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I sostrati neurali della denominazione visiva e della denominazione da definizione

Nel documento Apprendimento, cognizione e tecnologia (pagine 175-180)

Fabrizio Calzavarini

Dip. di Filosofia e scienze dell’educazione, Università di Torino f.calzavarini@libero.it

1. Introduzione

In questo articolo, sosterremo che una teoria originariamente proposta nell’ambito della semantica filosofica, ovvero la distinzione tra competenza semantica inferenziale e referenziale introdotta da Diego Marconi (1999), po- trebbe gettare luce su alcuni dati empirici che sono stati recentemente raccolti nell’ambito della neuropsicologica cognitiva del linguaggio. Più specificata- mente, sosterremo che la teoria in questione potrebbe aiutare ad interpretare le evidenze a favore di una dissociazione funzionale e anatomica tra due dif- ferenti abilità linguistiche che richiedono la conoscenza del significato di una parola, ovvero la denominazione visiva e la denominazione da definizione. 2. Denominazione visiva e denomiazione da definizione

Com’è noto, la denominazione visiva e la denominazione da definizione sono due tra i test linguistici più utilizzati in neurolinguistica. Nei compiti di denominazione visiva viene richiesto ai soggetti di recuperare dalla memoria il nome di un oggetto che viene loro direttamente mostrato, o di cui viene mostrato un disegno stilizzato, un’immagine o una fotografia (Kaplan, Goo- dglass e Weintraub 1983). Nei compiti di denominazione da definizione, in-

vece, ai soggetti è richiesto di recuperare una parola target a partire da una descrizione verbale fornita dall’esaminatore (Hamberger et al. 2003).

Alcuni recenti studi di stimolazione corticale diretta su soggetti affetti da epilessia non trattabile farmacologicamente, condotti dalla neuropsicologa Marla Hamberger e dai suoi colleghi all’Università di New York (2001), hanno evidenziato una dissociazione anatomica tra le prestazioni che sorreg- gono i due tipi di compiti, con il recupero da definizione che coinvolge una porzione più estesa del lobo temporale sinistro rispetto al recupero di un no- me da immagine. A partire da queste evidenze, Hamberger e colleghi hanno suggerito l’uso congiunto di denominazione visiva e demominazione da defi- nizione nella valutazione clinica delle abilità linguisiche dei soggetti epiletti- ci, sulla base del fatto che i due test potrebbero coinvolgere due sotto- componenti distinte del processo di elaborazione semantica lessicale.

L’ipotesi suggerita da Hamberger e colleghi sembra supportata da una serie di recente studi fMRI su soggetti normodotati (Farias et al. 2005, Erton

et al. 2013), che hanno evidenziato come i due tipi di compiti attivino

network corticali almeno parzialmente distinti. L’ipotesi è sorretta anche dall’esistenza di una dissociazione funzionale doppia tra denominazione visi- va e denominazione da definizione. Da una parte, il danneggialmento seletti- vo della denominazione da visiva è comune nei soggetti con diagnosi di afa- sia ottica, un deficit di anomia limitato alla sola modalità visiva (si veda Fa- rah 2004). Benché decisamente più rari, anche alcuni casi di «dissociazione inversa» - ovvero casi di danneggiamento selettivo della denominazione da definizione - sono stati effettivamente riportati in letteratura (ad esempio, Heilman et al. 1976; Shuren et al. 1993).

3. Competenza inferenziale e competenza referenziale

La differente localizzazione anatomica e la dissociabilità di denomina- zione visiva e di denominazione da definizione suggeriscono in modo natura- le un certo grado di autonomia funzionale. Tuttavia, non è molto plausibile dal punto di vista psicologico ipotizzare l’esistenza di meccanismi cognitivi specializzati esclusivamente per la denominazione visiva e la denominazione da definizione, considerato il basso impatto che le due abilità specifiche han- no nella vita cognitiva complessiva di un agente umano. Decisamente più plausibile, invece, è l’esistenza di due sottocomponenti della competenza se- mantica lessicale a finalità più generale, che si occupano, tra le altre cose, di recuperare un nome a partire da una descrizione verbale o a partire da un’immagine.

Esiste «sul mercato» una ipotesi teorica a partire dalla quale si possono ricomprendere i fenomeni che abbiamo descritto, ovvero la distinzione tra

competenza inferenziale e competenza referenziale proposta da Diego Mar- coni (1999). Per «competenza inferenziale» si può intendere la capacità di gestire il complesso insieme di connessioni tra i vari elementi del lessico, che esprimono relazioni di tipo non logico che sussistono tra le parole di una lin- gua. Esempi di questo genere sono ad esempio che i gatti sono mammiferi, che gli scapoli non sono sposati, che i mammiferi di solito non vivono in ma- re, che se qualcuno si sposta allora non sta fermo, e così via. L'altra compo- nente del significato lessicale, la «competenza referenziale», consiste invece nella capacità di mettere in relazione gli item lessicali con oggetti, eventi e situazioni del mondo; ad esempio, saper dire se un certo animale è un cane, o saperlo distinguere da un gatto, saper individuare e riconoscere qualcuno che sta correndo, e così via.

Che relazione sussiste tra la distinzione proposta da Marconi e la distin- zione di cui ci siamo occupati in questa presentazione? La denominazione da definizione e la denominazione visiva possono essere considerate casi para- digmatici, rispettivamente, di abilità di tipo inferenziale e abilità di tipo refe- renziale, dal momento che la prima mobilita la base di conoscenza sulle rela- zioni si senso tra parole, mentre la seconda riguarda una relazione mente- mondo mediata dai sistemi percettivi. Dunque, è chiaro che la dissociazione tra i due processi può essere ricompresa come un caso particolare della disso- ciazione tra le due più generali componenti della competenza semantica les- sicale che sono previste dal-la teoria di Marconi.

Allo stesso tempo, tuttavia, è anche chiaro che la dicotomia inferenzia- le/referenziale ha una portata più generale rispetto a quella visiva/definizione, e coinvolge abilità di tipo differente. La competenza inferenziale, infatti, de- ve essere considerata come un meccanismo cognitivo che sorregge prestazio- ni di tipo molto variegato, dal momento che la sua funzione consiste nel «ge- stire una rete di connessioni tra parole, che sta alla base di prestazioni come l’inferenza semantica-lessicale, la parafrasi, la defi-nizione, il ricupero di una parola a partire dalla sua definizione, il recupero di un sinoni-mo, e così via» (Marconi 1999, pp.72). Anche la competenza referenziale non potrà essere considerata come limitata alla denominazione visiva; perlomeno anche la ca- pacità di individuare un oggetto cui una data parola si applica dovrà essere considerata rilevante, oltre ovviamente alla capacità di denominare oggetti tramite modalità percettive diffe-renti da quelle visive.

Un recente studio fMRI, tuttavia, condotto dallo stesso Marconi e dai suoi colleghi, sembra confermare la dissociazione tra competenza inferenzia- le e referenziale anche quando ulteriori condizioni sperimentali sono conside- rate (Marconi et al. 2013). Marconi e colleghi hanno analizzato l’attivazione neurocerebrale di 24 soggetti durante lo svolgimento di quattro compiti di elaborazione linguistica, due di tipo inferenziale (denominazione da defini-

zione, applicazione di parola-a-parola) e due di tipo referenziale (denomina- zione visiva, applicazione di parola-a-immagine). I risultati di questo studio portano evidenza a favore di una parziale dissociazione emi-sferica tra i due processi, con i processi inferenziali, denominazione da definizioni inclusa, che attivano maggiormente le regioni temporali sinistre, e i compiti referen- ziali, denominazione visiva inclusa, che richiedono il coinvolgimento seletti- vo di alcune regioni dell’emisfero destro.

4. Conclusioni

Nel complesso, le evidenze discusse in questo articolo, sebbene non pos- sano essere considerate conclusive sul piano empirico, senza dubbio giustifi- cano ulteriori ricerche sperimentali che abbiano come oggetto la distinzione tra denominazione visiva e denminazione da definizione, e più in generale quella tra competenza inferenziale e referenziale. Nel caso la distinzione pro- posta da Marconi risultasse inverata dai dati empirici, ciò avrebbe conse- guenze non solo sul piano teorico generale, migliorando la nostra com- prensione delle basi neurali del linguaggio, ma anche su quello metodologico e clinico. Sul piano metodologico, essa potrebbe costringere ad alcune modi- ficazioni della prassi sperimentale ordinaria della neurosemantica, imponen- do perlomeno una distinzione qualitativa tra due classi di paradigmi di espe- rimento, quelli che richiedono l’attivazione di elaborazione semantica infe- renziale, e quelli che richiedono attivazione di elaborazione semantica refe- renziale. Sul piano strettamente clinico, la distinzione tra competenza infe- renziale e referenziale potrebbe avere importanti implicazioni per la valuta- zione delle abilità linguistiche di pazienti con deficit. Se è vero che denomi- nazione visiva e denominazione da definizione sono sorrette da sistemi se- mantici almeno parzialmente distinti, l’esortazione di Hamberger e colleghi all’uso congiunto dei due test per la valutazione clinica delle abilità di pa- zienti con deficit risulterebbe pienamente giustificata.

Bibliografia

Emerton, B., Gansler, D., Sandberg, E.H., Jerram, M. (2013) Functional anatomic dis- sociation of description and picture naming in the left temporal lobe. Brain Imaging and Behavior

Hamberger, M.J., Goodman, R.R., Perrine, K., Tamny, T. (2001) Anatomic Dissocia- tion of Auditory and Visual Naming in the Lateral Temporal Cortex. Neurol- ogy 56 (1): 56–61.

Hamberger, M.J., Seidel, W.T. (2003) Auditory and visual naming tests: Normative and patient data for accuracy, response time, and tip-of-the-tongue. J Int Neu- ropsychol Soc, 9(3), 479–489.

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Farias, S.T., Harrington, G., Broomand, C., Seyal, M. (2005) Differences in Func- tional MR Imaging Activation Patterns Associated with Confrontation Nam- ing and Responsive Naming. AJNR. American Journal of Neuroradiology 26 (10): 2492–99.

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