in cambio di vantaggi geopolitici. Così a Parigi l’Unione Sovietica favorì il mantenimento di una seppur ridotta presenza italiana in Africa per arginare la supremazia inglese, oppure si oppose alle clausole che limitavano la sovranità nazionale degli ex-nemici per evitare incursioni angloamericane in Europa Orientale445. Come nel caso del Bill of Rights, si può dire in aggiunta e d’accordo con Della Rocca che“a Mosca si ammise apertamente l’esistenza di una direttrice di principio punitiva verso l’Italia, motivata dall’aggressione subita ad opera dell’esercito di Mussolini. Questa direttiva conobbe varie oscillazioni a seconda dell’andamento delle trattative globali tra gli alleati446”, oltre che all’interesse geopolitico immediato di Mosca. Infatti nel novembre 1946, alla conferenza dei ministri degli esteri di New York, i delegati sovietici insistono sulla mancanza di democrazia in Italia447, quando in realtà alle elezioni amministrative dello stesso mese il PCI aveva ottenuto una vittoria insperata.
441
ASMAE, A.P. (1946-50) Conferenza di Pace-Frontiera orientale b. Italia 91 f. Atteggiamento stati esterin su Trieste 442
Ibidem 443
La politica estera italiana e l’Unione Sovietica (1944-48)….p 160
444ASMAE, A.R., b. 307 f. Relazioni economiche tra Urss e Italia, Quaroni a De Gasperi 17 settembre 1945 445
ASMAE, A.R., b. 307 f. Relazioni economiche tra Urss e Italia
446
La politica italiana e l’Unione Sovietica (1944-1948)….p 178
447 FRUS, 1946, Council of Foreign Ministers. The Third Session of the Council of Foreign Ministers, New York, November
Tutto ciò non era diretto contro la penisola ma contro gli alleati: si voleva criticare la capacità degli angloamericani di combattere i recessi del fascismo e velatamente accennare alla connivenza tra circoli filo-occidentali imperialisti e ambienti fascisti, tutto ciò per contestare il dominio alleato sull’Europa448. Così anche quando a New York si parlò della Germania riaffiorarono le stesse accuse di fascismo fatte all’Italia.449 Le relazioni italo-sovietiche finiscono così per essere soggette alle tensioni inter-alleate.
Ricapitolando, l’autunno del 1946 rappresenta un periodo di crisi nelle relazioni tra Mosca e Roma: un ruolo forte lo ebbero gli scontri a Parigi, gli interessi geopolitici confliggenti ma anche una certa “direttrice punitiva” che l’Urss mantenne nei confronti del nostro paese, unita a pregiudizi radicati nell’epoca fascista. Del resto su tutto pesava l’andamento delle relazioni tra gli alleati, l’Italia infatti per l’Urss apparteneva agli Stati Uniti e alla Gran Bretagna450, con i quali stava nascendo una crescente conflittualità, perciò aggredire l’Italia divenne un modo per aggredire gli angloamericani. Così avvenne quando dal Cremlino si accusava la poca democraticità del sistema italiano: “Tempi Nuovi” il primo ottobre ‘46 accusa De Gasperi e il suo governo di essere sottomessi alla cricca imperialista, mentre l’”Isvestija” il 22 novembre pubblica elenchi di organizzazioni fasciste clandestine in Italia collegate a circoli imperialisti; ancora “Tempi Nuovi” il 16 novembre denuncia il persistere del fascismo all’interno della magistratura e nell’amministrazione di stato451. In questi articoli si mescolano pregiudizi, convinzioni sommarie e accuse più o meno fondate. Così Quaroni si difende il 3 febbraio ‘47: “attacchi stampa sovietica contro politica governo italiano (…) ho rilevato a Molotov governo italiano continuava a considerare non diventare strumento di nessuno contro nessuno. Nel concreto si doveva tenere presente la situazione italiana quale essa è: Italia per vivere ha bisogno di aiuti, crediti, materie prime, mercati452”. L’Italia ha bisogno di sopravvivere: se l’Urss garantisse la stessa quota di aiuti statunitensi, il governo potrebbe preferire le merci sovietiche a quelle provenienti da oltreoceano. Ma la dirigenza sovietica si mostrava sorda alle parole dell’ambasciatore.
L’accordo tra De Gasperi e Gruber nel settembre del ‘46 e la maggioranza ottenuta dalla Democrazia Cristiana all’Assemblea Costituente rappresentarono un ulteriore motivo di distacco per il Cremlino. Ma a raffreddare ancora di più la linea Roma-Mosca intervenne il revisionismo italiano. Già nel luglio ‘46 De Gasperi aveva inviato una circolare alle rappresentanza all’estero in cui illustrava il carattere punitivo del trattato: “affermare che il trattato è ingiusto moralmente, politicamente perché non tiene conto promesse fatteci né nostri sacrifici. Movimentare opinione pubblica contro trattato453”. 448 Ulam B. Adam, Storia della politica estera sovietica 1917-1967…p. 248
449
FRUS, 1946, Council of Foreign Ministers. The Third Session of the Council of Foreign Ministers, New York,
November 4-December 12.p 1000-1195
450
Così a fine ‘46 Molotov si rivolge a Quaroni “finchè l’Italia resterà un paese capitalista esso non potrà mai essere realmente neutrale in un conflitto tra Usa e Urss: il suo cuore sarà dall’altra parte. Pietro Quaroni Le trattative per la pace: Mosca/Parigi, Vallecchi, 1969 p 724 e Il mondo di un ambasciatore, Ferro Edizioni, 1965 p 175-176
451
La politica estera italiana e l’Unione Sovietica (1944-48)…p 230
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DDI, serie X, vol V, D.8 Quaroni a Sforza 3 febbraio 1947 e in ASMAE A.R. b.330 Rapporti politici italo-sovietici tel. 63/48 453
Il 20 gennaio 1947 Nenni invia una nota alle ambasciate di Francia, Gran Bretagna, Urss e Usa in cui scrive: “visto che nessuna richiesta italiana è stata accettata si chiede venga riconosciuto il principio di revisione(…) trattato sulla base di accordi bilaterali con stati interessati e sotto controllo ONU454”. Ancora Nenni ricordava agli ambasciatori di insistere sulla difficoltà di far approvare un testo del genere alla Costituente. Al momento della firma, infine, il MAE prepara una dichiarazione che il delegato Soragna doveva consegnare a tutti i rappresentanti delle Nazioni Unite contenente le proteste del governo: le istruzioni di Soragna erano di non firmare se la dichiarazione non fosse stata accettata da tutti gli stati presenti455.
L’atteggiamento revisionista adottato dagli italiani non poteva non infastidire Mosca, la quale riteneva il rispetto dei trattati una garanzia per la stabilizzazione internazionale. Secondo Adam B. Ulam456, i trattati di pace per i sovietici erano sì la giuridizzazione di un riscatto ma rappresentavano anche una garanzia giuridica di normalizzazione, il prodotto della diplomazia dell’egemonia, che si assicurava tramite il diritto internazionale l’affermazione dello status-quo. I sovietici consideravano la conferenza di Parigi una sorta di moderno congresso di Vienna, la loro concezione della diplomazia era quella ottocentesca, legata alle sfere di influenza, all’equilibrio geopolitico. Ogni minaccia a questo equilibrio era un affronto per il Cremlino457. Così Molotov dice a Quaroni durante il loro incontro del 2 febbraio ‘47: “quello di cui Italia e mondo intero hanno più bisogno è tranquillità: premessa necessaria di questa tranquillità è che trattati di pace vengano considerati come definitivi: Governo sovietico non è quindi disposto appoggiare tendenze revisionistiche da qualsiasi parte esse vengano458”. Per la “Pravda” l’atteggiamento revisionista italiano è anti-democratico, infatti chiunque rifiuti/critichi il documento che ristabilisce la legalità internazionale e restituisce alle potenze ex-nemiche lo status di amanti della pace, è per forza di cose ancora legato al passato fascista459. Quaroni il 30 gennaio aggiunge ulteriori spiegazioni circa l’opposizione sovietica al revisionismo: “noi, i partiti, le persone, gli uomini politici possiamo avere in materia di politica economica e sociale le idee più avanziate di questa terra, ma se non accettiamo la nostra nuova frontiera con la Jugoslavia come giusta e definitiva per i russi siamo dei fascisti. Questo, ripeto, è uno dei punti cardinali della politica estera russa: quello che è fatto è fatto ed è definitivo”.
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ASMAE A.P. (1946-50) Conferenza di Pace, b. Italia 23 f. Parte generale. 455
DDI, serie X, vol V, Sforza a Carandini, Quaroni e Benzoni 10 febbraio ‘47 D. 48 e Soragna a Sforza 10 febbraio 1947 D.49
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B. A Ulam, Storia della politica estera sovietica 1917-1967…
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Storia della politica estera sovietica 1917-1967…p 301
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DDI serie X vol V Quaroni a Sforza 2 febbraio 1947 D. 1 459
L’8 aprile Brosio parla di un articolo della “Novoe Vremia” intitolato: “Campagna della reazione italiana contro il trattato di pace”:“esso individua nei liberali, nei socialisti di Saragat, nei monarchici e qualunquisti i principali promotori di tale campagna; aggiunge che anche i repubblicani e gli azionisti hanno una posizione incerta temendo di apparire antipatriottici; rileva che i democristiani hanno un contegno equivoco. L’articolo precisa che tale campagna mira ad evitare la ratifica puntando anzitutto sugli Stati Uniti e sperando che il Senato rifiuti la ratifica medesima.” Le ragioni di questa “Campagna”? “sfruttamento elettorale dei sentimenti patriottici” “interessi dei magnati del capitalismo italiano nel prolungare il più possibile la protezione dell’occupazione angloamericana per legare sempre di più l’economia italiana al capitale statunitense” (l’articolo cita a questo punto i costi dell’occupazione americana, 6 miliardi di dollari mensili, cioè immensamente di più che le riparazioni) infine la “persistenza di circoli nazionalisti fascisti e militaristi italiani”. Pezzo citato da Della Rocca, il quale parla anche di un altro articolo di “Tempi Nuovi” (4 aprile) in cui definisce in maniera dispregiativa “revisionisti” tutti i banchieri, i latifondisti, i circoli militaristi, il Partito Repubblicano e quello socialdemocratico. La politica estera italiana e
Secondo Quaroni quindi il risentimento sovietico è legato al rifiuto italiano della soluzione jugoslava su Trieste, ma anche, come dirà più avanti, al fatto che il revisionismo italiano avrebbe potuto suscitare un movimento analogo in Europa Orientale. “Questa nostra campagna revisionista risveglierà degli echi profondi in tutti i paesi a cui la Russia avrà preso qualche cosa-e sono molti; agirà cioè in senso contrario a tutto quello che la Russia stessa od i Governi suoi amici faranno per indurre l’opinione pubblica a rassegnarsi al fatto compiuto. La nostra politica revisionista sarà un continuo elemento di disturbo contro quella stabilizzazione della sua zona che è uno degli scopi principali della politica russa in Europa460.”
La Terza, consigliere d’ambasciata, in occasione della firma dei trattati, riporta a Brosio gli umori sovietici: la “Pravda” accusa l’ambasciatore Soragna di aver dichiarato lo stesso 10 febbraio, all’atto della firma: “questo è un giorno triste per l’Italia”; il giorno in cui la nazione veniva reinserita nel consesso dei paesi amanti della pace era un giorno triste per i fascisti e gli imperialisti, ma per la “Pravda” era difficile comprendere come il rappresentante del Governo Italiano potesse sentirsi solidale con essi. La Terza fa notare inoltre che la stampa sovietica aveva mostrato di appoggiare le proteste jugoslave ammettendo che il trattato aveva delle debolezze; ma aggiunge che il Cremlino si era velocemente corretto poiché ogni dichiarazione di tal genere poteva fornire pretesti a potenze revisioniste quali l’Italia461. Infatti i giornali sovietici non sosterranno più apertamente le proteste della Jugoslavia, mentre continueranno a commentare negativamente le dichiarazioni revisioniste del governo di Roma. Come appunto avevano intuito all’ambasciata di Mosca, per l’Urss era impossibile anche solo accennare ad una revisione dei trattati, garanzia di pace e di collaborazione internazionale. Inoltre le clausole economiche e territoriali non erano percepite nella loro durezza, ma anzi erano, per l’Urss un’equa riparazione per i danni subiti dagli stati vittima del fascismo: “le mutilazioni territoriali avute, il peso delle riparazioni imposteci, le clausole politiche militari ed economiche che vincolano la nostra indipendenza e depauperano la nostra ricchezza, tutto ciò è perfettamente equo per i sovietici462”. Così il 2 ottobre Brosio, succeduto a Quaroni nel ruolo di ambasciatore, torna sull’argomento trattato: “per i sovietici il revisionismo è l’anticamera del revanchisme.” E ancora: “dal Cremlino ci accusano di non lasciare il tempo all’inchiostro di asciugare”. Per l’ambasciatore “noi arriveremo alla revisione quanto meno ne parleremo e vi arriveremo soltanto su problemi definitivi463”.
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DDI, serie X, vol. IV, Quaroni a Sforza 30 gennaio ‘47 tel.n. 182/52 461
ASMAE, A.R., b. 330 f. Rapporti politici italo-sovietici Brosio a D.G.A.P.16 febbraio 1947 tel.n. 3288. Nella sua relazione Brosio insiste anche sul fatto che “Krasnaja Svesdà”, “Isvestia”, “Pravda”, “ribadiscono in pieno il concetto dell’equità e dell’imprescindibile necessità (corsivo mio) della stretta e rigorosa osservanza dei trattati: La firma era necessaria per liquidare rapidamente tutte le conseguenze della guerra, e per regolare e stabilire le relazioni internazionali; i predetti Trattati sono giusti perché non lasciano impunita la partecipazione all’aggressione e dall’altra soddisfano le eque domande degli Stati vittime (corsivo mio) dell’aggressione; i Trattati non portano il marchio della vendetta, non intaccano la sovranità dei vinti (---); i suddetti Trattati facilitano lo sviluppo democratico dei firmatari e la collaborazione internazionale (---); le riparazioni rappresentano un altro segno dell’equità dei trattati perché si dà un risarcimento ai danni subiti e d’altra parte il loro peso non è tale da impedire lo sviluppo democratico degli altri firmatari(---), nelle trattative di New York si è notato che solo quando c’è pieno accordo tra i grandi cioè quando si applica il principio dell’unanimità e non si seguono subdole manovre di maggioranze meccaniche si può ottenere il pacifico sviluppo e lo stabile mantenimento delle relazioni internazionali; i presenti trattati devono essere eseguiti con fermezza e l’osservanza esatta degli obblighi assunti è essenziale (sottolineato nel testo) per la pace universale ”.
462 Ibidem 463
Del resto, nel momento in cui Brosio scrive, il revisionismo italiano sembra aver portato i suoi frutti: il 27 settembre gli stati dell’America Latina propongono la revisione alle Nazioni Unite, mentre gli Stati Uniti e la Gran Bretagna rinunciano alla loro parte di flotta e si accordano con l’Italia per non affondare, come invece chiedeva il trattato, bensì smantellare (potendo così riutilizzare pezzi e materiali) 31 sommergibili (dicembre 1947).
Il revisionismo, l’adesione italiana al Piano Marshall e l’estromissione dei comunisti nel maggio’47, infastidiscono sempre di più Mosca.
Dopo un periodo di raffreddamento tra l’autunno ‘46 e il gennaio ‘47, era iniziato un seppur breve momento di distensione nelle relazioni italo-sovietiche. La firma del trattato da parte dell’Italia aveva positivamente colpito Mosca e il revisionismo all’inizio era più accennato che perseguito con coerenza da Palazzo Chigi. Inoltre la nomina di un personaggio gradito quale Manlio Brosio a Mosca e i successivi tentativi da parte italiana di aprire un canale riguardo alle riparazioni avevano alleggerito la tensione e predisposto un periodo di più intensa corrispondenza tra Roma e Mosca (primavera 1947). L’Italia stava intavolando trattative commerciali con la Bulgaria, la Cecoslovacchia, la Romania e la Polonia. Palazzo Chigi aveva addirittura inviato missioni commerciali in Bulgaria (Chiostergi e Novella) e in Jusgoslavia (Mattioli e Merzagora, ministro del Commercio Estero). Qui il volume di scambi trattati era di gran lunga superiore rispetto a quello trattato negli altri negoziati. L’Italia si impegnava a fornire 150 milioni di dollari di impianti e macchine ricevendo in cambio materie prime. Gli ostacoli però vennero da parte Jugoslava: mentre l’Italia preparava elenchi dettagliati di forniture, gli jugoslavi rimanevano vaghi, inoltre volevano ridiscutere le liste di anno in anno rendendo più difficile lo sviluppo di scambi commerciali regolari. Infine la Jugoslavia voleva inserire tra i termini di pagamento le riparazioni, costringendo quindi l’Italia ad iniziare in anticipo il pagamento, invece di aspettare il 1954, data prevista dal trattato. Dopo mesi di trattative il 28 novembre 1947 l’Italia e la Jugoslavia firmano l’accordo commerciale in cui le proposte jugoslave, seppur con sacrificio, vengono accettate. Durante il negoziato italo-jugoslavo l’Italia aveva ceduto molto terreno, sperando di provare all’Urss la propria direttrice orientale. Ma il negoziato fu concluso quando ormai le relazioni Roma- Mosca erano di nuovo peggiorate.
Parallelamente all’azione in Europa Orientale, Palazzo Chigi e in particolare l’ambasciata a Mosca, prima con Quaroni (colloquio con Molotov 2 febbraio), poi con Brosio (colloqui con Molotov 25 febbraio) aveva continuato sulla linea delle trattative commerciali, iniziata con la nota del 15 gennaio ‘46. Nel primo colloquio con il ministro sovietico Brosio nota “Molotov ha mostrato interessarsi vivamente al nostro desiderio di iniziare degli scambi commerciali con l’Urss pur ricordando attuali difficoltà per Urss di fornire materie prime. Al mio suggerimento di far venire a Mosca delegazione di esperti per esaminare sul luogo quanto fosse possibile fare, Molotov non ha mosso obiezione e mi ha assicurato che la cosa sarebbe stata studiata suo Governo con particolare cura.(…) Concludendo, dalla mia conversazione con Molotov ho trattato l’impressione che egli è bene intenzionato nei nostri riguardi
e non ha alcuna pregiudiziale contro gesto riavvicinamento due paesi464” . Quindi Mosca sembra favorevolmente predisposta ad accordi economici con l’Italia. Ancora il 25 marzo Brosio ritorna sull’argomento scrivendo a Sforza che l’ostacolo materiale sollevato dai sovietici non è un modo per temporeggiare ma una realtà concreta; l’Urss è distrutta dalla guerra, le materie prime scarseggiano e l’apparato industriale è fortemente danneggiato: “i sovietici se vogliono possono sempre a rigore fare i sacrifici necessari per soddisfare ad una corrente di esportazioni di mole relativamente modesta come quella che occorrerebbe a noi. Necessità, però, è che essi vi trovino un forte equivalente vantaggio politico”. La situazione può svilupparsi “man mano che la ricostruzione prosegue e si verifichino condizioni materiali più favorevoli465.” Intanto Novikov, ambasciatore sovietico a Washington, parlava con Tarchiani di “accordi che consentissero anche il pagamento delle riparazioni466.” A Palazzo Chigi si sta meditando con sempre più frequenza sull’apertura di negoziati commerciali con l’Urss; in un appunto preparato in occasione del viaggio di Sforza a Londra, gli accordi si inseriscono in un progetto di generale rivalutazione europea. Nell’appunto si legge: “il blocco occidentale, Gran Bretagna- Francia-Italia, deve ammorbidire l’azione della corazzata statunitense sul suolo europeo (----) il sistema europeo deve controbilanciare la potenza Usa (---): smilitarizzazione dell’Adriatico attraverso l’Onu, rapporti economici con l’Est, tentativi nostri di non essere troppo soggetti ad una crisi economica negli