Il primo elemento per arrivare a sviluppare quelli che possono essere gli strumenti utili per un autogovernare dei beni,servizi e risorse comuni, è ribaltare il punto di partenza dell‟economia classica. Innanzitutto il modello basato sull‟individualismo metodologico e sul homo economicus è solo una rappresentazione della società umana. E‟ ben difficile trovare un individuo totalmente slegato da ogni relazione umana, freddo massimizzatore dell‟utilità e dei risultati di breve periodo. E‟ invece vero il contrario: l‟individuo può affidarsi a motivazioni razionali, ma orientate verso obiettivi diversi dal risultato oppure a motivazioni proveniente da norme sociali.
Se Olsonsottolineava la necessità di introdurre incentivi esterni, volti a stimolare la partecipazione degli individui alla cooperazione per gestire i beni comuni, invece di comportarsi da free rider, ci sono anche analisi che fanno leva su altri strumenti motivazionali.
Ad esempio il filosofo e sociologo Jon Elster nel suo saggio “Il cemento
della società”, mette in rilevo che, oltre alle motivazioni razionali,
egoistiche, indirizzate al risultato, esistono altri tipi di motivazioni.
La prima è sempre una motivazione razionale, egoistica ma tesa al processo: l‟individuo decide di cooperare, non tanto per il beneficio derivante dalla realizzazione dell‟obiettivo, ma per la soddisfazione di far
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parte di un gruppo o di un movimento che di quell‟obiettivo fa la sua ragione di esistere. Da quell‟esperienza l‟individuo può ottenere benefici diversi di origine più immateriale, come il benessere psicologico, la consapevolezza di se stesso e il rispetto per gli altri. Quello su cui un approccio del genere pone l‟attenzione è l‟inesistenza di un‟alternativa fra una crescita economica, derivante dal consumo di beni, in quanto beneficio del risultato dell‟azione collettiva, e quella che può essere stimolata dalla possibilità per gli individui di vivere in un ambiente socialmente sostenibile. Resta comunque la possibilità che un individuo del genere si comporti da free rider rispetto al processo. Se questo deriva esclusivamente dalla numerosità dei partecipanti, il soggetto sarà incentivato a partecipare, mentre nel caso ci fosse bisogno di dedizione e spirito di sacrificio, probabilmente il soggetto si ritirerebbe (v. Elster J.,1995 pag. 71).
Un‟altra tipologia di motivazione razionale è quella non egoistica, basata sulla massimizzazione del benessere di gruppo. In questo caso i singoli sono spinti da un sentimento di altruismo e sono portati a desiderare che il benessere degli altri non sia minore di quello che l‟individuo desidera per sé. Una motivazione del genere non è basata su un giudizio morale riguardante la società, ma sul fatto che l‟utilità dell‟individuo si accresce sia per il proprio consumo, sia per il fatto che altri ne possono consumare. Il motivo per cui non si tratta di motivazioni di tipo morale dipende dal fatto che l‟individuo altruista si ritrarrebbe, qualora non percepisca un aumento dell‟utilità media del gruppo. Ciò avviene poiché l‟individuo ha un dubbio, di natura utilitaristica, che solo lui sia disposto a cedere parte della sua possibilità di consumo, al contrario degli altri (v. Elster J.,1995 pag. 73-74).
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Questi aspetti motivazionali non direttamente ricollegabili al consumo di un bene o all‟utilizzo di una risorsa, inducono a riflettere sulla reale efficacia dell‟intervento esterno, invocato da Olson per incentivare le persone a partecipare a un‟azione collettiva. Alcuni lavori incentrati sul tema della reciprocità mettono in luce piuttosto il bisogno di rafforzare e promuovere la fiducia. In alcuni casi è risultato addirittura che l‟introduzione di incentivi può avere effetticontroproducenti. La semplice esistenza di un incentivo, infatti, può essere interpretata come un indizio della scarsa affidabilità o scarsa propensione alla cooperazione presente nel gruppo.
Bruno S. Frey nel suo lavoro “ Non solo per denaro” (Frey, 2005) ha descritto degli effetti che possono verificarsi quando un soggetto esterno, al fine di ottenere un‟azione collettiva oppure determinare un meccanismo allocazione efficiente delle risorse, introduce degli incentivi monetari o regolamentazioni che però hanno come conseguenza il decadimento di quelle motivazioni intrinseche, non direttamente collegate a un comportamento misurato con l‟approccio costi-benifici.
L‟idea da cui parte Frey è l‟osservare che difficilmente gli individui sono totalmente compiacenti rispetto alle dinamiche di mercato o a scelta compiute da un‟autorità. Per esempio, in un‟intervista a un gruppo di persone residenti sulle montagne svizzere, si è domandato loro se ritenevano giusto che all‟aumentare della domanda di badili da neve dopo una copiosa nevicata fosse giusto che il negoziante per riequilibrare la domanda innalzasse il prezzo. Il risultato è che l‟83% degli intervistati ha valutato ingiusto l‟uso del sistema dei prezzi. L‟obiettivo dell‟autore non è quello di riproporre un‟avversione ideologica al sistema di mercato ma mettere in luce che, nello spettro delle varie motivazioni, solo quelle che
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prima ricordavamo come razionali egoistiche, orientate al risultato, identificano nei meccanismi esterni un efficiente modo di regolazione.
Per esempio se prendiamo alcune fra le necessità più pressanti delle moderne società, come quella dell‟istallazione di impianti utili alla collettività (smaltimenti di rifiuti, reti di trasporto), fino a poco tempo fa non vi erano problemi nell‟individuazione dei siti, in quanto per gli abitanti della comunità era naturale contribuire al “bene comune”. Oggi la situazione è completamente cambiata e il principio del NIMBY (non nel mio cortile) ha preso il sopravvento, poiché lo Stato, piuttosto che il privato, per insediare il proprio impianto ha proceduto secondo la logica del costo-benifico, attribuendo ai cittadini dei risarcimenti monetari al punto di affievolirne lo spirito civico e complicando per il futuro la costruzione di questi progetti senza un adeguata remunerazione (v. Frey, 2005, pag. 11-12)
L‟introduzione di un compenso tende a generare un indebolimento della motivazione intrinseca. Il compenso avrebbe cioè quello che viene definito “costo latente”. Tale costo viene ricondotto a tre processi psicologici richiesto (v. Frey, 2005, pag. 19-20):
La percezione di una forma di autolimitazione dell‟autodeterminazione, che spinge gli individui a delegare all‟esterno la loro responsabilità;
l‟intervento del compenso può venire interpretato come un mancato riconoscimento della spinta motivazionale interiore degli individui e quindi una sorta di ferita alla loro autostima, che finisce per demotivare e per ridurre l‟impegno;
l‟intervento esterno può anche essere interpretato come una limitazione della libertà espressiva del soggetto dotato di motivazioni
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intrinseche, che può provocare rabbia e adeguamento conformistico a quanto.
In pratica il costo latente del compenso potrebbe generare un effetto di
crowding-out per i quali gli individui, sentendosi vincolati ad un certo
comportamento, finisco per sentirsi disincentivati alla partecipazioni. E questo indipendentemente dal fatto che si tratti di un incentivo monetario o di una regola con sanzione. Quello che però è certo è che sono riflessi assolutamente soggettivi; non è detto che tutti i soggetti reagiscano in modo negativo a questi incentivi, ma certamente pongono dei dubbi sulla reale efficacia di questi strumenti come soluzioni alle dinamiche economiche di mercato. Da questo punto di vista è necessario osservare le situazioni empiriche dove questo fenomeno si concretizza e valutare, caso per caso, la miglior soluzione economica possibile per individui e comunità (v. Frey, 2005 pag. 21)
Fra le varie applicazioni proposte da Frey vi è quella inerente la politica ambientale. Abbiamo visto come lo Stato fa uso di alcuni strumenti per incentivare la diminuzione delle emissioni nocive. Secondo l‟impostazione di Frey la funzionalità di questi strumenti non va valutata partendo esclusivamente dalla loro intensità, né dalla loro capacità economica di introdurre efficienza sul mercato. E‟importante, invece, incrociare questi elementi con le motivazioni degli individui a collaborare con le istituzioni per evitare il danno ambientale. Se la motivazione è bassa, l‟unico modo per salvaguardare il sistema ambientale è di introdurre forti disincentivi, d‟altro canto se invece ci fosse un alta motivazione l‟introduzione di qualsiasi strumento esterno di regolazione potrebbe produrre risultati discordanti. Le persone, infatti, avvertono l‟ambiente come elemento omnicomprensivo di tutte le attività umane, per questi individui vedere introdotti questi strumenti è indice di una divisione dei caratteri unitari
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dell‟ambiente e la percezione per cui ognuno, pagata la propria quota può relazionarsi con l‟ambiente in maniera predatoria.
Dall‟utilizzo di questi strumenti si sommano gli effetto crowding-out e di
spill-over, i quali conducono rispettivamente a una disaffezione
dell‟individuo alla causa e a peggiorare la condizione ambientale in generale, poiché la persona, a causa dell‟incentivo, non solo perde motivazione nel comportamento immediatamente attinente, ma anche in quei comportamenti affini che riguardano altri ambiti ma che erano stimolati dalla medesima motivazione.
Il motivo per cui si vengono a determinare tali effetti è che le persone, nell‟impegno verso la tutela ambientale, non sono stimolate solo da un etica individuale, ma anche da un impegno sociale. L‟intervento esterno fa saltare quella connettività fra gli individui che rendono un insieme di persone un comunità. Quando nel prossimo paragrafo analizzeremo la teoria della Ostrom sul governo dei beni collettivi, si vedrà quanto è importante nelle forme di auto-organizzazione, l‟aspetto motivazionale e come spesso gli interventi esterni troppo rigidi risultino poco efficienti (v. Frey, 2005, pag 67-70)