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L'adozione e l'affidamento del minore nella famiglia di fatto

3. I rapporti personali nella famiglia di fatto

3.3. L'adozione e l'affidamento del minore nella famiglia di fatto

L'adozione del minore in stato di abbandono104 appare oggi

disciplinata dalla legge del 28 marzo 2001 n.149. Si tratta di un provvedimento che ha modificato intensamente la precedente normativa105 al fine di rendere ancora più estesa la protezione dei

minori.

Quel che qui interessa è ovviamente ogni riferimento possibile alla adozione nella famiglia di fatto che, in verità, non può sufficientemente comprendersi, né argomentare, senza prima scendere nella disamina dei contenuti di fondo delle finalità dell'istituto.

Per cominciare si può anticipare che l'art.6 di suddetto provvedimento legislativo è la norma da prendere in considerazione in modo approfondito, perché individua la cerchia degli adottanti ammissibili nonché i requisiti che rendono valida l'adozione. Al 1ºcomma dell'art.6 si fa riferimento alla necessità di un collaudato e stabile rapporto di coniugio, mentre nei successivi commi si fa riferimento ad altri e specifici presupposti.

Obbiettivo primario della legge è ovviamente quello di garantire il preminente interesse del minore, attraverso l'individuazione di un nucleo familiare sostitutivo capace di confortare il fanciullo spesso rimasto traumatizzato dallo stato di abbandono e soprattutto che risulti capace di garantire la soddisfazione delle specifiche esigenze di cui ha bisogno.

104 Vale la pena introdurre sinteticamente, al fine di una maggiore comprensione dell'argomento, lo status di abbandono che consente l'adozione. Infatti è possibile recidere il legame con la famiglia originaria del minore solo nel momento in cui si verifichi una situazione di “assistenza morale o materiale da parte dei genitori o dei parenti tenuti a provvedervi, purché la mancanza di assistenza non sia dovuta a causa di forza maggiore o sia di carattere transitorio ('art.8, comma 1º, l. n.184/1983)

Va detto che l'adozione deve essere ammessa solo come estrema ratio cercando sempre e in ogni caso di preservare il rapporto biologico dei genitori permettendo ai figli di crescere ed essere educati nell'ambito della propria famiglia,106e difatti i presupposti per l'adozione valutano

primariamente l'aspetto affettivo del rapporto e solo successivamente quello relativo alle condizioni patrimoniali.107

Tuttavia quando lo stato di abbandono risulti accertato è invece necessario preoccuparsi di reinserirlo in un contesto idoneo, capace non solo temporaneamente, ma anche secondo una valutazione operata in prospettiva di assicurargli l'educazione e uno stile di vita armonioso e sereno necessario alla sua futura integrazione nella società.

La scelta operata dal legislatore non lascia spazio ad interpretazioni ambigue; tali caratteristiche, come stabilito dall'art. 6 della legge n.149/2001, sono da rinvenire esclusivamente in una famiglia fondata sul matrimonio che, peraltro, deve garantire anche ulteriori presupposti quale una forte stabilità del rapporto assicurata dalla continuità della relazione da almeno tre anni consecutivi e specifici requisiti degli adottandi che inducano a considerare la loro idoneità ad educare, istruire e mantenere il figlio.108

E quindi si tratta di escludere attraverso un'esplicita scelta legislativa anche quelle famiglie non coniugali che pure manifestano quella stabilità di rapporti e di affetti di cui abbiamo abbondantemente parlato, e ciò anche in contrasto con gli orientamenti dottrinali e giurisprudenziali109che nel tempo hanno sviluppato una progressiva

106 Così l'art. 1 della lg. n 184/1983

107 A questo proposito si può citare una pronuncia della Suprema Corte secondo cui l'adozione non può essere giustificata da «generiche carenze educative, stati di difficoltà economiche, abitudini di vita non ordinate, anomalie non gravi del carattere o della personalità dei genitori, che non presentino ricadute

significative sull'equilibrata e sana crescita del minore medesimo..» (Cass. 26 aprile 1999, n.4139)

108 Così F.Romeo, op.cit.,p.393 e ss.

109 Ad esempio per quanto riguarda la giurisprudenza si può fare riferimento alla Corte di Cassazione che nel 1994 ammette la costituzione di parte civile del

accondiscendenza verso questo fenomeno sociale.

Già si è detto a proposito degli obblighi scaturenti dall'articolo 143 c.c. che l'applicazione tout court della disciplina della famiglia matrimoniale a quella di fatto non è una soluzione “felice” del diritto, ma pure abbiamo detto che in ogni caso quegli stessi obblighi di fedeltà, assistenza e coabitazione si riconoscono anche in una famiglia diversa da quella coniugale e che in effetti in diverse occasioni la giurisprudenza non ha esitato a riconoscere.

Invece questa parificazione del diritto non è mai soggiunta in tema di adozioni, e non ci resta che capire perché.

Primariamente va detto che si tratta di un ambito del diritto in cui il superiore interesse del minore si misura proprio sul concetto di “stabilità” del rapporto familiare, per cui, questo appare connotato da una valutazione particolareggiata in cui l'osservanza dei propri requisiti si fa più stringente. E allora l'obbiettiva considerazione che nella convivenza di fatto la separazione può avvenire più facilmente che in quella legittima110 porta ad escludere l'idoneità di questo

contesto familiare che potrebbe proiettare, potenziandole, le medesime difficoltà che hanno presupposto l'adozione stessa del minore.

Per di più attraverso un altro tipo di riflessione, l'impossibilità di

convivente della vittima del reato,(Cass. 4 febbraio 1994 n.3668) oppure alla Corte Costituzionale che ammette la successione nel contratto di locazione del convivente more uxorio. (Cort.Cost. 7 aprile 1988, n.404, in Giur.it, 1988, I, 1627). Del resto anche la “parabola” costituzionale del prossimo congiunto, svolta nella prima parte di questa ricerca, pur non ammettendo l'estensione della disciplina evidenzia comunque il progressivo “sviluppo mentale” della Corte Costituzionale.

110 Secondo F.Romeo nell' op.cit p.406, e secondo Puleo, Concetto di famiglia e

rilevanza della famiglia naturale, p.391, anche se è nota la possibilità di

cessazione degli effetti civili del matrimonio, invero anche frequente, la maggiore stabilità si configurerebbe sulla presunzione di una maggiore

ponderazione nella volontà di far finire il rapporto, ipotesi scoraggiata tra l'altro, dall'incontestabile onere economico che graverebbe sui coniugi in modo più influente che non sui conviventi. Peraltro nelle ipotesi di matrimonio

concordatario le conseguenze più scomode si concretizzerebbero per il peso che lo scioglimento del matrimonio assumerebbe per i coniugi nel rapporto con l'ordinamento della Chiesa Cattolica.

estendere il novero dei soggetti adottanti, si legittimerebbe sulla base della valutazione costituzionale del concetto di famiglia. Se è vero che la famiglia adottiva è quella che si sostituisce alla famiglia biologica è altrettanto vero che la stessa subentra in quest'ultima anche nell'assolvimento dei doveri ad essa imposti dalla Carta Fondamentale, che pertanto non potrà intendere due volte in maniera diversa lo stesso concetto. Dunque ogni riferimento alla famiglia adottiva presuppone il riferimento alla famiglia legittima, posto che nelle intenzione dei Costituenti e negli orientamenti più recenti della Corte Costituzionale non può rinvenirsi una volontà differente.111

E del resto sempre nell'ottica di assicurare la massima stabilità al contesto familiare per l'inserimento del minore un'importante condizione viene stabilita per il matrimonio stesso; essendo necessario che tra i coniugi non vi sia stata separazione personale, neanche di

111 Nella prima parte di questa ricerca si è più volte fatto riferimento alle pronunce della Consulta in cui si palesa la necessità di distinguere sul piano dei valori costituzionali tra famiglia legittima e famiglia di fatto. In particolare però è il caso di fare riferimento ad un recente orientamento della Corte Cost. che per la verità si pone di particolare importanza per le coppie sam sax: Nella sentenza n.138/2010 la Consulta sovviene la necessità che il concetto di famiglia e quello di matrimonio siano sottoposti ad un'interpretazione evolutiva della società che si adegui alle costanti trasformazioni sociali. Tuttavia precisa la Corte avendo riguardo le coppie omosessuali«Detta interpretazione,però, non può spingersi fino al punto d’incidere sul nucleo della norma, modificandola in modo tale da includere in essa fenomeni e problematiche non considerati in alcun modo quando fu emanata. Infatti, come risulta dai citati lavori preparatori, la

questione delle unioni omosessuali rimase del tutto estranea al dibattito svoltosi in sede di Assemblea, benché la condizione omosessuale non fosse certo sconosciuta. I costituenti, elaborando l’art. 29 Cost., discussero di un istituto che aveva una precisa conformazione ed un’articolata disciplina

nell’ordinamento civile. Pertanto, in assenza di diversi riferimenti, è inevitabile concludere che essi tennero presente la nozione di matrimonio definita dal codice civile entrato in vigore nel 1942, che, come sopra si è visto, stabiliva (e tuttora stabilisce) che i coniugi dovessero essere persone di sesso diverso. In tal senso orienta anche il secondo comma della disposizione che, affermando il principio dell’eguaglianza morale e giuridica dei coniugi, ebbe riguardo proprio alla posizione della donna cui intendeva attribuire pari dignità e diritti nel rapporto coniugale.

Questo significato del precetto costituzionale non può essere superato per via ermeneutica, perché non si tratterebbe di una semplice rilettura del sistema o di abbandonare una mera prassi interpretativa, bensì di procedere ad

fatto, negli ultimi tre anni prima dell'adozione.112

Con ciò si può dire che l'ordinamento intenda garantire non solo l'inserimento in una famiglia genericamente e costituzionalmente intesa, ma l'inserimento in una famiglia dai connotati stabili ed armoniosi.

Volendo ancora valutare altre possibili considerazioni in merito all'opportuna o meno esclusione dei conviventi dal novero degli adottanti c'è da dire che l'estensione pure realizzerebbe un fenomeno ambiguo del diritto, nel momento in cui ammetterebbe la snaturata relazione tra figlio legittimo di genitori non coniugati frutto dell'adozione dei conviventi, dando vita ad una famiglia legittima per l'adottato ma pur sempre di fatto per gli adottanti.113

Invece tornando alla legge sull'adozione va per ultimo considerato l'aspetto più importante per la famiglia di fatto introdotto attraverso la legge 149/2001 che apporta il 4ºcomma alla legge 184/1983 prendendo in considerazione proprio le convivenze. Infatti, stabilisce che « il requisito della stabilità del rapporto di cui al comma 1 può ritenersi realizzato anche quando i coniugi abbiano convissuto in modo stabile e continuativo prima del matrimonio per un periodo di tre anni, nel caso in cui il tribunale per i minorenni accerti la continuità e la stabilità della convivenza, avuto riguardo a tutte le circostanze del caso concreto».

Sicchè si può dire che il rapporto fattuale sia paragonato a quello coniugale, e anche se la convivenza di fatto non è rilevante di per se ma solo in vista del conseguimento delle nozze rappresenta sicuramente un passo in avanti senza precedenti che qualcuno ha definito una vera e propria “rivoluzione copernicana”.114

112 Così l'art. 6 comma 1 ºdella lg. n.184/183

113 F.Romeo, op.cit., p.409, e Gazzoni, Dal concubinato alla famiglia di fatto,p.42, dove fa riferimento all'inconveniente che l'adozione dei convivente creerebbe nel diritto. Si plasmerebbe una nuova “figura legale”di famiglia; di fatto per gli adottanti e legittima per l'adottato.

L'aspetto che rileva è la considerazione operata sull'affectio della convivenza di fatto ritenuta in grado di trasmettere l'idea di una relazione forte, che poggia su solide basi e in forza della quale i rispettivi partners hanno maturato la convinzione di poter fare affidamento reciproco l'uno sull'altro. Una valutazione pertanto analoga a quella operata sulla famiglia legittima.115

Per completare il quadro sulle adozioni però è necessario considerare l'aspetto anche più problematico delle coppie omosessuali, e non tanto perché rappresentano un assoluto rilievo sociale,116 quanto perché si

tratta di una questione che incide notevolmente anche per le altre117

coppie di fatto.

Benchè differenti modelli europei come quello olandese o svedese abbiano ammesso l'adozione anche alle coppie same sax in Italia per le motivazioni in precedenza sviluppate si continua ad ammettere l'esclusiva rilevanza del “modello familiare”. In questo senso, la prospettiva potrebbe assumere una nuova e diversa connotazione nel momento in cui provassimo a pensare a ciò che ragionevolmente il legislatore potrebbe essere indotto a fare. Ovvero, considerando quanto già si è detto a proposito dell'importante nuova considerazione proposta della coppia di fatto, alla luce dell'introduzione del 4ºcomma della legge 149/2001, ben si potrebbe immaginare una soluzione plausibile che il legislatore, pur non avendo adottato, potrebbe adottare. È il caso cioè, di prospettare la concreta estensione dell'istituto adottivo anche alla volontà delle coppie conviventi, ma specificatamente eterosessuali e dotate di stabilità di rapporto (ovviamente comprovata dalla continuità della relazione protratta per

p.142

115 F.Romeo, op.cit.,p.412

116 Si è già detto che il presente lavoro non estende il proprio oggetto di ricerca alle coppie same sax se non attraverso riferimenti indiretti che non saranno

approfonditi. Si veda “Una questione preliminare” p.

117 Il riferimento va alla famiglia di fatto composta da uomo e donna che abbiano nel tempo consolidato stabilità dei rapporti e degli affetti.

tre anni) e degli affetti. Si tratterebbe tutto sommato di una valutazione non assurda del legislatore che acquisterebbe comunque coerenza logica con tutto l'ordinamento.

Immaginiamoci però che cosa succederebbe all'indomani di un'introduzione legislativa di questo tipo. Più che probabile sarebbe la reazione di quanti, invero molti, riscontrerebbero una violazione dell'articolo 3 della Costituzione in relazione alle coppie dello stesso sesso di pari dignità e portatrici di eguali interessi.

Ma la possibilità di accertare una discriminazione in questo caso concreto non si presta a soluzioni del tutto univoche. Partendo dal presupposto che discriminazione si ha quando due situazioni uguali vengono trattate in modo differente e due situazioni differenti vengono trattate in modo uguale, si tratta di chiedersi se l'adozione da parte dei partners dello stesso sesso identifichi una situazione identica a quella che nasce dall'adozione dei partners di sesso diverso.118

Ovviamente quest'aspetto concerne una valutazione inevitabilmente personale e molto delicata, in cui i principi in essa racchiusi rappresentano comunque un valore di assoluta dignità da proteggere e rispettare. Ma presupposto questo concetto e cercando si sviluppare un apprezzamento che sia il più obbiettivo possibile, non si può trascurare il fatto che padre e madre siano due figure il cui sesso trasmette ineluttabilmente l'appartenenza ad un modo di costruire, educare e vivere la famiglia proprio del nostro ordinamento, della nostra cultura.

E allora secondo questo modo di pensare comunemente accettato, eppure giusto o sbagliato che sia, non si può configurare discriminazione; e non si può perché nei valori che fondano la nostra società è pacifico supporre una diversità di conseguenze nella vita personale del figlio che scaturirebbe dal mènage tra padre e padre (o madre e madre) anziché tra padre e madre. Non si tratta di un

atteggiamento bigotto o intransigente, ma probabilmente soltanto responsabile. Ed è bene chiarire che neppure è il caso di affermare una cosciente responsabilità solo accettando certi valori e respingendone altri, ma piuttosto valutando il quadro complessivo dei principi etici afferenti la nostra società e chiedersi quindi che cosa fare.

Orbene qui si tratta solo di giudicare l'opportunità della scelta fatta dal legislatore, e dunque riflettere sul sostrato culturale del nostro Paese per accettare, o invece no, un cambiamento intellettuale del proprio costume.

Discorso diverso vale invece per l'affidamento del minore che si sviluppa nel momento in cui lo stesso venga allontanato temporaneamente dalla propria famiglia di origine per essere affidato alle cure di terzi. In questo caso infatti, l'art. 2, 2 ºcomma della legge 184/1983 precisa che anche una “comunità di tipo familiare” è adatta allo scopo, anche se preferisce al comma 1 che ad occuparsene sia una famiglia tradizionalmente intesa, o anche una persona singola, in grado di assicurargli il mantenimento, l'educazione, l'istruzione e le relazioni affettive di cui ha bisogno. In questo caso, il carattere transitorio esclude la necessità che si costituisca un nuovo status familiare e pertanto può risultare idonea anche una realtà dai requisiti meno stringenti e meno selettivi rispetto quella richiesta per l'adozione.

E così dalla stessa giurisprudenza119 è stata avvallata la possibilità che

affidatarie del minore siano coppie di fatto, anche dello stesso sesso, sempre che sia presente un ambiente sereno attraverso cui sviluppare in modo apprezzabile la crescita e lo sviluppo del minore.

119 Decreto del Tribunale Min. di Bologna, 31 ottobre 2013 dal sito web

“magistraturademocratica.it”,27 novembre 2013 e Decreto del Tribunale Min. di Palermo, 4 Dicembre 2013,in Il.Corr.Giur.,2014, 2, p.205 e ss.