Nicole Dalia Cilia
Dip. di Filosofia, Sapienza - Università di Roma [email protected]
Domenico Guastella
Dip. di Scienze Cognitive, Università degli studi di Messina [email protected]
1. Introduzione: l’Eyetratker come risorsa per la riabilitazione
Le questioni poste in luce dai teorici dall’embodied cognition (Shapiro 2011; Clark 1997) sul funzionamento della mente forniscono possibilità me- todologiche integrative e non contrastanti con quelle proposte dalla scienza cognitiva classica (Cilia e Guastella 2015). Tali possibilità riguardano, tra le altre cose, l’inclusione delle dinamiche corporee nello studio dei processi co- gnitivi al fine di ottenere una stima continua del processamento dell’informazione, che è data da flussi continui di output rivelanti le dinami- che in corso di elaborazione (Spivey et al. 2006). All'interno di tale ampio framework, questo lavoro si concentra sulle ricadute applicative che tali as- sunzioni teoriche potrebbero avere sulle tecnologie di assessment, supporto e abilitazione per gli insegnanti nelle scuole (Anderson 2003; Adams 2010). In particolare, questo lavoro vuole mettere in luce quale possa essere il contribu- to di queste metodologie di indagine nel campo educativo.
Abbiamo individuato nell’utilizzo dell’Eyetracker, uno dei maggiori strumenti tecnologici attualmente utilizzati nell’ambito dello studio della congizione, un possibile impiego che vada in questa direzione. Per monitora- re il contributo che il corpo fornisce nell’indagine dei processi cognitivi
coinvolti sia in compiti che coinvolgono funzioni cognitive di basso livello che di livello più alto, l’impiego di tale strumentazione è ampiamente speri- mentato in letteratura (ad es. Guastella e Cilia 2014). Questo strumento fina- lizzato al monitoraggio dei flussi saccadici, coinvolti in varie abilità cogniti- ve, risulta di facile utilizzo e progettazione.
2. L’Eyetracker nello studio e nel trattamento dei disturbi specifici dell’apprendimento
In generale, il termine “difficoltà di apprendimento” si riferisce a qualsi- asi impedimento o disagio incontrati da uno studente durante la sua carriera scolastica. Il “disturbo specifico dell'apprendimento” individua invece quali siano le precise problematiche all'interno del processo di apprendimento. Tale concettualizzazione è espressione di una consolidata attività di ricerca, grazie alla quale sono stati sviluppati metodi di diagnosi e trattamenti riabilitativi ampiamente condivisi dalla comunità scientifica. Il DSM (Diagnostic and Statistical Manual of Mental Disorders) definisce i disturbi specifici dell'ap- prendimento (DAS) come “disturbi nei quali le modalità normali d’acquisizione delle capacità in questione sono alterate già nelle fasi iniziali dello sviluppo. Essi non sono semplicemente una conseguenza di una man- canza di opportunità per potere apprendere e non sono neppure dovuti a una malattia acquisita. Piuttosto si ritiene che DAS derivino da anomalie nell’elaborazione cognitiva legate in larga misura a qualche tipo di disfunzio- ne biologica” (Maffioletti e Panzieri 2000).
Riconoscere tali disturbi e avere accesso a strumenti a basso costo e di facile utilizzo mirati al monitoraggio, la diagnosi e l’abilitazione dei disturbi specifici dell’apprendimento potrebbe agevolare il trattamento del disagio dei bambini e fornire un valido aiuto nella loro abilitazione, con grossi vantaggi sul loro rendimento scolastico e relazionale.
L’Eyetracker (d’ora in avanti ET), è uno strumento specifico per il moni- toraggio dei movimenti saccadici. In questi termini il tema da affrontare di- venta in che modo il sistema visivo è implicato nei disturbi specifici dell'ap- prendimento e in che modo l’EyeTracker potrebbe essere un valido aiuto nel- la diagnosi o nell’abilitazione dei disturbi dell’apprendimento.
Come è riconosciuto in letteratura, al sistema visivo viene attribuita una portata più ampia della semplice percezione degli oggetti dell’ambiente e- sterno, nel quale rientrano aspetti percettivi e cognitivi complessi e interrelati fra loro (Maffioletti e Panzieri 2000). Ad ogni modo, per il presente lavoro sono di particolare interesse i processi attentivi, indagabili con l’ET.
Quando si studiano i meccanismi attentivi si fa riferimento, in genere, a- gli stimoli che provengono dall'ambiente esterno, perché questi sono più fa-
cilmente manipolabili dagli sperimentatori. In realtà la maggior parte degli stimoli a cui prestiamo attenzione e che influenzano il nostro comportamento sono endogeni (pensieri, emozioni, rappresentazioni mnestiche, ecc.) (Dell’Acqua e Turatto 2006) ma siccome questi non sono analizzabili diret- tamente, per comprendere il funzionamento dei processi attentivi, dobbiamo studiare come questi interagiscono con i sistemi sensoriali.
L'attenzione è studiata soprattutto in relazione alla percezione visiva in quanto gli input percettivi sottostanno ai meccanismi attentivi, in termini di percezione consapevole. Un approfondimento sull'organizzazione anatomica del sistema visivo umano in relazione ai movimenti oculari (per il quale si rimanda a Cilia e Guastella 2015) potrebbe essere utile per spiegare come la compromissione di tale organizzazione può rivelare delle caratteristiche del disturbo e perché potrebbe essere utile l’impiego dell’EyeTracker nei disturbi dell’apprednimento.
3. Uso dell’ET per il trattamento della dislessia
La diagnosi precoce e il trattamento tempestivo dei bambini con difficol- tà di apprendimento sono molto importanti per l'efficacia degli interventi del personale scolastico e dei terapisti della riabilitazione. La proposta di utilizzo dell’ET è mirata a facilitare la valutazione e il supporto del trattamento.
Un precedente studio (Cilia, Guastella e Lombardi Vallauri 2015) ha messo in evidenza come i movimenti oculari siano legati alla risoluzione di analogie linguistiche e quindi plausibilmente anche all'apprendimento delle lingue. In tale studio, la riorganizazione di uno stimolo era un compito moto- rio, influenzato dai movimenti oculari. L'analogia tra le immagini o frasi era invece un compito motorio, non influenzato dai movimenti oculari. Tuttavia i compiti di riorganizzazione tra trial linguistici erano influenzati dai movi- menti oculari e si comportavano come compiti motori. L’ipotesi sottostante è che i compiti linguistici sono intrinsecamente legati al sistema motorio, com- patibilmente alla teoria secondo la quale il linguaggio si è sviluppato come esatta-mento del sistema motorio-mirror (Rizzolatti e Arbib 1998), e non co- me un modulo specificatamente ed esclusivamente linguistico (Fodor et al. 1974).
Inoltre non è ancora stata elaborata una spiegazione eziologica esaustiva per la dislessia. L'ipotesi del deficit visivo è supportata dagli autori che ri- conducono la difficoltà di lettura ad un deficit dei processi di sviluppo nell’analisi e nella sintesi visiva, come, per esempio, la capacità di scomporre una configurazione visiva nelle sue parti e di stabilire relazioni tra una parte e il tutto (Eden et al. 1996a). La teoria identifica un deficit di elaborazione
temporale che si riferisce alla compromissione della selezione spaziale selet- tiva in persone con dislessia (Eden et al. 1996b).
A nostro avviso, quanto detto, supporta l’idea che l’utilizzo dell'ET risul- ti appropriato per la valutazione e l’abilitazione delle funzioni relative all’attenzione dei bambini affetti da dislessia. L'uso di questo strumento po- trebbe contribuire al lavoro degli operatori che lavorano in stretto contatto con tale patologia, per una più accurata valutazione della stessa, e potrebbe anche essere un efficiente strumento per il monitoraggio e per il feedback dei progressi e dei risultati dei training.
I dati ottenuti con l’ET potrebbero infatti essere utilizzati per attivare percorsi di riabilitazione oculomotoria (Magnan et al. 2004). Alcuni training proposti in letteratura si prestano all'applicazione della tecno-logia di eye tra- cking. Ad esempio, Judica et al. (2002) hanno evidenziato l'efficacia di un
training che agisce sul potenziamento della velocità di lettura attraverso faci-
litazione oculare riducendo la durata delle fissazioni durante la lettura. In questo caso si potrebbe, attraverso l’ET, valutare l’andamento del trattamen- to, verificando "on line" gli effettivi tempi di fissazione dei trainee durante i compiti di lettura. Attraverso l’accesso diretto ai tempi e ai modi in cui il bambino si approccia alla lettura delle singole parole, cioè grazie a delle spe- cifiche funzioni di valutazione (aree di interesse, durata delle fissazioni, ecc..) si avrebbero delle stime precise dei miglioramenti del trattamento proposto. Per quanto riguarda l'assessement, l’impiego dell’ET sarebbe, per esempio, utile nel valutare il tipo di dislessia di cui i soggetti sono affetti. Infatti solo la dislessia superficiale sarebbe rilevabile dai movimenti oculari; la dislessia fonologica invece, riguardante l’associazione tra un grafema e il suo rispetti- vo fonema, rimarrebbe indeterminata. La via fonologica è necessaria per la lettura di stringhe di lettere che non hanno una rappresentazione nel sistema semantico e quindi non possono essere lette mediante la via visiva. La speci- fica diagnosi è determinata da una ridotta capacità del lettore di utilizzare la via segmentale (fonologica) e del conseguente uso preferenziale della via les- sicale (visiva). Ciò significa che, a diagnosi di dislessia avvenuta, l’individuazione degli specifici movimenti oculari correlati permetterebbe di escludere la dislessia fonologica (per approfondimenti si veda Coltheart et al. 2001). Tuttavia, questo tipo di valutazione sarebbe sottoponibile a critiche e andrebbe, per questo, affinata: l’ET, ad esempio, potrebbe risultare ingom- brante e poco pratico nel suo utilizzo.
4. Conclusioni e prospettive future
L’obiettivo principale di questo lavoro è stato riflettere sulla possibilità di sviluppare metodi di indagine e terapeutici per la dislessia, compatibili con
il framework dell’embodied cognition e con l’utilizzo dell’ET. In questa pro- spettiva è possibile sia far luce sull’eziologia del disturbo, sia realizzare un valido supporto ai metodi di intervento già esistenti.
La dislessia, non è tuttavia l’unico disturbo dell’apprendimento in cui si ritiene utile l’utilizzo delle metodologie proposte. In particolare, nell’ADHD e nelle paralisi celebrali l’impiego dell’Eyetracker potrebbe mostrare ulteriori vantaggi. Per quanto riguarda il primo, diversi studi hanno dimostrato l’efficacia dell’Eyetracking per la misurazione del funzionamento attentivo (Booth et al. 2005) e, in accordo con le ipotesi di Quartier et al. (2010), l’ET potrebbe essere utile sia per la valutazione che per il trattamento. L’uso di tale strumento nei soggetti affetti da paralisi celebrali invece, attraverso spe- cifici training, aumenterebbe le interazioni tra il bambino e alcuni stumenti, accrescendo nei soggetti le possibilità relazionali e interattive.
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