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Alcune linee guida sul ritratto fiorentino

Capitolo secondo Il ritratto e la corte

II.5 Alcune linee guida sul ritratto fiorentino

Nel 2002, Philippe Costamagna tracciava le linee di un bilancio su vent'anni di ricerche attorno al contesto fiorentino, affermando in apertura del suo saggio che "l'existence d'un style de portrait spécifique à la Toscane au XVIe siècle est une réalité incontestable. Ce style repose sur deux principes fondamentaux: la virtus de la beauté et la distinction du portrait de gentilhomme de cour progressivement définis entre 1480 et 1530" . 75

L'assunto ha radici profonde, che risalgono indietro nel tempo fino all'alba del secolo scorso. Al saggio postumo di Jacob Burckhardt, infatti, aveva fatto seguito nel 1902 il pionieristico lavoro di Aby Warburg su Arte del ritratto e borghesia fiorentina, definito dal suo autore una postilla al lavoro dello storico svizzero . Solo tre anni più tardi, il ritratto 76 fiorentino diveniva di nuovo il centro di uno studio per mano di Emil Schaffaer (Das Florentiner Bildnis, 1904), a cui si era aggiunto nel 1924 il contributo di Jean Alazard, che ripercorreva le vicende del ritratto fiorentino dai tempi di Giotto fino all'era del Bronzino . 77

Woods-Marsden 2001, p. 65.

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Fahy 2008. Cfr. inoltre quanto già detto nell'Introduzione.

74

Costamagna 2002, p. 193.

75

Burckhardt [1898] 1993; Warburg [1902] 2004. Sui debiti del Warburg nei confronti dell'opera del

76

Burckhardt, si vedano invece Cieri Via 1989, p. 50; Cieri Via 1993b. Schaeffer 1904; Alazard 1924.

La vitalità degli studi sulla pittura fiorentina ha dato vita nel XX secolo a dibattiti attributivi con frequenti trasposizioni di opere dal catalogo di un artista a quello di un altro. Nell'ambito del ritratto, basterà qui citare il dilemma Pontormo-Bronzino oppure l'elevato numero di ritratti ancora gravitanti intorno al nome di Alessandro Allori. Questa circostanza non ha impedito a Luciano Bellosi di tracciare nel 1980 una linea evolutiva sullo sviluppo della scuola ritrattistica fiorentina, che può ritenersi ancora oggi in larga parte valida . 78

Per la svolta tra Quattro e Cinquecento, lo studioso poneva in particolare l'accento sulle innovazioni apportate al genere da Leonardo da Vinci, con il quale il ritratto fiorentino sarebbe uscito dai ristretti confini dell'immagine profilata e della rappresentazione di profilo per scoprire le possibilità offerte dalla posa di tre-quarti. In questa rivoluzione formale, un ruolo centrale fu svolto dal Ritratto di Ginevra de' Benci, grazie al quale si delineò la strada verso un dialogo più intenso tra personaggio rappresentato e paesaggio circostante . Proprio il paesaggio, prima relegato in secondo piano, arriverà negli sviluppi 79 successivi enucleati nella Monna Lisa a fondersi e confondersi con il soggetto mediante l'impiego di un incessante susseguirsi di velature.

L'impronta leonardesca nel dominio del ritratto fu trasmetta agli artisti fiorentini grazie alle opere di Raffaello, il quale rielaborò quanto appreso dal più anziano pittore nella sua Dama con il liocorno alla Galleria Borghese e nei Ritratti di Agnolo e Maddalena Doni della Galleria Palatina . Andrea del Sarto, Domenico Puligo, Giuliano Bugiardini, Ridolfo del 80 Ghirlandaio, Franciabigio sono gli artisti citati dal Bellosi come eredi ultimi di questo portato leonardesco, riletto attraverso la lente della ritrattistica raffaellesca, ai quali il Costamagna aggiunge i nomi di Mariotto Albertinelli, di Francesco Granacci e del Bachiacca. Sottolineando le difficoltà nell'attribuzione di opere dai soggetti in larga parte ancora anonimi, il Costamagna auspicava "qu'un examen d'ensemble sur les portraits peints à Florence permettrait d'établir les particularités spécifiques à chaque artiste dans ce domaine, ce qui n'est pas toujours possible dans le cas des études monographiques" . 81 Come sottolineato dallo stesso studioso, infatti, le incertezze attributive riguardano anche ritratti di finissima qualità pittorica come La Muta della Galleria Nazionale delle Marche ad Urbino oppure la cosiddetta Monaca degli Uffizi, per le quali oltre a Raffaello sono stati chiamati in causa il Bugiardini, l'Albertinelli e Ridolfo del Ghirlandaio. Queste opere rappresentano senza dubbio una testimonianza della profonda eredità pittorica lasciata a Firenze dal maestro urbinate anche nel dominio del ritratto, ma ricordano allo stesso tempo

Bellosi 1980. Di seguito si ripercorreranno quindi le principali tappe indicate dallo studioso, lasciando alle

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note gli indispensabili aggiornamenti bibliografici, in parte già presenti in Costamagna 2002.

Sull'influenza esercitata da Leonardo sul ritratto fiorentino, si veda Renaissance Florence 1999. Per

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un'ipotesi ricostruttiva della tavola di Ginevra de' Benci, oggi decurtata della parte inferiore, cfr. Virtue and

Beauty 2001, pp. 142-149, nn. 16-17 (schede di catalogo: David Alan Brown).

Cfr. Freedman 1989.

80

Costamagna 2002, p. 199.

quanto la distinzione delle mani sia possibile in molti di questi casi solo attraverso un attento e rigoroso esercizio di connoisseurship.

Le novità introdotte da Leonardo non furono le sole a lasciare un solco profondo nel ritratto pittorico. Come accennato, a differenza dei primi ritratti ancora legati alla tradizione quattrocentesca del Perugino, nelle rappresentazioni del potere pontificio (Giulio II e Leone X), il Sanzio seppe coniare quello che sarà il modello per una nuova tipologia di immagine. La monumentalità conferita all'immagine attraverso il formato dell'inquadratura, non più tagliata sotto il petto ma ampliata fino a comprendere le ginocchia del soggetto, costituirà un esempio imprenscindibile per lo state portrait, ovvero per il ritratto ufficiale, nel quale un ruolo importante è giocato dagli inequivocabili simboli di potere che accompagnano sovrani, principi e pontefici . L'influenza esercitata dalla 82 lezione raffaellesca si ritrova ad esempio nel Cosimo pater patriae del Pontormo e nei ritratti di Alessandro e Lorenzo de' Medici, costruiti da Giorgio Vasari sulle fondamenta di un vero e proprio labirinto di simboli.

Una nuova stagione ritrattistica si era infatti aperta a Firenze, con risultati pittorici non sempre omogenei. L'astratto manierismo del Pontormo era infatti accompagnato dalle sperimentazioni artistiche del Rosso Fiorentino, sebbene nei ritratti di entrambi prevalgano soluzioni formali più contenute rispetto ai dipinti di soggetto religioso. Anche per loro, infatti, il ritratto sembra più solidamente ancorato ad una tradizione fiorentina in via di consolidamento, in linea con quegli artisti che ancora nella prima metà del Cinquecento avevano guardato con rinnovato interesse all'esempio di Raffaello. Si tratta di Francesco Salviati, Giorgio Vasari, Jacone, Jacopino del Conte, Pierfrancesco Foschi, pittori per i quali tuttavia la produzione ritrattistica rimane talvolta in più punti confusa se non lacunosa. Nel caso del Salviati, ad esempio, le oscillazioni presenti nel catalogo dell'artista sono di una entità considerevole, mentre per il Vasari e per Jacopino sono piuttosto i documenti a ricordare un'attività ritrattistica intensa della quale altrimenti sarebbero noti solo sparuti esempi.

Le diverse anime di questa tradizione ritrattistica furono elaborate in maniera originale da Agnolo Bronzino, il quale a differenza del suo maestro Pontormo seppe interpretare le esigenze del nuovo mondo cortigiano di Cosimo I e di Eleonora di Toledo con sorprendente maestria, adattando la tradizione romano-fiorentina ai modi internazionali ormai in voga in gran parte d'Europa. Allo stesso tempo, come Michele di Ridolfo e altri colleghi prima di lui, il Bronzino non mancò di dar voce anche alle istanze della borghesia in ascesa, agli intellettuali legati all'Accademia Fiorentina così come ai membri dell'aristocrazia locale . 83

Con il progredire del secolo, la scuola ritrattistica fiorentina continua a registrare nuovi nomi. Oltre a Cristofano dell'Altissimo, intento tra il 1552 ed il 1564 a copiare per ordine di Cosimo I la serie degli uomini illustri riunita dal Giovio nella sua villa di Como, furono

Sui ritratti di Giulio II e Leone X, si veda Woods-Marsden 2005.

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Cropper 1985; Cecchi 1990; Nelson 1995; Bronzino 2010.

prolifici ritrattisti Alessandro Allori, Santi di Tito, Mirabello Cavalori, Maso da San Friano, Giovanni Bizzelli. Anche per loro, la comunione di stilemi rende talvolta difficile la redazione di un catalogo.

Agli artisti fin qui citati spetta a vario titolo il merito di aver contribuito alla formazione di un linguaggio pittorico fiorentino, piuttosto coerente nelle sue linee essenziali e di facile individuazione nel genere del ritratto. Questa comune matrice fiorentina sarebbe per alcuni da rintracciare nella produzione poetica in lingua vernacolare e nel dialogo da essa intessuto con l'arte coeva. Sarebbe infatti questo connubio tra poesia e ritratto a rendere le evoluzioni stilistiche dell'arte fiorentina nel corso del XVI secolo poco significative nelle loro differenze.

L'ipotesi avanzata dal Falciani delinea tre categorie, rispettivamente improntate al Dante della Commedia, alla poesia del Petrarca ed alla colorita prosa del Boccaccio. Sarebbero questi tre monumenti della lingua toscana ad aver dato forma ad altrettante tipologie di immagini, esercitando un'influenza determinante sul linguaggio pittorico fino almeno al volgere del nuovo secolo.

La tripartizione riguarda in primis le immagini idealizzate, nelle quali la natura del soggetto è stata interamente sottomessa all'astrazione del concetto. A questa forma di rappresentazione se ne aggiungerebbe una seconda, nella quale il modello veniva delineato seguendo l'esempio del dato naturale, ma emendato dei suoi difetti in accordo con quel principio neoplatonico che voleva la bellezza terrestre un riflesso della bellezza ideale. In rapporto diretto con il Boccaccio sarebbe invece da porre la raffigurazione naturalistica del soggetto, tesa a restituire la realtà ottica nella sua integrità, così come percepita dai sensi . 84 La suddivisione del Falciani ha senza dubbio il pregio di richiamare l'attenzione sulla varietà delle tipologie ritrattistiche in età moderna e sul ventaglio di possibilità esistenti per pittori e committenti al momento della realizzazione di un quadro. Il contesto storico dell'opera d'arte ha infatti acquisito crescente importanza a partire dagli ultimi decenni. Fondamentali per l'ambito fiorentino e romano rimangano i contributi di Antonio Pinelli e gli studi condotti in occasione di mostre e convegni . 85

Proprio il contesto storico emerge con forza nell'analisi storico-artistica in un contributo di Elizabeth Cropper, dedicato nel 2000 all'arte cortigiana a Firenze, nel quale le opere del Cinquecento toscano sono lette alla luce del milieu d'origine, inteso come un fattore identitario da indagare per ricostruire gli elementi politici e letterari posti alla base della creazione artistica. Tra le numerose opere citate figurano anche i ritratti realizzati dal Bronzino per casa Medici . 86

Come per altre corti europee nel corso del Cinquecento, anche a Firenze gli artisti di corte furono chiamati a misurarsi con il ritratto cortigiano. A partire dal governo di Cosimo I,

Falciani 2015. Sui ritratti petrarcheschi, cfr. inoltre Del Bravo 1996.

84

Pinelli 1981; Pinelli 1993; L’officina della maniera 1996; Pontormo e Rosso 1996; L’ombra del genio

85

2002; Pinelli 2004; Bronzino 2010. Cropper 2000.

infatti, i ritratti d'apparato della famiglia Medici troveranno nei pittori Agnolo Bronzino, Alessandro Allori, Santi di Tito e Scipione Pulzone i loro principali alfieri. A loro, pittori in grado di declinare i modi internazionali all'interno del linguaggio pittorico fiorentino, il granduca chiedeva di realizzare un'immagine del potere più volte replicabile attraverso l'intervento di una bottega specializzata, nella quale la mano del maestro poteva mischiarsi senza soluzione di continuità con quella degli allievi. La produzione di copie fu infatti un fenomeno di larghissima portata, al punto che porre l'accento unicamente sul concetto di autografia può risultare talvolta fuorviante. Ne sono un esempio eloquente le numerose versioni note dei ritratti del Bronzino, per le quali fondamentale rimane ancora lo studio del Simon, e l'attività della bottega del Santi, più di recente indagata da Julian Brooks .
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Simon 1983; Brooks 2002