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Capitolo IV. Le entrate e le uscite

4.4 Gli affitti delle case e delle attività

Nel registro delle entrate del 1762 compaiono alcuni affitti interessanti soprattutto perché erano in grado di diversificare le voci del reddito.

277 Vedi anche Maurice Aymard, La transizione dal feudalesimo al capitalismo, in Storia d’Italia. Annali. Vol. 1, Einaudi, Torino, 1978, pp. 1134-1139.

278 Sul tema della gestione dei piccoli feudi in età moderna, esplicativi sono i brevi lavori fatti sul feudo trevigiano di Valmareno. Vedi allora: Maria Grazia Biscaro, Lavoro e salario nella contea di Valmareno alla fine del XVII secolo, Cison di Valmarino (TV), Quaderni del Mazarol n. 1, 1996 e Teresa Ballancin, Società e giustizia nel feudo di Valmareno, Cison di Valmarino (TV), Quaderni del Mazarol n. 2, 1997.

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Tabella 4.14 Entrate di affitti cittadini (1762). Valori in lire bolognesi Affitto della Pellacanaria alla Grada 700

Affitto osteria e fondaco al naviglio 380 Affitto della casa detta Griffoni annessa al

palazzo 200

Affitto della casa e bottega della Piazzola

della canapa 165

Totale 1.445

Fonte: ASBo, Archivio Aldrovandi – Marescotti, Serie Libri di conti e carte d’amministrazione, busta 552

Il tutto era pari a solo il 2 per cento delle entrate generali, una percentuale decisamente piccola ma che per i motivi espressi in precedenza non è il caso di sottovalutare. Ciò che interessa allora è capire quali fossero le proprietà date in affitto, se è possibile capire da dove provenivano e quanto rappresentassero ricchezza o crisi degli Aldrovandi.

La pellacanaria alla Grada consisteva in “un edificio ad uso di conciar pelli” con “Casa per abitazione, annessi e connessi à tali edifici” che era stata donata, come s’era visto in precedenza, nel luglio 1725 dal capitano Luca Mengarelli a Pompeo.279 L’edificio fu subito dato in affitto come è testimoniato da altra documentazione. Il primo dicembre 1730 veniva infatti stipulata la proroga di una locazione fatta dal monsignor Pompeo al dottor Ercole Galimberti e Sebastiano Zanetti “dell’edificio ad uso di conciar pelli con Molino, e Valchiera, et altri Edifizi annessi… e ciò per altri cinque anni, e con la riduzione degl’annui affitti da lire 2000 a sole lire 1500”280. Se il locatore concedeva una riduzione della pigione è perché risultava troppo gravosa alla compagnia affittuaria. Tale situazione era legata ad una crisi più generale dell’attività della conceria. Si leggono infatti più avanti i motivi della riduzione: “a causa di ritrovare in questi tempi

279 ASBo, Archivio Aldrovandi – Marescotti, Serie Instrumenti, busta 30. 280 ASBo, Archivio Aldrovandi – Marescotti, Serie Instrumenti, busta 32.

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di si poco utile il fare conciare Pelami, di modo che à pena si è arrivato ad haversi un vantaggio del due per cento…”281. La conceria della Grada risulta interessante non tanto per se stessa ma per quello che avviene di lì a pochi anni. Il 24 gennaio del 1736 Pompeo che ne era il locatore faceva una nuova locazione a tre soci.282 Nulla di strano

se non per il fatto che uno di questi era suo nipote Raniero che insieme agli altri due signori aveva dato vita nello stesso giorno ad una società per “conciar pelli, o sia manifatture di Corami da Sola, Vitelli, et altri Pellami”283. L’affitto tornava a 2000 lire bolognesi per tre anni e tra le condizioni troviamo che una casa doveva essere lasciata “vita naturale durante” al signor Mengarelli, che evidentemente godeva ancora d’un vecchio accordo, e che il locatore doveva mantenere a proprie spese gli edifici “in stato servibile e in buono stato” e così anche “i capitali morti”. Infine c’è da notare che per la spesa di Raniero era il padre Filippo che doveva dare l’approvazione come in effetti fece scrivendo “dà il suo plenario consenso à tal atto emancipando à tal effetto però solamente detto Sig. Co. Riniero su figlio”284.

L’osteria e fondaco al naviglio costituivano insieme una proprietà che Pompeo e Nicolò avevano ricevuto tramite l’eredità materna. Questi la gestirono in quegli anni in collegialità, come risulta anche da alcuni contratti di locazione.285 Si trovano però tracce

di gestione di queste attività da parte degli Aldrovandi quando era ancora in vita Ercole, il che fa pensare facesse parte della dote di Giulia Albergati.286 Del faceva parte il classico orto cittadino con rimessa, legato ad uno dei principali canali bolognesi che veniva utilizzato per la pesca e per il trasporto su barca. L’ “orto al naviglio”, come viene solamente definito in alcuni casi, resterà di proprietà degli Aldrovandi per molto tempo visto che viene spesso citato negli inventari, anche se non troviamo altre

281 Sempre in busta 32.

282 ASBo, Archivio Aldrovandi – Marescotti, Serie Instrumenti, busta 33. 283 Sempre in busta 33.

284 Ivi.

285 Si parla in questo caso d’un contratto di locazione del 1736 che si trova in ASBo, Archivio Aldrovandi – Marescotti, Serie Instrumenti, busta 33. L’osteria sul canale Navile (Naviglio) era nel Settecento l’unico edificio privato in un sistema portuale completamente pubblico. Vedi Angelo Zanotti, Il sistema delle acque a Bologna dal XIII al XIX secolo, Bologna, Editrice compositori, 2000, pp. 230-231.

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locazioni del periodo successivo è probabile che sia rimasto affittato con simili condizioni. Se ne ritrova traccia per l’appunto più di settanta anni dopo (1736) posseduto in comune da Pompeo e Nicolò e “rilocato” per tre anni ad Antonio Giavaroni, con qualche differenza ma più o meno con gli stessi beni: orto con casino, osteria, casone per fondaco da legnami e “gius” (diritto) di pesca. L’affitto, rispetto alle locazioni seicentesche di 770 lire, era sceso a 600 lire probabilmente per la diminuzione del valore complessivo del bene, come confermerebbe il fatto che nel 1762 la quota d’affitto era ancora la stessa.

Della casa Griffoni sappiamo che faceva parte del nuovo complesso del palazzo in costruzione a partire dagli anni venti del Settecento. L’affitto di 200 lire bolognesi annuali, poteva comunque influire in maniera positiva sulla presenza di denaro contante nelle casse famigliari.

Ancora meno sappiamo della casa e della bottega della Piazzola della canapa, solo che costituivano delle attività commerciali così come è il caso delle proprietà viste in precedenza. La Piazzola della canapa era un luogo ben preciso della città di Bologna dove aveva luogo questo importante commercio. Bologna nell’età moderna costituiva infatti il principale mercato di canapa della penisola italiana grazie al fatto che nelle campagne circostanti era concentrata la maggior produzione nazionale.287