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Ahmose Misphragmuthosis: da fondatore della XVIII dinastia a ultimo faraone della XVII nei Monumenti di Rosellin

CAPITOLO 6. LA XVII DINASTIA NEI MONUMENTI DI ROSELLINI 6.1 La XVII dinastia secondo Rosellin

6.2. Ahmose Misphragmuthosis: da fondatore della XVIII dinastia a ultimo faraone della XVII nei Monumenti di Rosellin

Nonostante uno dei principali artefici della riscossa egizia dal dominio Hyksos fosse stato   l’ultimo   faraone   della   XVII   dinastia,   Kamose Wadjkheperra, il primato della vittoria definitiva spettò ad Ahmose Nebpehtyra con cui ebbe inizio la XVIII dinastia tebana.

Su questo sovrano, la cui importanza è inversamente proporzionale ai suoi monumenti superstiti, merita soffermarsi per vari motivi, ma soprattutto perché Ahmose fu considerato nei Monumenti l’ultimo faraone della XVII dinastia. La copia della Tavola di Abydos che aveva a disposizione Rosellini mostra al n°40 (Tav. 56) il cartiglio prenome del re accanto a quello che lo studioso considerò  l’ultimo  sovrano della XVII dinastia: Amenemhat IV (Maakherura). Il prenome di Ahmose, Nebpehtyra (Il Signore della forza è Ra), fu interpretato   dall’egittologo come “Sole Signore di vigilanza”. Rosellini non conosceva infatti il valore del geroglifico la cui lettura è pH.t. Questo prenome era già stato individuato, prima di intraprendere la Spedizione scientifica in Egitto, da Champollion351 sia sulla Tavola di Abydos sia, insieme al nome proprio, su alcuni monumenti del Museo egizio di Torino. Champollion, nella Seconde Lettre,352 così scrive a proposito dei re di quella che egli considerava la XVII dinastia, presente sulla Tavola di Abydos: “Cet inappréciable tableau généalogique nous les présente comme étant les Prédécesseurs et probablement les ancêtres même des Rois de la XVIII°dynastie. Le dernier de ces six princes dans l’ordre   des   règnes,(le   cartouche   qui   porte   une   tête   de   lion),353 est le père

d’Aménoftep-Thoutmosis chef de cette famille illustre, le roi Misphrathoutmosis ou Misphragmouthosis,  qui  commença  l’expulsion  des  Hyk-Schôs, glorieuse entreprise achevée  par  son  fils  Aménoftep”.

Il testo di Manetone conservato da Giuseppe Flavio affermava che il re Thoutmosis,

351 Champollion J. F., Lettres à M.   Le   Duc   De   Blacas   D’Aulps,   relatives   au   Musée   Royal  

Égyptien de Turin. Première Lettre-monuments historiques, Paris 1824; Seconde Lettre- suite des monuments historiques, Paris 1826

352 Ibid., p. 31; Pl. VI

353 Champollion nella Première Lettre afferma che il prenome di Misphragmouthosis si

trova sul sarcofago di Schébamon nel Museo di Torino (si tratta del sarcofago di Butehamon Cat. 2237/3 RCGE 8081) e che non era totalmente leggibile perché rovinato. Per  questo  motivo  l’egittologo  non  era  sicuro  se  il  terzo  segno rappresentasse una testa di coccodrillo o quella di un quadrupede e se il quarto carattere fosse il segno della consonante  “R”  (la  bocca)  piuttosto  che  quello  della  consonante  “T”.  Altri  monumenti  del   Museo di Torino gli permetteranno, nella Seconde Lettre, di individuare i geroglifici che formano il prenome del re

figlio di Misphragmouthosis (Amenofi I, chiamato “Aménoftep” da Champollion) gli succedette nel regno e governò come capo della XVIII dinastia per 25 anni e 4 mesi dopo la cacciata dei Pastori. Poiché Manetone era valutato una fonte attendibile per la ricostruzione della storia egizia, si  comprende  come  mai  l’egittologo francese fosse convinto che Misphragmouthosis dovesse essere considerato l’ultimo sovrano della XVII dinastia e non il fondatore della XVIII.

Champollion riconobbe dunque nella tavola genealogica di Ramses II e nei cartigli trovati sui monumenti di Torino il re Misphragmouthosis, nome  “singolare”  attribuitogli   dagli storici classici e sul quale occorre soffermarsi per comprenderne meglio l’etimologia. La confusione intorno alla figura di questo sovrano è anche dovuta agli epitomatori di Manetone; infatti, Giuseppe Flavio, nel Contro Apione,354 attribuisce la cacciata degli Hyksos a un re che prima chiama Misphragmuthosis e poi trasforma in Tethmosis (Tav. 63). Nella versione di Eusebio si legge Alisfragmuthosis, ma Rosellini afferma che la vera lezione è quella di Misphragmuthosis o Misphrathutmosis. A differenza di quanto sostiene Ian Moyer355 sul significato di questo   nome,   supponendo   come   spiegazione   che   fosse   una   “conflation”   dei   nomi Menkheperre e Thutmosi III, secondo la mia ipotesi invece è verosimile che il nome Misphrathutmosis sia la translitterazione grecizzata dei geroglifici che compongono il prenome e il nome del sovrano. Infatti, questa lezione sembra derivare dall’accostamento di ms-(n)-pA-Ra che  significa  “generato  da  Ra”  e  dei tre segni del cartiglio nome: quello della luna Iah che erroneamente fu letto come Thot e la parola ms. Da qui la lettura di Misphrathutmosis.

La lettura errata del segno della luna come Thot sembra aver influenzato anche Champollion e il suo discepolo Rosellini. Entrambi in realtà leggevano il segno della luna crescente Ooh o Aah ma, sapendo che nella mitologia egizia la Luna esprimeva una delle forme del dio Thoth-Ermete, ritenevano che il segno si potesse pronunciare anche Thoth o Thuth. In questo modo Rosellini spiegò nei Monumenti perché il nome proprio di questo faraone potesse leggersi anche “Thuthmes” o “Thuthmosis”; la conferma di questa doppia pronuncia, affermò Rosellini, si trovava nel Sincello356 il quale scriveva, nella sua Chronographia de Aegyptiorum antiquitate, Tav. 64). Il nome di “Amosis”, aggiunge Champollion

354 Giuseppe Flavio, contro Apione, libro I, §§. 84-88

355 Moyer I., Egypt and the limits of Hellenism, Cambridge University Press, 2011, p. 121 356 Niebuhrii C. F., Corpus Scriptorum Historiae Byzantinae. Editio emendatior et copiosor,

consilio B. G.Niebuhrii C. F. instituta, Georgius Syncellus et Nicephrorus CP., vol. 1 Bonn 1829, p. 117 §. 15

nella Seconde Lettre,357 fu portato da alcuni dei faraoni della XVIII dinastia, poiché discendenti diretti di Amosis-Misphrathutmosis. Il figlio di questo re, che nei testi di Manetone riferiti da Giuseppe Flavio è chiamato Thoutmosis, negli estratti dello stesso  autore  secondo  l’Africano  ed  Eusebio  si  chiama   Amos o Amosis. Le antiche fonti scritte dunque e la Tavola di Abydos fecero  cadere  nell’errore  i  due  studiosi  che   rimasero sempre convinti del fatto che il capo della XVIII dinastia fosse il figlio di Ahmose che regnò in Egitto per venticinque anni e non Ahmose stesso.

Poche furono le testimonianze lasciate da questo faraone e trovate dalla Spedizione franco-toscana. La prima, ricordata da Rosellini nei Monumenti,358 riguarda i cartigli prenome e nome del re trovati a Semneh insieme a quelli della regina “Aahmes Nofre-Ari”,   come   la   chiama   Rosellini.   Di   quest’attestazione   è   rimasta   traccia in due schede manoscritte,359 recanti la nomenclatura reale trovata sui monumenti presenti in  vari  musei  d’Europa o ricopiata dagli studiosi che si sono recati in Egitto prima del 1828. Questi due documenti (Tavv. 65-66) indicano chiaramente che entrambe le legende reali furono ricopiate unite da Wilkinson a Semne o su una roccia presso Siene. Con Semne Rosellini intendeva   indicare   l’isoletta   di  Bigeh, come afferma lui stesso nei Monumenti di Culto360 quando scrive: “È   questo   il   nome   locale   della   isoletta che sorge tutta prossima a quella di Phile dal lato di occidente, e la quale è ora chiamata Begh o Bighe, nome derivato probabilmente  da  un’antica  appellazione   volgare del luogo medesimo, giacchè Begh o Bigh significa in lingua egiziana Sparviere.  Ma  il  sacro  nome  dell’isoletta  era  Senmut,  mille  volte  ripetuto sulle rovine dei monumenti che vi sussistono, come ora dirò”. Nell’isola  di  Bigeh e a Siene furono ricopiate dalla Spedizione varie iscrizioni scolpite sulle rocce di granito, ma quella che ci mostra il Ms.BUP 282 c.323 (Tav. 65) è identica all’iscrizione che si trova sulla parte superiore della stele  di  Ahmose  con  la  data  dell’anno 22, individuata presso le cave di Tura e di Masarah.  Del  ritrovamento  di  quest’ultimo  monumento ci informa lo stesso Rosellini nei Monumenti,361 dove riporta sia la traduzione dell’iscrizione   scolpita sulla stele sia il disegno del monumento. Di questa stele esiste anche un altro disegno, (Tav. 67)362 forse una prima bozza, che riporta in calce la firma dell’Angelelli   con   la data del 2 Ottobre, il cartiglio del re Achoris e inoltre alcuni

357 Op. cit., pp. 46-47

358 Mon. Stor., Tomo I, parte prima, pp. 194-195 359 Ms. BUP 282 c.323; Ms. BUP 282 c.160

360 M. d. C., Tomo unico, parte terza, pp. 185-186

361 Mon. Stor., Tomo I, parte prima, pp. 195-196; Tav.XV 362 Ms. BUP 300. 2 f.143 c.311

disegni a destra della stele con i quali io credo che il disegnatore abbia voluto rappresentare la forma planimetrica delle grotte di Masarah e di Tura. A favore di questa mia ipotesi parla anche la piantina rappresentata nello studio dedicato dal colonnello Howard Vyse363 alle stele scoperte in queste cave (Tav. 68) che ricorda molto  i  disegni  dell’Angelelli.  

Esistono ben due stele di Ahmose con i cartigli della sua sposa Ahmose Nefertari e con il XXII anno di regno, che furono pubblicate da Vyse364 e da Lepsius365 (Tav. 69). Anche   nell’articolo   di Daressy366 che ha come riferimento lo studio di Perring su questi monumenti, tra le iscrizioni trovate nelle cave di Tura e di Masarah, lo studioso francese menziona queste due stele di Ahmose. La stele indicata da Daressy con il n°8 (Tav. 70) mostra nel disegno il cartiglio prenome di Ahmose corrotto nella parte finale come  pure  buona  parte  dell’iscrizione  alla  base  dei  cartigli  reali.  Di questa stele esiste un altro disegno nei manoscritti di Rosellini (Tav. 71)367 a margine del quale è riportata la firma di Gaetano Rosellini con la data del 2 Ottobre. Il disegno di questa stele non fu però inserito né nei Monumenti né nelle Notices Descriptives di Champollion, anche se nel Giornale della Spedizione368 Rosellini parla chiaramente di due stele scolpite nella roccia che portano il prenome di “Amasis” con la data dell’anno  22 e il nome di sua moglie. Non tutto il materiale a disposizione fu dunque utilizzato   per   la   pubblicazione   finale   dell’opera;;   bisognerebbe   capire se in questo caso si è trattato di una scelta ben precisa di Rosellini oppure di una dimenticanza. È inoltre interessante notare che, se mettiamo a confronto i tre disegni di questa stele (fig.6), riconducibili il primo a Gaetano Rosellini, il secondo a Lepsius e il terzo a Vyse, non abbiamo di fronte tre copie identiche. Il disegno di Gaetano Rosellini è un rapido abbozzo e dà   l’impressione   di   non   essere   stato terminato: manca parte dell’iscrizione   sia   sul   lato inferiore del monumento sia su quello destro. Questa lacuna non è presente negli altri due disegni che risultano dunque più completi, ma nella copia di Gaetano Rosellini sono presenti dei particolari (ad esempio il segno nel cartiglio-prenome del re) che si ripetono nel disegno di Lepsius, mentre mancano in quello di Vyse. Rosellini dunque, pur essendo stato il primo in ordine di tempo a far

363 Vyse H., Appendix to operation carried on at pyramids of Gizeh in 1837, vol. III London

1842, pp. 90-103

364 Ibid., Tav. n°6, 8 365 L.D., III, 3 a-b

366 Daressy M.G., Carrières de Tourah et Mâsarah, in ASAE 11 (1911), Le Caire, pp. 257-

268

367 Ms. BUP 300. 2 f.143 c.344 368 Op. cit., p. 47

ricopiare la stele, per qualche ragione a noi sconosciuta non riuscì a terminare il disegno che infatti non fu pubblicato. Il secondo a farne una copia sembrerebbe essere stato il Lepsius- che si trovava in Egitto con la Spedizione prussiana negli anni 1842-1845- perché sono presenti nella parte superiore gli stessi particolari individuati anni prima dalla Spedizione franco-toscana.

Fig. 6- tre copie della stele n°8 di Ahmose

La stele indicata da Daressy con il n°6 è quella che corrisponde alla Tav. XV del primo Tomo dei Monumenti, dove è presente l’iscrizione che, secondo la scheda Ms. BUP 282 c.323, sarebbe stata ricopiata da Wilkinson in un luogo geograficamente molto distante dalle cave di Tura e di Masarah che si trovano poco oltre il Cairo. Non esistono altre attestazioni di stele con queste caratteristiche trovate a Bigeh o a Siene  come  pure  non  c’è alcun riferimento nelle Lettere di Champollion dall’Egitto  o   nei Monuments   de   l’Ègypte   et   de   la   Nubie. In effetti, Wilkinson copiò un cartiglio prenome di Ahmose sulla facciata del tempio di Semne (Tav. 72) ma non si tratta dello stesso monumento perché il nome del sovrano in questo caso è accompagnato da quello di Thutmosi I (Aakheperkara).369

Lo stesso Wilkinson, nella sua opera dal titolo Materia hieroglyphica,370 affermò che il nome di Ames fu trovato nelle cave di Tura e di Masarah e quindi Rosellini doveva conoscere ciò che lo studioso inglese aveva pubblicato nel 1828. Nella scheda

369 PM., VII p. 145; LD., III 47a, b, c; L.D. Text V, p. 199

370 Wilkinson J. G., Materia hieroglyphica containing the egyptian pantheon, and the

succession of the pharaohs, from the earliest times, to the conquest by Alexander, and other hieroglyphical subjects, Malta 1828, p. 10

inedita (Tav. 65) che risale a prima della Spedizione in Egitto, lo studioso con molta probabilità ha messo insieme le due attestazioni che erano state copiate da Wilkinson e che provenivano da due località diverse, sbagliando però la legenda. Il faraone Ahmose non solo generò degli equivoci, come abbiamo visto, intorno alla sua successione dinastica, ma fu confuso da Rosellini anche con un altro sovrano che portava lo stesso nome: il faraone Amasi (Khnemibra) della XXVI dinastia. Tratterò meglio di questo “equivoco”   nel   cap.8   § 8.2. di questa tesi, dove gli argomenti che presenterò permetteranno di affermare che lo studioso aveva realmente scambiato i due sovrani.

CAPITOLO 7: LE TRE DINASTIE DIOSPOLITANE SECONDO ROSELLINI: XVIII-XIX-XX DINASTIA