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I sogni e le narrazioni Il contributo delle scienze cognitive

Nel documento Apprendimento, cognizione e tecnologia (pagine 191-194)

Emanuele Fazio

Dip. di Scienze Cognitive, Psicologiche, Pedagogiche e degli Studi Culturali Università degli Studi di Messina

emanuelefaziome@gmail.com

Ad oggi, dopo millenni, i sogni continuano ancora ad affascinare l’uomo. Il forte interesse suscitato investe diversi campi della sfera umana. Ogni anno sono sempre numerose le conferenze organizzate in tutto il mondo al fine di avere una maggiore comprensione dell’intrigante fenomeno del sognare. An- che in quest’ambito, un percorso interdisciplinare e la strada per una nuova epistemologia offrono inedite prospettive. Si hanno nuovi risultati dalla psi- cologia, dalla filosofia della mente, dall’antropologia, dall’arte, fino ad arri- vare alle neuroscienze con i suoi sempre più potenti strumenti.

Ormai dagli esperimenti effettuati da Michel Jouvet sui gatti, si è scoper- to che il sognare non è una peculiarità appartenente solo all’essere umano, bensì a molte altre specie animali. Una differenza sostanziale però rimane, poiché l’homo sapiens è una specie nella quale, a quanto pare, permane un «istinto» che apparterrebbe solo a lui, ossia quello del narrare. La relazione tra i sogni e le narrazioni è variegata: l’uso dei sogni nella letteratura, i report narrativi e i sogni stessi come narrazione (Walsh 2013). Jonathan Gottschall, in particolare, osserva come vi sia un grosso «filo rosso» che unisce i sogni, la finzione narrativa e le fantasie del gioco di immedesimazione dei bambini: tutti e tre permettono «di fare pratica per affrontare i grandi dilemmi dell’esistenza umana» (Gottschall 2014). È importante evidenziare, come ri-

corda lo stesso autore, che nel caso del sognare, spesso, ciò che accade non rimane impresso a livello cosciente, se non comunque in maniera confusa (salvo che non ci sia una puntuale registrazione scritta tramite un diario o comunque un esperimento monitorato dove il soggetto viene svegliato chie- dendogli immediatamente di raccontare quello che ha appena finito di sogna- re). Il sistema di memorizzazione umana però distingue i ricordi in una me- moria esplicita e in una implicita. Dunque pur dimenticando ciò che si è so- gnato, non è detto che non permanga dentro di noi per, poi, probabilmente, influenzare le azioni quotidiane. Vi è, dunque, una trasformazione a livello neurale. Le vittime di amnesia ne sono una prova lampante, potendo «miglio- rare esercitandosi in determinati compiti senza conservare alcun ricordo co- sciente dell’esercizio fatto» (ibidem).

Alcuni modelli cognitivi sul sogno, a differenza delle osservazioni freu- diane e degli studi neurobiologici (vedi Hobson 1992), presentano nuove ri- flessioni sulla narrativizzazione dei sogni. Non discernendo la loro modalità esperienziale da quella narrativa, (presumibilmente creata a posteriori), il nar- rativizzare viene considerato «come integrativo alla formazioni dei sogni» (Walsh 2013). La capacità di storytelling aumenta nel corso dell’infanzia e ciò si correla con lo sviluppo dei sogni nei bambini (Foulkes 1999, in ibi-

dem). «Le considerazioni cognitiviste mettono in primo piano la creatività dei

sogni – il loro status, ossia, non solo come narrazioni, ma come finzioni. Questi approcci concepiscono le forze motrici del sognare come fossero in continuità con quelle del pensiero della veglia» (ibidem).

In questa prospettiva si apre un recente e vigoroso ambito di ricerca che interessa studiosi di vario genere, che crea, così, un binario diretto per andare ad indagare, probabilmente, un aspetto preminente del sognare: il sogno luci- do. Esempi passati, come Mary Arnold- Forster, hanno prodotto esperimenti di osservazione introspettiva e di autosuggestione sui sogni. In particolare nei sogni lucidi, dove è possibile accorgersi di stare sognando. Arnold Foster, «ignara dei precedenti lavori di Alfred Maury ed Hervey de Saint-Denis […], ha replicato i loro esperimenti […]. Mediante un attento e diligente studio su di sé, è riuscita non solo ad aumentare la memoria dei sogni, ma a sviluppare una consapevolezza soggettiva dello stato onirico nel bel mezzo del sogno. Partendo da questo addestramento della coscienza onirica, […] la scrittrice inglese, appassionata del mondo onirico […] è riuscita a realizzare il control- lo attivo dei sogni – oltre a soddisfare in sogno la sua passione per il volo (Hobson 1992). Il sognare ha sicuramente attirato l’attenzione di innumere- voli artisti e non casualmente. Come osserva Hobson, «essendo universale, il sogno testimonia dell’universalità dell’esperienza artistica» (Hobson 1992). È qui legittimo, però, sottolineare la differenza con il sogno lucido, giacché quest’ultimo, permette più prepotentemente di agire sulla sfera creativa. Par-

tendo dall’assunto che offrono le scienze cognitive, è possibile, in primis, chiarire «il rapporto tra narrazione ed esperienza nel sognare, distinguendo tra le parti volitive e non volitive dell’attività mentale onirica in termini di coscienza ricettiva e di modelli associativi» (Walsh 2013). Dunque vi è una rilevanza per la narratologia, che, normalmente, a cospetto del mondo oniri- co, vedrebbe al suo interno un modello fondato prettamente su una visione narrativa come la trasmissione di una concezione preliminare, che non guar- derebbe l’aspetto ricorsivo del sognare. Ciò, invece, concilierebbe con la sca- turigine creativa che appartiene, ad esempio, a certi scrittori, che riescono, delle volte, a dare input al loro universo creativo attraverso «una perdita del controllo creativo originario» (ibidem) (spesso inconsapevolmente). Basti pensare anche ai simulatori, che propongono un ambiente virtuale dove il conflitto tra le visioni esperienziali e narrative appare simile all’interazione che avviene nel mondo onirico. […] L’utente può comprendere la simulazio- ne come rappresentazionale, in modo che l’interazione con essa sia un’attività semiotica. […] Questo aspetto […] comporta creatività narrativa e, propriamente parlando, narrativa interattiva» (ibidem). Da qui è pensabile orientarsi nell’ambito di ricerca dei sogni lucidi dove già è stato visto come sia possibile per il soggetto costatare la consapevolezza di sognare durante il sonno, ma anche evocare una nozione integrata della lucidità onirica (LaBer- ge & DeGracia 2000). Grazie all’approccio cognitivista si potrebbe dunque rilevare l’aspetto creativo della rappresentazione onirica, gettando maggiore luce sulla natura della finzionalità narrativa (Walsh 2013).

Bibliografia

Gottschall J. (2012) The storytelling Animal. How Stories Make Us Human, (vers. ital.) (2014) L’istinto di narrare, Bollati Boringhieri, Torino.

Hobson J. A. (1988) The dreaming brain, Basic Books, Inc., New York, (versione italiana) (1992), La macchina dei sogni. Come si creano nel cervello il senso e il non senso del sognare, Giunti Gruppo Editoriale, Firenze.

LaBerge S., D. J. DeGracia (2000) Varieties of lucid dreaming, R. G., Kunzendorf, B. Wallace (eds.), Individual experiences in conscious experience, Amsterdam: Benjamins.

Walsh R. (2013) Dreaming and narration, in The Living Handbook of Narratology, Interdisciplinary Center of Narratology, University of Hamburg.

Nel documento Apprendimento, cognizione e tecnologia (pagine 191-194)

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