La XVI dinastia, contemporanea alla XV dei re Hyksos e composta di re tebani che governarono per settanta anni dal 1650 al 1580 a.C., non ha nulla a che fare con quella di Ippolito Rosellini. Infatti, per lo studioso che seguiva la lista di Manetone (secondo Eusebio), questa dinastia era formata da cinque re tebani che regnarono per 190 anni, i cui nomi corrispondono a quelli dei faraoni appartenenti alla XII dinastia secondo l’egittologia moderna. Lo studioso rifiutò la versione dell’Africano secondo la quale furono 32 re stranieri a governare per 518 anni.
Riguardo alle più recenti interpretazioni di questo periodo, fondamentali sono i lavori dell’egittologo danese Kim Ryolt. Uno dei suoi studi più importanti per la ricostruzione della storia del Secondo Periodo Intermedio, The Political Situation in Egypt during the Second Intermediate Period c.1800-1550 B.C.,297 contiene un’accurata ricostruzione del Canone Reale di Torino. Secondo la lista reale conservata presso il Museo Egizio di Torino, la XVI dinastia risulterebbe formata da quindici sovrani, se si accetta l’ipotesi di correzione di Von Beckerath298 che porta il totale dei re del Canone Reale da cinque a quindici. La definizione di XVI dinastia come di re vassalli della XV dinastia si basa sulla versione dell’Africano dell’opera di Manetone, mentre Eusebio riporta che questa dinastia era formata da re tebani. Ryolt afferma che nessuna fonte contemporanea supporta la supposizione di re vassalli in questo periodo e ipotizza che la XVI dinastia sia stata costituita proprio da faraoni tebani, documentati nell’ultima parte del Canone Reale con il ruolo di vassalli degli Hyksos nel Basso Egitto.
Ippolito Rosellini, nei Monumenti, sembra condividere la versione di Eusebio che riporta cinque re della dinastia XVI tebana ed escludere quella dell’Africano, perché “all’Africano contradicono, come vedremo, tutti i fatti e tutte le testimonianze dell’antichità”.299 Lo studioso toscano, di questi cinque sovrani che nella già citata Tavola di Abydos dovevano occupare i cartigli vuoti dal n°30 al 34, individuò gli ultimi due all’interno delle tombe di Beni-Hassan. I cartigli ricopiati da Rosellini appartenevano in realtà ai sovrani della XII dinastia: si trattava di “
Ocrtcn”
“Osortasen I”, (Sesostri) cui sembra corrispondere, presso le fonti antiche, il re
297 Ryholt K., The Political Situation in Egypt during the Second Intermediate Period c.
1800-1550 B.C., University of Copenhagen 1997
298 Von Beckerath, 2. Zwischenzeit, pp. 194-195 299 Mon. Stor., Tomo I, parte prima, p. 154
Armesses o Amosis, e “
Amn-mhy”
“Amenemhé I” da identificare con il Timaus di Manetone, chiamato invece Concharis dal Sincello. Prima della Spedizione franco- toscana il faraone “Osortasen” occupava però, negli appunti di Rosellini sulle dinastie egizie, una posizione cronologica meno antica, perché avrebbe fatto parte della XXIII dinastia dei Taniti, come attesta una scheda300 inedita dello studioso (Tav. 59). È molto probabile che lì Rosellini stesse riportando l’ipotesi di Champollion il quale nel Précis attribuì i cartigli di Sesostri I al faraone “Osortasen”, secondo re della XXIII dinastia.301 Ritengo che questa congettura si spiehi agevolmente con il fatto che la maggior parte dei faraoni della XXIII racchiudono nel loro cartiglio prenome il segno wsr che significa “potente” e questo particolare forse indusse Champollion e Rosellini a ipotizzare che anche il re “Sesostri” potesse appartenere a questa famiglia dinastica. Durante e dopo la Spedizione in Egitto, l’ipotesi che Osortasen fosse stato un faraone della XXIII dinastia fu abbandonata in seguito allo studio dei monumenti; proprio per questo, in una nota a piè pagina dei Monumenti Civili,302 Rosellini manifestò tutta la sua meraviglia perché in una lettera dall’Egitto Champollion avrebbe scritto che il re “Osortasen” apparteneva alla XXIII dinastia Tanita. Per Rosellini l’unica spiegazione possibile andava ricercata o in un errore dell’editore di quella lettera o in una disattenzione dello stesso Champollion dovuta alla fretta di scrivere. In effetti, nella lettera scritta da Beni-Hassan il 5 novembre 1828303 si legge questa affermazione che fu però contraddetta da un’altra lettera, datata 1 gennaio 1829, in cui Champollion asserì che il re “Osortasen” apparteneva alla XVI dinastia.304 Per lo studioso italiano, comunque, è quasi certo che si tratti di un errore dovuto alla pubblicazione dei così detti extraits de lettres di Champollion pubblicati nei Giornali di Francia: “Certamente se alcune di queste inesattezze sono procedute dall’aver scritto prima di poter fare un esame accurato dei monumenti, molte io non dubito esservi state introdotte per colpa ed imperizia di chi mutilando, o aggiungendo, o male leggendo una materia sconosciuta, quelle lettere diede alle300 Ms. BUP 282 c.281
301 Champollion J. F., Précis du système hiéroglyphique des anciens égyptiens ou recherche
sur les éléments premiers de cette écriture sacrée, sur leurs diverses combinaisons, et sur les rapports de ce système avec les autres méthodes graphiques égyptiennes, Paris 1824, n°119
302 Mon. Civ., Tomo I, parte seconda, p. 60(2)
303 Lettres de Champollion le jeune. Lettres et journaux de Champollion recueillis et
annotés par H. Hartleben in Bibliothèque égyptologique, Tome deuxième, Paris 1909, p. 132
stampe”.305 A confermare che si sia trattato comunque di un errore ci sono i
Monuments de l’Égypte et de la Nubie. Notices descriptives conformes aux manuscrits autographes rédigés sur les lieux par Champollion le Jeune, dove l’egittologo descrivendo una stele trovata in Nubia, presso lo Ouadi-Halfa e trasportata successivamente nel Museo di Firenze,306 così scrisse: “Essa è interamente relativa alla sottomissione di tutte le popolazioni della Nubia e dei deserti limitrofi al faraone Osortasen I della XVI dinastia”.307 Anche Rosellini descrisse lo stesso monumento di cui rimane una copia tra i disegni della spedizione. Se confrontiamo la stessa stele raffigurata nell’opera di Champollion e quella presente tra i disegni di Rosellini possiamo notare delle evidenti differenze nella riproduzione del monumento, perché ci sono parti di iscrizioni che mancano, come ad esempio nella parte bassa della stele di Champollion dove non sono state riprodotte addirittura due file di geroglifici, presenti invece nel disegno del portafoglio italiano. Viceversa, la parte destra della stele di Rosellini si presenta più rovinata di quella della versione francese così da non rendere visibili delle raffigurazioni che sono presenti sull’altro monumento (Tavv. 61-62).
L’autore dei Monumenti determinò anche l’inizio della XVI dinastia, elemento cronologico di fondamentale importanza perché, a causa delle sempre più numerose testimonianze monumentali, diventò più facile ricostruire la successione delle dinastie successive con ordine certo e quasi mai interrotto. Per l’egittologo questa dinastia ebbe origine nel 2272 a.C., quindi 277 anni prima rispetto all’inizio dell’attuale XII dinastia che fissa il suo inizio nel 1985 a.C. e nella quale rientrano i faraoni posti da Rosellini nella XVI. Nei confronti della tesi di Eusebio di Cesarea che, basandosi su un sincronismo tra la storia egizia e quella ebraica, poneva l’anno primo della XVI dinastia nello stesso anno della nascita di Abramo, Rosellini mostrò il suo pieno disaccordo. Secondo lui, poiché il vescovo di Cesarea ascriveva la nascita di Abramo all’anno del mondo 3184, se si aggiungeva a questo la durata di tutte le dinastie successive si otteneva una somma di oltre due secoli superiore a quell’età nella quale fu fissata da Eusebio la nascita di Cristo. Il percorso per stabilire nel 2272 l’anno di inizio della XVI dinastia si fondò esclusivamente sia sui monumenti originali sia su Manetone, il quale aveva aggiunto alla fine di ogni dinastia la somma degli anni regnati. Scelse dunque due punti di corrispondenza, due epoche che non
305 Mon. Civ., Tomo I, parte seconda, p. 61(2)
306 Si tratta della celebre stele di Buhen (Firenze 2540) 307 Op. cit., I, p. 35; Planches Tome I, Pl. I, 1
fossero troppo lontane e le meno controverse per i cronologi e cioè la conquista dell’Egitto prima da parte di Cambise nel 525 a.C. e poi quella da parte di Alessandro il macedone nel 332 a.C. All’anno 525 doveva corrispondere la fine del regno della XXVI dinastia dei Saiti e nell’anno 332 a.C. doveva compiersi il dominio della XXXI dei Persiani. Se poi, partendo dalla XVI dinastia si sommavano gli anni fino al termine della XXXI, si otteneva un totale di 1940 anni cui andavano aggiunti i 332 che trascorsero dalla conquista di Alessandro Magno alla venuta del Redentore: in questo modo Rosellini otteneva la somma di 2272 anni, che rappresentò l’inizio della XVI dinastia.
Prima dell’egittologo pisano, Champollion Figeac, nella Notice Chronologique308 allegata alla Seconda Lettera al duca di Blacas, riferì allo stesso anno il principio di questa dinastia. Egli tentò di riordinare, sulla base degli studi compiuti dal fratello sulla Collezione Drovetti del Museo di Torino, la successione dei faraoni egizi a partire dalla XVI dinastia (epoca da cui era possibile una ricostruzione storica sulla base dei monumenti originali) fino alla XXII.
In questa relazione sulla cronologia egizia Figeac menzionò due statue colossali su cui erano visibili i cartigli di un re che il fratello aveva identificato con il faraone “Osymandias” a proposito del quale Diodoro Siculo aveva scritto che il re “Uchoreus” fu il suo ottavo discendente e che il re “Moeris” succedette a “Uchoreus” dodici generazioni dopo.309 Champollion Figeac affermò che intercorsero venti generazioni tra “Osymandias” e “Moeris”;; perciò, essendo stata stabilita l’epoca del regno di “Moeris” nella prima Lettera al Duca di Blacas, sarebbe stato facile risalire a suo parere al regno di Osymandias se si calcolava l’intervallo delle 20 generazioni che dividevano questi re e cioè 540 anni (ogni generazione sarebbe formata da 27 anni). Sommando quindi al regno di “Moeris”- iniziato nel 1736 a.C.- i 540 anni d’intervallo, si arrivava all’anno 2276 a.C. come fine del regno di “Osymandias”. Tuttavia la somma dei regni della XVIII, XVII e XVI dinastia stabiliva l’inizio di quest’ultima all’anno 2272 come si vede dal seguente schema:
la XVIII dinastia inizia a regnare nel 1822 la XVII (260 anni)………..nel 2082 la XVI (190 anni)………...nel 2272
308 Lettres relatives au Musée Royal Égyptien de Turin. Seconde Lettre, Notice
Chronologique des dinasties égyptiennes de Manéthon. Suite – XVI a XXII dynasties, Paris 1826, pp. 130-165
309 Walton F. R., Oldfather C. H. et al., Diodorus Siculus. Diodorus of Sicily in Twelve
Poiché il re Osymandias non si trovava nella XVIII dinastia e non faceva parte neppure della XVII, perché i cartigli che nella Tavola di Abydos precedono quelli della XVIII appartengono anche per Champollion ai faraoni legittimi della XVII, secondo Figeac questo faraone non poteva che essere il primo della XVI dinastia e, a seguito del calcolo in base alle generazioni e al computo dei tempi di durata della XVII e XVI dinastia che fissavano l’epoca di questo regno al di là dell’anno 2272 (perché regnò 50 anni), costui diventò il fondatore della XVI dinastia tebana. Prima Champollion e poi Rosellini arrivarono quindi a stabilire questa data, anche se per strade diverse. Nella Notice Chronologique allegata alla seconda lettera al Duca di Blacas, Champollion Figeac, che si limita a pubblicare le osservazioni del fratello, sembra identificare “Osymandias” (nome greco di Ramses II) con il re “Busiride II”, il cui discendente nelle liste di Diodoro sarebbe stato appunto il re Uchoreus. Lo storico greco però parla di “Osymandias” e del suo sepolcro (in realtà il suo tempio sulla riva ovest, noto come Ramesseum) a proposito dei monumenti di Tebe, città edificata da Busiride II, senza che identifichi i due sovrani. Così si legge in Diodoro: “Intorno ai primi sepolcri, ne’ quali diconsi deposte le favorite di Giove, raccontasi che il monumento del re che chiamano Osimandua, fu di dieci stadj, al cui ingresso era un atrio di marmo a varj colori, lungo due plettri, cioè dugento piedi, ed alto quarantacinque cubiti.[…] Nell’atrio vedevansi tre statue, tutte fatte di un sol marmo di Siene. Una di esse sedeva, ed era la più grande che fosse in tutto Egitto, il cui piede eccedeva i sette cubiti.[…] Essa aveva poi l’iscrizione seguente: Io sono Osimandua, re dei re. Se alcuno vuol vedere quanto grande io mi sia, e dove giaccia, superi alcune delle mie opere”.310
Pertanto, quando Champollion Figeac dichiarava che c’erano 20 generazioni tra “Osymandias” e “Moeris”, in realtà i 540 anni che calcolava erano quelli tra Busiride II e Thutmosi II (identificato all’inizio con il Moeris dei greci).
Prima della Spedizione in Egitto, anche Rosellini condivideva l’opinione di Figeac e di Champollion le jeune riguardo a “Osymandias” come fondatore della XVI dinastia e ciò è avvalorato da alcuni suoi appunti –appartenenti al Ms.BUP 291.1- che seguono quasi alla lettera ciò che è stato scritto da J. F. Champollion nelle Lettres relatives au Musée Royal Égyptien de Turin.311 In questi fogli Rosellini parla di alcuni resti di un edificio all’interno del “Palazzo di Karnak” che contengono una legenda reale dove il cartiglio prenome significa per lo studioso Sole guardiano dei mondi, amico di
310 Ibid., p. 169 (47)
Ammone. Aggiunge poi:312 “nessun re della 18° dinastia ha portato questo prenome, onde dobbiamo cercarlo in dinastie anteriori. Ma la tavola di Abido nella linea di mezzo che comincia a destra per la XVII e finisce alla XVIII dinastia non ce lo porta. Apparteneva dunque a un re anteriore. Il nome proprio è 'servitore di Ptah Manduei'. Il prenome e mille ragioni dimostrano che non è quel Manduei 13° re della XVIII dinastia. Il solo nome proprio della lista di Manetone che abbia famiglianza con questo è , chiamato semplicemente da Diodoro Siculo, ma questo re visse molto in proporzione al Manduei della 18°. Ei fu capo della XXI dinastia, quella dei Taniti ed ebbe il nome scritto in modi differenti. Fa d’uopo dunque osservare se il nostro Manduei sia il famoso conquistatore chiamato da Diodoro Osymandias. Per quanto sia questo nome alterato, è facile vedere che il suo principale elemento è il nome del dio Mandu ( - ). Osymandias deve essere vissuto assai prima dell’invasione dei Pastori e gli edifici da lui innalzati dovevano contare più di 100 anni quando i barbari precipitarono quelle sponde del Nilo. Osymandias o Manduei fu celebre per le sue spedizioni nella Bactriana e per i grandi edifici innalzati onde probabilmente fu reputato capo della XVI dinastia alla quale soltanto può appartenere”.
Dal disegno che riproduce i cartigli (Tav. 60 a,b) possiamo vedere che il faraone Sety II della XIX dinastia era considerato da entrambi gli egittologi il mitico Osymandias. Dopo il viaggio in Egitto, le opinioni dei due egittologi a capo della Spedizione cambiarono grazie ai monumenti originali che indussero gli studiosi a rivedere le loro ipotesi sull’identificazione di “Osymandias”.
Rosellini ebbe un ruolo principale nell’individuazione della cosiddetta “tomba di Osymandia” con il Ramesseum e di conseguenza nella identificazione di questo mitico faraone con Ramses il Grande. Nonostante ciò, Champollion nelle lettere scritte durante il viaggio non precisò che fu il collega a fare questa scoperta. Infatti, esistono due resoconti diversi su questa questione. Nel Giornale della spedizione, Rosellini annotò che nel mese di Giugno del 1829 si trovava a lavorare a Medinet Habu al Ramesseum, mentre Champollion era a Biban el Moluk e da lì si sarebbe ricongiunto con il resto della spedizione l’8 Giugno. Nella lettera settima spedita da Tebe il 25 giugno del 1829 ai colleghi,313 Rosellini spiega che gli architetti francesi Jollois e Devilliers, membri della Commissione francese, avevano già dichiarato di
312 Ms. BUP 291. 1 Cc.19-20
313 Gabrieli G., Giornale della spedizione letteraria toscana in Egitto negli anni 1828-1829,
aver ritrovato la tomba di Osymandia nelle rovine di quel monumento che giace tra Gurnah e Medinet Habu e che era solito essere chiamato dai viaggiatori Memnonio, ma questa loro identificazione fu confutata e poi abbandonata. Perciò, grazie alla particolareggiata descrizione che ne fece Diodoro e alle osservazioni dei due architetti francesi, Rosellini si convinse che questo edificio fosse il vero Monumento di “Osymandia”, fatto erigere da Ramses il Grande e così avvisò di questa scoperta Champollion che si trovava a Biban el Moluk. Su tale identificazione convenne anche l’egittologo francese, ma nella lettera che egli scrisse il 18 giugno da Tebe,314 non fu accennato in alcun modo al ruolo principale svolto da Rosellini e all’accurato studio che questi aveva intrapreso di tutte le parti di quel magnifico monumento. Anche nei Monumenti,315 lo studioso toscano spiega di aver soprannominato quell’edificio “Ramesseion” perché viene ripetuto ovunque il nome di “Ramses III” (per lui “Ramses il Grande-Sesostri”) cui sarebbe stato dato l’ appellativo di “Osimandia”. La conferma, secondo Rosellini, arriverebbe dal ventitreesimo e ultimo figlio del re, “Simandu” (“figlio di Mandu”), nome che i Greci trascrissero con , nel quale si riproduce uno dei soprannomi del padre. Questo fatto appare ancor più naturale se si considera che anche nei nomi propri degli altri suoi figli sono presenti titoli e appellazioni di origine patronimica.
314 Lettres de Champollion le jeune. Lettres et journaux de Champollion recueillis et
annotés par H. Hartleben in Bibliothèque égyptologique, Tome deuxième, Paris 1909, pp. 308-328
CAPITOLO 6. LA XVII DINASTIA NEI MONUMENTI DI ROSELLINI