Gli anni di Clemente VII e Cosimo
V.2 Quadri e doni sulla via di Francia: Caterina ed Enrico d'Orléans
Il silenzio delle fonti riguardo un possibile utilizzo di ritratti nei negoziati matrimoniali, avviati da Clemente VII per il figlio Alessandro, e la reticenza delle stesse sugli scopi dei dipinti, commissionati da Ippolito, scompaiono del tutto dinnanzi agli accordi conclusi negli stessi mesi per le future nozze di Caterina.
I negoziati erano stati in questo caso tutt'altro che veloci. Fin dal dicembre del 1524, infatti, si era vociferato del progetto di far sposare la nipote del pontefice con il duca d'Orléans, secondogenito di Francesco I . Tuttavia, prima dell'assedio di Firenze del 1527, erano 41 giunte a Clemente VII altre richieste per la mano della duchessina.
Al tempo della prigionia di Caterina nel convento fiorentino di Santa Lucia, si era fatto avanti tra i principi italiani Ercole d'Este, figlio del duca di Ferrara, Alfonso I. Monsieur de Vaudémont, inoltre, era giunto a Roma, tra il gennaio ed il febbraio del 1527, per ottenere dal papa Medici la mano di Caterina e per consolidare le proprie pretese sul regno di Napoli. Nelle stesse settimane, anche l'ambasciatore inglese presso la Santa Sede, Sir John
Rebecchini 2010, p. 164. Con queste parole, lo studioso commenta la scelta di Ippolito di presentarsi ad
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Alessandro de' Medici in abiti laici in occasione di un incontro tra i due rampolli Medici, avvenuto alle porte di Roma nel settembre del 1531.
Cfr. Lettera di William Fitzwilliam al cardinale Wolsey (14 dicembre 1524) in Letters and papers
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1864-1920, vol. IV, p. 402, n. 926. Consultabile anche online al link: http://www.british-history.ac.uk/letters- papers-hen8/vol4/pp399-404 .
Russell, aveva fatto la sua parte, discutendo con il pontefice il disegno di dare in moglie Caterina ad Henry Fitzroy, duca di Richmond ed unico erede, sebbene di nascita illegittima, del sovrano inglese, Enrico VIII . Infine, lo zio materno di Caterina, il duca 42 d'Albany Giovanni Stuart, aveva proposto al pontefice un matrimonio con il minorenne re di Scozia, Giacomo V, del quale lo stesso duca era tutore. L'ipotesi non aveva tuttavia incontrato i disegni politici di Clemente VII . 43
Nei mesi dell'assedio alla città di Firenze, Clemente VII aveva anche vagliato l'ipotesi di ricompensare gli sforzi del comandante delle truppe assedianti, Philibert de Chalon, concedendogli la mano di Caterina. Sfortunatamente, il principe d'Orange aveva trovato di lì a poco la morte nella battaglia di Gavinana, proprio al comando delle truppe imperiali inviate a riconquistare Firenze.
Una volta riaffermato il controllo mediceo sulla città e ricondotta a Roma la duchessina, si erano discussi alla corte papale i nomi di Federico Gonzaga, duca di Mantova, e di Guidubaldo della Rovere, principe di Urbino. Anche l'imperatore, forte del rinnovato legame con Clemente VII, aveva detto la sua, facendo pressioni sul pontefice affinché acconsentisse ad unire la nipote Caterina al duca di Milano, Francesco II Sforza . 44
Il trentasettenne, malato e senza un soldo, non era forse il miglior partito a cui una principessa di appena dieci anni potesse aspirare. Ma a preoccupare Clemente VII non era certo il destino personale di Caterina, quanto piuttosto il rischio che un'unione con Milano rendesse la politica papale, e di conseguenza quella di Firenze, di fatto subordinate agli interessi imperiali nella penisola. Uno spettro che le pressanti richieste di Carlo V per la convocazione di un Concilio generale della Chiesa rendevano ogni giorno più reale per il pontefice.
Così, quando nel 1530 giunse alle orecchie di Clemente VII la notizia che il sovrano francese era ancora intenzionato a proporre il suo secondogenito Henri, duca d'Orléans, per la figlia di Lorenzo e Madeleine, il pontefice, pur inizialmente diffidente, aveva accolto con crescente interesse la proposta avanzatagli dal duca d'Albany. Francesco I aveva infatti visto sfumare le nozze del figlio Henri con la principessa inglese, Mary Tudor, figlia di Enrico VIII e sperava di riaprire, tramite l'alleanza con Roma, la via per la riconquista dei territori italiani.
Clemente VII, di indole prudente ed indecisa quale era, preferì condurre i negoziati con il Valois nel più assoluto silenzio, attento per il momento a non frustrare le speranze di Carlo
Cfr. Lettera di Sir Gregory Casale e Sir John Russell al cardinale Wolsey (11 febbraio 1527) e Lettera di Sir
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John Russell ad Enrico VIII (11 febbraio 1527) in Letters and papers 1864-1920, vol. IV, pp. 1285-1287, nn. 2875-2876. Consultabili anche online al link: http://www.british-history.ac.uk/letters-papers-hen8/vol4/ pp1271-1291 .
Cfr. Lettera di Turenne al duca d'Albany (1 maggio 1527) in Letters and papers 1864-1920, vol. IV, pp.
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1386-1387, n. 3088. Consultabile anche online al link: http://www.british-history.ac.uk/letters-papers-hen8/ vol4/pp1386-1392 .
Knecht 1998, pp. 12-13; Frieda 2005, pp. 32-33.
V riguardo alla possibilità di un'alleanza medicea con gli Sforza di Milano. Lo schiaffo subito con il sacco di Roma era ancora ben vivo nella memoria del pontefice.
Intanto, Francesco I senza frapporre ulteriore tempo aveva inviato nell'aprile del 1531 alla corte pontificia Gabriel de Gramont, vescovo di Tarbes, con il doppio incarico di addolcire Clemente VII nei confronti della richiesta di divorzio, avanzatagli da Enrico VIII, e di sollecitare il pontefice riguardo il negozio di Caterina e Henri d'Orléans. Già in estate, il duca d'Albany, Gramont ed il segretario, Nicola Raince, ottenevano un contratto matrimoniale, firmato da entrambe le parti.
L'intesa rimase segreta al resto del mondo per circa un biennio. Ancora nel gennaio 1533, trovandosi Clemente VII a Bologna per incontrare l'imperatore, il pontefice fu raggiunto in gran segreto da una seconda missione francese, inviata in forma ufficiosa da oltralpe. Accompagnava il Gramont, divenuto nel frattempo cardinale, un altro cardinale, François de Tournon, al quale pochi mesi più tardi spetterà l'onere di coordinare i preparativi per l'arrivo di Caterina de' Medici in Francia.
A Bologna, compito di entrambi i cardinali era stato quello di definire con Clemente VII i capitoli dell'accordo matrimoniale tra Medici e Valois, firmato ormai ventuno mesi addietro. Anche in questa occasione, il pontefice si mostrò cauto, concedendo udienza ai due prelati solo una volta che l'imperatore ebbe lasciato la città ed a patto che la notizia dell'incontro non giungesse mai alle orecchie dell'Asburgo. In questo modo, Clemente VII voleva tutelare il successo diplomatico raggiunto con l'incoronazione imperiale di Carlo V il 24 febbraio 1530, con la quale il pontefice aveva ottenuto per il figlio Alessandro il titolo di duca perpetuo ed ereditario di Firenze e la mano della figlia naturale dell'imperatore, Margherita d'Austria . 45
Alcuni ritardi si erano creati nella scelta del luogo per le nozze di Caterina. Il duca di Savoia su pressione di Carlo V rifiutò Nizza per la celebrazione del matrimonio franco- fiorentino e la scelta ricadde sulla città di Marsiglia.
Grazie alle risorse finanziarie messe a disposizione dei Medici da Filippo Strozzi ed al prelievo forzoso imposto dal nuovo duca Alessandro alla città di Firenze, Clemente VII fu in grado di assicurare a Caterina una cospicua dote - 100 mila scudi d'oro col sole (écu au soleil), a cui si aggiungevano altri 30 mila scudi in cambio della rinuncia ai diritti esercitabili sul patrimonio di famiglia - che non facesse sfigurare la duchessina dinnanzi al rango regale dei Valois.
Alla dote si abbinava un lussuoso corredo, destinato ad accompagnare Caterina nel suo viaggio verso la Francia. La duchessa di Camerino, Caterina Cybo, e Maria Salviati supervisionarono la confezione degli abiti, chiedendo aiuto alla marchesa Isabella d'Este per far giungere da Mantova gonne e corsetti da ricamare in oro ed argento e lenzuola di sete preziose.
François 1951, pp. 89-116; Cloulas 1980, pp. 38-40; Knecht 1994, pp. 297-299.
Favolosi gioielli, per un valore complessivo di 27900 scudi d'oro, seguirono Caterina in Francia. Tra i numerosi monili incrostati di gemme, risaltavano sette perle a pera, donate alla futura sovrana di Francia dallo zio Clemente VII e destinate in seguito a confluire attraverso la regina Maria Stuarda nei gioielli della Corona d'Inghilterra . 46
Scortati per parte del viaggio dalle galere del duca d'Albany e ricevuti al loro arrivo dai membri della famiglia reale, nell'ottobre 1533 Clemente VII e la futura sposa giunsero infine a Marsiglia. Per l'occasione, Francesco I fece erigere un palazzo temporaneo di dimensioni tali da poter ospitare gli alloggi del pontefice ed una cappella, destinata alle funzioni religiose. L'edificio era collegato con un ponte di legno all'antico palazzo dei conti di Provenza, scelto dal Valois quale propria residenza temporanea.
I preparativi alla corte di Francia erano stati avviati con largo anticipo fin dalla primavera precedente, quando Francesco I aveva ordinato a Guillaume Monnier, tapissier du roi, di provvedere al trasferimento nella nuova dimora provvisoria di tutto il necessario: per settimane mobilia, objets d'art, drappi d'oro, arazzi e vasellame in oro ed argento confluirono a Marsiglia dal palazzo del Louvre e dai castelli di Blois ed Amboise. Una volta riunita a Marsiglia l'intera corte francese, ogni cosa era pronta per la celebrazione del matrimonio regale . 47
Come di consueto in questo genere di occasioni, numerosi doni furono scambiati tra le due corti. Poco prima di lasciare Firenze alla volta della Francia, Caterina aveva ricevuto il 28 agosto 1533 un inviato del re francese, incaricato di recapitarle alcuni gioielli di benvenuto, tra i quali spiccavano in particolare un diamante ed uno zaffiro. Quando, una volta celebrato il matrimonio a Marsiglia, era giunto il tempo per le due corti di rimettersi in viaggio verso casa, uno scambio rituale di doni aveva avuto luogo prima dei saluti. Francesco I aveva offerto al pontefice un arazzo di manifattura fiamminga, raffigurante L'ultima cena, mentre al cardinale Ippolito de' Medici era andato un leone addomesticato, proveniente dal pirata Barbarossa. Non essendo da meno, nel congedarsi dal consesso marsigliese, Clemente VII aveva fatto dono al sovrano francese di un pregiato cofanetto in cristallo di rocca (Fig. 31), finemente inciso dall'intagliatore vicentino Valerio Belli con scene della vita di Cristo . Insieme al cofanetto, il pontefice aveva fatto montare in oro un 48 presunto corno di liocorno, il quale con i suoi poteri magici era ritenuto in grado di rilevare la presenza di veleno nel cibo, un richiamo alla lotta contro le eresie che imperversavano in
Cloulas 1980, pp. 42-44; I gioielli dei Medici 2003, p. 118 (testo di Costanza Contu).
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Sui preparativi della corte francese e sull'incontro a Marsiglia di Francesco I e Clemente VII, cfr. Knecht
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2008, pp. 43-44; 131-134. La magnificenza degli apparati ricorda gli allestimenti approntati per l'incontro tra Francesco I e Enrico VIII, avvenuto nel giugno 1520 nella piana di Val Doré e noto come Campo del Drappo d'Oro, sul quale si veda Sicca 2012.
Valerio Belli detto Valerio Vicentino, Cassetta Medici, 1530-1532. Cristallo di rocca inciso e controfondato
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con foglie d'argento, argento dorato e smalti, 15 x 26,7 x 14,5 cm. Museo degli Argenti, Firenze, Inv. Gemme 1921 n. 505. Sulla Cassetta Medici, si vedano Palazzo Vecchio 1980, p. 218, n. 408 (scheda di catalogo: Marco Collareta); I gioielli dei Medici 2003, p. 119, n. 58 (scheda di catalogo: Maria Sframeli).
Francia . Per la montatura del prezioso corno aveva presentato un progetto anche 49 Benvenuto Cellini, come racconta lo stesso artista nella sua autobiografia, al quale progetto tuttavia Clemente VII aveva finito per preferire il lavoro dell'orafo Tobia da Camerino . 50 In questo contesto, fatto di sfarzo ed ostentazione, nel quale ogni dono veniva scelto con cura per il suo valore economico e simbolico e nel quale il rispetto del cerimoniale garantiva la salvaguardia dei rapporti di forza tra tutti gli attori recitanti sul palcoscenico della corte, è in questo contesto - dicevamo - che si inserì anche uno scambio di ritratti tra i due promessi sposi.
Il 29 ed il 30 aprile 1532, l'ambasciatore francese a Roma, François de Dinteville vescovo di Auxerre, scrisse rispettivamente al duca d'Albany e al grand maître de la maison du roi, Anne de Montemorency, informandoli che la duchessina si era trasferita da Roma a Firenze, portando con sé il prezioso ritratto del duca d'Orléans, che aveva ricevuto dallo stesso vescovo di Auxerre . 51
Intanto alla corte papale, come già ricordato, Caterina de' Medici aveva rappresentato una pedina indispensabile per la politica estera di Clemente VII e durante il suo soggiorno romano, tra il 1530 ed il 1533, il pontefice aveva chiesto al pittore veneziano, Sebastiano Luciani, di ritrarre la nipote. La notizia, riportata dal Vasari, è verosimilmente da mettere in relazione proprio con le numerose negoziazioni matrimoniali, condotte in quei mesi dal pontefice per conto della duchessina. Non è infatti da escludere che il dipinto commissionato da Clemente VII al Luciani fosse fin dall'origine destinato, se non proprio al duca d'Orléans, quantomeno a qualcuno dei pretendenti di Caterina. Tuttavia, per ragioni a noi sconosciute Sebastiano del Piombo non portò mai a termine l'opera ed il dipinto rimase incompiuto nella guardaroba papale . 52
Dopo il naufragio della commissione al Luciani, un dipinto di Caterina fu richiesto a Giorgio Vasari ed inviato con una certa celerità al futuro sposo. Da quanto raccontato dallo storiografo aretino, sappiamo che nel novembre del 1532 il cardinale Ippolito aveva inviato
Knecht 2008, p. 195.
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Santoni 1888; Pope-Hennessy 1985, p. 51.
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Sullo scambio di doni con la corte francese e sulle testimonianze visive offerte più tardi dal Vasari nella Sala di Clemente VII in Palazzo Vecchio e da Antoine Caron in una serie di 28 disegni, eseguiti nel 1560-1574 per Nicolas Houel, cfr. invece Cox-Rearick 1995, pp. 77-81.
L'informazione è riportata dal François nella sua monografia sul cardinale francese. Il manoscritto, citato
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dallo studioso, fa parte della ricca collezione di documenti, tra cui lettere e copialettere del XVI secolo, messa insieme dall'erudito e bibliofilo francese Dupuy. Conservato presso la Bibliothèque nationale de France (BnF) a Parigi, il codice risulta purtroppo al momento non consultabile. Cfr. François 1951, pp. 112-113.
La commissione è ricordata con alcune variazioni in entrambe le edizioni delle Vite vasariane. Il testo della
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Giuntina recita: "Non molto dopo, essendo venuta a Roma la nipote del Papa, che fu poi et è ancora reina di Francia, fra' Sebastiano la cominciò a ritrarre, ma non finita si rimase nella guardaroba del Papa".
Quello della Torrentiniana invece: "Era venuta in questo tempo in Roma la nipote del Papa, che ora è regina di Francia; fra' Sebastiano la cominciò a ritrarre, e quella non finì; la quale è rimasa nella guardaroba del Papa".
Entrambi sono pubblicati in Vasari 1966-1987, vol. V, p. 97 e consultabili anche online al link: http:// vasari.sns.it/cgi-bin/vasari/Vasari-all?code_f=print_page&work=Giuntina&volume_n=5&page_n=97 .
l'artista a Firenze, al servizio del duca Alessandro . Solo un mese più tardi, il 9 dicembre, 53 il pittore annotò nelle sue Ricordanze di aver terminato due ritratti, raffiguranti rispettivamente Caterina di Lorenzo e "suo fratello" Alessandro . Il ritratto di Caterina 54 menzionato dal Vasari, o comunque la sua tipologia ritrattistica, fu l'oggetto alcuni mesi più tardi di una lettera, non datata, indirizzata dallo stesso storiografo aretino a Carlo Guasconi a Roma:
"A Messer Carlo Guasconi sopra il ritratto di Madama d’Orliens. Io ho ricevuto la vostra, che di Roma mi scrivete, desiderando la Signoria Vostra avere da me il ritratto della duchessa Caterina de’ Medici, sorella del nostro Duca. Gl’è vero, ch’io n’ho fra le mani uno dalle ginocchia in su quant’il vivo, il quale, finito che n’ebbi un grande di Sua Eccellenza, m’impose facessi questo della signora duchessa che finito, debbe andare subito in Francia al Duca d’Orliens, suo sposo novello. E perché sono forzato farne una copia che rimanga a messer Ottaviano de Medici, che l’ha in custodia, da quello, avendo la Signoria Vostra pazienzia, potrò ritrarne uno e servirla, atteso la servitù, che avete con questa signora, e l’amorevolezze, che usa verso di noi tutti, merita che ci rimanga dipinta, come ella partendosi, ci rimarrà scolpita nel mezzo del cuore.
Io li son tanto, Messer Carlo mio, affezionato per le sue singulari virtù e per l’affezione che ella porta non solo a me, ma a tutta la patria mia, che l’adoro, se è lecito dir così, come fo i santi di paradiso. La sua piacevolezza non si può dipignere, perché ne farei memoria co’ mia pennelli, e fu caso da ridere questa settimana che avendo lassato i colori, che avevo lavorato in sul suo ritratto tutta la mattina, nel tornare doppo pranzo per finire l’opera che avevo cominciata, trovo che hanno colorito da sé una mora, che pareva il trentadiavoli vivo vivo, e se io non la davo a gambe per le scale, da che avevano cominciato, arebbono dipinto ancor il dipintore. Ora basta che sarete servito" . 55
Commissionata dal duca Alessandro, la tavola - scrive il Vasari - raffigurava la futura regina d'oltralpe “dalle ginocchia in su quant’il vivo” ed era destinata ad “andare subito in Francia al duca d’Orliens, suo sposo novello” , servendo da modello - verosimilmente 56
Le Ricordanze 1929, p. 18: "Ricordo come adi 10 di novembre mi partì di Arezzo l'anno 1532 che ero stato
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malato dadi ultjmo di Giugno suddetto che erro tornato da Roma mandato dal Reveredissimo et Illustrissimo Cardinal de Medicj A Fiorenza dove mi acconcjaj al servjtio del Duca Alessandro [...]".
Le Ricordanze 1929, p. 19: “Ricordo come adi 9 di dicembre io fecj un ritratto Alla Jllustrissima Duchessa
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Caterina de Medicj mj fece fare dua Ritrattj uno lo Jllustrissimo Signor Duca Alessandro suo fratello et il ritratto suo de qualj il prezzo non si dicise allora ma (si) doveva finito lopera”.
Il carteggio di Giorgio Vasari 1923, pp. 21-25. Il testo della lettera è consultabile anche online al link:
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http://www.memofonte.it/home/ricerca/singolo_17.php?id=6& .
Il carteggio di Giorgio Vasari 1923, p. 22. Cfr. Langedijk 1981-1987, vol. I, p. 351, n. 17,7.
prima dell'imminente partenza di Caterina il 1° settembre del 1533 - per una copia commissionata all'aretino da Ottaviano de' Medici, temporaneo custode del ritratto.
Sebbene la lettera al Guasconi non rechi alcuna annotazione della data, il confronto con quanto riportato dal Vasari in un altro passo delle Ricordanze permette di confermare per il dipinto, destinato ad Henri d'Orléans, una cronologia all'estate del 1533. Il 15 agosto, infatti, registrando i propri eventi patrimoniali il Vasari annotò la copia destinata ad Ottaviano de' Medici per la cifra di 8 scudi . La terza replica per il Guasconi invece giunse 57 solo alcuni mesi più tardi . 58
L'immagine di Caterina dipinta dal Vasari prese verosimilmente il largo per la Francia negli stessi giorni della duchessina. Custodita forse in una delle numerose casse caricate sulle galee del duca d'Albany, dovette giungere a Marsiglia nell'autunno del 1533, al seguito dei lunghi cortei, fatti di uomini, tessuti preziosi e gioielli, che accompagnarono Caterina e Clemente VII verso il consesso francese. Come a voler ripercorre la via tracciata nel 1518 dai genitori della futura regina di Francia, quando altre casse cariche di regali erano state inviate da Lorenzo alla sua giovane sposa Madeleine.