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Un approccio di “basso” profilo

2. Famiglia di fatto e diritto comunitario

2.2. Un approccio di “basso” profilo

Come già anticipato l'attenzione delle Istituzioni europee verso la protezione dei diritti fondamentali e nello specifico di quelli compresi nell'alveo familiare è opera piuttosto recente. Il diritto comunitario è progredito notevolmente grazie al lavoro svolto contestualmente dalle Istituzioni dell'Unione Europea nonché dall'opera costante di tutti gli operatori giuridici che in dottrina hanno fortemente contribuito alla creazione di una “mentalità giuridica” differente. Oggi possiamo dire che la politica comunitaria è sicuramente proiettata anche verso la tutela della vita familiare.

La Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali (C.E.D.U.)51 stipulata a Roma nel 1950 è

indubbiamente il primo importante riferimento normativo europeo predisposto per la tutela dei diritti dell'uomo. La sua importanza non appare di certo decresciuta dal decorso del tempo, ed anzi la sua capacità applicativa è risultata più concreta in tempi recenti che non negli anni immediatamente successivi alla sua entrata in vigore. La svolta decisiva è derivata senz'altro dalla Corte di Giustizia delle Comunità Europee e dalla Corte di Strasburgo grazie ad interventi, applicati a casi concreti, decisi e diretti al riconoscimento dei diritti fondamentali.

In particolare si deve fare riferimento al momento in cui il diritto comunitario diviene gerarchicamente sovraordinato al diritto degli Stati membri. Questo importante passaggio storico è decisivo anche per il cambiamento della politica comunitaria.

51 La Convenzione europea per i diritto dell'uomo e delle libertà fondamentali (CEDU) è una convenzione internazionale conclusa nell'ambito del Consiglio d'Europa. La CEDU consente ad ogni individuo di richiedere la tutela dei diritti garantiti dalla stessa attraverso il ricorso giurisdizionale alla Corte Europea dei diritti dell'uomo con sede a Strasburgo.

Immaginiamoci il paradosso che sarebbe scaturito fintanto che l'ordinamento comunitario si fosse dichiarato superiore a quello nazionale pur in assenza di una specifica tutela dei diritti fondamentali52. In effetti, sono da ascrivere al quinquennio 1969-

1974 i primi interventi53 della Corte di Giustizia a tutela dei diritti

fondamentali dell'uomo, affermando come gli stessi si ponessero a pieno titolo tra i principi portanti dell'ordinamento comunitario. Di lì a poco l'atteggiamento della Corte avrebbe pervaso gran parte delle altre Istituzioni; si ricorda per esempio una risoluzione del Parlamento europeo del 12 aprile 1989 54 sulla dichiarazione dei diritti

e delle libertà fondamentali che avuto il pregio di valorizzare il concetto di “dignità umana”.

La capacità di sviluppare i diritti fondamentali dell'uomo ha posto le basi per la considerazione anche nel diritto europeo dei “problemi di tutti i giorni” come appunto quelli legati alle convivenze di fatto. Procedendo con ordine non si può che cominciare parlando proprio della CEDU che benchè risalente al 1950 mantiene i propri principi assolutamente contemporanei e adattabili alla realtà sociale che ci circonda.

In particolare la Convenzione costituisce, attraverso la forza intrinseca dei propri precetti, la radice etica su costruire il “rispetto” di quelle posizioni sociali bisognose d'aiuto come le coppie e famiglie di fatto. La prima disposizione che balza agli occhi in questo senso è l'articolo 8 CEDU inteso a proteggere la vita privata e familiare dove si legge che «Ogni persona ha diritto al rispetto della propria vita privata e

52 A. Mascia, La famiglia di fatto:riconoscimento e tutela, p.60, 2006, Halley 53 A. Mascia, Ivi p.62. Il riferimento è alle sentenza della Corte di Giustizia europea, 12 novembre 1960, Erich Stauder v. City of Ulm, causa 29/69; della sentenza del 17 dicembre 1970, Handelsgesellschaft mbH contro Einfuhr- und

Vorratsstelle für Getreide und Futtermittel, causa 25/70; della sentenza del 14

maggio 1974 ,J. Nold, Kohlen- und Baustoffgroßhandlung,causa 4/73. 54 La “Dichiarazione dei diritti e delle libertà fondamentali” del 12 aprile 1989

rappresenta la prima importante testimonianza di come anche in ambito europeo i diritti fondamentali cominciassero ad assumere particolare rilevanza.

familiare..» e che ogni ingerenza di questo diritto può essere giustificata solo da un intervento dell'autorità pubblica a difesa di valori come la sicurezza nazionale, l'ordine pubblico o altri di assoluta rilevanza come il benessere e la salute.

Ancora, all'articolo 12 CEDU si stabilisce il “diritto al matrimonio” di ogni uomo e donna il cui fine è garantire il diritto di formare una famiglia nel rispetto delle normative nazionali.

Se poi, queste disposizioni vengono lette di concerto ad altre contenute nella Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo di poco prima, allora la volontà di riconoscere diritti e libertà si coglie anche meglio. L'articolo 16 di tale Carta normativa garantisce anch'esso il diritto al matrimonio di uomini e donne ma, per quel che ci interessa, assume rilevanza soprattutto al terzo comma dove si stabilisce chiaramente che «La famiglia è il nucleo naturale e fondamentale della società e ha diritto ad essere protetta dalla società e dallo Stato.» La Convenzione fa poi riferimento ad un principio molto caro all'ordinamento comunitario, quello di “non discriminazione” che avremo peraltro modo di approfondire. L'articolo 14 CEDU infatti stabilisce che i diritti e le libertà della Convenzione stessa devono essere assicurati evitando discriminazioni di qualsiasi genere; lasciando presupporre chiaramente quelle che potrebbero sussistere tra coppie etero e omosessuali, ma anche perché no, quelle relative all'aver stipulato o meno l'atto matrimoniale.

In effetti, analizzando adesso un risvolto pratico, possiamo notare come la Corte Europea dei Diritti dell'uomo (la Corte di Strasburgo) abbia fin da un passato meno recente cercato di dare attuazione alle proprie disposizioni.

In “Marckx c Belgio”55 la Corte affronta una questione di diritto di

55 Corte europea dei diritti dell'uomo, “Marckx c. Belgio”, 13 giugno 1979, ric. n. 6833/74.

famiglia; precisamente nell'ambito della filiazione condanna lo Stato belga in quanto faceva dipendere il riconoscimento dello status di figlio nato fuori dal matrimonio da un provvedimento del giudice anziché dalla nascita e ciò in violazione dell'articolo 8 CEDU sia singolarmente che in combinazione dell'articolo 14 CEDU.

La Corte chiarisce che l'articolo 8 CEDU garantisce il rispetto alla vita familiare senza porre alcuna distinzione tra famiglia legittima e famiglia non fondata sul matrimonio, infatti, tale distinzione non sarebbe compatibile con la parola “ogni” inserita nell'articolo stesso. Tale assunto è confermato dall’art. 14 CEDU che, nel godimento delle libertà e dei diritti sanciti dalla Convenzione, pone un divieto di discriminazione fondato sulla nascita.

Ancora risalente al 1985 si può citare un'altra decisione della Corte di Strasburgo56che prende di riferimento l'articolo 8 CEDU. In questo

caso l'orientamento assunto dalla Corte, al fine di garantire il ricongiungimento di uno dei coniugi residente in Europa, è quello di privilegiare il “sentirsi sposati” degli interessati e il loro desiderio di condurre una vita insieme, al di là della validità del contratto matrimoniale concluso in uno Stato non membro.57

Di certo entrambe le pronunce analizzate aprono la porta alla tutela delle coppie non sposate e dimostrano la capacità della Corte di Strasburgo di saper adattare il contenuto delle proprie norme alla realtà sociale.

La verità è che questo è solo un “timido inizio” in cui il diritto comunitario si dimostra, fino i primi anni del nuovo secolo, ancora molto titubante sulla volontà di persuadere le normative nazionali alla tutela di realtà familiari differenti da quella matrimoniale. Lo dimostra chiaramente un regolamento del 2000.

56 Corte europea dei diritti dell'uomo,Abdulaziz,Cabales e Balkandali c. Regno

Unito” 8 maggio 1985, ric. n, 9214/80; 9473/81; 9474/81

Il regolamento comunitario 1347/200058 approvato dal Consiglio

d'Europa, anche riconosciuto come “Bruxelles II”, disciplina il riconoscimento, l'esecuzione e la competenza delle decisioni in ambito matrimoniale, comprese quelle che riguardano le potestà dei genitori sui figli. Il regolamento si interessa delle ipotesi di separazione, divorzio, annullamento del matrimonio ma niente che possa far riferimento a contesti familiari non matrimoniali.

Il che evidenzia anche nel diritto comunitario, almeno inizialmente, una certa incongruenza tra “teoria e pratica” in quanto le potenzialità contenute nella CEDU non vengono sfruttare come potrebbero.

Certo si tratta di un fenomeno che si sviluppa molto similmente a quello che ha caratterizzato (invero ancora oggi) l'operato della Corte Costituzionale e che per questo probabilmente non stupisce più di tanto in Italia, dove si tende più facilmente a conservare la tradizione piuttosto che sollecitare veloci cambiamenti.

58 Il regolamento 1347/2000 viene abrogato dal successivo regolamento 2201/2003.

2.3. Sviluppo e limiti del diritto di famiglia