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CAPITOLO 7: LE TRE DINASTIE DIOSPOLITANE SECONDO ROSELLINI: XVIII-XIX-XX DINASTIA Dopo la cacciata degli Hyksos, iniziò per l’Egitto un lungo periodo di prosperità,

7.1. La regina Amense-Hatschepsut

Nelle liste storiche, riguardo a questa regina, troviamo:

Giuseppe Flavio: Amesses regnò 21 anni e nove mesi. Fu sorella del re Amenophis, terzo re della XVIII dinastia. H.Gauthier390 afferma che Manetone

potrebbe averla confusa con la regina Aahmès, madre di Hatshepsut e moglie di Thutmosi I, da cui il nome ì che le è stato attribuito appunto nella lista di Manetone trasmessa da G. Flavio.

Giulio Africano: Amersis, IV re della dinastia e regnò 22 anni

Eusebio: non nomina la regina Amense (il Sincello riprende Eusebio per aver tolto la regina dalla sua lista391)

Champollion e Rosellini non sapevano che la regina, sorellastra di Thutmosi II, fosse l’usurpatrice   Hatschepsut   che chiamarono “Amense”.392 Entrambi i cartigli con il nome e prenome della regina furono rinvenuti più volte dalla Spedizione ma Rosellini attribuì ad Amense il prenome Maat-ka-re, mentre assegnò il nome a un altro sovrano: “Thoutmosis III”, primo marito della regina Amense secondo Rosellini. Il prenome della regina fu trovato da Rosellini   nell’edificio   di   Deir   el-Bahri: qui i bassorilievi indicavano che tra i due sovrani della XVIII dinastia, Thutmosi II e Thumosi III, doveva essere inserito un altro personaggio reale il cui prenome (Tav. 6 n.103,a) esprimeva il titolo Sole devoto a verità (MAa.t kA Ra) come lo interpreta Rosellini. Anche sull’obelisco   di   Karnak   fu   trovato lo stesso cartiglio e lo studioso notò sia che tutte  le  parti  dell’iscrizione,  ogni  volta  che nominavano questo sovrano, riportavano la desinenza di genere femminile sia che la rappresentazione in bassorilievo, sebbene mostrasse sembianze maschili, era contraddistinta dai titoli di Dea benefica, Signora del mondo . Rosellini dedusse quindi correttamente che quella titolatura doveva appartenere a una regina che appariva sui pubblici

390 Gauthier H., Le  livres  des  rois  d’Égypte, vol. XVIII p. 236, 5(2)

391 Mon. Stor., Tomo I, parte prima, p. 48(4) si legge: Notasi qui molto giustamente da

Giorgio Sincello: Da Amosis, primo re di questa dinastia XVIII, al regno di Misphragmuthosis,   si   contano   secondo   Eusebio,   settantun’anni   e   cinque   re,   invece   di   sei;   poiché egli soppresse, coi ventidue anni del suo regno il quarto re Amense, che non fu omesso  dall’Africano  e  dagli  altri.  

monumenti sotto spoglie maschili, ma suppose che il motivo fosse perché ciò si addiceva meglio alla real dignità o forse perché così era stabilito da qualche usanza. Poiché Manetone aveva posto come quarto re della XVIII dinastia la regina Amesses, il cartiglio con il prenome Sole devoto a verità fu attribuito a lei e così la sua titolatura reale fu completata. Rosellini, però, dichiara di non aver mai trovato il cartiglio con il nome Amense sopra alcun monumento durante la Spedizione, anche se   è   dell’opinione che a Deir el-Bahri (edificio   dell’Asasif per Rosellini) se ne dovessero trovare tra quelli che erano per la maggior parte rovinati.   L’unica   attestazione che egli citava per il nome della regina si trovava presso il museo di Torino, sopra una cassa di mummia che risale alla XXI dinastia, dove, a quanto riportato dallo studioso, viene chiamata col nome proprio “Amentsi o Amense” (la figlia di Ammone), nome che corrispondeva a quello delle liste manetoniane. La cassa della mummia appartiene al celebre scriba reale della necropoli Butehamun, (chiamato da Champollion Shébamon) devoto, come molti tebani, al culto del re Amenophis I, considerato da Champollion e da Rosellini il fondatore della XVIII dinastia. Quando Rosellini parla nei Monumenti di   questa   “cassa   di   mummia   taurinense”   menziona Champollion che, nella prima delle Lettres a M. Le Duc de Blacas D’Aulps, descrive uno dei pannelli dipinti del sarcofago, quello che mostra il defunto mentre offre incenso al re “Aménoftèp” e alla regina “Nané Atari”. Dopo aver parlato dei loro cartigli, lo studioso si sofferma su un altro pannello: “Un autre des tableaux peints sur le même cercueil, avec une finesse et une élégance remarquables, représente encore Schébamon adressant des priore à une reine que son cartouche nom propre terminé par le signe du féminin (Pl.II, n.5), nous fait connaître puor celui de la reine Amensè, petite-fille du roi Aménoftèp, et que Manéthon a inscrite la quatrième dans sa liste de la XVIII dynastie”.393 Champollion definì Amense nipote del re Aménoftèp e notò inoltre che il nome della regina era immediatamente  seguito  da  quello  del  fratello  che  fu  suo  predecessore,  l’Aménophis   di Manetone che Champollion lesse invece come Ammon-Mai.394 Questo sarcofago che conserva i nomi di diversi sovrani di dinastie più antiche ma che erano ancora oggetto di venerazione è  un’importante  attestazione  della  sopravvivenza  del  culto del faraone Amenophis e dei suoi familiari, anche alla fine del Nuovo Regno (e oltre). Il culto di Amenophis I e della madre è stato ampiamente studiato da M. Jaroslav Cerny che, nel suo articolo Le  culte  d’Amenophis I chez les ouvriers de la Nécropole

393 Op. cit., p. 27

thébaine,395 afferma che di tutti i culti dei re egizi, quello di Amenophis è stato il più importante e quello che è durato più a lungo. Se esaminiamo i monumenti del culto di questo sovrano – aggiunge lo studioso- troviamo che la maggior parte di essi provengono dal   medesimo   luogo:   la   necropoli   dei   “serviteurs   de   la   Place   de   Vérité”,396 a Deir el-Medina.   Questi   “serviteurs”   vanno   identificati, secondo Cerny, con gli operai della necropoli tebana: il re Amenophis I era diventato il patrono della necropoli e dei lavoratori che lo veneravano come un dio.397

La principessa “Amense”, in realtà Satamon, il cui nome compare sul sarcofago del museo di Torino, potrebbe essere stata la seconda figlia della regina Ahmose- Nefertari e del faraone Ahmose,398 considerato sia da Champollion sia da Rosellini l’ultimo re della XVII dinastia tebana. Con questo nome è attestata anche la figlia di Amenophis III,399 citata da Rosellini nei Monumenti a proposito di una stele di Firenze (Fig.7) che riporta la legenda di questo sovrano e ci dà cognizione di una figlia di nome Amense.400

Fig. 7- Stele di Firenze con il nome della principessa Amense. Mon.Stor.,Tomo I parte prima

Le   considerazioni   che   espongo   qui   di   seguito   sono   il   risultato   dell’analisi   di   alcuni   documenti che porterebbero a pensare che la principessa Amense che generò confusione nei due egittologi fosse stata in realtà la figlia del faraone Ahmose.

395 BIFAO 27 (1927), pp. 159-203 396 Ibid., p. 159

397 Oltre allo studio di Cerny J., non meno fondamentale sulla diffusione del culto di

Amenophis I al di fuori della regione tebana o in epoca successiva alla fine del Nuovo Regno è lo studio di Michel Gitton, L’epouse  du  dieu  Ahmes  Néfertary, Annales littéraires de  l’Université de Besançon,  172,  Paris  1981  e  l’articolo  di  Alexandra  von  Lieven,  Kleine Beiträge zur Vergöttlichung Amenophis I., II. Der Amenophis-Kult nach dem Ende des Neuen Reiches, ZÄS 128, 2001, S. 41-64; Betrò M., Il culto di Amenofi I a Dra Abu el-Naga: considerazioni preliminari,  in  Sacerdozio  e  società  civile  nell’Egitto  antico.  Atti  del  terzo   Colloquio Bologna 30-31 maggio 2007, Bologna, IMOLA: La Mandragola 2008 pp. 85- 104; Betrò M., Del Vesco P., Miniaci G., Seven Season at Dra Abu el-Naga. The tomb of Huy (TT 14): preliminary results. PLUS, Pisa 2009, pp. 126-135

398 Gauthier H., Le  livre  des  rois  d’Égypte, vol. XVIII, pp. 190-191; Petrie Flinders W. M., A

history of Egypt, vol. II, London 1896, pp. 42-43

399 Gauthier H., op. cit., vol. XVIII, pp. 339-340 400 Mon. Stor., tomo I, parte prima, p. 240

Anche Thierry Stasser401 è  a  favore  dell’ipotesi  che  Ahmès Satamon sia stata la figlia di Ahmose e argomenta la sua tesi presentando ben dieci documenti con il nome della principessa che favorirebbero, a suo parere, la paternità di Ahmose ed escluderebbero quella di Kamose o Seqenenré. Tra questi materiali vi sono ad esempio i cartigli ritrovati sul sarcofago e sui bendaggi della mummia (CGC 61060), quelli rinvenuti in due tombe (TT2-TT359) della necropoli di Gournet-Mourraï, una stele di Hannover e il sarcofago di Butehamun, precedentemente citato. Tutti i documenti presentati dallo studioso contengono dei titoli comunemente riferiti a Satamon: figlia del re, sorella del re, sposa del dio. Il più antico di questi documenti è la stele di Hannover dell’anno  18  di  Ahmose, dove la principessa accompagna il re e porta il titolo di figlia del re e sposa del dio. Essa è chiamata sorella del re solo sui documenti 9 e 10, vale a dire su due statue dove è raffigurata con Amenhotep I di cui probabilmente era la sorella. Stasser conclude dicendo che la soluzione più logica è che Ahmès Satamon sia stata una figlia di Ahmose la quale,  nata  prima  dell’anno  18, sopravvisse fino al regno di suo fratello.

Anche Michel Gitton, nel suo libro sulle  divine  Spose  di  Ammone,  è  dell’opinione che il faraone Ahmose abbia avuto una figlia di nome Satamon che portò il titolo di Sposa del Dio contemporaneamente a sua madre.402

La stessa tomba di Khebekhnet (TT 2)403 ricordata da Stasser nel suo articolo, è menzionata anche da Rosellini nei Monumenti404 a proposito di alcuni cartigli reali di “posto  incerto”.  Di questa tomba, afferma Rosellini, rimase solo una tavola litografica dell’egittologo  inglese  James Burton, pubblicata al Cairo nel 1828 (Tav. 77). Rosellini è  dell’opinione  che  la loro Spedizione non fosse riuscita a ritrovare quella tomba, che era stata “scoperta” da Wilkinson, forse a causa della sabbia e dei detriti del monte che l’avevano  ricoperta.

Dalla rappresentazione di Burton possiamo osservare una serie di personaggi reali seduti e divisi in due registri, in atto di ricevere offerte come defunti. Siedono di fronte a tutti, i faraoni Ahmose, Amenhotep I e Mentuhotep II del quale Rosellini non riconobbe i cartigli che attribuì invece a un re etiope contemporaneo dei faraoni della XVII dinastia. Lo studioso avanzò l’ipotesi  che  tutti  gli  altri  personaggi  rappresentati,   tra cui scorgiamo nel primo registro una principessa Satamon identificata dal suo

401 Stasser T., La  famille  d’Amosis, Chronique  d’Egypte 77 (2002), pp. 23-46 402 Gitton M., Les divines épouses de la 18° dynastie, Paris 1984, pp. 56-58

403 Burton J., Excerpta, pl. XXXV; Wilkinson, Extracts, pl. V, 2; Champollion J. F., Notices,

pp. 864-867; L.D., III, 2 a

nome, fossero vissuti anteriormente ad Ahmose e a suo figlio e che la presenza dei sovrapposti titoli di madre, sposa, sorella, figlio dimostrasse che appartenevano tutti alla medesima famiglia. Rosellini era dunque nel giusto, perché i personaggi ritratti in questa tomba sono membri della famiglia   ahmoside   tra   la   XVII   e   l’immediato   inizio   della XVIII dinastia. Claude Vandersleyen,405 al contrario di Stasser, ipotizza che la principessa Satamon non discendesse da Ahmose,   ma   dall’ultimo   re   della   XVII   dinastia,   Kamose.   L’egittologo   belga, in un articolo sulla   stele   dell’anno   18   di   Ahmose,406 cerca di stabilire attraverso questo importante monumento una relazione cronologica precisa tra il re e un altro membro della celebre famiglia ahmoside, la principessa Satamon. Sulla stele che raffigura le effigi del re e della principessa con i loro rispettivi cartigli, nella  colonna  che  riguarda  quest’ultima, leggiamo:  “figlia del re, sposa del dio, Satamon, vivente”.407 Vandersleyen afferma che, se la stele è anteriore al matrimonio di Ahmose, allora si potrebbe supporre che Satamon fosse la futura sposa del re, la quale, morta prematuramente, avrebbe lasciato il posto a Ahmes Nefertari. Dunque, la principessa non sarebbe stata figlia di Ahmose,408 ma probabilmente di Kamose e della regina Ahhotep I: “Reste  à  parler de Satamon. On a vu que, tant dans la cachette royale que dans les listes ramessides, les personnages identifiables   de   cette   famille   ne   sont   jamais   postérieurs   à   la   géneération   d’Amosis.   Par   la   forme   de   son   nom,   Satamon   s’apparente   à   Satkamose   et   à   Saamon qui pourraient bien être tous deux des enfants de Kamosis. Ces indications nous ramènent à notre hypothèse de départ à propos de la stèle de Hanovre, que Satamon   serait   une   fille   de   Kamosis”.409 Un altro personaggio reale, la regina Ahmes-Meritamon, che fa parte della stessa famiglia ahmoside e di cui Rosellini riporta una nota manoscritta,410 potrebbe essere collocata cronologicamente, secondo Marilina Betrò,411 tra le principesse della generazione precedente ad Ahmose, in quanto sarebbe stata figlia di Sekenenra e moglie di Kamose.

405 Vandersleyen C., Une  stèle  de  l’an  18  d’Amosis  à  Hanovre, CdE LII n.103 (1977), pp.

223-244

406 Kestner Museum, Hannover, inv. 1935.200.209 407 Op. cit., p. 225

408 Vandersleyen afferma che attualmente possono essere attribuiti ad Ahmose tre figli,

di cui i primi due sono sicuramente della regina Ahmès Nefertari: il principe Ahmès, Amenophis,   successore   d’Ahmosis   e   probabilmente   Meritamon   II,   sorella   e   sposa   di   Amenophis (Ibid., p.242-243 (5) ).

409 Ibid., p. 242

410 Ms. BUP 284 (G), 107

411 Betrò M., Una nota manoscritta inedita di Ippolito Rosellini e la regina ahmoside

Lo studioso pisano pensava che queste personalità regali rappresentassero una serie di principi e principesse con i quali ebbe titoli e relazioni speciali la famiglia cui appartenne quella tomba e, pertanto, tale monumento non poteva essere considerato autorevole per dimostrare una successione dinastica. Infatti, spesso i privati addetti alla famiglia reale, nelle loro tombe, erano intenzionati a perpetuare non tanto la memoria delle dinastie quanto il ricordo degli uffici esercitati e degli onori conseguiti.

Ci troviamo qui di fronte al culto di un sovrano, presumibilmente Amenhotep I, e pertanto, così come è attestato anche in   altre   località   dell’Antico   Egitto   (Medinet- Habu o Dra abu el-Naga), anche questa tomba conferma il culto di personaggi reali da parte di piccole comunità. Sulle pareti delle tombe private nel villaggio di Deir el- Medina,412 ad esempio, si trovano, oltre ai nomi di sovrani tebani della XVII dinastia, soprattutto quello di Amenhotep I e di molti altri nomi della XVIII fra i quali fa eccezione, come nella tomba TT 2, quello di Mentuhotep I che essendo un faraone della XI dinastia non poteva appartenere alla famiglia di Ahmose.413 I predecessori di Amenhotep rientravano dunque in questo tipo di venerazione, compresi i figli di Ahmose tra cui Satamon fino   ad   arrivare   a   Mentuhotep,   considerato   l’unificatore   dell’Egitto  e  il  fondatore  del  Medio  Regno.

Poiché anche lo scriba Butehamun414 era devoto al culto di Amenhotep I divinizzato insieme ad altri personaggi regali della XVIII dinastia, la “Amense” di cui parla Rosellini va identificata dunque con la stessa principessa il cui cartiglio è presente sia sul sarcofago dello scriba che sulla parete della tomba di Khebekhnet.

In realtà, oltre al prenome MAat-kA-ra, la Spedizione franco-toscana trovò su diversi monumenti anche il cartiglio con il nome della regina Hatshepsut, ma Rosellini non lo attribuì a lei bensì al re che riteneva suo secondo marito

, “Amn-n-hy”

“Amenenhè”, che la regina avrebbe sposato dopo la morte del primo marito “Thoutmosis III”. Quest’opinione fu condivisa anche da Champollion415 per il quale però, più

412 Deir el-Medina, tombe n. 4, 5, 7, 10, 210, 217, 250, 335. Vedi Cerny J., Culte

d’Amenophis I chez les ouvriers de la nécropole thébaine, BIFAO 27 (1927), pp. 159-203

413 Gardiner A., La civiltà egizia, Torino 1971, p. 160

414 Per il culto di Amenophis I durante il III Periodo Intermedio vedi la lista di sarcofagi

messa insieme da Alexandra von Lieven nel suo articolo (ZÄS 128, pp. 45-51) e lo studio di Betrò M., Il culto di Amenofi I a Dra Abu el-Naga: considerazioni preliminari, Terzo Colloquio di Egittologia e di Antichità Copte, Bologna 30-31 maggio 2007, pp. 1-14

415 Lettres de Champollion le jeune. Lettres et journaux de Champollion recueillis et

annotés par H. Hartleben in Bibliothèque égyptologique, Tomo II, Paris 1909, pp. 259, 332

correttamente, Thutmosi III non fu il marito della regina Amense ma il figlio (Moeris per i Greci) che le succedette al trono. Rosellini spiega nei Monumenti416 che Thutmosi II, fratello di Amense, non lasciò eredi maschi e così, decadendo il trono dalla successione diretta della famiglia, questo passò nelle mani di Amense. Ciò spiegherebbe, secondo lo studioso, il perché   dell’esclusione   del   nome della regina dalle liste reali di Abydos e del Ramesseum: nelle serie delle immagini degli antenati si ammetteva, infatti, soltanto la successione diretta di padre in figlio.

Le camere interne dell’edificio  di  Mœris a Medinet-Habu restituirono ai due egittologi i cartigli di Thutmosi III (Tav. 6, n°103d-103e) che fu scambiato per il primo marito della regina Amense e padre di Moeris che divenne così per Rosellini “Thoutmosis IV”.

Il cartiglio prenome di Thutmosi III fu interpretato dallo studioso con Sole grande del mondo, signore della bassa regione, mentre il cartiglio nome Thôutmes era accompagnato dal titolo Amonmai (Tab. 6, n°103d). Il Wilkinson considerò questi due cartigli come una variante di quelli del faraone Thutmosi II, mentre Rosellini era dell’opinione  che  lo studioso inglese si fosse sbagliato, perché nell’edificio  di  Medinet   Habu (Tav. 78) si  trovano  uno  di  fronte  all’altro  sugli  architravi  delle  porte  i  cartigli di Moeris e di Thutmosi III, considerato suo padre, come appartenenti a due faraoni ben distinti. Perciò non potevano essere di Thutmosi II.

La prova del matrimonio, per Rosellini, tra la regina Amense e Thutmosis III sarebbe proprio il cartiglio n°103e,417 perché risulterebbe formato dal nome della moglie418 e da quello del marito Thutmosi per cui va letto, secondo lo studioso, “Amense- Thutmes”. Rosellini spiegò l’assenza di questo re sia nella Tavola di Abydos sia nella processione del Ramesseum con il fatto che egli non ebbe diritto al regno, nonostante fosse appartenuto forse alla famiglia reale, come dimostra il suo nome. Diverse furono le attestazioni dei cartigli di Hatshepsut rinvenuti sui monumenti dalla Spedizione franco-toscana:

Cartiglio nome e prenome di   Hatshepsut   sull’obelisco di Karnak.419 Rosellini non riuscendo a decifrare del tutto il nome proprio della regina a causa

416 Mon. Stor., Tomo I, parte prima, pp. 225-230

417 Si tratta di una delle forme del cartiglio-nome di Thutmosis II presente nel piccolo

Tempio di Medinet Habu. Cfr. Gauthier H., Le   livre   des   Rois   d’Égypte, vol. XVIII, p. 231 XVIII.A; Champollion J. F, Notices descriptives I, p. 334; L.D., III 7a

418 Il geroglifico finale che rappresenta  l’uovo  è  sinonimo  per  Rosellini  del  segno  dell’oca  

adoperato nel cartiglio 103, b che racchiude il nome di Amense.

dell’ultimo  segno  (Sps)420 lo interpretò Ammone innanzi le immagini(innanzi la creazione) e lo lesse Amenenhè. Questo sovrano dunque, il cui cartiglio era presente sullo stesso obelisco di Karnak insieme a quello della regina “Amense”, divenne per Rosellini il suo secondo marito che “sostenne, secondo   l’uso,   le   veci   della   regina   nelle   comparse   pubbliche,   ma   non   ebbe   altro titolo o prenome reale che quelli della moglie”.421 Anche Champollion,

nelle Notices Descriptives,422 concorda sul   fatto   che   l’obelisco   appartenga   al   regno della regina “Amense” e   che   l’iscrizione   sulla   base   accerti   l’esistenza   del reggente Amenenhé che porta il prenome della regina stessa.

Tra le tavole dei disegni dei Monumenti Civili ce ne sono due423 che raffigurano alcuni resti del corredo funerario424 di Hatshepsut. La prima tavola riproduce alcuni oggetti provenienti dagli scavi condotti a Tebe dalla Spedizione. Tra gli oggetti raffigurati provenienti dalla tomba di Tjesraperet, la nutrice della figlia del re Taharqa della XXV dinastia, ci sono alcuni vasi tra cui uno di alabastro, proveniente dal deposito di fondazione della regina, che reca il prenome di Hatschepsut sul coperchio.425 Questo cartiglio è interessante, perché mostra una variante del prenome con il segno della piuma al posto della dea Maat (Tav. 79, fig.3). Dal Giornale di viaggio426 di Rosellini sappiamo che i vasi di alabastro ritrovati dalla Spedizione erano dieci: quindi solo cinque di essi furono riportati a Firenze e ora sono esposti in una vetrina del Museo Egizio, insieme agli altri pezzi del deposito di fondazione della regina. I cinque vasetti per unguenti (nn.2274-2278)  presentano  tutti  un’identica  iscrizione  sia   sul corpo sia sul coperchio. Come riporta Cristina Guidotti nel suo articolo,427 “anche sui coperchi le iscrizioni sono tutte uguali (Tav. II), anche se due presentano   una   disposizione   diversa   (nn.2277   e   2278);;   vi   si   legge:   “Il   dio   buono,   Maatkara,   dotato   di   vita”. Rosellini nei Monumenti Civili sostiene di

420 Anche a proposito di alcuni re memfiti, lo studioso non riuscì a leggere il cartiglio n°6

della Tav.1 dove è scritto il nome di Shepseskaf, 7° re della IV dinastia, sempre a causa di quella che lui definì una figuretta seduta.