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Affordance pragmatiche Dize Hilviu

Nel documento Apprendimento, cognizione e tecnologia (pagine 108-113)

Università di Torino dize.hilviu@edu.unito.it Luca Nervo Università di Torino luca.nervo@edu.unito.it 1. Introduzione

La proposta che presentiamo si colloca nell’ambito della comunicazione, intesa come attività sociale in cui almeno due agenti cooperano per costruire un significato condiviso dell’interazione; in particolare, per parlare di comu- nicazione in senso proprio è necessario che essa sia dotata di intenzionalità comunicativa (Grice, 1989; Bara, 1999). Vale a dire che se un individuo A vuole comunicare qualcosa p all’interlocutore B, non è sufficiente che A ab- bia intenzione di condividere p con B, ma è necessario che abbia anche l’intenzione che la sua volontà di condividere p sia riconosciuta da B. Più precisamente, questo lavoro rientra nel dominio della pragmatica, che si oc- cupa del rapporto tra i segni e i loro interpreti (Morris, 1938). Essa studia, dunque, il linguaggio nella comunicazione e il suo significato a seconda del contesto in cui viene utilizzato (Grice, 1975), o gli effetti che ha sul mondo, come dichiarare “colpevole” un imputato (Austin, 1962, Searle, 1969). Se- guendo il modello della pragmatica cognitiva (Airenti, Bara, Colombetti, 1993a), la comprensione del significato inteso dal parlante corrisponde al ri-

conoscimento dell’intenzione comunicativa dell’attore nell’emettere un e- nunciato. Affinché la comprensione abbia successo, il partner della comuni- cazione deve compiere delle inferenze basandosi sulla conoscenza che crede di condividere con l’attore. Tali inferenze sono guidate dunque da una serie di elementi: conoscenza condivisa, significato letterale e gioco comportamen- tale, ovvero il piano d’azione condiviso tra gli interlocutori riguardante la lo- ro interazione (Airenti, Bara, Colombetti, 1993a). Oltre a essi intervengono anche prosodia, postura e gestualità nel determinare il significato inteso dal parlante (Bara, 1999).

In questo lavoro sosterremo che questi ultimi elementi della comunica- zione costituiscono degli inviti a realizzare azioni o inferenze volte al ricono- scimento del significato inteso dal parlante, così come le affordance (Gibson, 1979) rappresentano inviti ad effettuare azioni sul mondo. Per tale motivo proponiamo di integrare la nozione di affordance a questo aspetto della co- municazione, chiamando affordance pragmatiche questi elementi che accom- pagnano il proferimento di un enunciato.

2. Le affordance

Gibson (1979) usa il termine affordance per definire quegli inviti all'a- zione forniti dall’ambiente e percepiti dagli individui. In tale ottica, gli ele- menti che costituiscono l’ambiente, offrono possibilità di interazione diverse. ll suolo terrestre, ad esempio, essendo orizzontale e rigido, fornisce l'affor- dance dell'equilibrio e della postura che gli organismi mantengono, permet- tendo inoltre la locomozione. Un bicchiere, invece, possiede una forma tale da permettere di intuirne e dedurne le funzionalità e le possibilità d’uso.

Tra le affordance che costituiscono l'ambiente ci sono anche quelle offer- te dalle persone, che suggeriscono forme di interazione più complesse. In questo senso, sono i comportamenti degli esseri umani a rappresentare la pos- sibilità di offrire agli altri delle affordance comportamentali (Gibson, 1979). Inoltre, le affordance dipendono anche dal contesto storico e socio-culturale di riferimento: la percezione e l’interazione possono essere, quindi, mediate culturalmente.

In letteratura sono presenti alcuni tentativi di utilizzare la nozione di af- fordance entro il dominio della pragmatica, come individuare, nel lessico, delle affordance che contribuiscono a determinare il significato letterale di un enunciato (Attardo, 2005).

Il nostro contributo intende prendere in considerazione gli aspetti non linguistici della comunicazione quali la prosodia e la gestualità che, in deter- minate condizioni permettono o facilitano il riconoscimento di quanto il par- lante intende comunicare.

3. Le affordance pragmatiche

Riteniamo che applicare il concetto di affordance a questi aspetti della comunicazione abbia una certa efficacia per almeno due ragioni. In primo luogo, siamo convinti che il riferimento alla nozione di affordance sottolinei il ruolo della prosodia nell’invitare a cogliere un certo significato. Si imma- gini, per esempio, il caso dell’ironia, in cui il significato inteso dal parlante non corrisponde a quello letterale. Non sempre è sufficiente il riferimento alla conoscenza condivisa per riconoscere l’intenzione comunicativa ironica. In questi casi, se l’enunciato è accompagnato da un’intonazione particolare che invita a considerarlo come ironico, esso può essere compreso come tale (Bryant e Fox Tree, 2002). In secondo luogo, siamo convinti che il concetto di affordance possa rivelarsi utile a rendere conto delle caratteristiche del

pointing che accompagna l’uso di dimostrativi come “questo” o “quello”, in-

vitando a rivolgere lo sguardo e l’attenzione verso un certo elemento del con- testo (Legerstee e Barillas, 2003).

Questo caso ci sembra particolarmente significativo per la nostra propo- sta in quanto il pointing, che consiste nell’indicare qualcosa con un dito, mo- stra un ottimo esempio di ciò che intendiamo come affordance pragmatiche, che invitano a un’azione la quale permette di cogliere meglio il significato o il riferimento di un atto comunicativo. Quando si usano aggettivi dimostrativi come “questo” o “quello”, accompagnati dal pointing indirizzato verso ciò a cui ci si riferisce con essi, il referente viene immediatamente chiarito. Questo gesto incorpora un’affordance che invita a indirizzare lo sguardo dell’interlocutore verso l’oggetto cui ci si vuole riferire con il dimostrativo.

La rilevanza di questo tipo di gesto, quale esempio prototipico della no- zione di affordance pragmatiche che stiamo qui proponendo, e il ruolo delle affordance nella comunicazione umana sono sottolineate da alcuni elementi. In primo luogo, l’innatezza (almeno nella potenzialità di sviluppo) del poin-

ting; in secondo luogo, il fatto che esso sia, in senso ontogenetico, un precur-

sore della comunicazione umana; in terzo luogo, che la gestualità sia indicata come la base della comunicazione umana (Tomasello, 2008).

Infine, consideriamo un ulteriore elemento che può svolgere un ruolo si- mile al pointing nella comunicazione. Lo sguardo, a condizione di essere in grado di riconoscerne correttamente la direzione, può rappresentare un invito a indirizzare la propria attenzione verso ciò che sta guardando l’interlocutore (Legerstee e Barillas, 2003). Tuttavia, è bene ricordare che, affinché ciò ab- bia una valenza comunicativa, è necessaria l’intenzionalità che esso sia rico- nosciuto come comunicativo dall’interlocutore.

Il fatto che si possano riscontrare delle affordance pragmatiche in questi fenomeni che sono innati, sembra poter escludere che l’invito all’azione che essi incorporano sia culturalmente mediato. Chiaramente, è ragionevole pre- vedere che, così come le affordance (Gibson, 1979), esse possano andare in- contro a processi evolutivi legati alla cultura, per esempio tramite ritualizza- zione, e assumano un valore convenzionale nel corso dell’ontogenesi. 4. Conclusioni e sviluppi futuri

In questo lavoro abbiamo presentato la proposta, seppur limitata a un ambito ristretto, di introdurre il concetto di affordance pragmatiche. Con ciò intendiamo offrire uno spunto per tentare di guardare ad alcuni aspetti della comunicazione da un’angolatura differente, ponendo l’accento su come essi possano costituire dei suggerimenti naturali per una comprensione piena di un atto comunicativo. In particolare, riteniamo utile partire, innanzitutto, dal- le affordance pragmatiche della dimensione gestuale della comunicazione, che ne costituisce gli aspetti più primitivi (Tomasello, 2008).

Il nostro obiettivo, dunque, consiste nel presentare un esempio di come si possa mettere alla prova la nozione di affordance in questo ambito, per poi estenderlo ad aspetti della comunicazione più complessi rispetto a quelli qui trattati.

Bibliografia

Airenti, G., Bara, B.G., Colombetti, M. (1993a) Conversation and behavior games in the pragmatics of dialogue. Cognitive science, 17, 197-256.

Attardo, S. (2005) The role of affordance at the semantics/pragmatics boundary. In Proceedings of the CogSci 2005: 27th Annual Conference of the Cogntive Science Society, 169-174.

Austin, J.L. (1962) How to do things with words. Clarendon Press, Oxford

Bara, B.G. (1999) Pragmatica cognitiva: i processi mentali della comunicazione. Bollati Boringhieri, Torino.

Bryant, G.A., Fox Tree, J.E. (2002) Recognizing verbal irony in spontaneous speech. Metaphor and symbol, 17, 99-119.

Grice, H.P. (1975) Logic and Conversation, in P. Cole and J. Morgan (eds.) Syntax and Semantics Volume 3: Speech Acts.

Gibson, J. (1977) The theory of affordance. In R.E. Shaw & J. Bransford (eds.), Per- ceiving, acting, knowing, 67-82. Erlbaum.

Legerstee, M., Barillas, Y. (2003) Sharing Attention and Pointing to Objects at 12 Months: Is the Intentional Stance Implied? Cognitive Development, 18, 91-110. Morris, C.W. (1938) Foundations of the Theory of Signs , vol. 1, No. 2. University of

Chicago Press.

Searle, J.R. (1969) Speech acts: An essay in the philosophy of language. Cambridge university press.

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Nel documento Apprendimento, cognizione e tecnologia (pagine 108-113)

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