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Hardin: La tragedia dei beni comun

Nel precedente capitolo abbiamo individuato nei beni comuni un tema di estrema attualità. Il percorso storico che ha condotto fino a noi la specificità di questi beni, ci dice che oggi, ancor più che domani, sarà decisivo capire come riorganizzare le nostre società, provando a tener presente il fatto che sono sempre di più gli individui che avranno necessità di utilizzarli e che questi dovrebbero sottostare a leggi diverse da quelle che regolano la produzione dei beni di consumo. Il processo di estinzione delle proprietà collettive a favore dei due attori principali, Stato e privato, ha spesso finito per allontanare dai processi decisionali le comunità, causando fenomeni di sfruttamento economico e problemi ecologici.

E' anche vero che non sempre i gruppi sono capaci di organizzarsi collettivamente: la spinta utilitaristica ed egoistica non spinge verso processi redistributivi, ma verso processi appropriativi, in special modo di quei beni al cui beneficio individuale corrisponde un costo collettivo. E‟ in questo solco che prende corpo l'analisi di Hardin che nel 1968 pubblica Science un articolo che diverrà presto famoso intitolato “The tragedy of

commons” (v. Hardin, 1968). Lo studioso afferma che nella gestione di

molti fenomeni collettivi, esistono delle tragedie. La parola tragedia nel suo senso originario greco, indica quelle situazioni in cui non esiste una soluzione ottima, perché ogni scelta comporta dei costi alti: non c‟è dunque nella tragedia una scelta ottima che sia ottima per tutti e da tutte le prospettive da cui la guardiamo. Nel caso della crescita della popolazione, dell‟ambiente e dei beni collettivi o comuni (commons), la

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situazione è spesso quella di una tensione drammatica tra la libertà degli individui e la distruzione delle risorse stesse; come se la moneta con cui si paga la conquista della libertà (e l‟assenza di mediatori gerarchici e sacrali) sia quella della distruzione delle risorse comuni, dalle quali dipende la sopravvivenza delle nostre comunità e delle risorse che ci fanno vivere (ambiente, acqua) (v. Bruni, 2012).

Il modello delineato è costruito a partire dall'illustrazione di un pascolo utilizzato contemporaneamente da più attori. Come proponeva anche Olson nella sua analisi dei gruppi, ognuno cercherà di aumentare i propri animali al fine di aumentare il proprio reddito, finché non sarà uguagliato il prodotto marginale al costo marginale. Il problema identificato da Hardin è rappresentato dalla completa internalizzazione da parte del proprietario del gregge del beneficio di aggiungere un capo di bestiame mentre i costi rappresentati dal consumo della risorsa, sono condivisi fra tutti gli attori che condividono il pascolo. Ciascuno di essi ha quindi interesse ad accrescere il proprio greggio al di sopra del livello collettivamente efficiente, causando al contempo il danneggiamento del

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Nella figura proponiamo un'illustrazione del modello di Hardin con due partecipanti, schematizzato tramite le funzioni di utilità. L'asse delle ascisse rappresenta il numero di capi di bestiame e l'asse delle ordinate rappresenta il beneficio. Se il pastore internalizzasse tutti i costi, la sua curva sarebbe quella tratteggiata Ui e limiterebbe il suo gregge a 15 capi, in relazione alla valore massimo della sua utilità. Se invece non si tenesse conto della parte dei costi di sfruttamento della risorsa, la curva di utilità del pastore sarebbe quella continua spingendo così il pastore ad avere 30 capi, sempre nell'ottica di massimizzare il benificio. Se anche l'altro individuo, agendo razionalmente, si attestasse sulla curva Ue, si avrebbe un numero di animali sul pascolo pari a 60 , un livello evidentemente distruttivo per la risorsa (v. Bravo, 2001, pag. 492-493).

L'elemento ulteriore dell'analisi di Hardin è il crescente aumento della popolazione. Il problema dell'inquinamento fino a 2 secoli non esisteva nelle dimensioni che oggi conosciamo; se una persona per qualche ragione avesse fatto uso dell'acqua di un ruscello rilasciando in esso una qualsiasi sostanza, si poteva giustamente presumere che a breve distanza il ruscello

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si sarebbe facilmente purificato grazie alla capacità rigenerativa della natura. Non è invece possibile un tale fenomeno oggi a causa della forte concentrazione di popolazione dove un uso massiccio della risorsa non da il tempo alla natura di ristabilire il suo equilibrio (v. Hardin, 1968).

L'incapacità delle società di attrezzarsi per gestire le risorse in comune e l' aumento della concentrazione delle persone, pone la necessità di trovare strumenti che limitino l'accesso e lo sfruttamento ai beni comuni per non superare la capacità del pianeta di rinnovo delle risorse comuni. L‟analisi di Hardin si viene a prefigurare come il classico fallimento del mercato, dove l‟impossibilità di escludere qualcuno dall‟utilizzo del pascolo produce un esternalità negativa, per la quale nessuno ha interesse ad assumersi il costo. Hardin sembra prefigurare nella sua tragedia dei beni comuni l‟impossibilità di porre rimedio a questi fallimenti a meno che l‟individuo non adotti un comportamento etico di astensione dalla massimizzazione individuale. Il bene e la risorsa comune diventa “il non luogo” del diritto dove l‟unica logica possibile è la stessa con cui i pionieri andarono alla conquista del far west, cioè credendo che quelle terre fossero senza gente e quindi di nessuno (v. Mattei, 2011). E‟ però vero che i motivi per cui si poté verificare una tale dinamica, come illustravo precedente in relazione ai rapporti fra culture e comunità, fu perché la proprietà di quei suoli non veniva rivendicata secondo i canoni europei del diritto, cosa del resto normale in un mondo dove la cultura occidentale non aveva ancora assunto un ruolo dominante e le istituzioni e le forme di governo delle comunità indigene rappresentavano un modello tanto distante, quanto maggiormente integrato con la natura rispetto a quello europeo. Non a caso quella conquista fu, almeno dal punto di vista delle popolazioni autoctone, distruttiva e causa di parziale estinzione.

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Nell‟apprendere questa omissione Hardin ammette di aver analizzato solo un sottoinsieme di beni comuni, quelli in cui prevale un atteggiamento di “self-service” verso le risorse. La sua analisi non tiene conto della possibilità della gestione, proprio perché si tratta di beni liberi e per i quali gli individui non hanno un‟utilità particolare a garantire il loro mantenimento (v. Hardin 1998). E‟ invece vero il contrario i beni comuni proprio perché essenziali all‟esistenza umana sono di tutti e si pongono come spartiacque fra diverse impostazioni economiche e sociali. Resta comunque intatto il richiamo di Hardin alla necessità di una maggiore moderazione personale a vantaggio degli interessi della comunità, che apre la strada a varie soluzioni fra le quali individuiamo lo Stato, inteso come pubblico, e il mercato, in quanto scambio di diritti fra privati.

Una prima formalizzazione del modello di Hardin va riletta tramite il dilemma del prigioniero. La teoria dei giochi, della quale il dilemma rappresenta uno dei vari sistemi, presenta la possibilità di ottenere risultati cooperativi che scaturiscono dalla capacità degli individui di modificare le proprie preferenze in virtù della possibilità di ripetere il gioco. La soluzione pubblica di stampo neo-hobbesiano, prevede l‟intervento di un autorità esterna che utilizzi strumenti coercitivi in modo tale da costringere gli attori a comportamenti in grado di aumentare il bene collettivo. L‟ultima soluzione classica, di aspirazione Kantiana, è l‟etica individuale e dipende soltanto dalla possibilità per cui un singolo individuo trae beneficio dalla tutela del bene (v. Bruni, 2012).

Dalle critiche di queste soluzioni classiche è poi emersa la letteratura economica sulle soluzioni private, dove l‟assegnazione di diritti giuridici permette al mercato di sopperire al problema del sovrasfruttamento e cattivo utilizzo dei beni e delle risorse comuni.

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A partire dalle critiche a queste forme di governo delle risorse e dei beni comuni si può immaginare una nuova teoria di gestione dei beni comuni.