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GLI AEGYPTIACA DI MANETONE: OPERA FONDAMENTALE PER ROSELLINI NELLA SUA RICOSTRUZIONE DINASTICA

Nel ricomporre le successioni dinastiche dei faraoni, Rosellini si servì della comparazione tra le fonti classiche e i monumenti originali, dal cui confronto appunto derivarono le sue liste regali.  Nell’introduzione  ai  Monumenti Storici scrive: “Questo   quadro   pertanto,   o  vogliam  dire,   lista  dei  re  e  dei  tempi  dell’antico  Egitto,   risultante   dal confronto della Storia scritta coi Monumenti contemporanei, servirà come di scala graduata ove andrem poi collocando successivamente al debito posto, tutti i fatti che saremo per far conoscere nel progresso di questa vasta Opera. Della quale io stimo che la presente questione intorno alle dinastie ed ai tempi, non sarà per avventura la più dilettevol parte pel più gran numero di coloro che leggeranno; ma è pur la precipua e più necessaria, come sono i fondamenti di un edifizio e il lume dei colori in un  dipinto”.127

L’opera   di   partenza,   fondamentale   per questo lavoro di ricostruzione, fu senza dubbio gli Aegyptiaca di Manetone128 che comprende 113 generazioni, distinte in trenta dinastie   di   Re,   oltre   agli   Dei   e   Semidei   che   governarono   l’Egitto   prima   degli   uomini.

Il punto di partenza per la nostra conoscenza della trattazione delle dinastie dei re di Manetone   nella   cronografia   cristiana   è   senz’altro   la   Έκλογὴ τῆς   χρονογραφίας del Sincello  che,  intorno  all’800  d.C.  scrisse  quest’opera – una storia del mondo che va da Adamo a Diocleziano- per dimostrare che la nascita di Cristo era avvenuta nell’anno  5500.  Lo studioso, nella sua indagine sulle trentuno129 dinastie egizie che

regnarono  in  Egitto  dal  Diluvio  universale  fino  a  Dario  III,  utilizzò  l’opera  di  Manetone  

127 Mon. Stor., Tomo I, parte prima, pp. xvi-xvii

128 Theis C., Bemerkungen zu Manetho und zur manethonischen Tradition, in Die Welt des

Orients 44 (1), 2014, pp. 109-125; Hornung E., Rolf K., David A., King-lists  and  Menetho’s   Aigyptiaka, in Hornung, Erik, Rolf e David, Ancient Egyptian chronology, 2006 Leiden, pp. 33-36; Greenberg G., Manetho-a study in Egyptian chronology: how ancient scribes garbled an accurate chronology of dynastic Egypt. Marco Polo Monographs 8. Warren Center, PA: Shangri-La Publications 2004; Dillery J., The first Egyptian narrative history: Manetho and Greek historiography in Zeitschrift für Papyrologie und Epigraphik 127 (1999), pp. 93-116; Troiani L., Sui frammenti di Manetone nel primo libro del Contra Apionem di Flavio Giuseppe, in Studi classici e orientali, Pisa 24 (1975), pp. 97-126; Laqueur R., Manethon, in Paulys Real-Encyclopädie der classischen Altertumswissenschaft, édité par August Friedrich von Pauly, Georg Wissowa et Wilhem Kroll, Vol. 14 Stuttgart 1929 coll. 1060-1106.

129 Dopo gli Aegyptiaca di Manetone uscì un Epitome, probabilmente non dello stesso

autore, i cui resti furono preservati dai cronografi cristiani Africano ed Eusebio; questa Epitome portava le dinastie da trenta a trentuno. (vedi p. 55 di questa tesi)

come  ci  fu  trasmessa  dall’Africano  e  da  Eusebio e come ci è arrivata nella forma più corrotta della Vecchia Cronaca130 riguardo alla quale Rosellini scrisse nei Monumenti Storici: “Giorgio   Sincello   nella   sua   Descrizione   dei   tempi,   riporta   l’elenco   delle   dinastie egiziane e i calcoli cronologici di un altro antico fonte di storia che, senza conoscerne  il  nome  dell’autore,  suol  designarsi  col  titolo  di  Vecchia  Cronaca.  Questo   lavoro è generalmente giudicato dai critici anteriore ai tempi di Manetone e di Erodoto,  e  suol  riferirsi  all’epoca  della  invasione  di Cambise, cinquecento e più anni avanti   l’era   cristiana”.131 Rosellini afferma subito dopo che c’è   però   chi   mette   in   dubbio la vantata antichità della Vecchia Cronaca e, facendo ciò, di conseguenza ne diminuisce  l’autorità, considerando quindi Manetone la fonte più attendibile. Anche per il Sincello è più ragionevole rispetto a quello della Vecchia Cronaca il calcolo di Manetone, secondo cui le trenta dinastie avrebbero occupato uno spazio di 3555 anni che, come lui stesso afferma, ebbe inizio nell’anno  del mondo 1586 e terminò nell’anno del mondo 5141 a.C.,132 circa quindici anni prima dell’impero  di  Alessandro. Da questi 3555 anni, secondo i calcoli del Sincello, se si sottraggono 1190 anni, ritenuti come improbabili (i 656 che precedono il diluvio più i 534 che intercorsero dal diluvio alla dispersioni delle genti) l’inizio  del  regno  d’Egitto  viene  collocato nell’anno   2776, con il re Menes, e la sua conclusione nel 5141 con il faraone Nectanebo. Quindi, tra Menes e Nectanebo ci sarebbero stati per il Sincello 2365 anni. Se confrontiamo il computo che fa il cronografo di Costantinopoli con la cronologia moderna, che   pone   l’inizio   dell’Antico   Regno intorno al 3000 a.C., risultano chiaramente 224 anni di differenza (3000 a.C - 2776 a.C.) e questo fatto evidenzia il grande lasso di tempo che intercorre tra il computo del cronografo bizantino e la cronologia egizia composta in epoche successive a quella del Sincello. Rosellini però, riguardo a questo calcolo, afferma che il Sincello ha voluto accordare i calcoli di Manetone con la cronologia biblica e non è provato che la riduzione da lui operata derivi da calcoli fondati ed esatti, anche perché la durata del regno delle trenta dinastie, che il Sincello dice di aver estratto da Manetone, differisce molto da quella che  dallo  stesso  sacerdote  di  Sebennito  estrassero  Eusebio  e  l’Africano.  

130 Si  tratta  di  un’opera  che  non  viene  attribuita  dagli  studiosi  a  Manetone:  Gutschmid  la  

data alla fine del II sec. D.C.; Gelzer pensa che sia stata scritta da Tolomeo di Mendes, mentre Meyer la attribuisce a Panodorus di Alessandria (circa 400 a. C.)

131 Mon. Stor., Tomo I, parte prima, pp. vi-vii 132 Mon. Stor., Tomo I, parte prima, p. 15

Anche Laqueur133 sostiene che la successione che dà il Sincello è sospetta, poiché

per due volte apporta delle modifiche nella liste dinastiche: nella XVII dinastia, secondo la Versione armena, e nella XXIX dove l’armeno propone una successione che presso il Sincello è invertita. Secondo Laqueur, il monaco bizantino con queste modifiche  avrebbe  voluto  “screditare”  l’opera  di  Eusebio.  

In mezzo a un tal labirinto e a tanta discordia di calcoli, Rosellini saggiamente afferma  che  “non nostrum tantas componere lites”.134 Se si detraggono comunque i 1190 anni,  l’epoca  storica  inizierebbe, ipotizza lo studioso pisano, secondo calcoli più probabili   nell’anno   2272 a.C.135 e non nel 2776 come vuole il Sincello, ma questa ipotesi non è supportata né da testimonianze storiche né dalle indicazioni dei monumenti.

Poco   tempo   dopo   l’apparizione   dell’opera   storica   di   Manetone,   fu   fatta   un’Epitome che non era dello stesso autore, ma che con molta probabilità si presentava come una lista di dinastie, che furono portate da trenta a trentuno, con brevi annotazioni sui re e sugli avvenimenti importanti. Ciò   che   rimane   di   quest’opera è conservato dai cronografi cristiani, il cui scopo era di confrontare la cronologia dei popoli orientali con   quella   biblica   e   per   questo   motivo   l’Epitome offriva un quadro generale della storia intera, mentre ometteva le descrizioni come pure il racconto sugli Hyksos, conservato invece da Giuseppe Flavio. W.G.Waddel, che ha curato una traduzione inglese dell’opera  di  Manetone,136 afferma che Giulio Africano la cui Cronaca risale al 217  o  221  d.C.  trasmette  l’Epitome in una forma più precisa rispetto a Eusebio che sarebbe responsabile di una ingiustificata alterazione del testo originale di Manetone. Mentre  la  Cronaca  dell’Africano  in  cinque  libri  è  andata  perduta  ad  eccezione  di  ciò   che  è  conservato  negli  estratti  di  Eusebio  e  di  alcuni  frammenti  contenuti  nell’opera   del Sincello, riguardo a Eusebio il testo greco lo abbiamo in parte, riportato dal Sincello,   ma   l’opera   intera   è   conosciuta   attraverso   la   Versione   armena,   che   fu   composta nel V secolo da una revisione del primo testo in greco, e attraverso la versione latina fatta da San Gerolamo verso la fine del IV secolo (Tab. 5).

Dell’opera preziosa di Manetone, importante come abbiamo visto per la ricostruzione cronologica, ci rimangono pochi frammenti conservati da Giuseppe Flavio, da Giulio

133 Laqueur R., op. cit., Band XIV. 1 col. 1082 134 Mon. Stor., Tomo I, parte prima, p. 16

135 Rosellini   condivide   l’ipotesi   di   Champollion   Figeac,   che   nella   Notice Chronologique,

riferisce  alla  stessa  epoca  l’inizio  della  XVI  dinastia.  

136 Waddell W. G., Manetho, with a english translation by Waddell W. G., London 1964,

Africano e da Eusebio e saranno proprio i frammenti che contengono il catalogo delle dinastie e i nomi dei re che Rosellini confrontò con la Vecchia Cronaca. Nella prima parte dei Monumenti Storici, Rosellini dopo le liste di Manetone, mise a confronto le successioni dei faraoni come risultano dalle testimonianze di Erodoto e di Diodoro Siculo. Da tali comparazioni   l’egittologo   ottenne,   come   lui   stesso   afferma, una somma equivalente al numero dei re, mentre per quanto riguardava la somma degli anni di regno, si attenne soprattutto alle indicazioni di Manetone, considerate attendibili e riportate attraverso   Eusebio   e   l’Africano. Del resto sull’affidabilità   di   Manetone si era espresso anche Champollion quando, nella seconda edizione del suo Précis pubblicata nel 1828, annunciò il ritrovamento di alcuni cartigli di faraoni che, grazie alle indicazioni del sacerdote di Sebennito, poterono essere collocati nell’esatto   periodo   storico.   Inoltre,   nell’analisi   dei   monumenti   del   Museo   di Torino, Champollion mise a confronto la tavola di Abydos con il Canone cronologico di Manetone, secondo il principio metodologico in base al quale il monumento dava autenticità alle fonti classiche.

Riguardo alla figura dello storico egiziano e alla eventuale influenza di fonti classiche nella la stesura degli Aegyptiaca, si rivela interessante ancora una volta il libro di Moyer,137 che dedica un capitolo del suo saggio all’opera  del sacerdote di Sebennito, nel quale stabilisce anche un confronto tra questa e quelle di Erodoto e di Ecateo di Abdera. Lo  studioso  si  interroga  se  Manetone  abbia  avuto  “contatti”  con le precedenti descrizioni di autori greci della storia e della civiltà egizie. Tra gli scritti attribuiti allo storico egizio ci sarebbe il Τἀ πρὀ ς Ἠρόδοτον che, come anche le epitomi degli Aegyptiaca, suggerisce comunque che egli abbia corretto nella sua storia gli errori dello storico greco. Alcuni studiosi138 – afferma Moyer- sostengono che Manetone forse abbia utilizzato Ecateo di Abdera, più recente di Erodoto, come modello per la struttura generale della sua opera. Anche Ecateo seguì una successione di dei, re divini e re umani, come fece Manetone,   ma   non   c’è   ragione   di   ritenere, secondo Moyer,  che  quest’ultimo  avesse  seguito un greco vissuto prima di lui per strutturare la sua opera. Il modello della lista reale è chiaramente derivato dalla tradizione indigena egizia, cui ebbe accesso anche Erodoto. Nel suo racconto, infatti, lo storico sostiene che i sacerdoti egizi gli avevano elencato una lista di 330 sovrani che

137 Moyer I., op. cit., pp. 84-141; Betrò M., Review  of  “Ian  S.  Moyer,  Egypt  and  the  Limits  of  

Hellenism,  Cambridge  University  Press  2011”,  in  Adamantius  20,  2014

138 Murray O., Herodotus and the Hellenistic culture, CQ 22, 1972, pp. 200-213; Dillery J.,

iniziava con il re Min.139 Anche Ecateo probabilmente ebbe accesso alle medesime liste. Evidentemente sia nella forma del Canone di Torino sia in quella monumentale di Abydos, questa tradizione rappresentò una fonte comune per entrambi le versioni greche e per quella manetoniana. Che Manetone abbia seguito la tradizione indigena nel comporre la sua opera è indiscutibile ma Moyer si domanda se il sacerdote avesse avuto come punto di riferimento dei   modelli   più   antichi   nell’adattare   questa   tradizione alle esigenze della storiografia greca e la risposta sembra essere negativa. In   Erodoto   e   in   Ecateo,   l’idea   di   una   lista   reale come modo per rappresentare il passato diventa parte di un più ampio modello greco di descrizione di un popolo e del suo territorio, mentre gli Aegyptiaca di Manetone sono una  lista  reale  dall’inizio  alla   fine. Anche se la struttura di Manetone combina l’impianto   della   lista   reale   con   elementi narrativi,  non  significa  che  ci  sia  stata  un’influenza  da  parte  di  Erodoto, che “enfatizza”   il   dato   descrittivo   a   spese   di   quello   storico: le narrazioni in Manetone furono utilizzate, come afferma Moyer, “as an exegetical format: a pattern of lemmata and comments”.140 La novità di Manetone fu di comporre una lunga lista reale associata a parti narrative allo scopo di spiegare il significato del passato egizio. La sua opera assume un nuovo significato storico, perchè rappresenta il tentativo “indigeno”   sia   di   rendere   esplicito   il   ruolo   storico   del   faraone   sia di insegnare alla dinastia Tolemaica a comprendere la storia egizia alla maniera egizia.

Mentre Moyer stabilisce un raffronto tra  l’opera  di  Manetone  e  quelle di Erodoto e di Ecateo di Abdera, Laqueur141 sostiene invece che debba essere fatto un accostamento tra la Storia egizia di Manetone, che scrisse in lingua greca la storia del suo paese, e l’opera  del  sacerdote  babilonese  Berosso,142 che scrisse una storia di Babilonia per un pubblico greco. Il confronto tra Manetone e Berosso fu fatto già in tempi antichi e ciò ha fatto supporre che il sacerdote egizio avesse “imitato”, se possiamo dire, il sacerdote babilonese e per questo, Manetone doveva esser vissuto nello stesso periodo di Berosso o appena poco più tardi. Laqueur143 sostiene che doveva esistere con molta probabilità un reciproco rapporto tra i due storici: infatti, il contenuto delle due opere, la dedica e la suddivisione in tre libri concordano.

139 Erodoto, Storie, II, 100 140 Ibid., p. 106

141 Laqueur R., Manethon, R. E. Band XIV. 1 col. 1063

142 La Storia di Babilonia era dedicata ad Antioco I quando non era correggente di

Seleuco I. Per questo Laqueur sostiene che Berosso abbia scritto la sua opera dopo il 281 a.C.

I giudizi più o meno positivi degli studiosi riguardo all’opera  di  Manetone  nascono  per   lo più da due elementi: da una parte Manetone trasmette una serie di informazioni che si rifanno ad una antichissima documentazione storica, ma dall’altra  ci  sono  dati   cronologici difficili da comprendere che divergono dalla reale successione cronologica.   Nonostante   questo,   l’opera   di   Manetone   rimane   ancora   oggi,   come   lo   era già prima di Champollion, un punto fermo da cui partire per lo studio della storia egizia.

Rosellini, senza dubbio, agli inizi dei suoi studi di egittologia, seguì le teorie di Champollion riguardo alla cronologia e difese   il   suo   “maestro”   dalle   accuse   a lui mosse da alcuni detrattori italiani riguardo alla diffusione di teorie storiche antibibliche. Nella lettera del 1 marzo 1827, inviata alla poetessa livornese Angelica Palli,144 Champollion spiegò quale fosse la sua opinione sul computo degli anni secondo le Sacre Scritture.145 Infatti, scrisse di aver acquisito il diritto di dire su quell’argomento il contrario di quello che dicevano tutti, per il semplice fatto che aveva approfondito quella materia. Sempre in quella lettera si legge: “La   Scrittura   Sacra afferma che il mondo è stato creato circa 6000 anni fa. I sapienti sostengono che esso esista, al contrario, da milioni di secoli e che la civiltà umana è iniziata da più di 10.000 anni. Gli increduli consideravano come prova di ciò due monumenti egizi che rappresentavano degli zodiaci e due tavole astronomiche che essi credevano essere state scolpite dopo  l’ordinamento  dei  segni,  l’una 6000 anni fa e l’altra 8000, cosa che contestava l’autorità  della  Sacra  Scrittura,  la  quale  attribuisce   al  mondo  un’età  di  6000  anni.

Si disputava vivacemente su ciò quando, avendo scoperto  l’alfabeto  dei  geroglifici,  io dimostrai chiaramente che queste due tavole astronomiche o zodiaci erano moderne, poiché   a   seguito   delle   iscrizioni   che   riportano,   l’una   non   ha   che   1800   anni   e   l’altra   1600.

I sapientii, o quelli che si dicono tali, hanno inveito contro di me, dicendo che il mio sistema geroglifico è una pura invenzione per attirarmi i favori del clero e del potere. Ed ecco perché i detti sapienti sono divenuti miei detrattori senza darsi la pena di esaminare se la mia scoperta è fondata o no su dei fatti incontestabili.

Da un altro lato, seguendo i miei studi sui monumenti egiziani, ho trovato con l’applicazione   del   mio   stesso   alfabeto geroglifico, che esistono veramente in Egitto

144 Bresciani E. (a cura di), Jean François Champollion, Lettres à Zelmire, Paris

L’Asiathèque  1978

145 Ibid., pp. 44-45; Benvenuti G., Vita di Ippolito Rosellini padre  dell’egittologia  italiana,

dei templi e dei palazzi opere  d’arte  e  d’architettura che sono stati costruiti 2300 anni a.C., cioè 4127 anni fa. E così avvenne che, a loro volta, il clero e i devoti si schierarono contro di me, perché questa epoca di perfezione nelle arti egizie è troppo vicina al Diluvio. Gli uni inveiscono, perché io non mi occupo della civiltà egizia, gli altri perché la faccio risalire troppo indietro nel tempo.

Si negò l’esistenza  di  tre delle 30 dinastie che la storia ha attribuito agli egiziani: le mie scoperte hanno dimostrato senza alcun dubbio la realtà delle ultime 15; e questo è troppo per i devoti, ma non abbastanza per gli increduli. Ho dunque contro di me le parti estreme e questo per essermi attenuto alla sola verità che si trova, come dite voi  molto  bene,  sulla  strada  di  mezzo…”.

CAPITOLO 2. CRONOLOGIA SACRA E PROFANA: I PRINCIPALI STUDI COMPIUTI DAL XVI