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4. Aspetti patrimoniali nella famiglia di fatto

4.2. Gli atti di liberalità

Lo “spirito di liberalità” frequentemente connota la relazione affettiva non matrimoniale attraverso forme giuridiche di attribuzioni patrimoniali come la donazione, che costituisce la forma prevalente o altri istituti meno in uso.

Proprio partendo da questi ultimi si può menzionare le cosiddette “liberalità d'uso” (art.770 c.c.) eseguite “in occasione di servizi resi” oppure “in conformità agli usi” che sicuramente rappresenta la forma prevalente nel contesto familiare. In questo caso si tratta di chiedersi se l'attribuzione patrimoniale fatta da un convivente in favore dell'altro possa configurarsi alla stregua di un dovere sociale che risponda ad un “uso” praticato dalla coppia, e con ciò intendendo regole di costume e di convivenza, consuetudini mondane e appartenenti al decoro familiare.139

Ovviamente diventa un campo di ricerca che rischia di confondersi inevitabilmente con quello dell'obbligazione naturale e starà pertanto all'interprete saper distinguere. Tra l'altro anticipando un aspetto che vale anche per le donazioni, la valutazione globale circa la natura e la capacità incisiva dell'attribuzione sul patrimonio dei conviventi, non può sussumersi solo al seguito di un “bilancio contabile”, squisitamente aritmetico, che consideri la situazione economica dei

partners prima e dopo l'attribuzione stessa, perché vale la pena

ripetere, si tratta di un contesto fatto di relazioni costruite su ragioni sociali e affettive e non su “conti aziendali”.140

139 Così F.Romeo, op.cit., p. 302, richiamando Oppo, Adempimento e liberalità, p. 38 e ss., Edizioni scientifiche italiane, Napoli, 1980

140 Invero si tratta di un orientamento richiamato dalla giurisprudenza ; Corte di Cssazione, 17 febbraio 2012, n.2353, in Riv. crit. dir. lav., 2012, p. 402, dove nella valutazione di un'attribuzione patrimoniale in un contesto familiare si esclude l'obbligazione naturale perché l'ammontare dell'importo farebbe escludere i requisiti di proporzionalità e adeguatezza.

L'aspetto più significativo che concerne le “liberalità d'uso” però è quello legato allo scambio di doni, definibili veri e proprio regali che caratterizzano tutto il rapporto di convivenza esprimendo reciproca gratificazione ed affetto. Infatti, la comunanza di vita assieme al sentimento protratto nel tempo costituisce lo scenario più naturale per lo scambio di questi doni che sono frutto di affettuosità ordinaria, normale ed usuale per niente collegabile a specifici eventi.

Il “problema” legato allo scambio di certi presenti, nasce potenzialmente ogni volta che la relazione giunga al termine e il

partner che ha disposto la dazione, pervaso da un sentimento di

frustrazione e rancore, chieda la restituzione di quanto elargito appigliandosi alla mancanza originaria dei requisiti previsti per la donazione.

Dunque bisogna chiedersi se si è difronte ad una “liberalità d'uso” oppure ad una “donazione” per la quale è prevista la forma dell'atto pubblico alla presenza di due testimoni (art.782 c.c.)

Si tratta di una distinzione di labile confine che peraltro rischia di confondersi con l'ulteriore opzione delle “donazioni manuali di modico valore” (art. 783 c.c.) e con “l'adempimento di un obbligazione naturale” (art. 2034 c.c.). Senza addentrarsi nelle ricostruzioni interpretative, ci basti qui considerare che la giurisprudenza prevalente141 ha optato per il riconoscimento di queste

situazioni come “liberalità d'uso” e come tali non sottoposte ai presupposti formali o causali previsto per gli altri istituti, ma soprattutto evidenziando un approccio evolutivo delle nostre Corti che si sono dimostrate vicine alla realtà sociale in divenire, qualificando come naturale lo scambio di riconoscenze a cui in passato si attribuiva

141 Il riferimento va in particolare al Tribunale di Palermo, 3 settembre 1999, in

Dir. fam. e pers., 1994, p.1071. Nello specifico il Giudice ha considerato il

“dono di una pelliccia” sussumibile come “liberalità d 'uso” in quanto costituente una dazione comune di una relazione affettiva e come tale da considerarsi espressione del costume sociale

esclusivamente un valore riparatorio.142

Anche l'atto di liberalità indiretta costituisce una forma di attribuzione patrimoniale che può assumere diverse sembianze, a seconda del negozio giuridico utilizzato, ma che realizza comunque un arricchimento del beneficiario e che risulta configurabile anche nella famiglia di fatto alla luce della “causa di convivenza” per cui, in attuazione dei doveri morali e sociali, rappresenta anche questa figura un confine labile con l'obbligazione naturale

Ma l'atto di liberalità più importante perché più frequentemente utilizzato è la donazione. In questa situazione lo spirito di liberalità contraddistingue il donante nella cessione di un suo diritto o nell'acquisizione di un obbligo a favore del donatario, ed invero costituisce un ipotesi abituale e variabile nella convivenza di fatto. Ad esempio con la donazione un convivente può trasferire l'altro l'intera proprietà di un bene, oppure la sola nuda proprietà riservandosi il diritto di usufrutto, o ancora costituire sul bene un diritto reale di godimento riservandosi invece la nuda proprietà. Un ipotesi comune è quella che fa fronte alle situazioni di convivenza in cui si riscontri la presenza di figli altrui nati in precedenza alla stessa, per cui un convivente potrebbe assicurare il godimento di un immobile al partner con un diritto di usufrutto, evitando quindi che lo stesso passi poi in eredità ai figli di lei/lui. Infatti benchè la sua compagna/o potrà godere vita natural durante dell'immobile, una volta che il soggetto proprietario muoia eppure il partner non proprietario, il diritto di usufrutto si estingue e la proprietà passerà agli eventuali figli nati in costanza del rapporto e non a quelli nati in precedenza da uno solo dei partners conviventi.

142 Il riferimento alla Corte di Cassazione, 7 ottobre 1954, n.3389, in Giur.it, 1955, I, c. 872 e ss., questa pronuncia la Corte ricollega l'attribuzione di somme da un convivente all'altro in virtù dell'art. 770 c.c. come “donazione remuneratoria” cioè come conseguenza di un dovere morale di rimediare ad un torto o compensare un servizio o beneficio.

Allo stesso schema concettuale sottostà la donazione con patto di riversibilità (art.791 c.c.) attraverso cui un convivente potrebbe decidere di disporre i propri beni a favore del partner ma non dei suoi eredi; così ad esempio la condizione di riversibilità potrebbe riguardare la situazione di premorienza del donatario, che deve essere specificatamente indicata, e al verificarsi della quale i beni tornino liberi da pesi o ipoteche nella disponibilità del solo donante.

Altra ipotesi frequente di donazione in un rapporto di convivenza è quella cosiddetta rimuneratoria, dove il principio di fondo è un motivo di riconoscenza che contraddistingue le attribuzioni fatte da un

partner a favore dell'altro che si è distinto per amorevole dedizione o

per aver contribuito col proprio lavoro casalingo a favore della “causa di convivenza”. Difficile invece poter inquadrare questo tipo di donazione per configurare gli obblighi di assistenza e di contribuzione costituenti, come più volte detto, l'obbligazione naturale.143

Per l'atto di donazione, eccetto che per quella di modico valore (art.783 c.c.), si prevede a pena di nullità la forma dell'atto pubblico ( art.782 c.c.) e quindi che sia redatto da notaio o da altro pubblico ufficiale legittimato ad attribuire pubblica fede al documento.

L'ultima riflessione vale al fine si chiarificare un aspetto richiamato più volte richiamato in questo paragrafo e in fin dei conti mai approfondito. Si tratta del labile confine che divide obbligazione naturale e donazione.

Per comprendere bene questo principio di diritto, ovviamente rilevante per i conviventi di fatto, è necessario tornare al concetto di base su cui si costruisce l'obbligazione naturale.

Abbiamo detto che si tratta di un'obbligazione adempiente “doveri morali e sociali” così come disciplinato dall'art. 2034 c.c., ma va precisato che il riferimento è ad una realtà unitaria; ai doveri

143 Dal sito del Consiglio nazionale del notariato, La convivenza, regole e tutele

scaturenti dalla realtà sociale e perciò stesso, possono essere definiti doveri della morale sociale.

Dunque si tratta di un'obbligazione contraddistinta da una certa oggettività se considerata in rapporto ai doveri della prestazione, misurabile per l'appunto valutando le relazioni esistenti tra i soggetti dell'obbligazione. Ecco dunque dove nasce il principio di proporzionalità e a cosa serve; l'adempimento del debitore sarà giudicato idoneo in base alla propria capacità patrimoniale ed in relazione agli interessi che deve soddisfare, così da proiettarsi tra un “minimo” e un “massimo” dei parametri di riferimento comunque capaci di soddisfare le esigenze, morali e sociali.

Eppure quando le sostanze del debitore siano da considerarsi modeste, l'attribuzione che rientra in quei limiti è comunque da definirsi obbligazione naturale, proprio perché l'adempimento dei doveri morali e sociali è da considerarsi l'unica ratio sottostante l'obbligazione naturale affinché la stessa possa possedere una propria consistenza giuridica e non sfoci in un altro istituto del diritto (come la donazione). Ciò significa che il criterio di proporzionalità va attribuito principalmente in riferimento alla relazione su cui l'adempimento ricade.144

Nella donazione invece ciò che si evidenzia è lo “spirito di liberalità” che si riconnette a valori quali la gratitudine, la benevolenza, la riconoscenza ed altri ancora in cui comunque si esclude ogni percezione di “etero-imposizione” incompatibile con l'animus

donandi.

L'errore allora appare evidente, e la confusione tra obbligazione naturale e donazione si genera ogni volta che alla prima si tenda a dare un significato iper-esteso e snaturato in cui sfugge l'elemento

144 S. Delle Monache, Convivenza more uxorio e autonomia contrattuale (alle

soglie della regolamentazione normativa delle unioni di fatto), in Riv.civ, Vol.

centrale dato dalla “doverosità sociale” dell'adempimento stesso, costruito ed innervato sulle relazioni che lo contestualizzano. Invece più spesso si finisce per privilegiare la prospettiva degli interessi sottesi all'obbligazione ma che in realtà ne rappresentano il presupposto e non l'oggetto. Il che ha come naturale risultato il fatto che l'attribuzione sarà considerata più giusta o meglio proporzionata in base al rilievo dato all'interesse-presupposto, generando proprio in questo modo una tenue demarcazione tra obbligazione naturale e donazione.145

Un po' come se attraverso un escamotage giuridico, si trasportassero i potenziali motivi che presuppongono l'obbligazione naturale sul diverso piano della causa, invertendo in modo distorto l'angolo visuale su cui rapportare il ragionamento.