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I rapporti patrimoniali nella proposta di legge

5. Prospettive di riforma: la “legge Cirinnà”

5.2. Le convivenze di fatto nella “legge Cirinnà”

5.2.2. I rapporti patrimoniali nella proposta di legge

Il piano dei rapporti patrimoniali assume una spiccata rilevanza nella disciplina delle convivenze, giacché si tratta di un ambito meno incline ad inopportune ingerenze rispetto a quello dei rapporti personali. Sotto questo profilo la “legge Cirinnà” comunque privilegia l'approccio negoziale dei conviventi, ammettendo ed anzi sollecitando la conclusione di “contratti di convivenza”, ma in ogni caso prevede per le coppie che non vogliono o che non possiedono i requisiti per concludere tale accordo, un regime di tutela patrimoniale costruito su tre cardini fondamentali: l'abitazione, il principio di “solidarietà reciproca” tra i conviventi e quello delle remunerazione per l'attività prestata da un convivente nell'impresa dell'altro.

Va detto che si tratta di profili che il legislatore prende di riferimento quasi esclusivamente nella fase patologica del rapporto, anticipando la risoluzione di ipotesi di conflitto o riconoscendo alcune pretese che nascono a fine relazione, configurando quindi una disciplina

186 Così F.Romeo e M.C. Venuti, Relazioni affettive non matrimoniali: relazioni a

margine del d.d.l. in materia di regolazione delle unioni civili e disciplina delle convivenze, in Le nuovi leggi civili commentate, 5 settembre 2015

187 Il riferimento è al capitolo 3. “I rapporti personali” della presente ricerca. p. 188 I rapporti personali valutati nell'approfondimento di G.O.Mannella, G.C

Platania, Approfondimento » Unioni civili e convivenze di fatto. I rapporti

patrimoniali tra conviventi: il contratto di convivenza, dal sito “Il quotidiano giurdico”, 21 marzo 2015

“minimale” della convivenza.

Per quanto riguarda l'abitazione risulta difficile separare la rilevanza “sociale” da quella “patrimoniale”, per cui infatti grosso modo vale quanto detto nel precedente paragrafo, e se proprio l'unica cosa che si può constatare è l'assenza di una previsione normativa che si ponga a tutela del partner non proprietario in caso di cessazione della relazione amorosa e per cui vale quindi quanto sviluppato dalla giurisprudenza, ed anche in questo caso si tratta di un aspetto già sviluppato nel capitolo precedente.189

Anche l'ambito relativo alla “solidarietà economica” tra i partners possiede una doppia rilevanza, “personale” e “patrimoniale” per cui vale la pena elencarlo anche in questo paragrafo soffermandosi però soltanto su un aspetto critico, di interpretazione, senza nuovamente ripetere il contenuto della norma. Il riferimento è alla possibilità che la tutela offerta dall'art. 65 “p.d.l.” escluda quelle convivenze di fatto che benchè contenenti i requisiti oggettivi previsti dall'art. 36 “p.d.l.” quali la stabilità del rapporto e degli affetti, siano prive di qualche elemento soggettivo come i presupposti parenterali che abbiamo visto essere particolarmente restrittivi e che in effetti non giustificherebbero una diversità di trattamento. Ipotesi difficile ma comunque reale. Il terzo articolo preso in considerazione prima di analizzare la struttura e il contenuto degli accordi di convivenza è quello relativo ad un aspetto patrimoniale questa volta caratterizzante la fase fisiologica del rapporto. L'art. 46 “p.d.l.” che aggiunge l'art 230ter

«Diritti del convivente» al Codice Civile, si riferisce al convivente

che presti stabilmente la propria opera all'interno dell'impresa del

partner e a cui spetta il diritto alla partecipazione agli utili

proporzionata al lavoro svolto, superando pertanto la presunzione di gratuità che aleggiava in questo contesto, sempre che tra i conviventi

189 Il riferimento è al capitolo 4. “I rapporti patrimoniali”, (§ 4.3 “L'abitazione comune”) p. 123

non ci sia un rapporto di lavoro subordinato o un rapporto di società. A ben vedere il legislatore avrebbe semplicemente potuto aggiungere “il convivente di fatto” nel novero dei familiari previsto dal 3ºcomma dell'art 230 c.c., ma invece non lo fa e ciò che ne consegue è una minore tutela rispetto ai coniugi. Infatti nel nuovo art 230ter c.c. non si fa riferimento all'indicazione dell'attività d'impresa prestata e si richiede che il convivente presti “stabilmente” la propria opera invece che “in modo continuativo” come invece si palesa nell'art 230 c.c., certificando requisiti più stringenti e meno limpidi del convivente rispetto alla situazione del coniuge. Infatti la norma si riferisce alla partecipazione di utili commisurata al lavoro prestato, trascurando il riconoscimento del diritto al mantenimento secondo la condizione economica della famiglia, e anche va detto che omette il diritto sui beni acquistati e sugli incrementi dell’azienda, nonché il diritto di partecipare all’assunzione delle decisioni gestionali come indicato dall’art. 230 bis c.c. Infine anche l'eccezione del 2ºcomma dell'art 230ter che si riferisce al lavoro prestato in conseguenza di un rapporto di società o di subordinazione lascia in profonda indeterminatezza alcune fattispecie che potrebbero svilupparsi come il lavoro in forma autonoma o in associazione in partecipazione.190

Questi i profili salienti della legge per quanto riguarda gli aspetti patrimoniali che per la verità, come abbiamo visto, risulta molto difficile da considerare disgiuntamente a quelli personali i quali, probabilmente, trovano l'effettiva ragion d'essere solo se contestualizzati nella tutela patrimoniale.

In ogni caso la vera forma di protezione economica dei conviventi passa attraverso l'autonoma pattuizione dei “contratti di

190 Così F.Romeo e M.C. Venuti, Relazioni affettive non matrimoniali: relazioni a

margine del d.d.l. in materia di regolazione delle unioni civili e disciplina delle convivenze, in Le nuovi leggi civili commentate, 5 settembre 2015, p. 997 e ss.

Per un approfondimento sul “testo di legge Cirinnà” si vede in appendice documentale “Allegato n. 5” p .170 e ss.

convivenza”.191

L'art. 51 “p.d.l.” prevede che il contratto sia redatto, a pena di nullità, in forma scritta, con atto pubblico o scrittura privata autenticata da un notaio o da un avvocato che ne attestino la conformità alle norme imperative e all'ordine pubblico, invece il successivo art. 52 “p.d.l.” precisa che il professionista che autentica o riceve l'atto deve preoccuparsi di trasmettere entro dieci giorni la copia del contratto di convivenza al comune di residenza dei partners individuato ai sensi del regolamento previsto dal D.P.R. n. 223 del 1989.

Per quanto invece concerne le cause di nullità insanabili si deve fare riferimento all'art. 57 “p.d.l.” che specifica le ipotesi di:

• contratto concluso in presenza di un vincolo matrimoniale, di un'unione civile o di un altro contratto di convivenza;

• contratto concluso in violazione dell'art. 36 “p.d.l.” cioè dei requisiti soggettivi ed oggettivi per la qualificazione della convivenza;

• contratto concluso da persona minore di età;

• contratto concluso da persona interdetta giudizialmente;

• in caso di condanna per delitto di relativa all'art. 88 c.c., che fa riferimento all'ipotesi per cui non possono contrarre matrimonio, in questo caso convivenza, due persone delle quali l'una è stata condannata per omicidio tentato o consumato sull'altra.

Invece in virtù dell'art. 58 “p.d.l.” gli effetti del contratto di convivenza concluso rimangono sospesi in pendenza di un processo di accertamento di interdizione giudiziale oppure nel caso di un processo dipeso dalla violazione dell'art. 88 c.c.

Detto della forma e dei requisiti non ci resta che analizzare il contenuto di questo accordo; per cui in virtù dell'art. 53 “p.d.l.” il contratto può contenere:

• l'indicazione della residenza comune;

191 Per un approfondimento si veda “I contratti di di convivenza nella legge Cirinnà”, in appendice documentale “Allegato n. 4” p. 169

• le modalità di contribuzione alle necessità della vita comune in relazione alle sostanze di ciascuno dei conviventi e alle capacità di lavoro professionale o casalingo;

• la scelta come regime patrimoniale della comunione dei beni che pertanto non conterrebbe necessariamente la forma prevista dall'art. 163 c.c.

Nessun preciso rifermento invece è posto alla possibilità di prevedere contenuti “atipici”, quale potrebbero ad esempio essere le scelte relative alla divisione delle spese per i figli, che benchè certamente si considerano legittime, non altrettanto facilmente si può dire che esse facciano parte del contratto stesso e che non rimangono accordi liberi esclusi dal contratto. Sicuramente invece, restano fuori le pattuizioni volte a disciplinare gli aspetti personali che coinvolgano diritti e libertà inviolabili, come per esempio l'idea di contrarre l'obbligo di fedeltà.

Va detto poi che il contratto di convivenza non tollera l'apposizione di termini o condizioni, ma potrà essere modificato in ogni sua parte con le stesse modalità previste per la sua sottoscrizione (art. 56 “p.d.l.”). Un altro aspetto fondamentale da analizzare del contratto è quello relativo alle ipotesi della sua risoluzione (art. 59 “p.d.l.”) prevista per: • accordo delle parti nelle stesse forme previste per la sua sottoscrizione;

• recesso unilaterale da esercitarsi con dichiarazione ricevuta da notaio oppure autenticata dal notaio stesso o da un avvocato, ( in questo caso il professionista si deve preoccupare di notificare copia dell'atto all'altro contraente all'indirizzo previsto nel contratto;

• matrimonio o unione civile tra i contraenti o tra uno solo di essi e un altra persona (anche in questo caso il contraente che ha contratto un matrimonio o un'unione civile deve notificare all'altro contraente nonché al professionista che ha ricevuto o autenticato il contratto di

convivenza, l'estratto di matrimonio o unione civile);

• morte di uno dei conviventi (in questo caso gli eredi del defunto o l'altro partner contraente devono notificare al professionista che ha ricevuto o autenticato il contratto di convivenza l'estratto della morte, affinché questi provveda ad annotare l'avvenuta risoluzione del contratto e a notificarlo a sua volta all'anagrafe del comune di residenza).

Nel caso in cui i conviventi avessero optato per un regime di “comunione dei beni” la risoluzione del contratto implica lo scioglimento della comunione medesima e l'applicazione nei limiti della compatibilità delle previsioni codicistiche previste per lo scioglimento della comunione legale tra i coniugi. (art. 60 “p.d.l.”) La proposta di legge si preoccupa di garantire anche il regime di diritto internazionale privato per cui si inserisce l'art. 30bis alla lg. n. 218 del 1995 che garantisce in caso di conflitti internazionali l'applicazione delle norme relative alla legge del luogo in cui la convivenza è prevalentemente localizzata.

Il contratto di convivenza così disciplinato non differisce molto da quello previsto dal Consiglio nazionale del notariato, e certamente rappresenta il miglior strumento offerto al convivente per conciliare “libertà” e “tutela”.

Certo una disamina del genere, compilativa in ogni suo aspetto, non ci permette di cogliere “lo spirito” delle norme in modo da giudicarne l'efficacia e la compatibilità con le vere esigenze dei conviventi, ma del resto si tratta pur sempre di una proposta che non è ancora legge e per cui è impossibile valutarne l'esperienza pratica.

Conclusione

A conclusione di questo percorso di ricerca ciò che emerge in modo chiaro e nitido è il messaggio che gran parte della dottrina insieme alla giurisprudenza si sono impegnate a trasmettere: la famiglia e i suoi valori connotano la realtà attraverso una propria fisionomia ben visibile a chiunque a prescindere da un simbolo formale che l'identifichi; è espressione di valori apprezzabili, rispettabili, ovunque riconoscibili.

Inizialmente, attraverso la rielaborazione dei principi costituzionali e di quelli comunitari che si pongono a tutela del diritto di famiglia si è cercato di riportare, sviluppandole, le teorie interpretative che ammettono l'esistenza di tipologie familiari diverse dai modelli tradizionali. Si tratta, come si può facilmente intuire, di un campo di ricerca che si imbatte inevitabilmente nella realtà sociale in cui le diverse opinioni e le diverse appartenenze ai valori rischiano di condurre la discussione e con essa la ricerca, anche in contesti pittoreschi e fin troppo folcloristici. Per questo, pur ammettendo la realtà sociale come oggetto di ricerca, si è dovuto prescindere da questa nell'elaborazione di teorie di valore apprezzabile. Ciò detto vale solo per specificare la volontà di escludere ogni tentativo di ricondurre le teorie costitutive della famiglia di fatto alle personali valutazioni che ciascuno individuo può esprimere arricchendo ogni portale d'espressione.

Dunque si tratta di dirottare la discussione in un contesto attendibile, dove ogni sforzo interpretativo rappresenti un vero tentativo di nobilitare certi valori. Ecco che il diritto costituzionale e il diritto comunitario rappresentano il punto di riferimento principale.

ovunque esiste libertà d'espressione e di pensiero e per questo, fortunatamente, l'informazione si libera di ogni costrizione indottrinata e contribuisce oggi fortemente a modificare la realtà sociale. Non si tratta di banalizzare un concetto comunemente diffuso, ma si tratta di premettere ancora una volta il clima contingente in cui i valori tradizionali hanno perso la propria forza. E così senza poter esprime un giudizio che pretenda di considerarsi giusto, la famiglia legittima ha perso obbiettivamente la propria superiore connotazione e, assieme ad essa, sono nate nuove e diverse forme familiari. In particolare la famiglia raffigurata dall'unione stabile di un uomo e di una donna che non può legittimamente sposarsi o che sceglie di non volerlo fare, rappresenta oggi una realtà che non può più dirsi oggetto di riprovazione sociale. In questo contesto, opportunamente, le Corti e più in generale i cultori del diritto si sono fatti interpreti “evolutivi” ed hanno sviluppato, con maggiore o minore efficacia, un cambio di prospettiva del mondo reale attraverso modificazioni dirette del diritto.

E del resto, qual'è l'obiettivo finale di questa ricerca se non chiedersi se non si è giunti finalmente ad un momento decisivo per il riconoscimento giuridico della famiglia di fatto, uno spunto di riflessione che passi attraverso un'“auto-interrogazione” circa i criteri di selezione di una “giusta normativa” che si chieda preminentemente perché sul piano sociale e politico ci siano ancora incertezze volitive ad un tanto sospirato riconoscimento. Una riflessione che non si limiti a soggiungere una conclusione senza chiedersi il perché.

E dunque una proposta normativa, pare concludersi, non può considerarsi giusta se non scegliendo una soluzione definitiva che provenga“dal basso”. Non si può ne in ambito italiano ne in quello comunitario prescindere dalla realtà sociale. Non si può fare a meno di considerare prioritarie le esigenze che in modo naturale

rappresentano oggi un modello familiare in cui il matrimonio ha perso la propria capacità persuasiva di schema esclusivo di vita.

Riproponendo una riflessione autorevole192, il rapporto tra diritto e

famiglia è un po' come un rapporto tra essere e dover essere. In questo bilanciamento di valori assume un'importanza cruciale l'individuazione del parametro “fondativo” e insieme “identificativo” del carattere della “familiarità”, sia per il diritto che deve poter selezionare il proprio campo d'applicazione, sia per la famiglia al fine di poter rivendicare la propria tutela. In questo senso l'essenza vitale del “principio famiglia” non scaturisce dal diritto positivo e neppure da una massima giurisprudenziale, ma discende “dal basso” dall'esperienza reale dei consociati, proprio perché la famiglia è un'istituzione naturale che preesiste ad ogni ordinamento. Allora il divenire sociale, nel tempo e nelle culture, acclara la totale irrilevanza di ogni tentativo di ricondurre la famiglia all'interno di un riconoscimento formale, come il matrimonio. Piuttosto, esplicita la necessità , sempre vera, di valutare il rapporto nella sua dimensione materiale e spirituale; come una scelta di vita che spesso si riassume in una forma stabile e duratura di affetti e di rapporti.

Questo è il “mondo dell'essere” che ovviamente non può fare a meno del “dover essere”, e cioè non possiamo non valutare anche il diritto perché il “mondo” nel suo complesso funzioni. D'altro canto, il diritto alla luce di quanto considerato non può insidiarsi “dall'alto” cioè auto- imporsi secondo una propria ragione. No, la ragione della famiglia è una ragione che nasce da sola, è essa stessa un modello di adattamento per il diritto. Certo, è necessario che si tratti di un modello in cui l'individuo riesca ad esprimere la propria spiritualità al meglio in quanto l'istituzione-famiglia è un luogo sotto-ordinato e

192 V. Scalisi, Le stagioni della famiglia dall'unità d'Italia ad oggi, parte seconda

«Pluralizzazione» e «riconoscimento» anche in prospettiva europea, in Riv. dir. civ., 2013, 1312 ss.

servente rispetto alle esigenze individuali. È proprio dove si esprime una certa coralità e conciliazione tra essere e dover-essere che esiste la famiglia.

Dunque secondo questo ragionamento due sono i parametri attraverso cui prospettare la tutela della famiglia; la valutazione all'interno dell'essere di quei connotati che si accettano nell'ordinamento, e considerare il dover-essere alla luce del proprio modo di rispecchiare i valori dell'esperienza sociale dei consociati. Da ciò deriva in ogni ordinamento la possibilità di accogliere un'idea di famiglia “aperta e plurale” che si fondi su un orientamento assiologico della vita stessa in modo da evitare discrasie tra il diritto e la “familiarità”.

In questo quadro anche la famiglia tradizionale, fondata sul matrimonio costituisce un valore da conservare e consolidare, ogni volta che continuerà a rappresentare un modello effettivamente identificante il “sentire sociale”. Ma nel momento in cui quest'ultimo si faccia “portavoce” di altri e differenti modelli familiari, anche questi non devono essere considerati come deviazioni di un modello unico e giusto, ma come situazioni dotate di eguale dignità e legittimità.

Ebbene concludendo, anche attraverso la rielaborazione delle tutela personale e patrimoniale attualmente riconosciuta alla famiglia di fatto si visto come il diritto, prevalentemente di matrice giurisprudenziale, abbia cercato di supplire all'atteggiamento indolente del legislatore dimostrandosi a volte capace e a volte meno di rispondere concretamente alle esigenze sociali delle libere unioni ma evidenziando, in ogni caso, la mancanza di un assetto delineato di diritti a cui corrispondano altrettanti doveri. Un sistema di protezione “innaturale” che non spiega il disvalore proprio di una così grave lacuna legislativa.

tassello imprescindibile per avvicinare l'Italia al resto dell'Europa e completare quindi una riforma culturale prima ancora che giuridica.

Appendice documentale

Allegato n. 1

Radici storiche: approfondimento

La realtà sociale è sempre l'espressione culturale del proprio tempo; ricostruire i “modelli” sociali e giuridici del nostro Paese aiuta a comprendere la forma mentis in cui si inseriscono le trasformazioni sociali contemporanee.

Allegato n. 2

I PACS francesi : Statistiche

In Francia si tratta di un modello particolarmente apprezzato dalle coppie conviventi eterosessuali.

Mariages Pacs 1990 294.690 /// 294.690 /// /// /// 294.690 /// 1991 287.897 /// 287.897 /// /// /// 287.897 /// 1992 279.338 /// 279.338 /// /// /// 279.338 /// 1993 262.696 /// 262.696 /// /// /// 262.696 /// 1994 260.866 /// 260.866 /// /// /// 260.866 /// 1995 261.813 /// 261.813 /// /// /// 261.813 /// 1996 287.144 /// 287.144 /// /// /// 287.144 /// 1997 291.163 /// 291.163 /// /// /// 291.163 /// 1998 278.525 /// 278.525 /// /// /// 278.525 /// 1999 293.544 /// 293.544 3.551 2.600 6.151 297.095 2.600 2000 305.234 /// 305.234 16.859 5.412 22.271 322.093 5.412 2001 295.720 /// 295.720 16.306 3.323 19.629 312.026 3.323 2002 286.169 /// 286.169 21.683 3.622 25.305 307.852 3.622 2003 282.756 /// 282.756 27.276 4.294 31.570 310.032 4.294 2004 278.439 /// 278.439 35.057 5.023 40.080 313.496 5.023 2005 283.036 /// 283.036 55.597 4.865 60.462 338.633 4.865 2006 273.914 /// 273.914 72.276 5.071 77.347 346.190 5.071 2007 273.669 /// 273.669 95.770 6.222 101.992 369.439 6.222 2008 265.404 /// 265.404 137.744 8.194 145.938 403.148 8.194 2009 251.478 /// 251.478 166.148 8.436 174.584 417.626 8.436 2010 251.654 /// 251.654 196.416 9.145 205.561 448.070 9.145 2011 236.826 /// 236.826 144.675 7.494 152.169 381.501 7.494 2012 245.930 /// 245.930 153.670 6.969 160.639 399.600 6.969 2013 231.225 7.367 238.592 162.604 6.078 168.682 393.829 13.445 2014 hors Mayotte 230.307 10.518 240.825 167.208 6.261 173.469 397.515 16.779 2014 y c. Mayotte 230.770 10.522 241.292 167.391 6.337 173.728 398.161 16.859 2015 (p) 231.000 8.000 239.000 nd nd nd nd nd Ensemble des unions entre partenaires de sexe différent Ensemble des unions entre partenaires de même sexe Mariages de personnes de sexe différent Mariages de personnes de même sexe Ensemble des mariages Pacs de personnes de sexe différent Pacs de personnes de même sexe Ensemble des pacs

Allegato n. 3

I contratti di convivenza : approfondimento

Il Consiglio nazionale del Notariato a diffuso una guida sugli accordi di convivenza; è utile considerare gli aspetti essenziali di questi contratti a confronto con la disciplina prevista per i coniugi.

Allegato n. 4

I contratti di convivenza nella “legge Cirinnà”

Anche la proposta di legge da poco approvata al Senato prevede per le “convivenze di fatto” di sesso diverso e dello stesso sesso la possibilità di concludere contratti di convivenza il cui contenuto non è molto differente da quelli precedentemente analizzati. Ecco uno schema riassuntivo:

Allegato n.5

Proposta di legge n. 3634

Il 25 febbraio 2016 il Senato approva Il D.D.L. “Cirinnà” con 173 si e 71 no e passa alla Camera per l'approvazione definitiva come proposta di legge n. 3634

Di seguito l'elenco completo degli articoli che considerano le “convivenze” ; dal n. 36 fino al n. 69.

36. Ai fini delle disposizioni di cui ai comma da 37 a 67 si intendono per: «conviventi di fatto» due persone maggiorenni unite stabilmente da legami affettivi di coppia e di reciproca assistenza morale e materiale, non vincolate da rapporti di parentela, affinità o adozione, da matrimonio o da un'unione civile.

37. Ferma restando la sussistenza dei presupposti di cui al comma 36, per l'accertamento della stabile convivenza si fa riferimento alla dichiarazione anagrafica di cui all’articolo 4 e alla lettera b), comma 1, dell’articolo 13 del 7 regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 1989, n. 223.

38. I conviventi di fatto hanno gli stessi diritti spettanti al coniuge nei casi previsti dall'ordinamento penitenziario. 39. In caso di malattia o di ricovero, i conviventi di fatto hanno diritto reciproco di visita, di assistenza nonché di accesso alle informazioni personali, secondo le regole di organizzazione delle strutture ospedaliere o di assistenza pubbliche, private o convenzionate, previste per i coniugi e i familiari.

40. Ciascun convivente di fatto può designare l'altro quale suo rappresentante con poteri pieni o limitati: a) in