2.2 I modelli classic
2.2.2 Il contratto sociale e l'etica individuale
Le altre due soluzioni tradizionali, oltre quella precedentemente trattata, sono il contratto sociale prefigurato Hobbes, in cui gli uomini stipulano un patto artificiale da cui nasce uno Stato ai poteri del quale sottostanno le persone , il cosiddetto “Leviatano” e l‟etica individuale.
48
Hobbes parla di una condizione in cui la vita umana è solitaria, misera, ostile, animalesca e breve. Considerando questa condizione come lo stato di natura di qualsiasi società, l'unica possibilità affinchè possa esistere la possibilità di acquisire i benefici della cooperazione sociale è istituire un governo autoritario del sovrano. Nello stato di natura ciascuno avrebbe diritto su qualunque cosa, gli uomini nella loro costante lotta per la sopravvivenza non possono che cercare di appropriarsi dei mezzi di sostentamento necessari, sottraendoli gli uni agli altri.
Utilizzando lo schema della teoria dei giochi si può descrivere lo stato di natura di Hobbes come il dilemma del prigioniero, nel quale la strategia di ogni membro è quella di defezionare. Per ovviare al dilemma, la soluzione proposta da Hobbes vede l'unica possibilità nel promuovere patti sociali che vincolino le persone alla cooperazione sociale. Il modo più efficace per raggiungere questo obiettivo è quello di istituire delle sanzioni che scoraggino comportamenti egoistici e rendano razionale l'atteggiamento, conformemente alle norme iscritte nel patto sociale. Il sovrano, però, non si limita soltanto ad un modifica dei payoff dei giocatori, ma assume anche un ruolo di garante nei confronti dei contraenti affinché il patto si rispettato (v. Hargreaves Heap S., 1996, pag. 267-269).
Le teorie di Hobbes sono state, per tutto il „700, la base teorica per l‟affermazione dello Stato assoluto con a capo un monarca; successive elaborazioni di natura liberale hanno dato vita a forme di stato diverse, dove alla monarchia assoluta si è sostituita quella costituzionale, fino al definitivo affermarsi degli stati democratici. Il pensiero liberale, elaborato a partire dal pensiero filosofico di Locke, si è posto in contrapposizione con il pensiero di Hobbes, poiché a differenza di quest‟ultimo non riteneva che la spinta individualistica dell‟uomo fosse di natura irrazionale ed
49
egoista, a tal punto da essere incapace di produrre delle regole comuni per limitare comportamenti di offesa verso gli altri. E‟ invece della teoria di Hobbes, l‟idea che queste regole non potessero essere costruite da una platea più ampia di individui, ma da una giurisdizione superiore e assoluta. Questa impostazione di carattere assolutista sta alla base dei motivi per cui nell‟800 si è sviluppata una politica liberale in contrasto con le forme di stato di allora. Questa spinta liberale ha avuto influenze negli studi economici e nella nascita dell‟economia di mercato. Adam Smith e gli economisti classici, in contrasto con l‟idea di uno Stato fortemente presente in economia, sostengono un‟idea di Stato ristretto, limitato alla sola funzione di allocazione delle risorse, tranne per la convinzione della necessità di un‟istruzione pubblica poichè un popolo maggiormente istruito risulta essere meno sensibile alle delusioni che da facili entusiasmi possono comportare forti disordini (v. Tanzi e Shucknecht, 2007, pag. 5-6). Ben presto le idee liberiste furono, tuttavia, contaminate dallo sviluppo delle teorie socialiste derivanti dall‟opera di Marx. Si cominciò a rivalutare il ruolo dello Stato non solo in funzione allocativa, ma anche ridistributiva della ricchezza e così dopo la prima guerra mondiale, la via tracciata dalla storia per l‟economia mondiale cambiò strada. A cavallo fra le due guerre, durante la grande crisi, si fece strada una nuova idea del ruolo dello Stato in economia (v. Tanzi e Shucknecht, 2007, pag. 7).
Keynes nel suo libro “The end of Laissez-Faire” scrive che la cosa importante per uno Stato non è fare le cose che gli individui già fanno, facendole un po‟ meglio o un po‟ peggio, ma fare quelle cose che non vengono fatte assolutamente. Questa impostazione rientra perfettamente nel contrasto a quei problemi che specie nel periodo della Grande Depressione emergevano come impossibili da essere gestite dall‟attività privata. Nell‟idea di Keynes e dei successori emerse, quindi, l‟esigenza di
50
uno Stato che non si occupasse tanto della tutela della produzione privata, ma si concentrasse maggiormente sulla questione di come stiamo impiegando le nostre risorse, in particolare sulla necessità e opportunità di investire sulle persone. Nelle teorie liberiste il basso investimento pubblico era evidente in tutti quei settori in cui i fallimenti e i comportamenti egoistici portavano ad una distribuzione dei costi non equilibrata, determinando situazioni più accentuate di povertà. Secondo gli economisti di scuola Keynesiana la povertà pubblica prevale nel settore dell‟istruzione, del controllo sull‟inquinamento, nella ricerca di base, nella sanità, e l‟unico modo per sopperirvi è una maggiore spesa pubblica e una presenza maggiore dello Stato in economia tramite la spesa pubblica (v. Tanzi e Shucknecht, 2007, pag. 10-12).
Nello specifico delle risorse comuni lo Stato può utilizzare una serie di strumenti che vietino, o almeno limitino, i comportamenti che impongono ad altri il costo per la produzione di esternalità negative. Un primo strumento è il sistema di comand e control. Esso è in grado di limitare il sovraconsumo attraverso una restrizione all‟accesso e l‟utilizzo di beni e risorse comuni. Fra i vari tipi di interventi, quelli più efficaci riguardano la limitazione dei versamenti e degli scarichi che le aziende riversano in vari elementi naturali, rischiando di danneggiare un certo equilibrio ambientale. Tuttavia questo strumento può presentare alcune debolezze, la rigidità con cui le regole sono fissate indifferentemente ad aziende simili può far risultare l‟adeguamento troppo costoso per il sistema produttivo. Aziende con standard vecchi e non facilmente riallineabili a quelli della normativa più recente possono essere costrette a chiudere per eccessivi costi di ristrutturazione. Allo stesso tempo se la normativa venisse introdotta parzialmente, solo alle aziende di nuova costruzione, non stimolerebbe le aziende più vecchie ma facilmente adeguabili, ad
51
allinearsi, mettendole in condizione di eludere utili ristrutturazioni più ecocompatibili.
Altri strumenti utilizzabili dalle pubbliche amministrazioni, avvalendosi di meccanismi di mercato, sono la tassazione e i permessi negoziali. Questi vanno ad incidere direttamente sul livello di emissioni, aumentandone il costo per ogni unità prodotta in più. Ci sono differenze sostanziali fra i due strumenti: la prima differenza riguarda la produzione di un diverso tipo di incertezza. Una tassa permette alle aziende di sapere quanto dovranno pagare, ma lo Stato non sa quanto realmente le aziende inquinano. Il permesso invece individua il livello di inquinamento, ma le aziende non sanno quanto dovranno pagare. L‟altro aspetto è il gettito fiscale: una tassa ha una determinata aliquota prestabilita, il modello dei permessi, sviluppandosi in un mercato di domanda e offerta, non può predeterminare un‟entrata precisa per lo Stato, senza contare che spesso l‟introduzione di permessi è gratuita per non urtare la contrarietà dei gruppi di interesse danneggiati. Tutto questo dovrebbe servire a disincentivare l'inquinamento e il sovrasfruttamento delle risorse, spingendo le industrie a munirsi delle migliori tecnologie ed evitare maggiori costi. (v. Krugman, 2010, pag. 39)
L‟altro modello possibile per risolvere il tema posto nella tragedia dei beni comuni è quello dell‟etica individuale, che prova a tener conto delle difficoltà derivanti dagli altri modelli tradizionali. Gli strumenti precedentemente presentati tendono a fallire nel momento in cui gli individui non abbiamo interesse ad avere un atteggiamento collaborativo. Come sostiene Olson, quando una comunità formata intorno al patto sociale dei suoi componenti allarga i suoi orizzonti, dovendo stipulare nuovi accordi in una coalizione più grande, come nel caso di molti beni comuni naturali, accade che è difficile trovare elementi di condivisione che
52
tutelino tutti. In quel caso il fallimento delle istituzioni statuali potrebbe essere superato solo appellandosi ai valori etici. L‟individuo è portato a interiorizzare la norma etica (ad esempio “non inquinare l‟ambiente”) e la segue perché sa che, una volta interiorizzata, è più felice. E‟ una soluzione che consiste nella formazione di un obiettivo al quale i soggetti attribuiscono un valore intrinseco alla scelta di limitarsi nel consumo dei beni comuni, che va ad aggiungersi ai payoff determinati dalle soluzioni del gioco. Se questo valore intrinseco è sufficientemente grande da compensare anche parzialmente un eventuale risultato negativo, un soggetto può decidere di limitare il consumo dei beni comuni, anche fosse l‟unico a farlo. Perché si verifichi questo processo è necessario che anche per i beni di abituale consumo, i consumatori vengano stimolati ad acquistare quelli a minor impatto ambientale e che le aziende li aiutino in questo, utilizzando metodi come le certificazioni ambientali necessarie per promuovere procedure di produzione più eco-sostenibili e dare maggiori informazioni sul prodotto. Si determina così, un cambiamento nelle preferenze dell'individuo, che include anche il bene comune o pubblico, e si indirizza verso politiche di conservazione ripristino e manutenzione del capitale naturale; è chiaro però che non si tratta di una soluzione alternativa alla prima ma complementare (v. Bruni, 2012).