Capitolo I. Introduzione 1.1 Famiglie nobili ed economia in Italia e in Europa
1.4 Periodizzazione, fonti e metod
Come si è già avuto modo di precisare, s’è scelto di focalizzare l’attenzione sugli anni a cavallo di due secoli così importanti per la storia dell’Italia e di Bologna, un periodo caratterizzato dalla fine del mondo barocco secentesco e dalla prima parte di un Settecento che già dava segnali di cambiamento. Anni rappresentati spesso con immagini di crisi, provocate dalla fine dello splendore economico del Rinascimento. Pur
52 Giuseppe Guidicini, Cose notabili della città di Bologna. Vol. II, op. cit., p. 177. Proprietà in parte confermate anche dai più antichi documenti conservati nell’archivio privato della famiglia. Vedi Archivio di Stato di Bologna (d’ora in avanti ASBo), Archivio Aldrovandi – Marescotti, serie Instrumenti, busta 1, 2 e 3.
53 Giuseppe Montalenti, Aldrovandi Ulisse in Dizionario biografico degli italiani. Vol. 2, Roma, Istituto dell’enciclopedia Treccani, 1960, pp. 118-124. Sulle periodiche celebrazioni del grande medico e scienziato vedi ASBo, Archivio Aldrovandi – Marescotti, Serie III centenario Aldrovandiano. Onoranze a Ulisse Aldrovandi, busta 526.
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tra molte differenze questo quadro sembra corrispondere per buona parte della penisola, e per la stessa Bologna, i cui fattori di crisi sono stati espressi in precedenza.54
Bologna sembra caratterizzarsi proprio per una forte staticità economica e sociale tanto da non far notare a grandi linee cambiamenti nei cento anni che ci interessano. Restringendo ancora il campo d’azione la periodizzazione in questione si giustifica inoltre con un cambiamento sostanziale nel patrimonio degli Aldrovandi. Su uno sfondo sostanzialmente immobile, le sostanze dei discendenti del medico Ulisse, conobbero un clamoroso accrescimento. Essendo la proprietà terriera a dominare questo cambio di rotta, ciò è facilmente esprimibile in termini d’estensione fondiaria. Tra il 1644, anno della morte di Filippo Aldrovandi senior, e il 1752, anno della morte del nipote di questo, il cardinale Pompeo, il patrimonio terriero è cresciuto di ben sette volte, passando da poco più di 2000 a 14150 tornature bolognesi, rispettivamente 432 e 2943 ettari. Altro fenomeno di un certo interesse è la crescita dell’indebitamento della famiglia riscontrabile già da piccoli segnali nell’archivio, come la vendita di parte del patrimonio alcuni decenni dopo il culmine dell’estensione, o la continua dilazione di pagamenti anche di modesta portata, segno di una cronica mancanza di denaro contante. Queste due dinamiche fanno sì che l’interesse cresca notevolmente per gli anni in questione, merito anche di un archivio privato ben conservato e che raccoglie una serie di documenti abbastanza ricca proprio a partire dalla metà del Seicento.
Questa considerazione ci fa infine giungere al discorso sulla fonte principale del progetto, costituita dall’archivio privato denominato Aldrovandi – Marescotti per la nominale fusione tra le due famiglie avvenuta a fine Seicento. Questo è tra i più ricchi di documenti tra quelli, comunque numerosi e consistenti, lasciati dalle famiglie senatorie.55 L’analisi delle carte documentarie private costituisce per il caso bolognese
54 Nello sterminato dibattito sul passaggio dal Seicento al Settecento s’è fatto principale riferimento alle seguenti opere: Fernand Braudel, L’Italia fuori d’Italia in Storia d’Italia. Vol. 2, op. cit., pp. 2092-2100 e 2221-2233; Alberto Caracciolo, La storia economica in Storia d’Italia. Vol. 3, op. cit., pp. 515-533 e Paolo Malanima L’economia italiana nell’età moderna, Editori Riuniti, Roma, 1982, pp. 111-146. 55 Per un quadro generale dell’Archivio in questione conservato all’Archivio di Stato di Bologna vedi L’Inventario dell’Archivio Privato Aldrovandi – Marescotti. Per quanto riguarda i numerosi archivi privati bolognesi si guardi La guida all’Archivio di Stato di Bologna ed in particolare la sezione Archivi di famiglie.
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un elemento di ricerca fondamentale, vista la mancanza prima della fine del Settecento di un catasto al quale attingere per quantificare le proprietà delle principali famiglie aristocratiche. Allo stesso tempo la particolare legislazione in materia fiscale, che esentava i cittadini, ha fatto sì che non fossero conservati gli estimi, particolarmente utili in altre realtà d’antico regime nella ricostruzione dei patrimoni sia in lavori monografici che settoriali.56 Non ci si deve perciò stupire se gli studi sulle famiglie nobili bolognesi sono perciò pochi rispetto alla grande mole di documenti che queste ci hanno lasciato.57
Gli archivi privati nascono dalla necessità delle famiglie aristocratiche di conservare i documenti amministrativi, fondamentali per l’esercizio del potere economico e allo stesso tempo fonte di garanzia dei diritti e dei privilegi che gli spettavano. Il documento contabile e il contratto agrario costituivano insomma nel breve periodo degli strumenti unicamente pratici. Questi nel lungo periodo diventavano invece strumenti che potevano mettere al riparo da dispute giuridiche di vario genere. Allo stesso modo antichi testamenti venivano conservati proprio per evitare dispute su materie spesso complesse, soprattutto nel caso in cui intervenivano i fedecommessi e le primogeniture. Altro scopo principale degli archivi privati era quello della conservazione della memoria della famiglia, attraverso documenti riservati dei singoli membri. Questa parte dell’archivio può essere considerata meno “sincera” poiché spesso frutto di selezioni documentarie
56 L’esempio di Verona, città simile per molti aspetti alla stessa Bologna, nel senso di città di una certa importanza ma sottomessa ad un potere esterno, è in tal senso significativo. Le polizze sono conservate nel locale Archivio di Stato per gli anni 1653, 1682, 1696, 1745. A tal proposito si guardino: Giorgio Borelli, Un patriziato della terraferma veneta, op. cit. e Maria Luisa Ferrari, Nobili di provincia al tramonto dell’antico regime, op. cit.
57 Le uniche monografie sull’argomento sono: Manuela Martini, Fedeli alla terra, Bologna, Il Mulino, 1999, che analizza però il caso di una famiglia aristocratica dell’Ottocento, gli Amorini – Bolognini, e quindi può appoggiarsi alla documentazione dei catasti; e Massimo Fornasari, Famiglia e affari in età moderna. I Ghelli di Bologna, Bologna, Il Mulino, 2002, il quale tratta l’ascesa di una famiglia di mercanti bolognesi. Un discorso a parte merita la precedente opera di Alberto Caracciolo, L’albero dei Belloni, Bologna, Il Mulino, 1982 anche per un differente rapporto con le fonti, non legate in questo caso al singolo archivio privato. Infine seppur breve è di un certo interesse il saggio di Fulvia Paolozzi Ienna, La famiglia Albergati a Bologna nel XVIII secolo in Famiglie senatorie e istituzioni cittadine, op. cit.
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con lo scopo di perpetuare ad esempio solo la memoria “positiva” della famiglia.58 L’archivio degli Aldrovandi ad esempio sembra sia stato riordinato nel Settecento in un’operazione che ha probabilmente coinvolto anche una selezione dei documenti privati. Restano allora più tracce di quei personaggi della famiglia che hanno avuto un’importanza maggiore nella storia, fatto in fin dei conti normale visto che erano quelli che producevano più documenti. E’ il caso del cardinale Pompeo Aldrovandi (1668- 1752) il cui ricco archivio privato fu unito alla sua morte a quello famigliare. Si nota però per alcuni membri della famiglia, che diedero più lustro di altri, una sorta di rispetto particolare tanto da far conservare anche documenti più banali come le dissertazioni astronomiche fatte alla nascita.59 E’ in questo senso che sosteniamo come
le fonti documentarie amministrative siano più sincere, poiché meno “costruite” e rivolte a scopi prettamente concreti.
Dal nostro punto di vista questi aspetti ci facilitano poiché si ha l’intenzione di focalizzare l’attenzione soprattutto sugli aspetti economici e sui cambiamenti di questi, avvenuti nell’arco della periodizzazione prefissata. Si andranno allora a toccare quei risvolti della storia della famiglia che dal nostro punto di vista sono di maggior interesse, ma che in una visione più ampia Lawrence Stone, ha inserito come uno dei cinque principali aspetti dell’argomento. Nel suo caso l’aspetto economico si riduce alla visione del nucleo famigliare come unità di produzione e di consumo, nel nostro caso, e cioè quello di una famiglia aristocratica dotata di una certa complessità, dovremmo considerare anche l’aspetto sociale che coinvolge concetti come il lignaggio e la rete di
58 Sul tema della costruzione della memoria delle famiglie aristocratiche interessante è il caso illustrato in Silvia Cavicchioli, Famiglia, memoria, mito. I Ferrero della Marmora, Torino, Istituto per la storia del Risorgimento italiano (Carocci), 2004.
59 Si tratta degli “oroscopi” di Filippo Aldrovandi nato nel 1660 e di Luigi Aldrovandi Marescotti venuto al mondo nel 1876. Entrambi a più di due secoli di distanza daranno lustro alla famiglia ricoprendo incarichi di ambasciatore, il primo a Roma dal papa per conto della città di Bologna, il secondo per il regno d’Italia a Parigi. Entrambi sono in ASBo, Archivio Aldrovandi – Marescotti, Serie Carteggio. Atti vari. Miscellanea storico – scientifica, letteraria e d’arte, busta 364.
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parentele.60 Ciò rende doveroso un approccio critico alle fonti documentarie e allo stesso metodo di lavoro. Come detto l’archivio degli Aldrovandi, vista la sua ricchezza di carte amministrative e contabili, ci permette un particolare approccio quantitativo al lavoro, tipico della storia economica. In questo caso però non è possibile lavorare sul tempo lungo con serie statistiche ma, pur tenendoci legati agli stessi metodi, occorrerà rivolgerci nella nostra analisi ad un intervallo di tempo più breve, e cioè il secolo di cui si diceva. Nella storia di questa famiglia dovranno infatti mescolarsi l’uso della storia tradizionale, attenta al tempo breve, e l’uso della storia economica e sociale, rivolta al tempo lungo. Non essendo insomma un lavoro che riguarda lunghe serie economiche il singolo documento può fare “storia a sé” e va analizzato, oltre che in rapporto al quadro più generale, per i motivi per cui è stato elaborato e per quelli per cui è stato conservato.61
Fondamentale allora diventa l’enunciazione delle condizioni iniziali della ricerca alle quali si confronteranno quelle finali con la possibilità di scorgere cambiamenti, tentare di capire le dinamiche che li hanno portati e applicarli al modello teorico di riferimento. Occorre insomma una giusta combinazione di metodo analitico quantitativo e metodo “qualitativo”, con il primo a fornirci i dati economici fondamentali ed il secondo che ci permette di occuparci dei processi e dei fattori che operano nel senso dello sviluppo e della decadenza.62
60 Per il noto storico britannico le cinque tipologie storiografiche sul tema della famiglia sono: la demografica, la giuridica, l’economica, la sociale, la psicologica – comportamentale. Vedi Lawrence Stone, Viaggio nella storia, op. cit., pp. 230-235.
61 Fernand Braudel, Per una economia storica in Id., Scritti sulla storia, Milano, Bompiani, 2001, pp. 105-114. L’articolo fu pubblicato in origine con il titolo Pour une économie historique su Revue économique, anno I, n. 85,1950. Si guardino anche George G. S. Murphy, La nuova storia in Ralph L. Andreano (a cura di), La nuova storia economica, Torino, Einaudi, 1975, pp. 5-24; e François Furet, Il quantitativo in storia in Jacques Le Goff – Pierre Nora (a cura di), Fare storia, Torino, Einaudi, 1981, pp. 3-23.
62 Sulle potenzialità e i rischi di metodo nell’affrontare la storia economica si guardi Ralph L. Andreano (a cura di), La nuova storia economica, op. cit. ed in particolare i saggi di Robert L. Basmann, Il ruolo dello storico economico nella verifica predittiva di presunte “leggi economiche”, pp. 27-59; J. R. T. Hughes, Fatto e teoria in storia economica, pp. 63-95 e Fritz Redlich, Potenzialità e pericoli, pp. 125- 143. Sulle difficoltà di metodo di grande interesse sono anche le conclusioni di: Wiltold Kula, Problemi e
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Posti questi fondamentali limiti teorici si possono introdurre i principali punti intorno ai quali verterà il lavoro. Tanti sono gli interrogativi che ci si presentano subito, perché altrettanti sono gli aspetti sviluppabili dalle carte d’archivio, ad esempio: che dimensioni aveva il patrimonio famigliare? Con quali strumenti veniva conservato e trasmesso ai posteri? Quali erano le principali voci di entrata e di uscita? Come gestivano il loro patrimonio, in particolare quello agrario? Quanto pesavano i debiti nella loro vita economica? Esistevano delle particolari spese influenzate dalla ricerca del lusso?
Tentando di rispondere ad ognuna di queste domande si è impostato il lavoro in capitoli riguardanti ciascuno un particolare aspetto della vita economica della famiglia. Si partirà dal patrimonio, argomento più complesso e più lungo da trattare anche per la particolarità delle fonti, che come detto non ci danno un’immediata visione della consistenza patrimoniale. Si intrecceranno le vicende famigliari degli anni interessati a quelle patrimoniali proprio perché strettamente legate le une con le altre. Pur considerando la famiglia come soggetto principale del lavoro, non si potrà evitare di trattare anche alcuni singoli personaggi, le cui scelte economiche individuali furono risentite anche nella struttura patrimoniale. E’ stato il caso del prelato Pompeo Aldrovandi a cui si è dedicato un capitolo a parte visto il suo ruolo fondamentale nelle fortune famigliari. Del resto nella stessa struttura e formazione del patrimonio si risentono spesso gli echi delle scelte soggettive, non sempre guidate da logiche di guadagno, in un continuo dualismo tra bisogni di tipo economico e bisogni più propriamente sociali, legati al prestigio e al lusso. Al nucleo centrale del patrimonio si legano gli altri capitoli su aspetti che riguardano principalmente la gestione dei guadagni e delle spese. Il primo naturalmente tratta delle entrate e delle uscite generali, senza il quale non è poi possibile arrivare secondo un percorso logico alle forme di metodi di storia economica, Milano, Cisalpina – Goliardica, 1963, p. 180; Michael Postan, Storia e scienze sociali, Torino, Einaudi, 1976, pp. 95-104; Jacques Le Goff, La nuova storia in Id., La nuova storia, Milano, Mondadori, 1990, pp. 9-46 e Carlo M. Cipolla, Introduzione alla storia economica, Bologna, Il Mulino, 2003 (ed. originale. 1988), pp. 33-77.
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conduzione della terra, principale fonte di reddito, alla dinamica dei debiti e dei crediti, ed infine al livello dei consumi con uno sguardo a tutto ciò che viene genericamente definito come lusso. Si è cercato di presentare ogni capitolo come un lavoro a sé stante, pur connesso al lavoro generale, dando un primo quadro introduttivo nei paragrafi iniziali e poi elaborando delle piccole conclusioni, valide per quelle generali. Si è chiaramente svolta un’abbondante selezione del materiale documentario, a causa dell’elevata ricchezza dell’archivio privato, in quanto compito principale di questo progetto di ricerca non è la storia “generale” della famiglia, bensì la sua storia economica in un dato periodo. In questo senso si cercherà come detto di rilevare i principali aspetti economici del vivere della famiglia Aldrovandi secondo lo schema espresso in precedenza.
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