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Le varie fasi metodologiche seguite nella ricostruzione della cronologia egiziana furono indicate da Rosellini sia  nell’Introduzione ai Monumenti Storici173

sia in alcune sue carte inedite come la Prolusione alle lezioni di Storia  e  d’Archeologia,174 letta il 28 novembre 1839 e la Lezione XI del 14 marzo 1840175 sulla Cronologia della storia egiziana, dove illustra agli studenti universitari anche i criteri metodologici da lui adottati per la realizzazione della sua grande opera. Nella prima parte del Tomo I dei Monumenti,  lo  studioso  raccolse  tutte  le  testimonianze  dell’antichità  classica  intorno   ai re egizi in modo da averle a disposizione, per citarle all’occorrenza.  Per  le  dinastie fu fatto un continuo confronto tra le liste di Manetone (secondo Eusebio e secondo l’Africano)  e il metodo seguito dal Sincello di cui lo stesso Rosellini così scrive: “Le cose poi dal Sincello compilate io son ben lungi dal considerarle ordinate e corrette dalla  saviezza  di  un  buon  critico;;  ma  com’ei  fu  l’ultimo  tra  gli  antichi  a  raccogliere  in   uno i lavori dei primi cronologi, da lui li prenderò col medesimo ordine di confronto, senza trascurare però di correggerli sulle opere originali ancora esistenti, donde egli li  trasse”.176 Le liste manetoniane furono poi confrontate con le liste delle successioni dei re egizi estratte da Erodoto e da Diodoro Siculo, per   confrontare   l’autorità di questi storici e per dedurre una somma equivalente al numero dei re. Rosellini si attenne   alle   indicazioni   di   Manetone,   secondo   Eusebio   e   l’Africano,   per   quanto   riguardava la somma degli anni regnati, perché le sue informazioni erano considerate più corrette rispetto a quelle degli altri cronologi. Lo studioso, però, fu costretto a tener conto degli anni di regno di ciascun re solo a partire dalla XVI dinastia, di cui ci rimangono secondo lui solo due nomi dei cinque re tebani tramandatici da Manetone secondo Eusebio. Dei monumenti che si riferiscono alla prime quindici dinastie non rimangono infatti che pochi frammenti ed è per questo che sia Champollion che Rosellini non riuscirono a distribuire in ordine certo i pochi nomi reali trovati sui monumenti originali, che rimandavano alle prime dinastie.

Già Champollion nelle sue due Lettere al Duca de Blacas177 aveva tentato una ricostruzione cronologica sulla base delle antichità egizie presenti al Museo di Torino,

173 Mon. Stor., Tomo I, parte prima, pp. I-XIX 174 Ms. BUP 291. 1 Cc.130-140

175 Ms. BUP 291. 1 Cc.185-190

176 Mon. Stor., Tomo I, parte prima, p. 5

177 Champollion J. F., Lettre   à   M.   le   duc   de   Blacas   d’Aulps,   relatives   au   Musée   Royal  

Egyptien de Turin. Première lettre: monuments historiques; deuxième lettre: suite des monuments historiques, Paris 1824-1826

ma anche in questo caso la ricomposizione delle dinastie fondata sulle testimonianze monumentali fu possibile solo a partire dalla XVII dinastia, a causa delle lacune nelle generazioni precedenti. Così scrive Rosellini nel Tributo  di  riconoscenza  e  d’amore   reso alla onorata memoria di G.F. Champollion il Minore riguardo alla metodologia utilizzata dal francese nello studio di quei monumenti: “Stimolato   in   Torino   da   desiderio  ardentissimo  di  applicare  la  nuova  luce  a  schiarimento  della  Storia  d’Egitto,   mentre   nulla   d’inosservato   lasciava   tra   quei monumenti, applicò l’animo   più   specialmente   a   ricomporre   la   serie   dell’egiziane dinastie, comparando le figurate autorità originali e contemporanee con i frammenti della storia scritta. Frutto di questo confronto furono le due celebratissime Lettere ch’egli   intitolò   al   Duca   di   Blacas; nelle quali fece conoscere i nomi ed i titoli di molti Faraoni scritti sui taurinensi monumenti e li riordinò in dinastie, secondo i cataloghi di Manetone, cominciando dalla decima settima tebana, fino alla vigesima seconda dei Bubastiti”.178

Per   stabilire   l’anno   in cui ebbe inizio la ricostruzione delle successioni regali, Rosellini cominciò fissando con esattezza la durata delle ultime sedici dinastie secondo le liste di Manetone, comprovate e corrette dai monumenti originali che, nel complesso, gli indicavano gli anni regnati da ciascun re. Pertanto la somma di queste ultime  dinastie  risultò  di  1940  anni  a  cui  va  aggiunto  l’anno  della  conquista  dell’Egitto   da parte di Alessandro il Grande, il 332 a.C. In questo modo Rosellini  ottenne  l’anno   di inizio della XVI dinastia e cioè il 2272 a.C. Per le dinastie precedenti rimanevano 440 anni, calcolo che per lui concordava con quello della Vecchia Cronaca, che racchiude le prime 15 dinastie (15 famiglie del ciclo cinico) in 443 anni, mentre risultava assai inferiore alla durata di quei regni secondo le liste manetoniane. Così numerosi erano i dubbi e le difficoltà che riguardavano la ricostruzione cronologica di questa prima parte della storia egizia che Rosellini si domanda se questo periodo non  debba  considerarsi  un’epoca  favolosa:  “Tutta  l’epoca  dunque  che  va  innanzi  alla   dinastia che si chiama la XVI, dovrà forse aversi per favolosa? Altri già lo scrisse: io non ardirò affermarlo od impugnarlo. Né a me occorre indagare per addentro in tanto buio di tempi, ai quali troppo debole luce si apporta dai rarissimi monumenti superstiti”.179 Anche se i monumenti contemporanei non poterono aiutare i due egittologi nel ricomporre in modo esatto e completo il quadro storico delle prime dinastie, Rosellini non ebbe mai dubbi sulla grandezza della civiltà faraonica, che già

178 Ibid., pp. 16-17

prima del 2272 a.C. “era  pervenuta  in  quell’età  a  quel  sublime  grado  di  incivilimento   che si può dire non aver mai superato nelle epoche posteriori”.180

Un bell’esempio  di  celebrazione del  “genio  egizio”  ci  viene  offerto  dalla lezione XI del 14 marzo 1840, dove Rosellini   tratta   anche   l’argomento   della   cronologia   dell’antico   Egitto e illustra la metodologia da lui seguita nel ricostruirne la storia: “Risultò   principalmente da questo confronto che gli estratti del rigettato Manetone erano nella loro   sostanza   tutt’altro   che   favola:   e   procedei   quindi   a   dimostrare   quel   sistema   di   cronologia che se offese dapprima il malinteso zelo di qualche teologizzante, ciò non tolse  peraltro  ch’ei venisse poco di poi adottato generalmente dagli scrittori cattolici come dagli eterodossi”.181 In questa lezione si possono notare due cose interessanti: la prima consiste nella presenza di alcune battute piuttosto sarcastiche e pungenti nei confronti della Chiesa, riguardo alla cronologia biblica. In questa occasione chi scrive non sembra più il Rosellini neofita che, di fronte alle accuse, mostra un atteggiamento sempre misurato al punto che sono gli altri spesso a prendere le sue difese, ma è piuttosto un Rosellini più consapevole della sua buona fede, più sicuro di sé, che non risparmia la sua ironia nei confronti della Chiesa e di chi si professa teologo e sapiente. Il secondo aspetto che mi sembra degno di attenzione è   l’uso   dell’aggettivo   “mia”   riferito   sempre   alla   ricostruzione   cronologica   nell’opera   dei   Monumenti. Il fatto che egli utilizzi più di una volta questo aggettivo non significa a mio parere che  abbia  voluto  “rinnegare”  Champollion,  che  prima  di  lui  aveva tentato una ricostruzione delle dinastie egizie, e neanche che in questi sette anni trascorsi dalla pubblicazione abbia aggiunto qualcosa di nuovo e di originale. Ritengo piuttosto che l’attributo   “mia”   potrebbe   indicare   la   consapevolezza   di   Rosellini,   pur   riconoscendo il notevole contributo di Champollion, di essere stato con lui  l’artefice   della ricostruzione cronologica della storia egizia e il suo definitivo sistematore. Infatti, dopo la morte di Champollion, si trovò da solo a portare a termine il lungo ed estenuante lavoro della ricostruzione storica di  quell’antica  civiltà.

Le linee metodologiche sono evidenti soprattutto nel Primo Tomo dei Monumenti Storici182 dove Rosellini, dopo aver dichiarato di lasciare indecisa la questione degli anni fino alla dinastia XVI, si sofferma su un altro punto per lui fondamentale: dimostrare con   l’autorità   delle   fonti   scritte   congiunte   a   quelle   monumentali che le trentuno dinastie furono tutte successive, a differenza di quanto asseriva Eusebio il

180 Ms. BUP 291. 1 c.189r 181 Ms. BUP 291. 1 c.186r

quale, per   “accomodare”   ai   calcoli del suo sistema le successioni reali esposte nei libri di Manetone, suppose che vi fossero state delle dinastie regnanti contemporanee,  in  quanto  alcuni  re  governavano  in  una  provincia  dell’Egitto,  mentre   altri avevano dominio in altra parte. L’ipotesi  di  Eusebio  era  in  realtà esatta, poiché la XIV dinastia fu contemporanea alla XIII o alla XV e la XVI fu coeva della XV.183 Una fonte di fondamentale importanza per la ricostruzione della cronologia egizia è il Canone di Torino, che abbraccia dinastie diverse che regnarono contemporaneamente,   ma   presumibilmente   in   regioni   del   paese   distanti   l’una   dall’altra.184 Rosellini invece vuole dimostrare che questa presunta contemporaneità era contraria alla testimonianza degli scrittori antichi. Manetone, infatti, che più di ogni altro conosceva ogni singolo particolare della storia egizia, non avrebbe mai taciuto un fatto del genere, perché sarebbe stato di troppa importanza per uno storico.  Tanto  più  che  lo  stesso  Manetone  non  omise  di  scrivere  l’unico  caso  in  cui   due dinastie regnarono contemporaneamente: la XVII dinastia dei Pastori e quella dei re legittimi tebani. Rosellini inoltre spiega che la distinzione delle famiglie regnanti in tanite, menfitiche, tebane, saite e simili, non può essere considerata una prova del fatto che esse dominassero nello stesso tempo in Tanis, in Menfi, in Tebe, in Sais; significa  invece  che  assumevano  questa  denominazione  a  seconda  dell’origine  della   famiglia stessa e per lo più stabilivano la loro residenza nella città di provenienza. Questo sarebbe testimoniato, secondo lo studioso, anche dai monumenti che dimostrano  che  i  re  provenienti  da  queste  località  sopra  citate  dominarono  sull’intero l’Egitto. A sostegno di questa sua ipotesi Rosellini aggiunge anche il fatto che negli scrittori antichi non si trova alcuna memoria di una sola discordia tra questi re, di nessuna guerra intestina tra monarchi che governavano contemporaneamente in diverse   zone   dell’Egitto   e   che,   per   ambizione,   avrebbero   certamente   tentato   di   impossessarsi di porzioni di paese possedute da altri. A conferma di quanto sopra è da considerare autorevole per Rosellini anche la testimonianza della Bibbia dove, ogni  volta  che  si  parla  del  re  d’Egitto,  s’intende  sempre  un  re solo, padrone di tutto il Paese.

Dopo questa prima parte in cui Rosellini si occupa della raccolta e del confronto delle storie scritte, inizia una seconda parte dedicata alla serie di nomi, titoli e date di sovrani che furono trovati sui monumenti originali i quali, con la loro autorità,

183 Bourriau J., The Second Intermediate Period (c. 1650-1550 BC) in Shaw I., The Oxford

History of Ancient Egypt, Oxford 2003, pp. 172-206

dovevano aiutare a ricomporre le successioni dinastiche. Lo storico insiste sulla scrupolosa diligenza con la quale fu raccolto questo vastissimo materiale: i nomi e le iscrizioni presenti sui grandi edifici, sui più piccoli frammenti, in luoghi coperti dalle sabbie che, per questo, furono disseppelliti, i sarcofagi e tutti gli altri oggetti ritrovati durante la Spedizione franco-toscana che assunsero per la prima volta un valore “archeologico”.  Lo  stesso  scrupolo  fu  applicato anche nella copiatura dei nomi regali che, una volta trascritti, furono di nuovo confrontati, corretti e copiati per la seconda volta affinché non sfuggisse alcun nome di re.

Tra gli elementi fondamentali, inoltre, presi in considerazione da Rosellini per stabilire   l’anteriorità   o   la   posteriorità   di   un   nome   rispetto   ad un altro, ebbero particolare importanza il luogo di ritrovamento delle varie testimonianze e lo stile artistico dei monumenti i quali furono ampiamente illustrati nel Terzo e Quarto volume della sua opera.185

Dal confronto di tutto questo materiale edito e inedito ho estratto una sintesi delle “fasi   metodologiche”   utilizzate   e   seguite   accuratamente   da   Rosellini   nella   ricostruzione della cronologia, delle successioni dinastiche e   nell’utilizzo   del   dato   archeologico:

Raccolta delle testimonianze delle fonti classiche intorno alle dinastie.

Sistemazione e analisi degli estratti di Manetone, considerati dai critici di quell’epoca un tessuto di favole indegne di fede. Confronto tra questi estratti e la Vecchia Cronaca del Sincello.

Ulteriore confronto delle testimonianze di Manetone e del Sincello con quanto è stato tramandato da Erodoto, Diodoro Siculo e Giuseppe Flavio, al fine di ottenere una raccolta metodica di tutte le conoscenze della storia scritta sulla cronologia e sulle dinastie egizie.

Comparazione tra questa cronologia (ri)ordinata sulla base delle fonti scritte e quella   scaturita   dall’analisi   filologica dei monumenti originali che diventarono tanto più affidabili quanto più concordavano con gli scrittori antichi.

Analisi filologica e artistica del monumento di cui offre una descrizione più o meno particolareggiata, con indicazione del materiale con cui è stato costruito, della provenienza, se reca incisi cartigli o iscrizioni e indicazioni cronologiche, determinate soprattutto basandosi su una cronologia relativa.  Segue  l’esegesi  

185 Cfr. Lettera al Viesseux per la classificazione ed esposizione dei disegni riportati dalla

Spedizione scientifica, in Ippolito Rosellini e il suo Giornale della Spedizione letteraria toscana in Egitto negli anni 1828-1829, Gabrieli G. (a cura di), pp. 271-281

del testo, qualora sia presente, con la trascrizione in lingua copta e la traduzione di tutto ciò che è leggibile.

Rosellini non si avvale ancora della possibilità di datare i manufatti in base alla loro posizione stratigrafica, ma è spesso   presente   un’attenta   analisi   del   territorio   in   cui   essi furono rinvenuti. Lo scavo, negli anni della Spedizione, era infatti esclusivamente   “topografico”,   volto   cioè   a   riportare   in   luce   la   realtà   storico- monumentale di un dato periodo. Solo in seguito si  impose  il  metodo  “stratigrafico”. Lo studioso toscano rispecchia   la   figura   dell’archeologo   che,   in   questa   epoca,   assume sempre più un orientamento storico-antropologico che non esclude quello iniziale storico-artistico.

Di fondamentale importanza risultano inoltre sia il confronto del monumento con altri (originali o provenienti da vari musei europei) per ottenere conferme o smentite riguardo alle successioni dinastiche, per stabilire sincronismi tra la cronologia egizia e quella biblica e una possibile datazione sulla base anche delle caratteristiche artistiche e stilistiche, della forma e distribuzione dei caratteri geroglifici presenti sul monumento sia l’analisi   delle   rappresentazioni   raffigurate   sui   bassorilievi,   accompagnate dalle iscrizioni che esprimono con le parole ciò che le figure raccontano.   Come   afferma   Rosellini   “Questo   doppio   linguaggio,   mentre   ha   fornito   nuove e molteplici prove ai principi già scoperti da Champollion, ci ha dato un mezzo comodo  e  sicuro  ad  estenderne  ampiamente  l’applicazione”.186

La peculiarità del metodo adottato da Rosellini nella ricostruzione storica si fondò, dunque,  sulla  combinazione  di  due  elementi,  l’archeologia  e  la  filologia,  un  binomio indispensabile su cui si basa lo studio scientifico delle antiche civiltà.

Nell’Appendice   dell’ultimo   Tomo   dei   Monumenti Civili,187 dal titolo: Del metodo adottato in trattare la nuova scienza archeologica egiziana, specialmente rispetto alla filologia, Rosellini spiega ai lettori in che cosa consistano i “due principali uffizi”, quello   dell’archeologo   e   quello   del   filologo,   tra   loro   connessi   e   dipendenti.   L’interpretazione   della   scrittura   geroglifica   diventa   indispensabile   per   ottenere   qualche risultato dallo studio dei monumenti riguardo alla storia   e   all’archeologia.   “Debbo nel primo rintracciare per mezzo dei monumenti figurati e ricostruire in certa maniera   l’antica   istoria   generale   di   quel   celebratissimo   popolo;;   ritrarla   dalla   dimenticanza, dimostrarla secondo le testimonianze contemporanee, disporla in

186 Gabrieli G., Ippolito Roselllini e il suo giornale della Spedizione letteraria toscana in

Egitto negli anni 1828-1829, Roma 1925, p. 281

ordine certo o probabile   di   tempi.   L’altro   uffizio   che   m’incombe,   è   di   risuscitare,   ugualmente per mezzo delle monumentali iscrizioni, il perduto linguaggio; assegnare e dimostrare il valore di molti caratteri geroglifici, che non furono compresi o dichiarati nelle opere di Champollion-Jeune; rinvenire e precisare, o almeno congetturare con la probabilità che si possa maggiore, il senso delle parole, ricavandolo dai documenti per me raccolti e secondo le leggi della critica illustrarlo e definirlo, o per mezzo dei raffronti della lingua egiziana conservata nei libri copti, o per  le  collazioni  dei  luoghi  analoghi,  o  coll’ajuto  dei  contesti,  o  coll’indizio  delle  scene   figurate cui perpetuamente li scritti accompagnano, e che a vicenda con mirabile e certo  argomento  s’illustrano  e  si dichiarano”.188

CAPITOLO 4. IL PERIODO PIÙ LACUNOSO DELLA RICOSTRUZIONE DINASTICA DI IPPOLITO