4.3 L’impresa sociale: istituzioni per i beni comun
4.3.1 Alcune esperienze di impresa sociale, il caso Napoli dalla Arin s.p.a all’azienda speciale ABC
Da questa descrizione del sistema di imprese sociali e dopo i risultati pervenuti con il referendum, diventa un elemento concreto la possibilità di assistere a un‟ estensione dell‟utilizzo dello strumento dell‟impresa sociale nella gestione dei servizi pubblici locali. Così facendo si rifiuterebbero le rigide regole imposte dal mercato e si eviterebbero le distorsioni dovute all‟ingerenza della politica–partitica.
Fino ad oggi questa soluzione era molto trascurata nel contesto italiano, ma, in chi sta promuovendo alcune esperienze di questo genere, c‟è l‟auspicio di rimettere al centro le esigenze del cittadino e di ottenere rilevanti benefici sotto il profilo dell‟efficacia del servizio e della governance dello stesso, e sull‟efficienza dei costi (v. Felicioni, 2010-‟11, pag. 140).
A fronte di queste prospettive è importante analizzare qualche esperienza in tal senso e porsi sempre nell‟ottica di un atteggiamento comparativo con altri modelli possibili. Le aziende del terzo settore, oltre a una maggior efficienza nella gestione economica rispetto al gestore pubblico e un miglior approccio al benessere collettivo di quanto possa avere un privato, ripongono la loro forza nella capacità di autofinanziare gli investimenti, grazie alla possibilità di non dover distribuire utili, e di raccogliere fondi di finanziamento a dei tassi agevolati simili a quelli applicati ad un ente pubblico.
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Esempi di queste potenzialità si ritrovano in diverse esperienze in vari luoghi del globo, ad esempio la Glas Cymru, azienda no profit operante in Gran Bretagna, ha acquistato nel 2012 la Welsh Water, società attiva nel servizio idrico, riuscendo a raggiungere rapidamente la leaderschip del settore. Tale operazione era stata promossa da un gruppo di facoltosi cittadini gallesi che erano riusciti ad aggiudicarsi la gara internazionale. L‟obiettivo di questi soggetti era quello di mantenere il costo dell‟acqua il più basso possibile, reinvestire gli utili nella gestione ma soprattutto mantenere la proprietà dell‟impresa nelle mani dei gallesi. Gli obiettivi sono stati sostanzialmente raggiunti, in quanto l‟affidamento del servizio idrico ad un Ente no profit ha consentito di impiegare gli utili realizzati dall‟attività in sconti tariffari per gli utenti, ottenendo prestazioni lusinghiere anche in termini di qualità del servizio. La Glas Cymru, inoltre, basa la propria struttura finanziaria sul capitale di debito e, in modo particolare, sulle obbligazioni a medio-lunga scadenza, impiegando poi il risultato di gestione per coprire i costi operativi e gli interessi sulle obbligazioni e per costituire, infine, una riserva di capitale proprio. Mediante il ricorso al mercato finanziario, l‟impresa in questione riesce ad effettuare investimenti per il miglioramento ed il potenziamento della rete del settore idrico oggetto di analisi. Tale impresa, però, non si occupa dell‟erogazione del servizio, in quanto questa viene curata da fornitori privati eccellenti, individuati mediante una gara molto competitiva (v. Felicioni, 2010-‟11, pag. 141-143). .
Un altro esempio di no profit nell‟ambito dei servizi pubblici locali tipico del contesto statunitense è quello che attiene alle Enterprise Funds, ossia imprese monoservizio di proprietà comunale che, oltre a gestire la rete si occupano anche di erogare il servizio all‟utenza. Anche in questo caso le imprese no profit presentano un reddito vincolato al servizio e l‟autorità comunale non ha alcun potere, se non per quanto riguarda
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l‟approvazione della proposta tariffaria a copertura dei costi operativi e del capitale di debito. In più i cittadini ricoprono un ruolo estremamente attivo, in quanto utenti all‟interno di tali imprese. Nella maggior parte dei casi, infatti, gli utenti sono direttamente coinvolti nell‟impresa attraverso l‟utilizzo di un referendum popolare per approvare, a maggioranza qualificata, cambiamenti nella struttura proprietaria e qualsiasi altra operazioni straordinaria che viene messa in essere dall‟attività (v. Felicioni, 2010-‟11, pag. 143-144).
Passando ad alcuni casi nel territorio italiano è interessante osservare che nel Comune di Melpignano in Provincia di Lecce esiste una cooperativa di comunità per la produzione di energia da fonti rinnovabili, in cui i soci sono sia il Comune che i cittadini. Questi ultimi contribuiscono al progetto mettendo a disposizione le proprie abitazioni per l‟istallazione di pannelli solari ed ottengono in cambio l‟energia prodotta, a costo zero. In tale realtà, inoltre, gli utili prodotti dalla vendita del surplus di energia vengono reinvestiti nel potenziamento e nel miglioramento delle infrastrutture, così da realizzare un servizio più efficiente a favore della comunità locale (v. Felicioni, 2010-‟11, pag. 145).
La Comunità Montana di Mezzana Montaldo del Biellese, dove esiste un Consorzio Acqua Potabile, gestisce l‟acquedotto in maniera no profit. Tale consorzio, nato nel 1907 su iniziativa di un gruppo di cittadini per portare l‟acqua in una zona non servita dagli impianti comunali, rappresenta oggi un‟eccellenza a livello internazionale. La presenza di fondi privati e la gestione del consorzio ad opera degli stessi cittadini – utenti, infatti, consente non solo di procedere ad un costante ammodernamento dell‟impianto,ma anche di ottenere costi contenuti per poter usufruire del servizio (v. Felicioni, 2010-‟11, pag. 146).
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Caso unico e recente nel panorama delle aziende pubbliche italiane è il caso dell'azienda idrica napoletana, infatti alla luce degli esiti referendari nel comune di Napoli si è deciso di trasformare l‟azienda idrica locale
ARIN da società per azioni in Ente pubblico (denominato ABC) con le
caratteristiche di azienda improntata a criteri di ecologia, economicità, efficienza, trasparenza e partecipazione, in conformità con i principi e la normativa comunitaria.
Un aspetto interessante di questa azienda è la sua natura, infatti all'art 2 del suo statuto si stabilisce che l'azienda speciale è un ente pubblico dotato di personalità giuridica pubblica, capacità imprenditoriale, proprio statuto, soggettività fiscale e autonomia patrimoniale. Non ha finalità di lucro e persegue il pareggio di bilancio, in questo modo si segna il superamento definitivo della forma di s.p.a. e di conseguenza dello
shareholders value. L'operazione non presenta costi aggiuntivi ma muta
radicalmente la filosofia di gestione passando da una logica utilitaristica a un‟altra che ha la finalità del pareggio di bilancio, con la previsione di destinare gli utili in investimenti, di modulare le tariffe su criteri di reddito e livelli di consumo, con la garanzia di un quantitativo minimo giornaliero alle famiglie meno abbienti (v. statuto ABC).
La volontà di tutelare gli interessi degli stakeholders appare evidente anche nella composizione degli organismi societari, in particolare il consiglio di amministrazione nominato dal Sindaco si compone ed è composto da cinque membri così suddivisi: tre componenti sono individuati tra i soggetti che risultano in possesso dei requisiti di legge e di comprovata competenza tecnica, amministrativa, giuridica o manageriale mentre gli altri due componenti, fermo restando i requisiti di competenza e di legge, sono individuati all'interno delle associazioni ambientaliste. In particolare è evidente come si voglia, da un lato,
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superare il sistema dello spoil sistem, vera è propria piaga delle imprese pubbliche italiane, e dall'altro permettere agli stakeholders di esercitare una qualche forma di controllo, garantendo la realizzazione delle responsabilità sociali dell'impresa in particolare nella tutela degli utenti e dell'ambiente (v. art. 7 statuto ABC).
Pur trattandosi quindi di una delle tipologie di azienda pubblica, l‟azienda speciale ABC è a tutti gli effetti per la tipologia di governance e gli obiettivi che si è prefissa, un modello di impresa sociale.
Questi esempi ci mostrano come, non solo la discussione accademica e giuridica stia rivedendo molte posizione assunte riguardo la gestione dei servizi e beni comuni, ma come iniziano lentamente a svilupparsi e riaffermasi esempi di gestione collettiva, improntatati alla ricerca del benessere sociale.
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5.
C
ONCLUSIONINessun sistema, gruppo sociale o essere umano può esistere senza una sua narrazione. Tutto è narrazione: un libro, un sistema normativo ,la storia di un‟azienda, un‟istituzione. Insomma, qualsiasi cosa ha un suo racconto e una sua ragione di esistere quando rappresenta uno spaccato della vita umana e del nostro pianeta (v. Petrella, 2007, pag. 3).
Questa tesi intendeva verificare come la narrazione fondata sulla polarizzazione tra Stato e mercato fosse fondata e come oggi questo quadro stesse subendo forti spinte verso un cambiamento. Nel primo capitolo abbiamo visto come la popolazione mondiale è in aumento e come il sistema capitalistico ridisegnato negli ultimi trent‟anni stia attraversando una forte crisi. Il mondo occidentale ha vissuto sulla fede dello sviluppo tecnologico che, attraverso il libero mercato e la volontà del capitalista di investire sempre di più per aumentare la produttività e massimizzare i profitti, si rigenera e supera qualsiasi crisi economia. Dall‟interazione fra tecnologia e capitalismo si è forgiata l‟idea che il benessere del cittadino derivi dalla possibilità di aumentare la ricchezza complessiva della società.
Abbiamo visto come la fiducia nel mercato sia stata eccessiva. Nei paesi del terzo mondo dove la narrazione culturale dell‟occidente è stata insediata senza i necessari filtri, il sistema capitalistico dei paesi industrializzati ha allargato la forbice fra ricchi e poveri, determinando il degrado ambientale e sociale osservabili nelle grandi megalopoli mondiali. La società occidentale, la cui cultura ha dimostrato di essere la più forte e strutturata per resistere in un mondo in cui la competizione determina la sorte di ognuno, non è stata in grado di salvaguardare la
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complessità dell‟interazione fra economia e ambiente e i fragili equilibri che le società nel loro percorso secolare avevano stabilito nei propri territori.
Invece, i popoli che abitano le steppe asiatiche e le foreste pluviali che sono stati meno investiti dal progresso esportato dall‟occidente, hanno mantenuto uno stile di vita arcaico costruito su vincoli di comunità stringenti e gerarchici pur nella estrema povertà materiale e nelle avverse condizioni ambientali. Questo ha permesso loro di mantenere un equilibrio con il territorio, tale da garantirsi una forma di benessere collettivo molto più elevata delle popolazioni del sud-America o del sud est asiatico, le quali hanno intrapreso come strada verso il benessere quello impostogli dagli standard di vita occidentale.
L‟evoluzione giuridico-economica, avvenuta in secoli di guerre e cambiamenti storico-culturali, ha portato con sé molte delle contraddizioni, le quali con l‟affermarsi della narrazione occidentale si sono espanse in tutto il pianeta. Queste contraddizioni hanno portato alle lotte che negli ultimi anni sono state combattute in nome dei beni comuni. Al fianco delle lotte si sono cominciati a sviluppare vari filoni di ricerca che hanno provato a mettere in dubbio l‟impostazione dei modelli economici tradizionali.
Abbiamo analizzato quali criticità (v. capitolo 2) presentassero questi modelli e constatato come il sistema statuale per la sua rigidità, per la sua difficoltà nel controllare e nell‟intervenire celermente su quelle che possono essere le violazioni e le necessità di una comunità, non possa rappresentare una soluzione totalizzante per quello che è lo sviluppo armonioso di una società. Allo stesso modo abbiamo anche visto come il mercato, basato su pulsioni individualistiche ed egoistiche, non riesca a produrre una soluzione efficiente per favorire lo scambio di qualsiasi bene
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e servizio, non essendo in alcuni casi nemmeno in grado di internalizzare e valutare quei costi e quei benefici derivanti dalla produzione di quel bene o di quel servizio.
Inoltre, l‟impossibilità di incasellare i comportamenti umani secondo l‟unico modello basato sull‟ipotesi di individuo egoista-razionale e la difficoltà di determinare i comportamenti all‟aumentare del numero delle persone interessate da un determinato scambio o servizio, richiedono un cambiamento e una nuova logica economica e sociale. Bisogna riappropriarci di alcuni principi fondamentali come la convivenza in alternativa alla competitività, il principio dei beni comuni al posto degli interessi privati, i principi di democrazia ad ogni livello della vita di comunità al posto delle oligarchie e il principio della responsabilità come metro per strutturare l‟apporto di ciascun soggetto al posto dell‟utilità individuale (v. Petrella, 2007 pag. 103).
Questi sono gli elementi che apprendiamo dalla lezione della Ostrom (v. capitolo 3) e dai suoi studi empirici sullo sviluppo delle comunità. La studiosa ci lascia, come approccio alla gestione delle relazioni umane intorno ai beni comuni, un modello di analisi volto ad apprendere le caratteristiche dei luoghi, delle persone e degli oggetti dello scambio. L‟interazione di questi piani di analisi non si limita, perciò, alla descrizione oggettiva del tipo di bene e delle ragioni di una sua gestione collettiva a causa del fallimento del mercato, ma ricerca le caratteristiche soggettive derivanti dal sistema di valori immateriali che permetto all‟individuo di trarne beneficio.
In un approccio del genere, perché le istituzioni siano in grado di intercettare le esigenze del cittadino e dell‟utente, è necessario ripensare le istituzioni classiche. Lo Stato e il mercato mancano di strumenti per capire le necessità immateriali delle comunità, servono istituzioni più vicine alle
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persone che riescano ad abbattere tutti quei costi di transazione che pongono difficoltà ai cittadini per usufruire dei beni e dei servizi. In questo senso abbiamo visto come l‟apporto di Williamson diventa importante dal momento che l‟azienda non si limita ad aver il fine della produzione per il mercato, ma quello di limitare i costi del mercato stesso e dare un‟organizzazione di cui è il territorio ne benefici. L‟obiettivo, in particolar modo per i beni comuni, non diventa quello della profittabilità dell‟impresa, ma l‟economizzazione della produzione dove ciò che è funzionale per una gestione efficiente è capire la frequenza con cui si effettuano transazioni, l‟incertezza inerente gli aspetti informativi sui contratti e gli aspetti particolari del bene o del servizio gestito.
Queste analisi sono importanti per capire che tipo di impresa possa operare per le risorse, i beni e i servizi comuni. Oggi tutti i problemi che abbiamo osservato (v. capitolo 4) stanno trovando strada in esperienze locali, dove l‟impresa assume uno scopo sociale e dove si cerca di includere maggiormente nella gestione dei servizi e dei beni comuni il cittadino attraverso meccanismi di democrazia che tolgano spazio, sia alla presenza ingombrante della struttura statuale, sia al privato come soggetto interessato a una remunerazione dell‟investimento.
Il passo successivo che dovrà essere fatto esulerà dagli aspetti maggiormente tecnici verso una miglior gestione dei beni comuni, ma dovrà necessariamente riguardare una nuova narrazione del mondo dove sarà necessario ripensare le forme e il ruolo della politica alla luce dei cambiamenti sociali in corso (v. Petrella, 2007, pag. 109).
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