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CENNI SUL CONTESTO STORICO, CULTURALE E RELIGIOSO DELLA FRANCIA E DELL’ITALIA NELLA PRIMA METÀ DELL’OTTOCENTO

CAPITOLO 2: CENNI SULLA SPEDIZIONE FRANCO-TOSCANA IN EGITTO E SULLA PUBBLICAZIONE DE I MONUMENTI DELL’EGITTO E DELLA NUBIA

2.1. CENNI SUL CONTESTO STORICO, CULTURALE E RELIGIOSO DELLA FRANCIA E DELL’ITALIA NELLA PRIMA METÀ DELL’OTTOCENTO

Per comprendere meglio i rapporti turbolenti che intercorsero tra gli studiosi della storia antica e la Chiesa, non si può prescindere da una breve analisi della situazione politica francese durante gli anni della Restaurazione e del contesto culturale e religioso nella prima metà del XIX secolo.

Dopo la caduta di Napoleone, Luigi XVIII (1814-1824) restauratore della dinastia dei Borbone, aveva  instaurato  una  monarchia  costituzionale,  la  più  liberale  per  l’Europa   di quei tempi e la Carta costituzionale, promulgata dal monarca nel 1814 attestò il riconoscimento di alcuni principi fondamentali come   l’uguaglianza   dei cittadini di fronte alla legge. Inoltre la Costituzione stabiliva che il cattolicesimo fosse la religione di Stato e annoverava tra i diritti dei francesi la libertà di coscienza e di stampa, mentre erano mantenuti   il   sistema   amministrativo   accentrato   e   i   codici   dell’età   napoleonica.69 Al   re   fu   riservata   l’iniziativa di emanare le leggi dopo che erano approvate da un Parlamento diviso in due Camere: la Camera dei Pari i cui membri erano di nomina regia e la Camera dei deputati, formata da membri eletti con suffragio censuario. Dopo le elezioni del 1819 per aumentare il numero dei deputati fu promulgata una nuova legge elettorale (1820) in base alla quale il numero dei deputati eletti da parte dei collegi di zona, composti da tutti gli elettori che pagavano almeno 300 franchi, salì a 258. Questi   “grandi   collegi”   eleggevano   172   nuovi   deputati, tra il terzo e la metà  del  totale  della  Camera.  L’aspetto  censitario  del  regime   fu così ancora   aumentato:   la   maggioranza   dipendeva   da   un’oligarchia   di   grandi   proprietari. Una volta votata la legge elettorale, il duca di Richelieu, primo ministro di Luigi XVIII, preso tra le opposizioni di sinistra e di destra si ritirò e al suo posto fu nominato agli inizi del 1822 il conte di Villèle che presiedeva un ministero esclusivamente ultra-royalista. Per  la  prima  volta,  dopo  l’inizio  della  Restaurazione,  la   corrente di destra accedeva al potere e la nuova legge elettorale le garantiva una maggioranza rassicurante alla Camera.

Dall’altra   parte gli indipendenti non avendo il potere alla Camera, diedero vita a cospirazioni militari, facendo scoppiare disordini e insurrezioni. Dal 1820 al 1822 i complotti avvennero senza tregua sotto la guida di Lafayette e di Manuel. Nello stesso periodo, in tutta Europa, si manifestarono gli stessi moti di rivolta sostenuti per lo più da militari e da giovani per ottenere governi costituzionali, come accadde in Italia e in Spagna, dove i liberali ottennero successi momentanei. In Francia la crisi

culminò nel 1823, quando il ministro agli esteri, Chateaubriand, promosse un intervento militare in Spagna contro i costituzionalisti.

I liberali alle elezioni per il rinnovo del quinto (1824) ottennero un risultato molto scadente, perché ne furono eletti solo diciannove e di questa situazione approfittò Villèle che fissò a sette anni la durata del suo mandato. Il primo ministro violava così l’immutabilità  della Carta, ma in realtà questo era già accaduto nel 1820, quando la legge elettorale aveva aumentato il numero dei deputati. Louis Girard, nel suo libro intitolato Les libéraux français 1814-1875,70 riflette su quali potessero essere le cause del trionfo della destra. Secondo lui, influivano sulla situazione politica soprattutto il fatto che i grandi collegi erano favorevoli alla destra più dei piccoli, la situazione finanziaria della Francia molto critica e, infine, la mania di cospirazioni ad opera degli indipendenti.

Bisogna attendere il 1827 perché Villèle, a tre anni dal trionfo, veda la sua maggioranza compromessa nelle due Camere. La sua politica aveva dovuto fare troppe   concessioni   alla   destra   e   al   clero   e   per   questo   l’impopolarità   del   Presidente   del Consiglio divenne evidente. Anche la congiuntura economica, favorevole dopo il 1820,  si  modificò  e  l’ultimo  periodo della Restaurazione fu segnato da una forte crisi economica  che  sottendeva  una  crisi  politica.  Piovvero  critiche  sul  “sistema”  fondato   da Villèle e il liberalismo prevalse nelle due opposizioni. Le nuove elezioni, celebrate nel 1827, produssero una maggioranza liberale. La reazione ultra-royalista aveva perso   la   partita,   per   usare   un’espressione   di   Louis   Girard,   le verrou avait sauté.71 Villèle si dimise e gli successe, il 4 gennaio 1828, il governo del visconte di Martignac.

Durante i sei anni del governo Villèle la forma liberale del regime non fu certo favorita: la libertà di stampa fu nuovamente ostacolata e lo stato napoleonico continuò a sussistere. In politica interna, già nel 1822, era stata emanata una legge che limitava la libertà di stampa, aumentando il numero di reati perseguibili, tra cui vi era  l’oltraggio  alla  religione  di  Stato  e  ai  culti  riconosciuti,  legge  che  fu  definita  “atea”   dall’interprete   del   cattolicesimo   liberale   Félicité   Lamennais,72 perché la religione cattolica era stata messa sullo stesso piano delle sette protestanti. Il teologo e filosofo francese riconosceva che la Chiesa, un tempo depositaria delle conoscenze umane, durante  l’età  del  Positivismo  era  stata  esclusa  dal  progresso  scientifico  e  per  

70 Girard L., Les libéraux français 1814-1875, Aubier, Paris 1985, p. 91 71 Ibid., p. 103

72 Verucci G., Félicité Lamennais. Dal cattolicesimo autoritario al radicalismo democratico,

questo aveva perso il suo ascendente intellettuale, ma si rifiutava di ammettere che questa situazione fosse definitiva, perché avrebbe significato la separazione tra fede e conoscenza. La Chiesa, dunque, per evitare questo doveva tornare, come afferma lo studioso di storia della letteratura francese Paul Bénichou,73 ad assumere la

direzione   scientifica  dell’umanità. Lamennais fondò la Congregazione di San Pietro nel  1828  con  l’obiettivo di creare una dottrina cattolica che comprendesse teologia, filosofia e scienze, affinchè i due ordini, quello della fede e quello della scienza, fossero uniti dottrinalmente, salvaguardando però le peculiarità della fede. Così scrive Bénichou a tal  proposito:  “Nonostante gli sforzi profusi in questa direzione, non è   stato   possibile   formulare   nessuna   “scienza   cattolica”,   e   il   cattolicesimo   finì   per   rassegnarsi a separare i territori della conoscenza scientifica e della fede, conservando  a  quest’ultima  il  governo  dell’uomo  morale  e  sociale”.74

Negli anni 1821 al 1822 si assiste in Francia a un  accentramento  dell’insegnamento   nelle mani del clero che portò alla realizzazione di un unico ministero degli affari ecclesiastici   dell’istruzione   pubblica, il cui titolare esercitava anche la funzione di grand-Maître  dell’Università.  

Dopo la morte di Luigi XVIII nel 1824, salì al trono il fratello conte di Artois, con il nome di Carlo X (1824-1830) al quale guardava la destra reazionaria per attuare il proprio disegno: la restaurazione vera e propria del regime prerivoluzionario. Il sovrano introdusse nel 1825 la legislazione contro il sacrilegio commesso contro oggetti sacri della religione cattolica, che  favorì  un’atmosfera  d’intolleranza religiosa che avrebbe in seguito colpito anche il lavoro di Champollion sulla cronologia egizia. Bisogna dire che la Chiesa cattolica, dopo aver attraversato un periodo di decadenza nel   XVIII   secolo,   era   dominata   nell’Ottocento dal proposito di impedire la secolarizzazione della vita sociale e intellettuale che avanzava in modo inesorabile. Quella stessa Chiesa che era stata indebolita dalla rivoluzione francese, nel XIX secolo era caratterizzata da una rinascita religiosa la quale, come affermano Duroselle e Mayeur nel loro saggio sulla storia del cattolicesimo,75 andava di pari passo con la rivalutazione della forza dei sentimenti, caratteristica del romanticismo, ma era anche legata ai valori di ordine e di autorità, tipici della Restaurazione. L’influenza  romantica  è  presente  anche  nell’antiintellettualismo del pensiero cattolico di  quell’epoca,  in  cui  l’attività  intellettuale  si  sviluppava  ai  margini  della  Chiesa.

73 Bénichou P., Il  tempo  dei  profeti.  Dottrine  dell’età  romantica, Bologna 1997, p. 159 74 Ibid., p. 249

75 Duroselle J. B.,-Mayeur J. M., Histoire du catholicisme, Paris, Presses Universitaires de

Dal punto di vista prettamente religioso, si nota in questo periodo un notevole risveglio cui si contrappose però un acceso anticlericalismo in reazione al tentativo di riconquista cristiana della società. Ne furono un esempio, la stampa anticlericale, la crisi di fede, la diminuzione della pratica religiosa e un forte antigesuitismo.

Di fronte al risultato delle nuove elezioni indette tra giugno e luglio 1830, che diedero una   grande   maggioranza   all’opposizione,   Carlo   X   tentò   il   colpo   di   forza   con   l’emanazione   di   quattro   ordinanze   che   sospendevano   le   libertà   costituzionali,   scioglievano la Camera dei deputati e modificavano  la  composizione  dell’elettorato.   La reazione fu decisa: a Parigi furono innalzate le barricate e, dopo tre giorni di combattimenti per le strade, il re preferì abbandonare la Francia e rifugiarsi in Inghilterra. La corona fu così offerta a Filippo   d’Orléans   in conformità a una costituzione monarchica in senso liberale. La frattura tra Chiesa e potere politico, avvenuta alla fine del XVIII secolo, diventò definitiva: con   Luigi   Filippo,   “re   dei   francesi” anziché re di Francia, la religione cattolica cessò di essere religione di Stato per  diventare  “religione della  maggioranza  dei  francesi”,   l’iniziativa  legislativa  passò alle Camere e furono aboliti la censura e i tribunali straordinari.

Dal punto di   vista   della   cultura   dell’epoca   e   del   dibattito   che dominava, dopo la caduta  di  Napoleone,  durante  il  cui  impero  c’era  stata  una  battuta  d’arresto  nella  vita   culturale, si ha una ripresa della libertà intellettuale. Nel periodo della Restaurazione, lo spirito umano ritrovò la sua libera e spontanea attività in tutti i campi del sapere. G.de Bertier de Sauvigny, nel suo saggio La Restauration,76 individua i tre fattori principali   che   determinarono   l’ampiezza   e   la   rapidità   di   questo   slancio   intellettuale   dopo   il   1815:   la   libertà   d’espressione,   la   pace e il contatto con altri popoli. La maggiore   libertà   d’espressione,   pur essendo limitata da una certa censura che colpiva sia la stampa politica  sia  quella  letteraria,  favoriva  l’interesse  per  la  cultura. Il periodo di pace, inoltre, dopo le imprese della Rivoluzione e quelle napoleoniche faceva sì che molte persone si dedicassero alla letteratura, anche perché in questo modo ottenevano onore e popolarità. Infine i contatti con le nazioni straniere iniziarono già con la Rivoluzione che portò in altri paesi europei e anche aldilà dell’oceano per lo più nobili e uomini del clero che poi, a loro volta, rientrando in Francia, vi portarono idee nuove. Una seconda ondata migratoria in altri paesi avvenne al seguito delle armate rivoluzionarie e imperiali e una terza, meno importante,  fu  l’emigrazione  bonapartista  nelle  Americhe  dopo  il  1815.

La Francia e Parigi divennero dunque, dopo la caduta di Napoleone, un centro di studi e di progressi, soprattutto nel campo delle scienze, come lo testimonia nel 1817 un giovane americano, Geroges Ticknor, che comunicò al suo illustre protettore Thomas  Jefferson  che  per  quanto  riguardava  la  letteratura  e  la  storia  non  c’era  alcun   paragone tra la Francia e ciò che aveva visto in Germania e in Inghilterra, mentre non   c’era   nessun’altra   nazione dove, come in Francia, dominassero le scienze in tutte   le   loro   discipline:   la   fisica,   l’elettricità,   la   termodinamica,   le   scienze   naturali,   la   zoologia, la medicina, la geologia, la geografia. Nasce in quel periodo anche il gusto per  l’avventura,  per  la  conoscenza  dei  paesi  lontani  come  l’Oceania  e  soprattutto  per   l’Oriente.   La   Francia   aveva,   dopo   la   spedizione   di   Napoleone,   una   specie   di   monopolio   dell’egittologia   e   Jean   François   Champollion,   con   la   decifrazione   dei   geroglifici, aprì nel 1822 un nuovo dominio della storia antica. La munificenza di Carlo X   permise   inoltre   all’egittologo   francese, negli anni seguenti, di creare nel Louvre la più bella galleria di antichità egizie.

Nonostante in Francia si fossero sviluppati soprattutto gli studi scientifici, il XIX secolo  fu  per  i  francesi  il  “secolo  della  Storia”.  Importante a tal proposito è il saggio di Françoise Mélonio, Naissance   et   affirmation   d’une   culture   nationale.   La   France   de   1815 à 1880,77 dove la studiosa analizza il periodo della Restaurazione anche come l’epoca   in   cui   hanno   avuto   origine   la   Storia,   come   disciplina,   e   l’interesse   per   l’antichità. I contemporanei della Rivoluzione ereditarono dal XVIII secolo la tendenza per   le   “rovine”e   questo   gusto   funebre   si   diffuse   all’inizio   presso   gli   aristocratici o i delusi della Rivoluzione che andavano in cerca d’immagini di desolazione al punto che,   dopo   il   1820,   il   quadro   della   rovina   universale   e   l’attesa   della   fine   dei   tempi   diventarono in poesia dei luoghi comuni. Anche   nell’ordinamento   scolastico rimase sempre un ampio spazio per le lingue morte e per gli studi classici che, per un certo periodo, restrinsero il campo alle discipline scientifiche. Il gusto   per   l’antichità   si   manifestò in ogni campo: dalla letteratura al teatro e alla pittura che vide, ad esempio, un ritorno allo stile pompeiano nella decorazione parietale. Per tutto l’Ottocento,   quindi,   la Francia si distinse per una cultura che, come afferma la Mélanio, voltò le spalle alla modernità e alle scienze. Il Medio Evo, con il sorgere del Romanticismo, apparve   come   l’origine   della   lingua   e   della   letteratura   moderna,   dei   monumenti ancora in uso, delle famiglie storiche, perché la Rivoluzione aveva privato la Francia di una storia. Negli anni 1830-1850 la Storia diventò scienza.

77 Mélonio F., Naissance  et  affirmation  d’une  culture  nationale.  La  France  de  1815  à  1880,  

Al contrario delle Università che avevano ancora poco peso nella diffusione di questo progresso, ebbero grande importanza un insieme di istituzioni culturali specializzate, come l’Académie   des   inscriptions   et belles lettres, che diedero vita a molte pubblicazioni: il Bulletin archéologique,   la   Bibliotèque   de   l’École des Chartes o la Revue archéologique. Tra le varie istituzioni culturali un ruolo di primo piano spettò sicuramente al Museo, la cui creazione fu contemporanea   all’affermazione   del   monumento storico. Françoise  Mélanio  definisce  il  museo  “luogo  di  culto”,78 lo spazio in cui la   nazione   si   autocelebra   attraverso   le   opere   d’arte.   In   Francia,   i   musei   nascono dalla nazionalizzazione dei beni del re, dei nobili emigrati e del clero e sono istituiti come protezione dei monumenti, dalla volontà di restituire alla nazione il suo passato.

Il  Palazzo  del  re,   il  Louvre,   diventa  il  Palazzo  della  nazione;;   con  l’ordinanza  del  22   luglio 1816 Luigi XVIII decide di mantenere un museo nel Louvre per rinnovare la tradizione del patronato reale sulle arti. Il Louvre della Restaurazione si trasforma così da Museo delle Belle arti in Museo di Storia, soprattutto per opera del suo direttore, il conte Forbin che nel giugno del 1816 istituì varie sezioni come la collezione dei vasi greci, le antichità egizie, le opere del Medio Evo e del Rinascimento. Con  l’ordinanza del 15 maggio 1826 il re Carlo X organizzò il futuro museo reale in due divisioni delle quali una comprendeva i monumenti egizi, fenici, persiani e “indù” sotto la direzione di Champollion. L’inaugurazione di questa sezione avvenne il 15 dicembre 1827 e in questo stesso anno Rosellini si trovava a Parigi dove, per quanto gli fu possibile   all’epoca,   affiancò   Champollion   nello   studio   dei   monumenti. Alcune schede e appunti dello studioso pisano testimoniano molto probabilmente   questo   “periodo   parigino”.   In   particolare,   alcune schede che appartengono al Ms.BUP 282 riportano le indicazioni di oggetti egizi o facenti parte della collezione Thedenat o di proprietà di quello che Rosellini chiama il Gabinetto del Re, ossia il Cabinet des Antiques de la Bibliothèque Royale, oggi noto come Département des Monnais, médailles et antiques de la Bibliothèque Nationale de France. Il Cabinet du Roi, che raccoglieva le collezioni dei re di Francia a partire dal Medio Evo, aveva acquistato alcuni pezzi della collezione Thedenat nel 1822 e poi una sua seconda collezione di antichità messa in vendita nel 1824. È probabile che la datazione di queste schede manoscritte, che sono comunque antecedenti il viaggio in Egitto,   risalga   quindi   all’anno   1827, quando Rosellini si trovava nella capitale francese con Champollion, la  cui  compagnia,  come  si  legge  nell’Introduzione  

di Gabrieli a Ippolito Rosellini e il suo Giornale della Spedizione Letteraria Toscana in Egitto negli anni 1828-29, “era   per   lui   un   non   interrotto   esercizio   ed   insegnamento,   nel quotidiano lavoro di ordinare disporre classificare sistemare nel nuovo Museo Egiziano del Louvre, di cui egli era stato nominato conservatore, la collezione Salt e la  2°Drovetti  acquistata  da  Carlo  X  quell’anno  stesso”.79

Dalla biografia su Champollion di Alain Faure80 si apprende che in questo stesso anno Champollion potè presentare e mettere in risalto le opere egizie della sua sezione come voleva: a seconda che gli oggetti fossero appartenuti a una o a un’altra   categoria,   si   servì   di   appositi   piedistalli,   ma   soprattutto   dispose i pezzi secondo il loro uso, la religione, la vita militare, la vita domestica ecc. e li collocò in sale specifiche. Il Curatore così precisa le sue intenzioni nel presentare la collezione egizia del Museo del Louvre: “Mais   l’importante   et   nombreuse   suite   de   monumens   égyptiens,  dont  la  munificence  royale  vient  d’enrichir  le  Musée  Charles  X,  devant,  en   quelque sorte, servir de source set de preuves  à  l’histoire  toute  entière  de  la  nation   égyptienne,   avait   besoin   d’être   coordonnée   sur   un   plan   différent;;   il   fallait,   de   toute   nécessité, avoir égard à la fois, soit à sa destination spéciale, et que la connaissance rigourreuse  de  l’un  et  de  l’autre  déterminât  la  place  et  le  rang  qu’il  devait  occuper.  Il   fallait enfin les disposer de manière à presente, aussi complète que possible, la série des divinités,  celle  des  monumens  qui  rappellent  les  noms  des  souverains  de  l’Egypt,   depuis les époques primitives   jusqu’aux   Romains,   et   classer   dans   un   ordre   méthodique les objets qui se rapportent à la vie publique et privée des anciens Ègyptiens.81 Sylvie  Guichard,  nel  suo  saggio  intitolato  “Jean-François Champollion et la Notice descriptive”82 afferma che, in occasione  dell’apertura  del  Museo  Charles  X,  

lo studioso francese pubblicò il primo catalogo della collezione egizia, nel quale espose le sue concezioni museografiche realizzate nelle quattro sale del museo: une salle des dieux, une salle civile et deux salle funéraires.83

79 Ibid., p. xvii 80 Op. cit., p. 566

81 Champollion J. F., Notice descriptive des monuments égyptiens du Musée Charles X, Paris

1827

82 Guichard S., Jean-François Champollion et la Notice descriptive, in Betrò M., Miniaci G.

(a cura di) Talking along the Nile. Ippolito Rosellini, travellers and scholars of the 19th century in Egypt, Pisa 2013, pp. 125-130; Guichard S., Jean François Champollion. Notice descriptive des monuments égyptiens du musée Charles X, Paris 2013

Quest’allestimento  fu,  come  afferma  Faure,  un’idea  rivoluzionaria  per  la  museografia   di quel periodo, perché non appagava tanto lo sguardo del visitatore quanto realizzava un vero e proprio percorso  “didattico”.

Dopo aver fatto in sintesi un quadro storico, politico e intellettuale della Francia nella prima   metà   dell’Ottocento,   per   poter   meglio   contestualizzare   Champollion   e   il   suo   operato, ci spostiamo ora in Italia per delineare i principali avvenimenti storici e politici, l’ambiente  intellettuale e i rapporti con il mondo religioso di quel periodo allo scopo di comprendere meglio le posizioni di Ippolito Rosellini e degli intellettuali del suo tempo.

Con il Congresso di Vienna (1814-15) si concluse il lungo periodo delle guerre rivoluzionarie  e  napoleoniche,  che  avevano  sconvolto  l’Europa a partire dal 1793. Le grandi Potenze protagoniste della   coalizione   che   aveva   abbattuto   l’impero   napoleonico  si  mossero  con  l’intento  di  “restaurare”  il  passato, cioè di ripristinare in Europa quell’ordine politico, sociale e culturale che aveva preceduto la Rivoluzione francese del 1789 che, – come afferma Simonetta Soldani - più che una memoria costituì una presenza: “e una presenza tanto intensa da condizionare pesantemente strategie e scelte sia di chi ne   desiderava   il   “ritorno”   sia   di   chi   temeva   questa   eventualità”.84 Le Potenze vincitrici erano consapevoli che le loro scelte costituivano una risposta a ciò che la rivoluzione aveva rappresentato, che erano insomma figlie di una rivoluzione che poteva essere rinnegata ma non ignorata.

In virtù del principio di legittimità,   l’Europa tornò a essere divisa politicamente e territorialmente presso a poco come nel periodo anteriore Napoleone, mantenendo sul trono i vecchi sovrani e ignorando le aspirazioni dei popoli. Tale principio finì per determinare un vero e proprio ritorno al passato e affinché tutto ciò potesse meglio attuarsi, su proposta dello zar Alessandro I, Austria, Russia e Prussia si unirono in una permanente coalizione militare per reprimere, attraverso un reciproco aiuto, ogni