3.4 Modelli ibridi per la gestione dei beni comuni e i problemi derivanti dalla governance
3.4.2 Governance vs government
A fronte di questi studi proposti, negli ultimi quindici anni, si è imposto nel dibattito il concetto di governance. Tuttavia rispetto all‟indirizzo proposto dagli autori precedenti, le finalità con cui si è sviluppato non sempre hanno apportato un miglioramento all‟efficienza e all‟efficacia, specie per la gestione delle risorse e dei beni comuni.
Il concetto di governance che si sviluppò nei periodi successivi agli anni ‟70 aveva l‟obiettivo di determinare nuovi criteri quantificabili sulla base dei quali valutare le opportunità d‟investimento, e soprattutto le operazioni di vendita e di acquisto dei pacchetti azionari.
La soluzione fu trovata nel principio “to increase the shareholder’s value”. Un‟operazione finanziaria era giudicata buona nella misura del contributo che dava alla crescita di ricchezza per gli azionisti. Una buona governance era, quindi, quella che ai vari livelli settoriali e territoriali ottimizzava il valore del capitale azionario. Il passaggio per cui questo modello, da essere una buona soluzione per la valutazione delle operazioni finanziare, lo diventò anche per la gestione generale di qualsiasi impresa fu breve e si estese velocemente dal settore industriale a quello dei servizi pubblici. Il principio “to increase the sharaholder’s value”, diventa così lo strumento che insieme al principio di competitività viene utilizzato per valutare ogni scelta economica, comprese anche quelle sociali di un governo (v. Cacciari, 2010, pag. 65)
A partire dal momento in cui i dirigenti politici hanno deciso che il valore di una cosa, di una strategia di sviluppo, di un‟impresa dipendono dalla creazione di valore si capisce perché le operazione finanziarie sono
106
diventate il fulcro del sistema economico spostando la logica decisionale da un‟idea di government a un‟idea di semplice governance (v. Cacciari, 2010, pag.66).
La governance assunta oggi nelle istituzioni è giustificata, da un lato, dalla complessificazione della società che implica l‟abbandono dello Stato e della statualità quale luogo principale dei processi politici, a favore di una scomposizione verso il basso della decisione fatta attraverso i numerosi portatori di interesse e i vari fenomeni corporativi e lobbistici; dall‟altro, dal postulato della mondializzazione che implica lo spostamento della democrazia dalla decisione politica nelle istituzioni statuali nazionali alla governace a livello internazionale, sen non addirittura mondiale.
Il fatto che questo sistema si riconduca a un modello di decisone basata sull‟incontro/dialogo/discussione non produce però un meccanismo di regole e sanzioni fondato sui dei principi di comunità, ma piuttosto di accordi ristretti fra singoli soggetti. Si verifica quindi, una volgare applicazione del principio di sussidiarietà orizzontale e la progressiva occupazione privata di spazi, di risorse e beni comuni che hanno funzioni essenziali nel contesto più ampio di comunità. Per il momento la
governance rappresenta un sistema il cui funzionamento si basa
sull‟equazione costi/benefici ai prezzi di mercato e non tiene conto invece dell‟interesse generale in funzione dei principi di giustizia, uguaglianza e solidarietà.
Perché un sistema di governance di tipo aziendale funzioni per la gestione di taluni beni e sevizi, è necessario aver un sistema di government che controlli e impedisca che si sviluppino intrecci pubblico-privato per i quali non si è in grado di individuare reciproche responsabilità, evitando il formarsi di zone grigie intorno al perseguimento degli interessi pubblici
107
che alimentano a loro volta fenomeni di illegalità. E‟ importante ripensare il significato del principio di distinzione fra politica e amministrazione, nel quale la questione non può esaurirsi in una minor interferenza del sistema di regole nelle questioni della gestione (v. Cacciari, 2010, pag. 67).
La gestione aziendale nell‟esplicitarsi maggiormente efficace e efficiente, non può essere affiancata da una subordinazione della regolazione politica alla regolazione di mercato. Si è invece ritenuto, nella logica della governace, che l‟obiettivo fosse snellire le procedure passando addirittura attraverso la riduzione o l‟abolizione dei controlli esterni e che il corpus-amministrativo fosse efficiente soltanto perché scelto dal politico di turno e non perché valutato e controllato. Un sistema dove l‟amministrazione era separata dalla politica, ma che si è rivelata separata dalle istanze partecipative della comunità e anzi orientata a meccanismi di cooptazione della politica verso la società (v. Lucarelli,2011, pag. 67).
108
4. I
SERVIZIPUBBLICI:LOSVILUPPODELSETTORE
Il dibattito dottrinale sui servizi pubblici, in quanto attività economica destinata a soddisfare la domanda di un pubblico di utenti, ha avuto il suo culmine negli anni ‟60 del secolo scorso e si è polarizzato su due definizioni ben distinte: una dal carattere oggettivo, l‟altra dal carattere soggettivo. La prima era volta a definire il servizio pubblico come funzione per la fornitura di beni essenziali, la seconda era diretta a qualificare il servizio pubblico come qualsivoglia attività svolta dai poteri pubblici (Di Gaspare, 2010, pag. 2).
Tuttavia, le due definizioni rappresentano teorie assai vaghe per gli studiosi della materia, tanto da dare l‟impressione dell‟inutilità stessa della nozione. Il motivo di tale vaghezza risiede nell‟arbitrarietà in possesso del legislatore di scegliere secondo il proprio indirizzo quale attività considerare un servizio di utilità pubblica, oltre al fatto che spesso l‟idea stessa di servizio essenziale cambia a seconda della cultura dominante e del periodo storico di riferimento.
Il combinato di queste due definizioni è riscontrabile all‟art. 43 della nostra Costituzione che recita: “A fini di utilità generale la legge può riservare
originariamente o trasferire, mediante espropriazione e salvo indennizzo, allo Stato, ad enti pubblici o a comunità di lavoratori o di utenti determinate imprese o categorie di imprese, che si riferiscano a servizi pubblici essenziali o a fonti di energia o a situazioni di monopolio ed abbiano carattere di preminente interesse generale”; l‟articolo si riferisce all‟azione pubblica, nei limiti dell‟interesse
generale e dell‟essenzialità del servizio, ma lasciando al legislatore il compito di individuarli per legge (Di Gaspare, 2010, pag. 2).
109
Questo elemento ha finito per rimuovere la precedente distinzione fra interesse generale, riferibile alla generalità dei cittadini, e interesse pubblico, cioè quello scelto dalle maggioranze politiche o di gruppi sociali. L‟accorpamento di questi due concetti amplia le maglie dell‟idea di intervento pubblico e del suo significato. Il riferimento alle “finalità sociali” nella Costituzione Repubblicana allarga il campo dell‟ applicazione di servizio pubblico, in senso sostanziale, anche ad attività economiche settoriali non riconducibili ai fallimenti di mercato. Questo ha permesso di introdurre, nel recinto della statualità, attività mutualistiche e socio-sanitarie che prima degli anni ‟30 si ritenevano gestibili dal sistema di mercato. Allo stesso modo altre attività del campo dell‟industria sono state statalizzate, facendo perdere il senso della distinzione fra imprese pubbliche, che agiscono fuori dal mercato, costituite come enti pubblici o aziende locali, rispetto alle altre imprese di diritto comune (Di Gaspare, 2010, pag. 10).
Senza esprimere giudizi circa questa evoluzione della struttura normativa e sostanziale dello Stato, è interessante notare che l‟aver abbandonato la relazione fra intervento dello Stato e fallimento di mercato ha determinato una presenza massiccia dello Stato in economia, inoltre il successivo allentamento del principio di economicità nella gestione all‟attività pubblica, ha condotto ad un forte aumento della spesa pubblica e conseguentemente alla perdita di controllo del debito pubblico.
Questi elementi base della crisi economia italiana nei primi anni ‟90 hanno condotto a un cambiamento di indirizzo, anche culturale, che potremmo individuare nel percorso che ha prodotto, sotto la spinta dell‟Europa, un rinnovamento delle normativa sui servizi pubblici e il periodo delle privatizzazioni e delle liberalizzazioni (Di Gaspare, 2010, pag. 11-12).
110